CAMMINANDO CON LE FAMIGLIE FERITE IN VERITA’ E APERTURA DI CUORE

Riuniti, insieme ad amici sensibili, in un opportuno percorso di discernimento per persone separate, una signora iniziò a piangere, quasi provando vergona, perché sentiva tanto il desiderio di leggere Amoris Laetitia, ma non ne aveva assolutamente il coraggio,  ritenendo che le avrebbe procurato molto dolore. Diceva singhiozzando: -Non ho più la mia famiglia e Amoris laetitia parla di come è bella la famiglia! Non ce la faccio.

Uno di noi le consigliò di non temere, che sarebbe giunto il momento opportuno. Mi permisi, allora, di aggiungere, dopo un poco di silenzio: -Solitamente diciamo che, se per gravi motivi, non riusciamo più a convivere, sposo e sposa, sotto lo stesso tetto, il matrimonio è fallito, la famiglia è finita. Ma non è così. Anzi, ti dico che l’VIII capitolo di Amoris laetitia riguarda alcune situazioni di persone in questa sofferenza, ma la Parola del Papa, nell’intero documento, è per ogni persona, sposata e non sposata, per ciascuno, secondo la propria condizione. La tua testimonianza nella Speranza potrà salvare molti cuori.

 

Matrimonio fallito

Il matrimonio non è mai fallito finché uno dei due sposi sa che esso è una vocazione ricevuta dal Signore e che può viverla anche se attraversa una sofferenza ed un dolore dei quali non si vedono né la fine, né il senso, ma che, anche se non se ne vedono né il termine né il senso, esso non ne è privo. Il matrimonio è vivo nella fede e nella realtà, come Cristo risorto è vivo nella fede e nella realtà.

Questo libretto (anteprima dell’e-book  QUI ) presenta una catechesi che tenni durante l’Anno della Fede e che ho liberamente rielaborato ed integrato. E’ stato pubblicato a fine estate, ancora nel pieno delle discussioni intorno ad Amoris laetitia, discussioni importanti sotto più aspetti. Esse non sono certo concluse, ma, mentre cercano una soluzione, i cammini di discernimento già esistono da anni ed altri se ne aprono. In essi si cerca di accompagnare le persone alla vita del Vangelo, della verità tutta intera. Nell’additare il cammino cristiano, condizione per viverlo veramente, i cammini cercano di accogliere la persona ormai sconfortata e quasi senza speranza sia umana che cristiana. Nel loro cuore si agitano ed alternano diversi sentimenti sia umani che di fede, che cercano di essere colti, riconosciuti, ascoltati in un ambiente di fede sereno, che dia certezza e amore, sapendo aspettare come Dio sa aspettare.

 

La dialettica nella Chiesa

Credo che nell’affrontare le questioni in discussione occorra tener presente il cammino della Chiesa e ricordare che, mentre la Nave di Pietro tiene la rotta, molti sono coloro che l’attaccano dall’esterno e anche dall’interno, che i lupi non sono solo fuori. Occorre non cadere nel gioco della dialettica. In questione non è solo la dottrina letta da diverse linee teologiche interpretative del messaggio evangelico, ma le vie della salvezza per ciascuna anima. Non dimentichiamo che artefice di atteggiamenti oppositivi alla verità  non solo le libere volontà  umane, ma anche il Maligno che si insinua creando fazioni, scontento, discordie. E’ bene, evitare il suo gioco e cogliere, insieme all’errore, sempre in agguato, anche ciò che v’è di buono e autenticamente vero, avendo mira di separare quanto la Chiesa insegna da quanto suoi interpreti, anche in buone fede, non sempre comprendono. Distinguere l’errore dall’errante è difficile e faticoso, ma è un insegnamento certo e necessario.

