Il testamento biologico arriva in Trentino?

Come già anticipato dai giornali, il biotestamento “sbarca” anche nel Consiglio provinciale del Trentino. Il merito è dei consiglieri Firmani (Idv), Ferrari (Pd) e Magnani (Gruppo misto) che hanno firmato un ddl – il n. 201/XIV, formalmente depositato l’8 aprile scorso – che prevede l’istituzione, anche in Trentino, di una «banca dati contenente le dichiarazioni anticipate di volontà del cittadino relative alla sua volontà di sottoporsi o non sottoporsi a trattamenti sanitari in caso di malattia o lesione cerebrale che cagioni una perdita di coscienza e volontà definibile come permanente ed irreversibile».

Presentata così, suona come una iniziativa filantropica e convincente; ma basta leggersi le 7 pagine di relazione illustrativa per capire il tenore apertamente eutanasico della medesima. Già a pagina 1, infatti, troviamo affermazioni allucinanti, prima fra tutte quella per cui «tutti i giorni in ospedale si “stacca la spina”». Si stacca la spina? A chi? Dove?  Tutto ciò, anche nelle rimanenti pagine, non viene detto, ma la sparata, intanto, è fatta. E ovviamente non finisce qui. Poco più avanti nella presentazione del ddl leggiamo che quello principio dell’indisponibilità sarebbe «un principio aberrante».

Caspita che schiettezza, niente male davvero. Il perché di tanta rabbia emerge a pagina 3, dove si afferma a chiare lettere che «l’uomo è il “padrone assoluto” della propria vita» e si condisce il ragionamento con ampie citazioni della sentenza della Cassazione n. 21748/2007, quella – quando si dicono le coincidenze! – del cosiddetto caso Englaro. Una sentenza nella quale, tra le altre cose, si stabilì il folle principio – del tutto in contrasto con le più recenti acquisizioni scientifiche – che vi sarebbe uno stato vegetativo «irreversibile».

Cantonata che i tre consiglieri, nel citato documento introduttivo al loro ddl, hanno ovviamente ripreso alla lettera richiamando l’esistenza di uno «stato vegetativo permanente ed irreversibile» sul quale sarebbe bene saperne di più, se non altro perché ne è passata di acqua sotto i ponti da quando, nel 1994, la MultiSociety Task Force decretò che uno stato vegetativo che dura da più di tre mesi si può definire “permanente”. La ricerca scientifica ed il progresso tecnologico, infatti, hanno propiziato da tempo una revisione di quell’affermazione, non foss’altro per i numerosi i casi documentati di “uscita” dallo stato vegetativo verso uno stato di minima coscienza e quelli, altrettanto numerosi, di errore di diagnosi fra stato vegetativo e stato di minima coscienza.

Tutte distinzioni che a Firmani, Ferrari e Magnani, evidentemente, interessano poco. Per loro conta solo la «banca dati contenente le dichiarazioni anticipate di volontà del cittadino»: è quello l’obbiettivo che inseguono. Anche a costo di inciampare in gaffe. La più lampante delle quali, manco a dirlo, è già all’art. 1 del loro ddl. Dove si legge che la Provincia Autonoma di Trento «istituisce presso l’Azienda provinciale per i servizi sanitari una banca dati che raccoglie le dichiarazioni anticipate del soggetto interessato» in attuazione, tra le altre cose, «a quanto previsto dalle indicazioni fornite dal Comitato nazionale di bioetica in materia di dichiarazioni anticipate di trattamento».

L’errore, qui, è marchiano: come si fa ad affermare che «l’uomo è il “padrone assoluto” della propria vita» e poi richiamarsi «a quanto previsto dalle indicazioni fornite dal Comitato nazionale di bioetica in materia di dichiarazioni anticipate di trattamento»? Forse non sanno, i prodi consiglieri, che il CNB, in data 18 dicembre 2003, ha espresso un parere sulle Dat chiarendo diversi passaggi per loro assai scomodi. Anzitutto, si è ragionato alla luce «di norme costituzionali, civili e penali che inducono al riconoscimento del principio della indisponibilità della vita umana» (definito, lo ricordiamo, «un principio aberrante» da Firmani e co.).

Ma soprattutto si specifica come «le dichiarazioni anticipate siano legittime, abbiano cioè valore bioetico, solo quando […] non contengano disposizioni aventi finalità eutanasiche, che contraddicano il diritto positivo, le regole di pratica medica, la deontologia». Un punto di vista, si converrà, decisamente antitetico a quello di chi pensa che l’uomo sia «il “padrone assoluto” della propria vita». Forse Firmani, Ferrari e Magnani, prima di scrivere questo ddl avrebbero dovuto informarsi meglio almeno sul contenuto primo articolo! Ad ogni modo, la battaglia per il biotestamento trentino è appena iniziata. Staremo a vedere soprattutto il comportamento che terranno in aula i sedicenti consiglieri “cattolici”….

