“Il lebbroso se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento”

Fratelli Rouargue, Purificazione del lebbroso, incisione tratta da La Bible commentata  dal teologo, biblista e umanista Louis-Isaac Lemaistre de Sacy, 1613-1684, Parigi nel 1837.

Colletta

O Dio, che hai promesso di abitare
in coloro che ti amano con cuore retto e sincero,
donaci la grazia di diventare tua degna dimora.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Commento artistico-spirituale alla Prima Lettura della VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B  – 10 Febbraio 2024

Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg


«Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: “Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: Impuro! Impuro!. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento”» (Levitico 13,1-2.45-46).

Il brano del Levitico fa parte della sezione dove si tratta di tutto ciò che corrisponde alla categoria della «impurità» (situazioni come le malattie e la morte) dopo aver elencato quelle che avvicinano a Dio e perciò attinenti alla «purità». Nell’Antico Testamento, in particolare, solamente il culto è in grado di garantire da quanto è «impuro», ricordando che nel testo sacro i termini male fisico, peccato e impurità sono frequentemente scambiabili. In quell’epoca ogni malattia della pelle («arrossamento, pustola, macchia bianca») è ritenuta lebbra che, in quanto realtà in grado di interrompere le relazioni vitali, poneva la persona ammalata nella situazione d’essere totalmente emarginata dalla società. Da qui le indicazioni del modo di vestire («vesti strappate, capo scoperto, coprirsi la barba») con l’obbligo di vivere da soli, fuori dall’accampamento e di gridare: «Impuro! Impuro!» per evitare di contagiare gli altri.

L’incisione «Purificazione del lebbroso», realizzata dai Fratelli Rouargue a Parigi nel 1837, è tratta da un’edizione de «La Bible» curata dal teologo, biblista e umanista Louis-Isaac Lemaistre de Sacy (1613-1684). La scena incisa descritta nel capitolo biblico, successivo a quello citato, spiega il rito previsto per la persona che, guarita dalla lebbra, intendeva passare dall’isolamento – «Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento» – alla vita sociale.

Come Gesù ricorda al lebbroso guarito – «va’ a mostrarti al sacerdote offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto» (Marco 1,44) – il rito prescritto per la purificazione prevedeva: un sacrificio penitenziale e uno espiatorio, un olocausto, un’offerta. Il sacerdote che ha in mano il rametto d’issopo per l’aspersione, guarda con esultanza al volatile che vola libero, in alto, mentre in primo piano, una donna lava le vesti di colui che, in ginocchio, sta per essere dichiarato ufficialmente guarito.
Gustiamo alcuni versi del componimento «Sulla terra», della poetessa Forough Farrokhzad (Teheran 1935-1967) che, da regista, realizzò un documentario sui lebbrosi di Tabriz (1962).

«Qui, sulla terra,

sono uno stelo di pianta

che vive nutrita dal vento,

dal sole e dall’acqua.

Carica di desiderio e dolore

rimango qui, sulla terra,

accolgo l’elogio delle stelle

e la carezza dei venti».

don Tarcisio Tironi
direttore M.A.C.S.

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Autore: Libertà e Persona

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