Il Matrimonio e la Sacra Famiglia nelle parole del Venerabile Vescovo Fulton J. Sheen

“Fondamento della vita coniugale è l’affetto dei cuori

Ci sono poi dei matrimoni nei quali non c’è unione carnale, perché la carne è già sazia e intorpidita. Certi coniugi abbandonano la passione soltanto perché questa li ha abbandonati. Ma vi sono anche matrimoni nei quali dopo l’unione carnale i coniugi offrono scambievolmente a Dio il sacrificio

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CAMMINANDO CON LE FAMIGLIE FERITE IN VERITA’ E APERTURA DI CUORE

Riuniti, insieme ad amici sensibili, in un opportuno percorso di discernimento per persone separate, una signora iniziò a piangere, quasi provando vergona, perché sentiva tanto il desiderio di leggere Amoris Laetitia, ma non ne aveva assolutamente il coraggio,  ritenendo che le avrebbe procurato molto dolore. Diceva singhiozzando: -Non Leggi tutto “CAMMINANDO CON LE FAMIGLIE FERITE IN VERITA’ E APERTURA DI CUORE”

Scoprire la differenza tra male e bene soggettivo.

 

Cosa può dire alla condizione di sposati, o, separati, o divorziati, o , risposati la pericope della resurrezione di Lazzaro? Proviamo a ri-conoscere, tra il segno e la Leggi tutto “Scoprire la differenza tra male e bene soggettivo.”

TRENT’ANNI DI BUIO PRIMA DI PAPA FRANCESCO.

MA COSA COMBINA IL VATICANISTA DEL TG1?

Cercando documentazione sulle recenti critiche avanzate dal vaticanista del TG1 Aldo Maria Valli al Santo Padre, che anche a mio avviso prestano il fianco a non pochi appunti, trovo da un lato chi, come il Dott. Valli, muove contro il presente pontefice -per me Santo Padre- e chi, come il teologo e docente Andrea Grillo1, non solo utilizza  i presupposti del teologo Sua Ecc. il Card. Kasper per rivisitare la dottrina dell’indissolubilità nella versione alternativa dell’ “indisponibilità”, (apertura al divorzio per esaurimento -morte- della relazione), ma, e questo è il punto, rimprovera a Valli di essere “antibergogliano”. Come se il punto fosse essere bergogliani o meno. Leggi tutto “TRENT’ANNI DI BUIO PRIMA DI PAPA FRANCESCO.”

Generazione senza padri

di Costanza Miriano

Prendere appunti alla presentazione di un libro è normale. Se il libro lo si è scritto forse non è normalissimo. Se la presentazione del proprio libro è la numero cinquanta o sessanta o forse più, allora la cosa richiede l’intervento di un medico, ma di uno bravo. Il fatto è che a introdurmi lunedì sera era don Fabio Rosini, il che peraltro è già un po’ assurdo di per sé, perché quello famoso è lui. Leggi tutto “Generazione senza padri”