La nuova legge sul commercio: una critica

di Franca Penasa   La nuova legge sul commercio, è in linea con la politica delle bugie portata avanti da questa maggioranza di centro sinistra – autonomista. Il buon senso, deve sempre metterci in guardia rispetto a dichiarazioni politiche altisonanti, apparentemente coerenti con il comune sentire e per questo quasi ridonanti nei loro contenuti. La schiera sempre più numerosa di portavoce e giornalisti però è la conferma di una politica che non è così chiara e coerente da essere immediatamente compresa senza l’intermediazioni di una comunicazione che è altra cosa dalla semplice informazione.

La nuova legge sul commercio , è certamente una di queste perché, è stata annunciata come una legge di rottura con il passato caratterizzato da una continua sottrazione di territorio verde a favore di grandi cubature di cemento che a loro volta, hanno causato un depauperamento del commercio nei siti tradizionali dei centri storici , esercitato dai piccoli e medi imprenditori con la conseguente trasformazione oltre che urbanistica anche sociale in quanto, gli addetti al settore commerciale sono sempre meno imprenditori e sempre più dipendenti con contratti di lavoro deboli sia sotto il profilo economico che contrattuale.

Questa è sicuramente una condizione cara al sindacato e forse, anche per questo, la difesa dei lavoratori del commercio e delle prerogative della piccola e media impresa non sono state difese dal Pd , in quanto la legge è firmata proprio dall’Ass. Olivi del PD e certo, i rappresentanti di quel partito non hanno fatto un opposizione convincente. La sottoscritta, ha basato tutto il lavoro di proposta emendativa su un raffronto puntuale tra la legge della Provincia Autonoma di Bolzano e quella uscita dalla Commissione in quanto, certamente la Provincia di Bolzano , dispone ancora oggi di una rete commerciale estremamente capillare sul territorio che ben si integra anche con il tessuto turistico dando conto di un indiscusso rispetto verso il territorio. Anche la regolamentazione degli orari è perfettamente in linea con una visione “umanistica del lavoro” e cioè di quel necessario equilibrio fra il tempo da destinare al lavoro, alla famiglia e ai diversi interessi che possono qualificare la vita di ogni persona.

Nella legge proposta e sostenuta dalla maggioranza di centro sinistra autonomista della P.A.T. non si trova nulla di tutto ciò, rimane aperta la programmazione di grandi e medie infrastrutture che , portando come giustificazione l’incapacità dei Comuni a gestire la programmazione , mettendo nelle mani della Giunta provinciale ogni decisione in barba al rispetto del principio di sussidiarietà . Persino la decisione di poter diminuire gli oneri di urbanizzazione che costituiscono un entrata autonoma dei Comuni , sulla base di criteri stabiliti dalla Giunta, quindi con una chiara lesione dell’autonomia comunale è passata con il voto di questa maggioranza sempre più di sinistra e sempre meno autonomista. Ogni norma va nella direzione di consentire aumenti delle strutture e non certo di chiudere, con coraggio, un’ esperienza che è stata fallimentare anche per il nostro Trentino. La deroga inoltre, prevista in legge per poter aprire i negozi per ben dieci mesi all’anno nel giorno di domenica è a dir poco scandalosa in quanto, i piccoli imprenditori e i dipendenti che lavorano all’interno dei centri commerciali di quei Comuni dichiarati di interesse commerciale, potranno scordarsi il riposo domenicale per ben 40 domenica all’anno su un totale di 52.

Questo, in barba ai grandi discorsi della sinistra che cerca di addolcire questa schifezza demandando alla contrattazione sindacale la definizione precisa degli obblighi. In una vera democrazia devono però essere le leggi a formare il quadro del diritto, specialmente per categorie deboli come quelle dei dipendenti del commercio che non devono essere esposti ad una contrattazione nella quale, molti sono anche gli interessi che il sindacato deve difendere per se e per i propri patronati. La questione inoltre anche e soprattutto morale per una società la cui maggioranza di cittadini si dichiara cristiana in quanto, le discussioni e le difese , da parte della sinistra dei diritti di chi appartiene alla religione islamica e quindi il conseguente diritto ad avere il venerdì libero da dedicare alla preghiera è sempre più pressante e presente invece, la domenica , il giorno del Signore, viene tranquillamente svenduta , dalla stessa parte politica, con la compiacenza di altre forze di centro, moderate e autonomiste alle lobby del commercio e del profitto.

