LOGOTERAPIA E FEDE TEOLOGALE IN DIALOGO. Viktor Frankl e le religioni (4)

San Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986 con i capi di diverse religioni

Religioni e religioni personali

Premesso che per Frankl la religione può avere una qualche efficacia psicoterapeutica, va precisato che questo non è ‘per intentionem’, ma ‘per effectum’ e che può portare alla guarigione psichica. Dopo tutto, la religione fornisce all’uomo un’ancora spirituale, un senso di sicurezza introvabile altrove”1.

Frankl è convinto che tutte le religioni vogliano imporsi alla volontà della persona. Non trova le religioni negative, ma il loro modo di imporsi, anche per la religione cristiana, avrebbe la conseguenza di provocare l’effetto contrario a quello da esse auspicato. Ecco perché, pur riconoscendo l’importanza del senso religioso innato, tuttavia si

aspetta per il futuro la nascita di religioni “personali” con pieno diritto di cittadinanza.

Nel colloquio intervista che stiamo presentando, Ricerca di Dio e domanda di senso. Dialogo tra un teologo e uno psicologo, Frankl e Lapide optano per la ricerca di senso pur essendo convinti che spesso non si sa se si giungerà alla meta.

Ci sarà un viaggio continuo un «processo dinamico che in verità non ha fine», perché, pur conoscendo la direzione, il viaggio non perderà di significato benché non si sappia se, alla fine del cammino, si perverrà. Per questo, in logoterapia si parla per prima cosa di senso come senso della vita, partendo dalla volontà di significato, volendo, cioè, che la vita abbia significato, non permettendosi che non l’abbia. Poi vi è il senso che ciascuno pone in sé all’interno di una situazione che gli capita.

Il senso è unico perché può essere realizzato solo nel momento in cui la situazione è vissuta, ma le situazioni cambiano sempre e in fretta.

Sorge una domanda

Nel tedesco, la parola “senso” è statica, “troppo lapidaria”, scrive Frankl2. Però, le cose avrebbero un senso già prima della mia nascita e anche dopo la mia morte. Sembrerebbe, a tratti, essere questo un attributo inerente alla cosa stessa. Ma Frankl non la pensa così. Egli pensa piuttosto a un processo continuo di ricerca, prospettiva che sarà poi comune, attraverso l’esistenzialismo, oltre che alla psicologia umanistica, al pensiero di diversi teologi.

Frankl indica come questo significato sia scelto dalla persona e non intrinseco alla realtà, per questo sarebbe solo soggettivo, ma benefico per l’economia dell’esistenza del soggetto. Il senso sarebbe irripetibile poiché cambia ogni ora, da uomo a uomo. Eraclito, già nel V sec. a. C., diceva che non ci si bagna nello stesso fiume. Il senso, dunque, secondo il nostro Autore non potrebbe essere che estremamente soggettivo. Esso è determinato dalla responsabilità, e “dobbiamo realizzarlo”.

Unica è la singolarità della persona e l’unicità della situazione. Va considerata anche la completa “auto-trascendenza” del senso. Se il soggetto agisse solo per sé stesso, non sarebbe “auto-trascendente”, tutto si fermerebbe ad esso divenendo  il senso di tutto.

Naturalmente, esistono anche il senso della vita e il senso del mondo3, ma in primis Frankl non parla di questo, poiché il sovrasenso non si potrebbe cogliere intellettualmente. 

Quindi, mentre Camus e Sartre hanno parlato della mancanza di senso dell’esistenza, non hanno colto che l’apparente mancanza di senso “oggettivo” dell’esistenza dipende dalla “finitezza” dell’uomo, dall’incapacità di cogliere intellettualmente, o razionalmente, il senso ultimo. Ma anche il singolo senso si lascia cogliere solo parzialmente, visto che non si possiede pienamente tutta la propria vita. È quello che accade in un film -scrive Frankl. Il film ha senso nella sua interezza e lo si scopre solo quando le immagini sono viste nella loro completezza. Tanto che il “senso della vita” viene rivelato soltanto sul letto di morte, nel migliore dei casi4. Io, direi, nemmeno nemmeno in quel momento. Ma si può scoprire il senso della vita, per quanto possibile, solo scoprendo il senso di ogni singola parte e viceversa, potremmo aggiungere.

Man mano si scopre il senso della vita, si coglie il senso della parte. Fra i due termini vi è feconda dialettica, l’uno nutre l’altro. Il particolare rivela l’universale e l’universale rende possibile la “rivelazione”, il “senso” del particolare. Ma nella psicoterapia di Frankl, lo ricordiamo, al momento del dialogo con Lapide, per “senso”, in generale, si intende il senso particolare, «qui e ora»5 (p. 70).

Senso della vita e Speranza cristiana

Porsi la domanda sul senso della vita non è affatto una nevrosi, anzi, «preoccuparsi del significato della propria esistenza caratterizza l’uomo in quanto tale»6

Frankl è convinto che l’uomo non abbia alcun diritto di porsi la domanda sul senso della vita perché l’uomo ha l’onere di intendere sé stesso, la propria vita come “essere interrogato”7. È la vita che pone domande all’uomo. L’uomo è responsabile delle proprie risposte a queste domande assumendosi la responsabilità per la sua vita, non a parole, ma con le azioni.

Se non ci fosse un’unica possibilità di senso, se l’azione si ripetesse, e se noi non fossimo unici e originali, ma sostituibili, non avremmo responsabilità. Al contrario, questa responsabilità è doppia: per quello che l’uomo fa qui e ora e per quello che sarà subito dopo.

