“L’Organizzazione delle Nazioni Unite è in se stessa un’immensa bestemmia. Poichè cosa significa unire gli uomini prescindendo dal Padre che li ha creati, dal Figlio che li ha riscattati, dallo Spirito Santo che solo può radunarli nell’Amore?” (da Dom Gérard, “Domani la Cristianità”).
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Assaggi n. 2: Libertà di educazione, i postcomunisti ripassino Gramsci
“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato” (Antonio Gramsci, cit. in Giacomo Biffi, “Memorie e digressioni di un italiano cardinale”).
Assaggi n. 1: Stupidaggini pseudorivoluzionarie
Con questo post Libertà e Persona inaugura una nuova rubrica, “Assaggi”. Essa consisterà in una breve citazione, particolarmente significativa, tratta dalle fonti più disparate. Non necessariamente il giudizio riportato è condiviso da tutti i responsabili del sito e dell’associazione: lo scopo è quello di far riflettere e anche discutere. Ogni collaboratore che sia munito della password di inserimento per ‘Rassegna Stampa’ può postare i suoi Assaggi, facendo attenzione a indicare nel titolo il numero progressivo della rubrica e uno slogan indicativo dell’argomento (vedi titolo del presente post). L’Assaggio di oggi è di Gustave Thibon, da “Ritorno al Reale”: “Ogni epoca ha le sue stupidaggini pseudorivoluzionarie, le sue innovazioni nate morte che suscitano lo stupore e il riso dell’epoca seguente. Oggi, per esempio, pensando alla fede nella democrazia e nel progresso dei grandi uomini del XIX secolo, noi diciamo: Ma come hanno potuto credere a cose simili? Io penso proprio che l’immoralismo dei nostri contemporanei farà sorridere gli uomini futuri”.
Ma Baldo cosa fa ?
Ma Baldo cosa fa? Nessuno che lo sa. Il Baldo Donatello, che tutti abbiamo visto essere stato pesantemente provocato dal ragazzino cui ha cercato di spegnere un sigaro sul viso, pare avere affermato che tanto lui ha un sacco di avvocati pronti a difenderlo (ben otto, manco fosse Berlusconi!). La singolare affermazione mi ha indotto a porre pubblicamente un interrogativo che, peraltro, già da tempo coltivavo tra me e me: ma il prode Baldo, giovanile assai d’aspetto, ma non più giovanissimo d’età, di che vive? Forse, tra un’occupazione e l’altra, ancora studia? Forse invece lavora? E, soprattutto, chi gli paga i suoi otto avvocati? C’è forse qualcuno in grado di soddisfare questa mia curiosità? Se sì, ringrazio anticipatamente.
Rodolfo Borga
Vale, paga le tasse e chiedi scusa agli italiani.
Pallottoliere alla mano, l’Agenzia delle entrate ha fatto i conti: Valentino Rossi non ha dichiarato 60 milioni, dunque tra contributi non versati e sanzioni varie deve sganciare 112 milioni. In Italia pare non dichiari pressoché nulla. D’altronde risiede da sette anni nel Regno Unito, al pari di tante altre popstar grandi e piccole, cantanti, attori, tennisti, ciclisti e motociclisti, innamorati persi di Montecarlo, del Liechtenstein, delle Bermuda. Certo bisogna poterselo permettere. Come se noi domani andassimo dal contabile dell’azienda presso cui lavoriamo e dicessimo: caro ragioniere, dal mese prossimo lo stipendio me lo accreditate sul conto Outlaw della società offshore Bigthief a Nassau. Sai le risate.
Probabilmente le cose non sono così semplici. Il circuito fiscale ha troppe curve a gomito e macchie d’olio perfino per un asso del calibro del Vale, che certo s’è affidato al suo manager, ai suoi commercialisti, a chissà chi. Magari intuiva, perché un tempo fu un comune mortale nato da comuni mortali, che non era poi così normale non versare quasi nulla al fisco. Magari si ricordava dei guai di Max Biaggi e Loris Capirossi, di Alberto Tomba e Mario Cipollini, solo per citare gli sportivi. Ma aveva altri pensieri per la testa. No, per lo scivolone fiscale potrebbe avere delle attenuanti; e a tutti sarà capitato di pagare qualche sanzione per una bolletta dimenticata nel cassetto.