Quando, nel 2016, dopo la pubblicazione dell’ Esortazione Apostolica Amoris Laetitia (19 marzo 2016), aspettavo che mi giungesse la copia prenotata del libretto, trepidavo al pensiero di riceverlo. Sentivo come la parola del Santo Padre sarebbe stata urgente, dopo i lavori del Sinodo Straordinario, conclusosi il 19 ottobre 2014 con la Beatificazione del Servo di Dio Paolo VI, prima, e del Sinodo Ordinario, conclusosi il 25ottobre 2015, poi.

 

Pronunciamenti contrastanti

Troppi erano stati i pronunciamenti contrastanti e il Popolo di Dio necessitava di un indirizzo certo e in continuità con il Magistero e il cammino di santità della Chiesa.

La prolusione del Sig. Cardinale Walter Kasper al Concistoro straordinario dei cardinali (20 e 21 febbraio 2014), prevalentemente centrata sul tema delle persone separate, divorziate e risposate, sembrava indicare la via dell’accesso ai sacramenti come possibile anche per coloro che vivono in una condizione oggettivamente di peccato, in quanto conviventi con un nuovo compagno o compagna nonostante la validità in atto del matrimonio già  contratto. In gioco non era solo un insieme di norme, che, come ben sappiamo, non solo regolano, ma ispirano una vita, ma il bene della vita di grazia, di santità della Chiesa e di ciascuna persona, attraverso quel bel Vangelo della Famiglia, che la Chiesa annuncia e vive in tanti suoi figli. Le diverse dottrine, sia quelle che sembravano in continuità con il Magistero consolidato, sia quelle che sembravano distaccarsene o opporvisi, necessitavano di essere ricondotte ad una visione coerente valorizzando, come sempre fa la Chiesa, l’intenzione di verità se in esse presente, ma facendo risplendere la Verità a sostegno della fragilità nella conversione.

A un anno e otto mesi dalla pubblicazione di Amoris Laetitia il dibattito sulla sua interpretazione è più che mai vivo e acceso, purtroppo, spesso, con accuse ingiuste verso chi, recependo questo importante documento, lo fa interpretandolo nella linea di continuità con il Magistero, come sempre e necessariamente la Chiesa fa per essere fedele al suo mandato di continuità nel rinnovamento. Ci possono aiutare, in questa fatica, che è servizio, le parole che Sua Eccellenza il Cardinal Gerhard Muller ha pronunciato nell’intervista a La Nuova Bussola quotidiana del 9.11.2017  Muller: “Mai detto di eccezioni sulla comunione ai risposati” qui.

Sconcerto in molti fedeli sembra aver suscitato il silenzio del Santo Padre di fronte a documenti di autorevoli Cardinali, che chiedevano spiegazioni, approfondimenti, evidenziando aspetti dell’Esortazione non opposti alla Dottrina, ma forse equivocabili e necessitanti di approfondimento, se, come vediamo, il dibattito tra pastori, teologi e laici non si quieta proprio sull’interpretazione. Ma il Santo Padre non ha voluto esprimersi personalmente. La sua scelta va rispettata e, in mancanza di più precise sue definizioni, vale quanto il Santo Padre più volte ha ricordato specialmente all’inizio del suo Pontificato.  Cito a memoria: Il Papa non può sempre parlare di tutto. Abbiamo il Magistero, il Catechismo! Mi sembra, dunque, che entro quei riferimenti vi siano sufficienti elementi per poter comprendere in continuità e correttezza le parole del Santo Padre in quanto Pastore Universale della Chiesa nei limiti definiti dall’esortazione stessa che non ha voluto stabilire nuove norme. Personali indirette affermazioni del Santo Padre sono e restano sue indirette affermazioni che non possono guidare la lettura del Documento. Non vedo, dunque, perché teologi o pastori si sentano autorizzati ad avallare pseudo norme innovative. Il Santo Padre non le ha chieste. Ha chiesto, invece, vicinanza, accoglienza, discernimento per le persone che versano nella crisi del proprio matrimonio. Molte, poi, sono le persone separate, che dimostrano di saper accogliere l’insegnamento della Chiesa vivendolo in adesione di fede. Questi sono veri modelli ispiratori che dobbiamo tener presenti nei nostri dibattiti.