Essere come si è in questo momento, anche con tutti gli aspetti negativi, non giustifica il non fare nulla per il futuro. Si può. E questa è la speranza secondo Frankl. In questo caso, posso dare senso ad ogni mia sofferenza. Ovvero, la vita vale sempre la pena di essere vissuta.

La Speranza cristiana e la speranza secondo Frankl

In senso cristiano, la Speranza è una virtù, una vis,  una forza teologale. Ma essa va intesa allo stesso modo della scoperta del senso di cui parla Frankl?

La volontà dell’uomo di dare senso alla vita, ovviamente, esiste ed è risposta all’azione e al dono di Dio. Ma la virtù della Speranza, in senso cristiano, poggia sull’assicurazione da parte di Dio che i peccati sono perdonati, che Egli ha vinto la morte e il Demonio, del quale Cristo è Signore. La Speranza cristiana è che un giorno risorgeremo e che già oggi è in atto la nostra resurrezione spirituale e morale, essendo il regno di Dio tra noi, anzi, dentro di noi, come nel greco del Nuovo Testamento è scritto: ἡ βασιλεία τοῦ θεοῦ ἐντὸς ὑμῶν ἐστιν, il Regno di Dio è dentro, ἐντὸς, entòs, di voi (Lc 17, 21).

La realtà soprannaturale del Regno per il credente è oggettiva e operativa e, una volta giunta alla consapevolezza, mediante la fede, fa sì che egli ne viva e se ne nutra anche se lo raggiungesse la più tremenda crisi di Fede.

In Frankl, invece, dare un senso implica le azioni e credere nel futuro, ma non necessariamente la consapevolezza che questo futuro sia il Dio che viene, il Logos (qui in senso cristiano e non frankliano di senso) nel quale si è assunti.

Logoterapia e sofferenza in senso frankliano e nell’accezione cristiana

Secondo la logoterapia, non basta accontentarsi di dare il senso e porre le azioni, occorre cercare di eliminare la sofferenza e questo implica che destinatario del cambiamento possa essere anche io. Nel cristiano questo è vero, ma è anche vero il fatto che si possa assumere la sofferenza in quanto trasformata da Cristo in croce vittoriosa e virtuosa, forte. In entrambi i casi, l’uomo porrà un’azione che originerà un cambiamento della propria persona, ma nel modo che fu in Cristo quando si trasfigurò; non fu il Cristo a mutare, ma gli occhi dei tre che lo contemplavano! Così, qui la trasformazione sarà dei nostri occhi, da carnali a spirituali, in modo da vedere noi stessi, e le situazioni, così come Dio le vede.

Sarà vedersi nella Verità e non nell’ombra, in analogia alle ombre umane del mito della caverna di Platone. Ma, mentre in Platone e in Frankl l’azione è gnosi, nel cristianesimo è risposta al cambiamento donato da Dio, compiuto non con le sue sole forze: «Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una forza è uscita da me» (Lc 8, 46). L’azione della donna e di Dio si incontrano, ma Gesù ha fatto il primo passo, molti passi: è venuto sulla terra, ha preparato la storia, è cresciuto in altezza, età e grazia (Lc 2, 52).

Comunque, deve porsi un’azione, un processo attivo,  che abbia la conseguenza di un cambiamento nel soggetto, cambiando il modo di vedere le cose.

Frankl è in pieno accordo, così, con “Yehuda Bacon allorquando dice che la sofferenza ad Auschwitz ha avuto un senso solo se sei tu a cambiare”8.

Elie Wisel, anziché dipingere come Bacon, scrisse dodici libri, ponendo in essere una terapia che le permise di superare dei traumi attraverso un’azione volta al futuro. Compio un’azione che ha effetto su di me, mi modifico, mi trasformo.

Agisco verso di me e non verso il mondo esterno!

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  1. Frankl, Viktor, Senso e valori per l’esistenza. La risposta della logoterapia, Roma, Città Nuova Editrice, 19982 , p. 153. ↩︎
  2. Frankl, Viktor, Ricerca di Dio e domanda di senso. Dialogo tra un teologo e uno psicologo, Claudiana, Torino 2005-20062, 20165, 69. ↩︎
  3. Frankl, Viktor, Ricerca di Dio e domanda di senso …,  op. cit., 70. ↩︎
  4. Frankl, Viktor, op. cit., ibidem. ↩︎
  5. Frankl, Viktor, Ricerca di Dio e domanda di senso …, op. cit., ibidem. ↩︎
  6. Frankl, Viktor, Alla ricerca di un significato della vita, trad. di Fizzotti, Eugenio, Mursia, Milano 1972, p. 16. ↩︎
  7. Frankl, Viktor, Ricerca di Dio e domanda di senso …, op. cit., 71. ↩︎
  8. Frankl, Viktor, Ricerca di Dio e domanda di senso …,  op. cit., 72. ↩︎

Articoli precedenti

RICERCA DI DIO E DOMANDA DI SENSO. Psicologia e Fede teologale in dialogo. 21 Ottobre 2023

LOGOTERAPIA E FEDE TEOLOGALE IN DIALOGO. La prospettiva umanistica di Viktor Frankl (1) 4 Novembre 2023

LOGOTERAPIA E FEDE TEOLOGALE IN DIALOGO. Viktor Frankl e il Dio “inconscio”(2). 18 Novembre 2023

LOGOTERAPIA E FEDE TEOLOGALE IN DIALOGO. Viktor Frankl e la sofferenza (3) 4 Dicembre 2023

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