Quel che fatichiamo a perdonare al Vale è il suo comunicato: “Vivo a Londra, città straordinaria, dal 2000. Giro il mondo per sette mesi all’anno. Che cosa vuole da me l’Italia?”. Caro Vale, l’Italia vuole da te quello che vuole da ogni suo cittadino: che paghi le tasse esattamente come tutti gli italiani normali. E le paghi per intero, anche perché per gran parte dei tuoi guadagni devi ringraziare, assieme al tuo talento, proprio gli italiani. Gli italiani che comprano le tute, la colla, la birra e i telefonini che tu reclamizzi; gli italiani che ti guardano in tv. Gli italiani di Tavullo, il tuo paese, che ieri mormoravano: “Se avessi guadagnato cifre così, le tasse le avrei pagate, tanto starei bene ugualmente”. Caro Vale, che scivolone. Vivi a Londra, città meravigliosa? E allora perché fai il giro d’onore sventolando la bandiera italiana?
Verrebbe da dirti: non chiederti che cosa vuole da me, londinese di convenienza, l’Italia, ma che cosa io voglio e posso dare all’Italia. Avrai certo letto i fumetti dei supereroi, tu che supereroe in un certo senso lo sei: un grande potere comporta una grande responsabilità. Chi, per suo merito, per dono di natura e per un pizzico di fortuna, guadagna quel che guadagni tu, se lo deve domandare: quali responsabilità ho, adesso? Oggi capita di rado, ma un tempo chi si trovava nella tua condizione non era un fondamentalista della proprietà privata (il denaro è mio e ne faccio ciò che mi pare), ma avvertiva il senso del bene comune. E metteva a disposizione della comunità, a cui apparteneva, una porzione della sua ricchezza. Nessuno ti chiede di erigere una cattedrale a Tavullo, o sistemare ponti e acquedotti e giardini, o donare un ospedale alla tua gente. Ma almeno voler pagare le tasse esattamente come chi ci è costretto e arriva a stento a fine mese, questo sì. Vuoto moralismo? No, sana moralità. Speravamo, davvero, che tu fossi una popstar speciale, invece ti dimostri un furbetto normale. Che cosa vuole l’Italia da te? Che chiedi scusa, ammettendo di aver sbagliato. Che bella lezione sarebbe per tutti. Sarebbe il tuo ottavo campionato del mondo, il più sofferto, ma quello di cui ti saremmo più grati.
(Da “Avvenire” del 10 agosto 2007).
Mari, monti o Pd? Un test marziano
Mare, monti o città d’arte? ? il dilemma anche di queste vacanze. Per aiutarvi a scegliere che cosa fa davvero per voi, sottoponetevi al test marziano “Le ferie serie”.
1. Che cosa leggerai in vacanza?
a) “Capitani coraggiosi” di R. Kipling.
b) “Piccolo alpino” di S. Gotta.
c) “Camera con vista” di E. M. Foster.
d) I quotidiani, assolutamente tutti. Però non ho nulla contro i rotocalchi, i libri né i fumetti.
2. Qual è il tuo piatto preferito in vacanza?
a) Linguine allo scoglio.
b) Polenta, capriolo e funghi.
c) Escargots de Bourgogne e cuisses de grenouille.
d) Mozzarelle bianche e pomodori rossi. Però non ho nulla contro gli altri piatti.
3. Qual è il tuo mezzo di trasporto preferito in vacanza?
a) Canoa.
b) Sci.
c) Carrozzella.
d) Non ho pregiudizi nei confronti di alcun mezzo di trasporto.
4. Con chi ti piacerebbe andare in vacanza?
a) Con Giovanni Soldini, il navigatore solitario.
b) Con Reinhold Messner, l’alpinista solitario.
c) Con Vittorio Sgarbi.
d) Non ho pregiudizi nei confronti di alcun compagno di vacanze.