Riflessioni di un Vescovo a New York

di Timothy Dolan, Arcivescovo di New York

Quasi due settimane fa – paradossalmente nella festa della Nascita di san Giovanni Battista che re Erode voleva decapitare perché il santo osò difendere la verità rivelata da Dio sul matrimonio – il nostro Stato di New York ha purtroppo tentato una ridefinizione del matrimonio. C’è ancora qualcosa da dire? Sì.
Innanzitutto, grazie alle persone coraggiose, sono milioni, che hanno valorosamente combattuto questo disgraziato progetto di ingegneria sociale. Potete ben tenere alta la testa. In maniera sensata, civile, meditata, vigorosa… voi non avete ceduto. Le forze dall’altra parte erano veramente Golia – con barche di denaro, “glitterati” dagli ambienti di spettacolo, negoziatori politici e i media – ma voi avete dimostrato di essere dei degni Davide.
Voi comprenderete la mia parola di particolare gratitudine a persone di fede – evangelici, mennoniti, ebrei, musulmani, cattolici, amish e tanti altri, spesso guidati da credenti afro-americani e latini – che semplicemente credono che il matrimonio è un dato posto al fondamento stesso della civiltà, e che lo Stato ha il dovere di difendere e proteggere, non di mutare.
I miei confratelli vescovi di New York sono stati particolarmente profetici. Quando arrivai qui poco più di due anni fa, mi dissero realisticamente che avevamo da affrontare una battaglia incombente sulla difesa del matrimonio. Mi confidarono che le probabilità non erano a nostro favore, ed alcuni esperti consigliarono perfino di non ingaggiare alcuna battaglia e arrenderci.
Ma i vescovi erano unanimemente convinti che ciò sarebbe stata una colpevole omissione del nostro dovere. Ma come il Beato Giovanni Paolo II spesso diceva, la Chiesa deve essere “contro-culturale”, come Gesù, molte volte in contrasto con quanto passa per chic, illuminato e progressista. Nei loro scritti, omelie, tentativi di persuasione sulle forze politiche, interviste e nelle nostre comuni dichiarazioni – sostenuti dagli infaticabili sforzi della nostra Conferenza cattolica dello Stato di New York, incoraggiati dalla cooperazione ecumenica e inter-religiosa e, soprattutto, appoggiati da migliaia e migliaia dei nostri fedeli cattolici (un legislatore mi ha detto che ha ricevuto 47.000 e-mail contro la misura) – i vescovi sono stati in trincea. Siamo stati feriti a sangue, percossi e, sì, per il momento siamo stati sconfitti. Ma ci siamo abituati. E lo era anche il Fondatore della nostra Chiesa.
In secondo luogo, la Chiesa non ha né vuole avere “influenza” politica. Come commentava il Cardinal John O’Connor, “la sola ‘influenza’ che realmente ha la Chiesa, è la verità di Dio, la certezza della Sua grazia, e la semplice ma sincera convinzione della nostra gente”. Il Beato Giovanni Paolo II ci ricorda ancora che “la Chiesa mai s’impone, si propone”. E come il nostro attuale Santo Padre ha spesso osservato, tutto quello che la Chiesa vuole, è la libertà di servire l’umanità nel portare la luce del vangelo al mondo.
Ma, ed è il terzo punto, siamo veramente preoccupati su questa ‘libertà di religione’. Si leggono articoli di fondo che invocano già la soppressione delle garanzie di libertà religiosa, e altri, con spirito di crociati, a chiedere che le persone di fede siano forzate ad accettare tale ridefinizione. Se l’esperienza degli altri pochi Stati e Paesi nei quali c’è già questa legge ci indica qualcosa, ebbene, le chiese e i credenti saranno presto angariati, minacciati e trascinati nei tribunali per il loro convincimento che il matrimonio è tra un uomo e una donna, per sempre, e che danno la vita ai figli.
Quarto, le vere forze di “intolleranza” si sono ora smascherate. La caricatura, certo, è che coloro che difendono il matrimonio tradizionale erano i bigotti di destra  e i bulli. Tuttavia, mi diceva un giornalista non di questo Stato, che ha seguito da vicino il dibattito: “leggendo editoriali, blog e retorica, i veri arroganti non sono quelli della vostra parte”. Un cattolico che mi ha scritto per criticare la mia difesa del matrimonio, ha tuttavia ammesso: “ma devo confessare che sono disgustato da tutto il veleno anti-cattolico che sta montando in questo dibattito”. Come ha osservato un rispettato editorialista, il problema non è l’omofobia ma la ‘teofobia’ – un odio di alcuni verso Dio, la fede, la religione e la Chiesa.
