
Il fulcro dell’esperienza di fede cristiana è la Pasqua. Essa è il passaggio dalla schiavitù del peccato, alla gioia e gloria della salvezza. Il Kerygma Pasquale ha in se anche il dramma della morte, il Figlio dell’uomo infatti già all’atto dell’incarnazione era predestinato a morire sulla croce. Lui rivestito di regalità e maestà divina si è fatto peccato, perché per mezzo del suo sacrificio ogni individuo possa essere ricondotto in quel regno che i progenitori, per autodeterminazione rifiutarono. La solennità della Pasqua, dacché si celebra ogni anno, risponde all’istanza che interpella l’uomo di ogni epoca, contesto e classe sociale: la morte è il fine del tutto? No! L’evento pasquale è il segno di speranza per ogni uomo, che sceglie Cristo. Il battezzato è conscio che credendo nel bene massimo, risorgerà come Lui, vale a dire con un corpo glorioso. Il messaggio evangelico è chiaro: Gesù è risorto, perché anche noi credendo in Lui possiamo avere la vita eterna. All’alba del giorno di Pasqua nasce una vita nuova, la vita dei credenti, che ancora oggi attraverso la sposa di Cristo; la Chiesa richiama a Dio l’umanità. La Pasqua è un evento storico, non come memoria da perpetuare nel tempo, ma bensì come sostentamento della storia stessa. Le piaghe di Cristo sono l’esordio fruttuoso di vita. In esse ogni sofferenza è mutata in gioia, poiché il Divin Maestro ha condiviso la condizione esistenziale. Da tali piaghe scaturiscono gli insegnamenti della Tradizione Apostolica, che non possono mutare in riferimento alle ragionevolezze umane. Cristo è lo stesso di ieri e non cambia! Chi tramuta la dottrina, va in contrasto con il sacrificio della croce, sminuendolo ed aprendo come Longino un ulteriore piaga in quel costato, da cui scaturiscono i Sacramenti dell’Eucaristia e del Battesimo. Dalla piaghe di Cristo, sono certamente guarite le ferite umane, primariamente il peccato, che se diviene habitus sminuisce l’immolazione del Messia e inesorabilmente incanala alla dannazione eterna, la quale rimane per il rispetto che Dio ha della libertà creaturale.
Che cos’è la Risurrezione?
L’attuale cultura, sempre più presenzialista, ha eluso dalla propria coscienza il fine ultimo dell’esistenza. Si vive esclusivamente dell’oggi, eclissando così lo stesso fautore dell’attuale: Cristo Gesù! La Risurrezione non è una teoria, ma un evento storico. L’esperienza di passione, morte e infine risurrezione sono il definitivo passaggio al cielo. Gesù, il Figlio di Giuseppe e Maria non è stato assorbito dal dramma della morte. Non si è concluso il suo operato con la sepoltura. Egli ha vinto la morte, dando all’uomo la certezza della salvezza. L’annuncio del Kerygma Pasquale, ancora oggi vuole illuminare le numerose tenebre dell’uomo, si pensi alla schiavitù del materialismo, all’edonismo intemperante, alla volontà di considerare il soggetto un sostrato tecnico, eliminando così la sua immagine trinitaria e la sua dignità di uomo. Molti oggi, eliminando volontariamente la regalità di Cristo, cedono così alle pure illusioni mondane. Senza Cristo non c’è vera esistenza! Lo insegna Maria quale modello di sequela. Ella è archetipo della nuova Chiesa, che nello strazio della croce, allo stesso tempo pregusta la luce del risorto, perché sa che il Figlio manterrà la promessa fatta al Padre. Ecco quindi il senso della speranza cristiana: recarsi al cuore della vittima pasquale, agnello senza macchia, condannato al macello. Il fine del Kerygma è proprio codesto: riconoscersi destinatari per grazia di un dono così sublime, che è la vittoria sul peccato, da poter in tal modo proclamare il proprio assenso di fede, che non è passività, ma bensì attività, la quale consente all’umano di divenire membra ipostatica del corpo di Cristo.