5. Ti trovi al mare. Che fai?
a) Estenuante nuotata.
b) Rimango all’ombra con il giubbotto di salvataggio.
c) Ci sarà pure un museo della marineria, un acquario, una collezione di conchiglie rare…
d) Spiego a tutti che non ho nulla contro la montagna.
6. Ti trovi in montagna. Che fai?
a) Scelgo un albergo con piscina e solarium.
b) Estenuante escursione.
c) Ci sarà pure un museo della montagna, un’esibizione di cori alpini, una mostra di artigianato del legno…
d) Spiego a tutti che non ho nulla contro il mare.
Risultati.
Prevalenza (a): andate al mare.
Prevalenza (b): andate in montagna.
Prevalenza (c): scegliete le città d’arte.
Prevalenza (d): niente vacanze per voi quest’anno, state preparandovi per le primarie del Partito democratico.
(Rubrica “Lettere marziane”, Avvenire del 28 luglio 2007).
Indulto e carriere devianti
Tra le varie opinioni a proposito dell’indulto, comparse di recente sui giornali e nei salotti politici, voglio segnalarne una proveniente da un sociologo misconosciuto (per lo meno a chi scrive), il quale, in sintesi, ha definito l’indulto un provvedimento doveroso e naturale, essendo il crimine un elemento strutturale della nostra società, che è “da sempre insensibile ai bisogni degli ultimi e dei diversi”.
Questa posizione rappresenta bene quella che possiamo chiamare la cultura giustificazionista della devianza, un atteggiamento semi-patologico che arriva ad allucinare la realtà per i propri fini di buonismo sociale. La realtà, invece, è molto più prosaica: il crimine diviene strutturale alla società quando la criminalità diventa una vera e propria carriera, una carriera deviante con connotati simili ad un qualsiasi investimento sociale ed esistenziale; con i suoi rischi, i suoi profitti, le perdite, i fallimenti. Se le perdite superano i profitti, la carriera deviante può interrompersi attraverso meccanismi che non sono solo espiatori. Ma se nella carriera deviante i profitti sono costanti, se l’ambiente sociale è tollerante e culturalmente “giustificazionista”, se il sistema sanzionatorio è inefficiente (condanne non scontate, processi infiniti, indulto), se il passivo, il rischio e le perdite sono annullati da prebende assistenziali e parassitarie, ebbene, la carriera deviante non troverà motivo di interrompersi se non con l’estinzione del soggetto deviante o con il suo “fallimento”. Generalmente questo fallimento coincide con la commissione di un crimine di gravità tale da espellere per sempre il deviante dal proprio ciclo produttivo (ad esempio l’ergastolo che si beccherà l’assassino del bimbo di Parma, psichiatri e assistenti sociali permettendo). Ma quanto danno sociale produce impunemente il deviante, prima del suo definitivo “fallimento”?
Una soluzione esiste, peraltro assai politicamente scorretta, e quindi verosimilmente efficace. Il crimine può essere combattuto attivando meccanismi repressivi che rendano la carriera deviante massicciamente improduttiva e disagevole, rispetto a quanto non lo sia il comportamento conforme alle norme. In altri termini, bisogna rendere la vita dei criminali molto più difficile di quanto si è fatto finora. E la cultura giustificazionista della devianza, che è spesso conseguente e connivente con la devianza stessa, deve essere oggetto di un precoce e continuativo vituperio sociale, e relegata nella pattumiera culturale dei nostri tempi.
Sezione Umorismo. Nuove disposizioni per tutti i lavoratori dipendenti.
Oggetto: Nuove disposizioni per tutti i lavoratori dipendenti.
GIORNI DI MALATTIA
Non sarà più accettato il certificato medico come giustificazione di malattia. Se si riesce ad andare dal dottore si può andare anche al Lavoro.
GIORNI LIBERI E DI FERIE
Ogni impiegato riceverà 104 giorni liberi all’anno. Si chiamano sabati e domeniche. BAGNO La nuova normativa prevede un massimo di 3 minuti per il bagno. Dopo suonerà un allarme, si aprirà la porta e verrà scattata una fotografia. Dopo il secondo ritardo in bagno, la foto verrà esposta in bacheca.