Tuttavia, ed è il quinto punto, se, nella nostra difesa del matrimonio, avessimo ferito qualcuno, porgo le mie scuse. Ci siamo sforzati di insistere fin dall’inizio che il nostro obiettivo era ‘pro matrimonio’ , mai ‘anti gay’. Ma temo che qualcuno all’interno della comunità gay, si sia offeso. Ho risposto a un giornalista che mi chiedeva se avessi un messaggio per la comunità gay: “Sì: vi amo.  Ogni mattina prego con e per voi e per la vostra vera felicità e benessere. Sono onorato che tanti di voi vi sentiate a casa nella nostra famiglia cattolica, dove, come tutti gli altri, cerchiamo, con l’aiuto della grazia e della misericordia di Dio, di conformare la nostra vita a Gesù e al Suo messaggio. Se avessi offeso qualcuno di voi nella mia strenua difesa del matrimonio, chiedo scusa, e vi assicuro che non era intenzionale”.
Punto sesto, la Chiesa ha sempre difeso il matrimonio – un uomo e una donna, uniti nell’amore fedele per tutta la vita, portando nuova vita nei figli – ogni qualvolta e dovunque esso fosse in pericolo. I veterani della mia età e oltre ricordano quando sessant’anni fa combattevamo il divorzio unilaterale e generalizzato, convinti che avrebbe condotto a un indebolimento del vincolo matrimoniale e avrebbe danneggiato i nostri bambini (ciò che studi scientifici stanno oggi in effetti dimostrando). Ricordano come la Chiesa resisteva alla ‘ mentalità contraccettiva’, temendo che avrebbe spezzato il vincolo sacro tra l’amore e la procreazione dei figli. Poi, ricordano come la Chiesa suonò l’allarme contro i tassi crescenti di promiscuità sessuale, adulterio, sesso pre-nuziale e convivenza prima del matrimonio o invece del matrimonio. E ora suoniamo la campana a raccolta per quest’ultimo impoverimento dell’autentico concetto di matrimonio, preoccupati che il prossimo passo sarà un’altra ridefinizione per giustificare partners molteplici e infedeltà. Se pensate che io stia esagerando, sappiate che a pochi giorni dall’approvazione del progetto di legge, un importante quotidiano tracciava un lusinghiero profilo di un politico proponente ciò che veniva definito “non-monogamia”. A quanto pare, la “non-monogamia” è l’idea che la società sarebbe irrealistica a pensare che un uomo e una donna dovrebbero rimanere fedeli nel matrimonio, e che l’apertura a qualche infedeltà dovrebbe essere la norma!
Permettete che mi ripeta: non c’è niente in noi di ‘anti’-nessuno, ma semplicemente di ‘pro’-matrimonio.
(A proposito, il prof. Robert George della Princeton University avverte in modo eloquente che, riguardo alla promiscuità sessuale, divorzio, convivenza invece del matrimonio, adulterio e “matrimonio tra persone dello stesso sesso”, la Chiesa non ha un attegg
iamento puritano noioso, amaro, reazionario, integralista, ma in realtà profeticamente appropriato e accurato. Recenti studi di esperti quali Myron Magnet e Kay Hymowitz dimostrano che l’indebolimento del matrimonio stabile e delle famiglie, è la causa di quasi tutti i guai sociali e culturali, particolarmente pesanti sulle spalle delle povere donne e bambini).
Infine, l’ultimo punto per noi nella Chiesa: non cambia molto. Continuiamo a conservare la definizione di matrimonio data da Dio, e sappiamo che nessuna disgraziata legislazione può alterare realtà e moralità. Sì, abbiamo una grande sfida catechetica, in quanto dobbiamo ammettere che non sono pochi coloro che non si attengono più a questa immortale verità morale. (Benché io sia convinto tuttora che la maggior parte si attenga; è per questo che quelli che sbandierano “un movimento di massa dalla base” che percorre la nazione, temono un referendum sul tema). Sì, abbiamo un lavoro tagliato su misura per noi, anche se perfino alcuni cattolici e, scandalosamente, perfino leaders politici che affermano di essere cattolici, ci dicono che la Chiesa “ne è fuori”, e non ha l’esclusiva della verità.
Perciò, facciamo del nostro meglio per testimoniare la verità, incoraggiando le nostre coppie sposate e i ragazzi ad essere pieni di amore, radiosi, “luce per il mondo”. Sappiamo che, come insegnava sant’Agostino, se una cosa è sbagliata, anche se tutti gli altri la fanno, resta sbagliata; e se una cosa è giusta, anche se nessuno più la fa, resta giusta. Come san Tommaso Moro, siamo pronti a prenderci la nostra responsabilità e anche a morire nel seguire la coscienza rettamente formata dalla rivelazione di Dio e dal magistero della Chiesa, anche se non è politicamente corretto, e si scontra con le pretese del Re di ridefinire il matrimonio.