 

La lezione di Sant’Agostino

Proprio nelle parole di S. Agostino trovo l’indirizzo certo per ogni nostro modo di pensare, credere e agire. Tutto ricondotto alla carità , anche le dottrine che affermiamo, ma con il coraggio di avviare lo sguardo nostro e di quanti dobbiamo ammaestrare alla medesima dottrina affinché, non perdendosi la dottrina, nemmeno si perda il fratello.

Il mio intento è chiarire a me i punti della questione, avendo cura sia di non contrapporre linee interpretative tra loro, certo, pastoralmente diverse, sia di avvicinarle, ricercandone la radice comune nella comune dottrina con la quale dobbiamo confrontarci, perché le membra della Chiesa, nonostante la difficile epoca che stanno attraversando, anche dai nostri piccoli sforzi, possano ricevere impulso a maggiore unità .

Spesso si è parlato, dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II di scisma strisciante. Oggi, proprio partendo anche da questa diversità  di “linee pastorali”, con ricadute inevitabilmente dottrinali nella coscienza dei fedeli, in gran parte della Chiesa, si sente parlare di scisma incombente e di apostasia dalla fede. Papa Benedetto già indicava la via che è via maestra: l’ermeneutica della continuità.

 

Il mio incontro con Amoris laetitia

Mi arrivò, finalmente, il libretto di Papa Francesco e, quando l’ebbi tra le mani, fui preso da una vera commozione e devozione, come penso sia per quanti vedono nel Magistero, e nella parola del Papa, luce, speranza, carità  e verità.

Desideravo rivedere e ricomprendere tutto il tema della famiglia anche alla luce di una specifica pastorale dei separati, divorziati e risposati, essendovi da numerosi anni impegnato e, dunque, ben consapevole di quanto queste persone abbiano sofferto e soffrano per le loro vicende familiari e spirituali. Ero anche consapevole del fatto che persone di Chiesa, della comunità, anche in buona fede, ma con “faciloneria”, spesso le abbiano consigliate in modo imprudente, privando i propri fedeli del necessario discernimento e nutrimento spirituale.

La necessità  di una parola ulteriore da parte del Magistero era stata accolta.

Il Santo Padre, in un testo sufficientemente ampio, riprendeva le analisi e le prospettive della Famiglia, già  in precedenza indicate dalla Chiesa e poneva con maggior forza l’urgenza di accompagnare la famiglia in tutte le sue forme di sofferenza. Un documento, dunque, di ampio respiro e non limitato ad un solo aspetto tra i diversi che concernono la pastorale delle famiglie ferite.

 

La Chiesa piena di sollecitudine per i suoi figli

San Giovanni XXIII

Tutti i Pontefici dell’ epoca contemporanea, da Papa Giovanni XXXIII fino a Papa Francesco, si sono adoperati notevolmente per la famiglia a motivo del fatto che sono vissuti e vivono in un’epoca chiaramente oppositiva alla famiglia ed in cui gli stessi cristiani sembrano smarrire il Vangelo della Famiglia.

San Giovanni XXIII, pur non avendo il tema tra i suoi principali, lo affronta, per esempio, nel II capitolo della Ad Petri Cathedram (1959), augurandosi che pace, unità  e concordia siano costruite ogni giorno da tutti i membri della famiglia: padri, madri e figli. Nei numeri 180-185 della Mater et Magistra Papa Roncalli affronta, invece, il tema della trasmissione e del rispetto della vita, articolandolo con una riflessione sull’educazione in famiglia.

Egli dedicava sempre un messaggio particolare in occasione della festa della Santa Famiglia. Nel 1959 riconosceva nella famiglia uno dei pilastri fondamentali della società  e dedicava un passaggio centrale alle famiglie numerose, povere e sofferenti. Nel 1960 indicò la S. Famiglia di Nazareth quale modello di tutte le famiglie umane. tale modello, in tutti i suoi aspetti, resta sempre esemplare riferimento

Nel 1961 ricordava le difficoltà  in cui versano le famiglie e richiamava i responsabili della cosa pubblica a una maggior attenzione a questo soggetto sociale. Argomento che attraverserà  tutto il magistero successivo. Nel messaggio del 1962, invitava tutti a fare come i Magi e a seguire la luce della famiglia di Nazareth.