Bene andiamo avanti così, paesi sempre più vuoti, centri commerciali sempre più grandi e squallidi, sempre meno piccoli e medi imprenditori, sempre più dipendenti costretti a rinunciare alla loro famiglia e alla loro Domenica ma se lo fa la sinistra, va tutto bene e questo è il Trentino dei grandi valori !

Franca Penasa – Consigliere provinciale

Replica a L’Adige – Festival dell’EconoMIA

 Trovo se non altro discutibile che una parte politica, in questo caso il partito cui appartengo e, più in generale, la coalizione di centro destra al governo del Paese, venga accusata di faziosità, come fa oggi l’Adige tessendo, di contro, le lodi del Festival dell’economia. I partiti sono per definizione "di parte", ma liquidare come "faziose" le critiche che, non da oggi, il Pdl rivolge alla kermesse della giunta di Lorenzo Dellai non mi sembra un buon servizio alla collettività. È ben strano che si respingano così sbrigativamente le critiche di chi non è d’accordo con chi governa in Provincia, mentre si invocano "dialogo e confronto di idee". In verità, nell’articolo, si parla, a proposito dell’assenza di esponenti di governo al Festival, di paura o, meglio, "allergia" al contraddittorio. Ora, a parte che l’insinuazione è infondata, visto che nel fine settimana i ministri Tremonti e Sacconi parteciperanno, a Levico, alla Festa nazionale della Cisl e le parti sociali non sono certo tenere con il governo in ordine alla manovra finanziaria, è interessante l’uso di questa espressione.

Il contraddittorio, infatti, è un principio fondamentale del processo, sia esso civile, penale, tributario o amministrativo che scaturisce dall’articolo 111 della Costituzione che così recita: “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti”. Si sottintende, forse, che il Festival del’economia sia un processo? E, in questo caso, a chi? Forse, sarebbe opportuno prendere in considerazione, anche solo come ipotesi, l’accusa di "partigianeria" del Festival e provare a verificarla.

Non nascondo le mie perplessità su una manifestazione che tranne pochi acuti – come la testimonianza di Nouriel Roubini – si riduce ad essere una passerella che non sempre giustifica gli elevati costi di organizzazione. Sicuramente non per le ricadute sulla città che sono tutte da verificare se si deve credere alle cronache dell’Adige che il 7 giugno, a pagina 12, riferiva: "Pochi affari e costi elevati (…) pochi, pochissimi clienti. Anzi, beffa delle beffe, quei pochi clienti che nella prima vera domenica di sole estivo hanno scelto la città, anziché laghi o montagne, erano trentini. Gli economisti dentro i negozi non si sono visti, o quasi".

Quanto alla partigianeria, che dire del fatto che il Festival, quest’anno, è stato inaugurato da un atto d’accusa contro il ddl Alfano, quello sulle intercettazioni, e contro il governo di centro destra che l’ha proposto? Ora, si può pensare quel che si vuole di questo provvedimento in discussione al Senato, ma qualcuno sa dirmi cosa esso c’entri con un festival che dovrebbe essere dedicato all’economia? E, per continuare con le domande, si può quantomeno sollevare dubbi sul fatto che, durante un’iniziativa istituzionale e, formalmente, non di partito, quale il Festival dovrebbe essere, si lancino messaggi di discredito e quasi disfattisti sulle politiche economiche nazionali approvate sia dalla Commissione Europea che dal FMI, che rischiano di minare la cultura della proposta e della responsabilità che, in un momento come l’attuale, è di fondamentale importanza per far ripartire il sistema Paese? Comprendo che sia molto facile attaccare – cosa che si è verificata a più riprese nel corso delle giornate del Festival – un governo in carica, soprattutto se di segno diverso da quello della giunta provinciale che paga i conti della manifestazione, ma da un raduno di questo livello ci si aspetterebbe qualcosa di più. D’altronde due anni fa nessuno dei tanti esperti chiamati a ragionare di "Mercato e Democrazia" è stato in grado anche solo di ipotizzare una crisi delle dimensioni di quella esplosa poche settimane dopo negli Stati Uniti e, poi, in tutto il mondo, di cui ancora portiamo che conseguenze. Anzi si sono portati come esempio da imitare Paesi eruropei che sono oggi in situazioni ben peggiori delle nostre.