PAUSA A PRANZO
Gli impiegati magri riceveranno 30 minuti, perché hanno bisogno di mangiare di più per ingrassare. Quelli normali riceveranno 15 minuti per fare un pasto equilibrato e rimanere in forma. i grassi riceveranno 5 minuti, che sono più che sufficienti per uno slim fast.
AUMENTI
Gli aumenti di stipendio vengono correlati all’abbigliamento del lavoratore. Se si veste con scarpe Prada da Euro 350,00 o borsa Gucci da 600,00, si presume che il lavoratore stia bene economicamente e quindi non abbia bisogno di un aumento. Se si veste troppo poveramente, si presume che il lavoratore debba imparare ad amministrare meglio le sue finanze e quindi non sarà concesso l’aumento. Se si veste normalmente vuol dire che il lavoratore ha una retribuzione sufficiente e quindi non sarà concesso l’aumento.
buon lavoro
P.S. per aver letto questa e-mail in orario di lavoro vi verranno trattenuti 4 minuti di stipendio.
Ladri di biciclette
Chiedo scusa se racconto un fatto personale, ma temo, anzi, sono sicuro che sia capitato e accada anche ad altri. E meriti, quindi, il dominio pubblico.
Sabato notte mi hanno rubato la bici davanti a casa. E’ la quarta volta che succede. Davvero non ne posso più.
E pensare che dopo gli ultimi furti subiti avevo preso apposta un modello giurassico strausato, immaginando che non potesse esservi miglior antifurto di un ferrovecchio arrugginito. Oddio, perfettamente funzionante. Ma con almeno cinquant’anni di strada, e forse più, nelle ruote.
Ciò nonostante l’ho sempre accuratamente chiuso con tanto di megacatenaccio neanche fosse l’Honda di Valentino Rossi.
Invece niente. Rieccomi appiedato e furibondo per il senso di impotenza che ci si ritrova addosso in queste circostanze. Ho provato ovviamente a girovagare qua e là, alla disperata ricerca della mia balilla a pedali. Ma, sia pur a malincuore, dopo un po’ mi sono arreso.
E ho rinunciato anche alla denuncia, per la sufficienza con cui ogni volta, dopo essere rimasto vittima dei precedenti furti, carabinieri e polizia hanno sempre preso svogliatamente nota dell’accaduto, lasciandomi intendere che l’atto, pur dovuto, non sarebbe servito a nulla. Inutile illudersi, sembravano dirmi. La bici non salterà più fuori. Né si troverà l’autore del furto. Sempre che – aggiungevo io mentalmente – questi non si presenti spontaneamente in questura, meglio se con il maltolto, spinto dall’irrefrenabile impulso di subire la sanzione prevista dalla legge.
Amari sarcasmi a parte, a sentire le forze dell’ordine si dovrebbe prendere atto che il furto di biciclette come di altri analoghi beni personali (pare che oggi vadano molto – cioè spariscano – anche le macchine fotografiche digitali) appartenendo alla categoria della micro-criminalità, è destinato a rimanere come tale impunito. A diventare “normale”.
Già: normale. Perché quello da me subito rientra fra le migliaia di reati minori ai quali, secondo carabinieri e polizia, occorre rassegnarsi perché è già tanto se nel nostro territorio il numero di crimini e delitti di rilevanza medio-alta (dai furti negli appartamenti a quelli delle automobili, dalle rapine in banca alle violenze sulle persone), risulta relativamente più basso e sotto controllo rispetto al resto del Paese.
Morale: noi che abitiamo quest’isola felice – il Trentino non è statisticamente paragonabile, in termini di criminalità, a certe regioni italiane del nord e del sud dove il problema è ben più drammatico – dovremmo insomma non dico rallegrarci, ma sicuramente non lamentarci di questi reati.
Di essi, anzi, faremmo bene ad autoaccusarci un po’ per non essere stati abbastanza previdenti. Nel mio caso, parcheggiando la bicicletta per strada. Vuol dire che la prossima volta, per non sentirmi in colpa, me la porterò a letto.
Gian Burrasca