LOGOTERAPIA E FEDE TEOLOGALE IN DIALOGO. La prospettiva umanistica di Viktor Frankl (1)

Viktor Frankl, Fonte Wikipedìa

Dopo l’articolo di presentazione di questo ciclo di nostri interventi su RICERCA DI DIO E DOMANDA DI SENSO. Psicologia e Fede teologale in dialogo., del 21 Ottobre u.s., ecco la prima puntata del ciclo annunciato scritto a quattro mani dal Prof. Pasquale Riccardi e dallo specialista di Religione Cattolica Marcello Giuliano.

La Redazione

Psicologia, ricerca di senso e fede

Non mi sarei probabilmente mai dedicato al rapporto tra moderna psicologia e fede teologale se, negli anni, non avessi avuto modo di ascoltare, e in parte leggerne i libri, le conversazioni del Professor Pasquale Riccardi, psicologo e psicoterapeuta che, nella logoterapia di Viktor Frankl ha trovato la via per esercitare la cura della

persona in rapporto al senso della vita dei pazienti, delle persone di cui si fa carico nella sua professione.

Il Prof. Riccardi, Docente a contratto di Psicologia alla Federico II di Napoli, cui sono immensamente grato per i contributi al nostro Blog Libertà e Persona, come il fondatore della logoterapia (1926), con l’aggiunta dal 1936 anche dell’analisi esistenziale, ha da tempo assunto l’ermeneutica della logoterapia quale via scientifica e terapeutica per ascoltare il disagio diffuso delle persone estremamente bisognose di trovare un motivo per vivere.

Oggi, più volte lo scrive e soprattutto lo dice, è più diffuso il disagio esistenziale che non le forme di psicopatologia in genere più note.

Nelle conversazioni radiofoniche, che continuano da più di un decennio, egli sa riaprire il dialogo tra la situazione presente che la persona vive e le sue radici spirituali. Lo fa da cristiano perché è tale ma, coerentemente con la scuola di Frankl, che conobbe personalmente e del quale si considera allievo, pone attenzione a quella profonda dimensione spirituale dell’uomo che per decenni Freud, e la psicologia che ne derivò, avevano screditato, riducendola a “… forma collettiva di nevrosi ossessiva che coinvolge l’umanità, interpretando Dio come imago proiettata del padre”1.

Per Frankl, invece, la religione è un fenomeno degnamente umano al pari della sessualità e del principio del piacere.

Frankl, di origine ebraica, e nazionalità austriaca, fortemente provato dagli orrori dei lager tedeschi, ai quali sopravvisse per tre anni, e dove strinse tra le braccia il padre morente, senza più rivedere né il fratello, né la propria prima moglie, visse la fede della sua tradizione religiosa come semplice retaggio dell’educazione, concludendo di dover considerare ogni specifica religione mera espressione particolare della fede in quanto tale. Per l’uomo d’oggi la fede, in questo senso, sarebbe il futuro.

Riccardi, nelle conversazioni, evidenzia invece, da psicologo e psicoterapeuta attento alla propria fede cattolica, quei comportamenti di Gesù e quegli insegnamenti che, se da un lato sono propri della fede cristiana e cattolica, dall’altro ben si accordano alle strutture psicologiche che si riscontrano nella dimensione umana del Gesù uomo.

Il rischio per il cristiano

Il rischio, per il cristiano che in questi decenni ha visto nella logoterapia la versione di una psicologia amica, come è accaduto in genere con la psicologia umanistica, è pensare, come fa Frankl, che non conti tanto questa o quella confessione religiosa perché mera espressione della fede universale dell’Homo religiosus, e che il cristianesimo sia una forma transeunte, accidentale, significativa solo perché capace, nella storia di questo o quel soggetto, di veicolare un senso. Tuttavia, occorre ribadire che Frankl rifiuta l’origine positivista della psicanalisi e della psicologia, scegliendo una antropologia più universale, che inserisce nell’uomo, per la sua salute e stato di benessere, una terza dimensione: quella spirituale.

Ora, se la ricerca del senso è sicuramente fondamentale per porre la persona a contatto con quanto di più profondo abbia luogo nella sua credenza, per il cristiano e cattolico, che vede in Gesù non un profeta e maestro, ma il figlio di Dio Eterno fatto carne per salvare l’uomo e il mondo tutto dal peccato e dalle sue conseguenze, la visione-metodo di Frankl, benché a lui prossima, potrà risultare provvidenziale, ma non esaustiva e sufficiente.