 

Il Beato Paolo VI

Il Beato Paolo VI pensava la famiglia come «legge bellissima». Ancora Cardinale e Arcivescovo di Milano, indisse nel 1959 un Sinodo diocesano su Matrimonio e Famiglia, seguito, l’anno successivo, dalla Lettera pastorale Per la famiglia cristiana.

Eletto Papa nel 1973, istituì¬ il Comitato per la famiglia, che, dieci anni dopo, San Giovanni Paolo II trasformò in Pontificio Consiglio per la Famiglia.

Paolo VI aveva individuato i nodi centrali delle nuove problematiche che stavano investendo la famiglia. Ricordando la Lumen Gentium, Costituzione Dogmatica del Concilio Ecumenico Vaticano II sulla Chiesa, insegnava che: Il matrimonio e la famiglia non sono opera dell’uomo soltanto, una costruzione umana prodotta e dominata nel suo intimo essere dalle condizioni storiche ed ambientali, e mutevole come queste. Il matrimonio e la famiglia vengono da Dio: sono opera di Dio e rispondono ad un disegno essenziale, che Egli stesso ha tracciato e che sovrasta le mutevoli condizioni dei tempi, perdurando immutato attraverso di essi.  Per questo il matrimonio e la famiglia hanno una trascendente relazione con Dio: da Lui vengono ed a Lui sono ordinati: le famiglie si fondano e vivono inizialmente sulla terra, ma sono destinate a ricomporsi in cielo.

A queste parole Egli, certo, si ispirava quando, contro il parere della maggior parte dei vescovi, sostenne nell’Enciclica Humanae Vitae il criterio della paternità  responsabile in opposizione alla regolazione delle nascite con strumenti estranei al pieno amore reciproco, ma piuttosto orientate ad una visione consumistica ed egoistica dell’amore: Gli sposi cristiani, dunque, docili alla sua voce, ricordino che la loro vocazione cristiana, iniziata col battesimo, si  è ulteriormente specificata e rafforzata col sacramento del matrimonio. Per esso i coniugi sono corroborati e quasi consacrati per l’adempimento fedele dei propri doveri, per l’attuazione della propria vocazione fino alla perfezione e per una testimonianza cristiana loro propria di fronte al mondo (HV, 25).

 

Il Servo di Dio Giovanni Paolo I

Il Servo di Dio Giovanni Paolo I non ebbe tempo di elaborare documenti, ma la sua parola, nelle quattro memorabili catechesi che tenne il mercoledì¬, parlava al cuore della famiglia, che teneva come assolutamente cara.

Subito dopo la promulgazione dell’enciclica Humanae vitae, nel Bollettino della diocesi di Vittorio Veneto (n°7 – 1968) scrive: Ora [il Papa Paolo VI] si pronuncia con la coscienza di assolvere un dovere e con grande spirito di fede. Sapeva che una soluzione diversa gli avrebbe procurato, probabilmente, più plausi umani; ma mise la sua fiducia in Dio e, per essere fedele alla sua Parola, ripropose l’insegnamento costante del Magistero nella delicatissima materia in tutta la sua purezza. Le recenti scoperte scientifiche? L’evoluzione sociale della nostra epoca? … Tutte queste cose vanno tenute presenti, ma non postulano una dottrina nuova. La dottrina di sempre, presentata nel quadro nuovo di idee incoraggianti e positive sul matrimonio e sull’amore coniugale, garantisce meglio il vero bene dell’uomo e della famiglia. Nel 1974, in una conferenza a Recoaro Terme, ribadisce che con Humanae Vitae il Papa difende la dottrina ricevuta, andando scientemente incontro alla più dura delle impopolarità : nessuno potrà accusare la Chiesa di tutto edulcorare, di far camminare i suoi figli sulle sabbie mobili del relativismo e di tradire il suo mandato, che è quello di presentare agli uomini, in nome di Cristo e per amore degli uomini stessi, degli ideali difficili. Per Albino Luciani è chiarissimo che è stretta la porta e angusta la strada che conduce alla vita.