tratto dal blog dell’Arcivescovo Dolan "The Gospel in the Digital Age", 07/07/2011 (trad. italiana di don G.Rizzieri)

Amore e convivenza: scelte inconciliabili


di Costanza Miriano

“Il guaio dell’amore è che molti lo confondono con la gastrite”. Questo di Groucho Marx è il primo pensiero che mi viene in mente quando penso a matrimonio e convivenza.

Circolano un sacco di idee squinternate sull’amore tra un uomo e una donna, e quando ci si scontra con la realtà si danno delle poderose craniate.
Personalmente sull’argomento avrei un miliardo di cose da dire, ne ho riempito un libro, un blog e me ne sono avanzate anche alcune (non è escluso che ne scriva un secondo). Ero stanca, infatti, di telefonare alle mie amiche per cercare di convincerle a sposarsi: troppi soldi in bollette telefoniche, e scarsissimi risultati pratici. Io a parlare non sono brava, così mi sono messa a scrivere. Adesso vanto al mio attivo qualche crisi rattoppata, e due onorificenze speciali: testimone di nozze a un’amica e a una sorella (purtroppo no, il mio vestito non è bello come quello di Pippa Middleton, lo ammetto).

La gastrite di cui parla Groucho Marx ci rimanda all’amore adolescenziale, quello tutto mal di pancia, farfalle nello stomaco, gratificazione di ego malsicuri. E’ ovvio che alla ricerca di questo stato d’animo di perenne eccitazione sia prudente e ragionevole non sposarsi, vedere piuttosto come va, lasciarsi comunque la possibilità di tirarsi fuori dalla situazione senza troppe complicazioni.

Ma se l’amore è darsi, come si può pensare di non dare tutto, almeno di non provarci? Il desiderio di assoluto che c’è in ognuno di noi esige dal nostro amato, e lui da noi, un impegno totale, esclusivo, definitivo. Il matrimonio è questo, un salto, uno slancio di dono assoluto. E il matrimonio stesso, con la sua definitività, ci custodirà negli anni, nei momenti di fatica, di dubbio. Alzi la mano chi non ha mai pensato, nemmeno per un istante, di avere fatto la scelta sbagliata. Il dubbio viene, è normale, guardando a tutto quello che si è lasciato per prendere una strada, che anche se è la più bella, vera e giusta per noi, è pur sempre una sola, e il piccolo fugace sguardo a tutte le altre è la garanzia che la nostra è una vera scelta. Prendere qualcosa, scartare qualcos’altro (e ne so qualcosa io di quanto scartare sia doloroso, basta vedere il mio bagaglio medio per due giorni fuori, c’è almeno una carovana di cammelli che mi segue).


Tra matrimonio e convivenza la differenza non è affatto nella durata. Conosco convivenze decennali e matrimoni, purtroppo, durati mesi. La differenza è una vera e propria rivoluzione copernicana. Chi sta al centro.

Nella convivenza io, noi due nella migliore delle ipotesi, siamo il metro di noi stessi. Cerchiamo, spesso con impegno, serietà, onestà e lealtà di far andare le cose, ma se non vanno niente ci obbliga.


Il matrimonio è un trascendere se stessi, è affidare a un vincolo la propria vita, decidendo di spenderla tutta senza calcolare, senza risparmiare. In modo imprudente anche.

Infatti, ho appena scritto vincolo, ma avrei dovuto dire sacramento perché per come la vedo io senza la grazia di Dio sposarsi è davvero un grosso, grossissimo azzardo. Il giogo può anche in certi casi diventare davvero pesante da trascinare fino alla fine dei propri giorni. Impensabile farcela senza l’aiuto di Dio.

Il matrimonio cristiano, per me, è l’unico che abbia un senso. A meno che non vogliamo credere che quando ha detto “senza di me non potete far nulla” Gesù stesse scherzando. Io penso che parlasse sul serio, e che nulla voglia dire proprio nulla.