Tale rischio è involontariamente ben descritto dal pastore protestante Sergio Manna, membro della “Commissione salute e cura” del Consiglio ecumenico delle Chiese e cappellano clinico e supervisor in Clinical pastoral education, che al Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste di Torre Pelice, nel discorso di apertura di Domenica 20 Agosto c. a., ha detto:

«L’atteggiamento di Gesù è un mirabile esempio di quello che Carl Rogers, padre della psicologia umanistica, definisce “accoglienza positiva incondizionata”, che in fondo non è altro che un modo laico per esprimere quello che noi, in termini teologici, chiamiamo grazia […]».

Questa visione, che riduce la Grazia a semplice terminologia religiosa e antropologia e svuota dello spirituale gli atteggiamenti psicologici e relazionali di Gesù e del cristiano trasfigurato, riducendoli ad abilità professionali e sociali, è palesemente diffusa all’interno di quelle correnti teologiche, che sembrano sottovalutare la portata della chiamata ad essere Figli di Dio, in quanto tutti, per il fatto di essere creature, sarebbero “figli” di Dio.

Secondo San Giovanni, invece, la diversità c’è, quando afferma che ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Lo diventano quelli che lo accolgono. “A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare…”. Quest’affermazione di san Giovanni può lasciar intendere che qualcuno potrebbe non accoglierlo e pertanto potrebbe non diventare figlio di Dio. E San Paolo aggiunge che noi siamo chiamati a diventare “figli adottivi” di Dio (cf Ef 1, 5).

Leggendo e meditando il Vangelo, e apprezzando il metodo scientifico di Frankl, suffragato nei suoi successi anche dalla letteratura scientifica, il credente che si accosta alla propria fede con consapevolezza potrà non solo individuare il senso umano attraverso il metodo di Frank, ma anche scoprire quel senso specifico cristiano, quel di più che Gesù porta facendo trascendere all’uomo la sua mera condizione orizzontale verso la Salvezza rivelata dal Figlio di Dio, che è Dio uguale al Padre e si rivela nello Spirito, nello Spirito che trasfigura  l’uomo.

Un percorso psicologico, quale che sia, può solo aiutare la persona ad aprirsi, a comprendersi sul piano naturale, ma non nella novità di vita portata da Gesù, alla quale si accede solo tramite la fede ed i sacramenti, che comunicano la Grazia dello Spirito.

Le sole forze umane (gnosticismo) non accedono all’umanità nuova. Eppure, questo è vero, l’educazione favorita da un percorso positivo e accogliente può prepararvi, portando la persona ad una visione più positiva.

In questa occasione, ci limiteremo ad esporre il cuore di quel pensiero e metodo di Frankl che lo ha animato alla cura dell’uomo contemporaneo e che, come Frankl confermò nell’intervista che esamineremo2, fu un approccio valorizzante per ogni fede, sempre e comunque fondamentale se assunta con significato.

Viktor Frankl e il dato della vita come partenza

Frankl scrisse numerosi libri e tenne innumerevoli conferenze per diffondere il suo metodo, capace di grande ascolto della persona appunto perché attento sia alle diverse note componenti umane, ma anche a quella religiosa, aiutando a scoprire in ciascuno il senso per il quale vivere, qualunque fosse la situazione di sofferenza. La vita è il dato di partenza!

Accostiamo il suo pensiero attraverso un testo fondamentale e vivo come la trascrizione di un colloquio registrato con il teologo ebreo Pinchas Lapide e casualmente ritrovato numerosi anni dopo la loro morte: Ricerca di Dio e domanda di senso. Dialogo tra un teologo e uno psicologo, testo curato dal sacerdote Salesiano Eugenio Fizzotti3, discepolo, collaboratore di Frankl e poi curatore delle sue opere in lingua italiana restando il principale riferimento nello studio dell’Opera di Frankl e della logoterapia.

In seguito, potrebbe essere interessante, a mo’ di esempio, leggere qualche pericope evangelica, utile ad una comprensione antropologico esistenziale di sé, ma che vede nella psicologia di Gesù e della persona umana una realtà e un messaggio ulteriore cui il cristiano, ma anche ogni uomo, non dovrebbero rinunciare: quella salvezza che viene da Dio e che è altro dai nostri sforzi.

Leggendo il libro Ricerca di Dio e domanda di senso, si scopre un profondo arricchimento del pensiero di Frankl circa la dimensione spirituale dell’uomo.

Il testo è frutto di un intenso dialogo che nell’agosto 1984, nella casa viennese di Mariannengasse 1, lo psichiatra ebbe con il filosofo delle religioni Pinchas Lapide.