Albino Lucia combatté contro la norma del divorzio civile che non esitava a definire, citando il Vaticano II, una vera e propria piaga, di fronte alla stabilità  per ordinamento divino del matrimonio.

 

San Giovanni Paolo II

San Giovanni Paolo II nel discorso alla XXXVII Assemblea Generale dei Vescovi Italiani (13 maggio 1993), in occasione della promulgazione, da parte della stessa, del Direttorio di pastorale familiare (1993), così diceva:

  1. Il Direttorio assume  il significato di una nuova testimonianza dell’amore e della cura con cui la Chiesa segue il matrimonio e la famiglia, impegnandosi a difendere questo luogo primario della umanizzazione della persona e della societ (Christifideles laici, 40), contro le numerose e gravi minacce che oggi lo insidiano. E’ un servizio assolutamente necessario, anzi un servizio che si fa urgente soprattutto quando l’goismo umano, le campagne antinataliste, le politiche totalitarie, ma anche le situazioni di povertà  e di miseria fisica, culturale, morale, nonché la mentalità  edonistica e consumistica fanno disseccare le sorgenti della vita, mentre le ideologie e i diversi sistemi, insieme a forme di disinteresse e di disamore, attentano alla funzione educativa propria della famiglia (Ivi).

Il Direttorio, già preceduto dall’ Esortazione Apostolica Familiaris Consortio –molto chiara sulla pastorale e promozione della famiglia, ancora oggi insostituibile riferimento per la dottrina e la pastorale sulla famiglia, fu integrato da testi successivi, come la Lettera alle famiglie (2 febbraio 1994). Secondo la Lettera, attraverso la famiglia fluisce la storia dell’uomo, la storia della salvezza dell’umanità . La famiglia  al centro del grande combattimento tra il bene e il male, tra la vita e la morte, tra l’amore e quanto all’amore si oppone.

 

Benedetto XVI, Papa Emerito

Il Papa Emerito Benedetto XVI sulla famiglia ci lascia un bel volumetto dal titolo Pensieri sulla famiglia, che raccoglie i suoi interventi sul tema. Egli ricorda come nel nostro tempo, come già  in epoche passate, l’eclissi di Dio, la diffusione di ideologie contrarie alla famiglia e il degrado dell’etica sessuale (ovvero dei comportamenti sessuali diffusi) appaiono collegati tra loro. E come sono in relazione l’eclissi di Dio e la crisi della famiglia, così la nuova evangelizzazione è inseparabile dalla famiglia cristiana. Rivolgendosi ai fedeli, che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione e anche di peccato, ricorda che il Papa e la Chiesa li sostengono nella loro fatica, incoraggiandoli a rimanere uniti alle loro comunità . Egli auspica che le diocesi realizzino adeguate iniziative di accoglienza e vicinanza.

 

L’espressione “Amoris laetitia”

Nel Magistero recente della Chiesa, l’espressione Amoris laetitia, nella forma, o nella sostanza, non è nuova. Già il Beato Paolo VI nel 1975, per l’Anno Santo, per esempio, dedicava un’intera esortazione Apostolica, Gaudete in Domino, ove la gioia è la natura della vita cristiana, dell’Amore. Essa è rinnovamento interiore e  riconciliazione nel Cristo (cf GD Prologo), invocazione dello Spirito Santo.  L’uomo conosce la gioia quando conosce la gioia o la felicità spirituale quando l’anima dell’ uomo entra nel possesso di Dio, conosciuto e amato come il bene supremo e immutabile (cf GD I). San Giovanni Paolo II, nell’omelia della Domenica del 29 Novembre del 1998, preparandosi all’anno Santo del 2000, esorta “Andiamo con gioia incontro al Signore” come ritornello che si intona perfettamente al Giubileo e nella Bolla di indizione: Il tempo giubilare ci introduce a quel robusto linguaggio che la divina pedagogia della salvezza impiega per sospingere l’uomo alla conversione ed alla penitenza, principio e via della sua riabilitazione e condizione per recuperare ciò che con le sole sue forze non potrebbe conseguire: l’amicizia di Dio, la sua grazia, la vita soprannaturale, l’unica in cui possono risolversi le più profonde aspirazioni del cuore umano (Bolla di indizione Incarnationis Mysterium, 1).