Senza l’aiuto di Dio non siamo capaci di un’impresa come imparare ad amare un’altra persona, diversa da noi, e per di più dell’altro sesso. No, dico, un uomo, in casa, per sempre, per tutta la vita. Uno che cambierà canale e aprirà le finestre nei momenti più inconsulti, che si annoierà agli appassionanti resoconti delle peripezie sentimentali di nostra cugina, che ogni volta che vogliamo parlare, caro, della nostra relazione verrà colto da un attacco di letargismo, che sbaglierà i nomi delle maestre e confonderà gli amichetti dei figli, che sbiancherà alla sola idea di organizzare una rete di telefonate per il regalo di fine anno alla catechista (lui lo sa, lo sa bene che avete quattro figli insieme, ma non è che pretenderai che conosca anche i nomi delle catechiste?).

Va bene, lo ammetto,anche stare con una donna, sempre la stessa, non è facilissimo. Una che quando dice “sono pronta tra cinque minuti” è bene che lui si sieda sul divano e tiri fuori il cofanetto di Stanley Kubrick, giusto voleva rivedere la versione integrale di Barry Lindon; una che non fa mai meno di tre cose insieme, e una delle tre è quasi sempre bruciare i bastoncini Findus; una che per strada si ferma a parlare anche con i lampioni, che esce a comprare una cosuccia e torna con due buste; una che dice di voler schiacciare la propria lingua sotto i piedi come l’Immacolata fa col serpente, ma è molto, molto lontana dall’obiettivo.


Amare davvero è difficilissimo: sostenersi, accogliersi, perdonarsi, capirsi e aiutarsi. E farlo nel modo in cui l’altro desidera, più o meno consapevolmente. A volte bisogna capire dell’altro quello che nemmeno lui sa, e ci vuole tutta la nostra creatività, l’intuito, la dedizione. Neanche i figli a volte siamo capaci di amare senza egoismo, senza proiezioni, dando loro quello di cui hanno bisogno davvero.

In questo la grazia di Dio agisce abbondante, copiosa, fluisce come un fiume a chi la chiede, perché questa è la Sua specialità: amare. Come si possa fare un progetto di amore senza metter Dio al centro, è incomprensibile.

Quanto alla convivenza, non vorrei entrare nelle polemiche sulle coppie di fatto che ci vorrebbe un altro libro: è chiaro infatti che la richiesta di riconoscimento vuole aprire la strada alle coppie omosessuali e magari alla fine anche alle adozioni, ma andiamo fuori tema. Vorrei solo ricordare che attualmente le coppie di fatto dallo Stato sono molto più tutelate delle famiglie: assegni familiari, assistenza sanitaria, posti negli asili e sgravi fiscali rendono infinitamente più conveniente non essere sposati e quindi non sommare i propri redditi, tanto che molte coppie si separano in modo fittizio.


Ma mi interessa di più l’aspetto spirituale, umano. Una volta di più mi rendo conto quanto la Chiesa sia nostra madre quando ci mette in guardia dal sesso fuori dal matrimonio.
Possiamo fare, ovviamente, anche di testa nostra, come i bambini che vogliono saggiare con la propria zucca la durezza del termosifone. Sono circondata da persone che vivono la loro sessualità con la massima libertà, e la massima infelicità. Avere separato il sesso dalla possibilità di generare figli, dall’impegnarsi in una relazione definitiva, averlo ridotto a banale modo per conoscersi ci ha precipitati in una menzogna dolorosa che ha effetti devastanti su tante vite.


Il sesso non è un modo per conoscersi ma la donazione totale e massima. Farlo al di fuori di questa prospettiva è una bugia, ingenera confusione, disordine. Soprattutto tanta solitudine, e soprattutto nelle donne, che hanno tradito la loro vocazione più alta, quella di accogliere la vita (e non so se ci sia convenuto, a parte qualche posto in qualche consiglio di amministrazione, che ci è rimasto in mano?).

“Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce”, dice il profeta Geremia, e noi questo cuore lo dobbiamo affidare a Dio; affidare a Lui, che ci parla attraverso la Chiesa, anche l’amore e il sesso, non alle nostre emozioni, alla nostra “animula vagula blandula” che va dietro alle emozioni e si perde.

Da
La Bussola Quotidiana.it, 8 giugno 2011