La triade sofferenza, colpa, morte

Frankl è consapevole che l’uomo è limitato da una triade costituita da sofferenza, colpa e morte, ma è anche convinto che l’uomo possa volgerla a proprio vantaggio, “al positivo”, trasformando la sofferenza in un “trionfo interiore”.

La mortalità può essere “uno sprone ad agire in maniera responsabile (per crescere) a partire dalle proprie colpe, divenendo diversi”4.

Dalla sofferenza scaturisce una liberazione interiore. Così esiste un ottimismo, malgrado la tragedia. Per Lapide, colui che, come ebreo, ha patito le peggiori sofferenze, sapendo cosa esse siano, è invitato a trattare lo straniero come ciascuno mai si sia sentito trattare e come si vorrebbe essere trattati. Questa sarebbe la citazione biblica che dà senso alla sofferenza che, aggiungiamo noi, nel Vangelo ha due corrispettive citazioni pronunciate da Gesù riferendosi all’Antico Testamento, al cuore della Legge: Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa, infatti, è la Legge e i Profeti (Mt 7, 12 e Lc 6, 31). In questo modo, Frankl trasforma la sofferenza in una prestazione e per Lapide questo è lo “splendore della scintilla divina” nell’uomo.

Dal binomio successo-insuccesso al binomio disperazione-compimento

Mentre l’uomo di successo conosce solo le due categorie del successo e dell’insuccesso e si muove all’interno dell’etica del successo, l’homo patiens non si muove in queste due categorie, ma tra quelle di compimento e disperazione. Egli non si lascia raggiungere dalla disperazione e si pone nella linea del successo proprio a partire da ciò che potesse sembrare negativo e sfavorevole per l’uomo. Mentre chi si muove nella linea del successo-insuccesso può piombare nella disperazione e giungere al suicidio.

Compimento e disperazione sono le due categorie elettive entro cui muoversi. Successo e disperazione sono compatibili tra loro come compimento e insuccesso5.

Chi si pone nella posizione dell’homo patiens può capire la situazione di successo che decade nella disperazione e, non vedendo più un senso, cerca una uscita nel suicidio.

Senso e vita

La questione del senso decide della nostra vita. Se vi trovo il senso, allora supererò ogni ostacolo. Viceversa, no. E chi più di Viktor Frankl lo può accertare di persona, dato che è sopravvissuto all’Olocausto? Nella sua teoria, il senso della vita si basa sull’idea che ogni essere umano ha come motivazione base il trovare un significato e uno scopo nella propria vita che colora di senso l’intera propria esistenza. Ed è il senso il valore aggiunto per affrontare le difficoltà e le sfide che si presentano.

Il senso, però, per Frankl non è qualcosa che si può trovare oggettivamente, ma è piuttosto un’esperienza soggettiva che ogni individuo deve scoprire per sé stesso.

Ma, se un uomo “fallito” ritrova un senso, potrà trovare anche un compimento. Frankl qui cita Elisabeth Lukas e la sua analisi fattoriale. I suoi valori, scrive, sono superiori perché non si appiattiscono sul binomio successo-insuccesso, ma si orientano al compimento. Si apre qui la prospettiva della dimensione verticale che la psicologia chiama ortogonale. Il piano statistico -afferma Frankl- conferma la nostra teoria e il compito della scienza è proprio questo, confermare teorie fino a riconoscere la validità di “nozioni religioso-pedagogiche e addirittura religioso-psicologiche”.

Frankl, esaminando i suoi dati sperimentali, potè constatare che i non credenti non erano per nulla condizionati da una cattiva imago paterna e che i credenti non ne avevano necessariamente una buona. Ma imparando a credere, nonostante fosse stata loro trasmessa un’imago paterna pessima, non avevano perso la fede o avevano imparato a credere indipendentemente dall’ imago paterna ricevuta.


  1. Frankl, Viktor, Eugenio Fizzotti a cura di, Ricerca di Dio e domanda di senso. Dialogo tra un teologo e uno psicologo, Claudiana, Torino 2005-20062, 20165, 81. ↩︎
  2. Frankl, Viktor, Eugenio Fizzotti a cura di, Ricerca di Dio e domanda di senso, op. cit. I passi di seguito citati si riferiranno all’edizione del 2006. ↩︎
  3. Ibidem ↩︎
  4. Frankl, Viktor, Fizzotti, Eugenio a cura di, Ricerca di Dio e domanda di senso …, op. cit., 57. ↩︎
  5. Frankl, Viktor, op. cit., 58. ↩︎
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