E Papa Benedetto, nella Bolla di indizione dell’Anno della Fede, 13 scrive: In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, Colui che dà  origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,2): in lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. (…) La gioia dell’amore (Amoris laetitia), la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione. In lui, morto e risorto per la nostra salvezza, trovano piena luce gli esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni della nostra storia di salvezza. E poi continua  con i numerosi esempi di santità nella Storia della Salvezza, da Maria a tanti cristiani. 

In ognuno di questi testi, la gioia e la gioia dell’amore sono richiamati in ordine al rinnovamento interiore e alla  riconciliazione nel Cristo;  all’entrare nel possesso di Dio, conosciuto e amato come il bene supremo e immutabile;  alla conversione ed alla penitenza, principio e via della sua riabilitazione e condizione per recuperare ciò che con le sole sue forze non potrebbe conseguire: l’amicizia di Dio, la sua grazia, la vita soprannaturale … In Papa Benedetto la Gioia dell’Amore, l’Amoris laetitia, è divina risposta al dramma della sofferenza del dolore e forza del perdono davanti all’offesa ricevuta.

In Papa Francesco, l’espressione, che dà il nome all’omonimo documento, ricorre per esattezza due volte, ai nn. 1 e 126; in entrambe i casi non con un significato teologale, come nei precedenti testi, ma immediatamente, in prima istanza, antropologico: al n. 1, La gioia dell’amore, che si vive nelle famiglie, è anche il giubilo della Chiesa e al n. 126, la gioia è così intesa: nel matrimonio è bene avere cura della gioia dell’amore. Quando la ricerca del piacere è ossessiva, rinchiude in un solo ambito e non permette di trovare altri tipi di soddisfazione. La gioia, invece, allarga la capacità  di godere e permette di trovare gusto in realtà  varie, anche nelle fasi della vita in cui il piacere si spegne … Il riferimento è in entrambi i casi alla gioia naturale, essa stessa un bene, come poco dopo scrive: Per questo san Tommaso diceva che si usa la parola gioia riferita alla dilatazione dell’ampiezza del cuore (Cfr Summa Theologiae I-II, q. 31, a. 3, ad ) La gioia matrimoniale, che si può vivere anche in mezzo al dolore, implica accettare che il matrimonio è una necessaria combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri, sempre nel cammino dell’amicizia, che spinge gli sposi a prendersi cura l’uno dell’altro:«prestandosi un mutuo aiuto e servizio» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 48).

 

La gioia dell’Amore

La gioia dell’amore, amore di Cristo nella Sua Chiesa, nei cammini di discernimento può rifiorire nella carità ritrovata della comunità, nella comunione fraterna di una vita, che comincia ad essere spesa per il Signore. Si apre il conato, il desiderio di perdono e di cambiamento, anelando sempre più all’invisibile dono dell’Amore, che, per vie misteriose, può raggiungere ogni fedele e disporlo ad accoglierlo nel sacrifico di sé. L’Amore eucaristico non può e non è preteso, ma è nell’attesa e sarà ricevuto solo se la lampada sarà accesa, se sarà stato preparato l’olio. Aiutiamo i nostri fratelli a preparare l’olio. Che non manchi né per loro, né per noi.

 

 

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Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O.F.M.Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Di prossima uscita Gesù è veramente risorto?

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