Possiamo tralasciare, poi, la lista degli invitati, tra cui figuravano nomi come quelli di Guglielmo Epifani, Nichi Vendola, Lucia Annunziata, Luca Sofri, Milena Gabanelli ed una nutrita pattuglia di giornalisti di "Repubblica"? Sara anche vero che Tito Boeri, invitando i relatori, non ha chiesto la loro appartenenza politica, ma è possibile che non conosca nessuno che non sia di sinistra? Tutte persone degne, sia ben chiaro, ma sicuramente non sopra le parti. Così come non erano sopra le parti, per entrare in questioni più di dettaglio, le pubblicazioni proposte negli stand di Piazza Duomo o la satira, tutta a senso unico, delle vignette esposte. Ricordo poi che quando si è parlato di presunti comportamenti truffaldini in campo ambientale in Valsuagana e delle conseguenti verifiche fatte, Dellai ha parlato di attacco all’autonomia, Saviano parla al Festival di possibili infiltrazioni mafiose nel commercio delle mele trentine e viene accolto e acclamato come salvatore della patria (eroe di carta, bandiera di una sinistra politica paralizzata, secondo il noto sociologo non certo di destra Alessandro Dal Lago).

Un cenno, in conclusione, sui costi del Festival. Non è il "solito" argomento dell’opposizione, per la semplice ragione che la situazione in cui ci troviamo non è la "solita". Stando a quel che si è visto – ma faremo le opportune verifiche nelle sedi proprie – la spesa per la manifestazione a carico del bilancio provinciale è molto alta nonostante gli sponsors e questa mancanza di sobrietà è oggettivamente uno schiaffo in faccia ai trentini in difficoltà.

Arisi, Dellai e il catto-comunismo trentino: mala tempora…

Finalmente Emilio Arisi va in pensione. Lo annunciava l’Adige di ieri, in un articolo, come sempre piuttosto unilaterale, di Patrizia Tedesco. Si diceva che il ginecologo è stato “sempre dalla parte delle donne”.

Il lettore avrà dunque immaginato esserci ginecologi nemici delle donne, che forse praticano quel mestiere per esercitare chissà quali terribili crudeltà sulle povere malcapitate. Ma forse l’espressione “dalla parte delle donne” sta invece ad indicare per l’articolista, nutrita dei più banali luoghi comuni, che l’attività eminentemente abortista di Arisi lo colloca di diritto tra gli amici, appunto, del genere femminile. Come se l’aborto eliminasse solo maledettissimi maschi, e non anche, benedettissime femmine; come se l’aborto non fosse, per ogni donna, una sconfitta terrificante.

Su “Contraccezione, sessualità, salute riproduttiva”, rivista diretta proprio da Arisi, si poteva leggere che le donne, dopo aver abortito, ne soffrono tutta la vita:

Sia che la donna cerchi di cancellarne il ricordo, sia che continui a sentirne il peso, si tratta comunque di un lutto che si porterà dietro tutta la vita. E’ una scelta che influenzerà anche il rapporto con il partner e con gli eventuali partner successivi, una scelta che peserà nuovamente in caso di altre gravidanze” (Manuela Lerda, n.2, settembre 2007).

 Eppure non è questo che il dottor Arisi predica sovente dal pulpito dei compiaciuti giornali trentini. Anzi, sembrerebbe, a leggerlo, che l’aborto sia un nulla di fatto, chirurgico o chimico che sia. Ebbene, dopo tanti e tanti anni, Arisi lascia: forse qualcuno dovrà pur dirlo che prima di lui, altri ginecologi del santa Chiara, non certo meno stimati, hanno abbandonato anche a causa della sua posizione ideologica, del suo ostracismo verso chi aveva visioni diverse.

E forse bisogna anche chiedersi come mai nel Trentino amministrato da tanti anni da giunte catto-progressiste, il primario di ginecologia sia stato scelto tra un uomo famoso soprattutto per le sue posizioni pro-aborto.

Il discorso però ci porterebbe ad altre domande: come mai il Trentino, una regione sino a poche decine di anni fa così ancorata a certi valori, è oggi all’avanguardia nella disgregazione sociale e familiare?

I dati ci dicono che all’epoca del referendum sul divorzio, il Trentino fu una delle pochissime zone d’Italia in cui prevalse il voto contro il divorzio. Invece oggi siamo una delle regioni col più alto tasso di fallimenti matrimoniali (oltre che di suicidi). “In Trentino falliscono 6 matrimoni su 10”, titolava qualche tempo fa il quotidiano Trentino, aggiungendo che anche il numero dei matrimoni è molto diminuito. Una Caporetto umanitaria.

Gli ultimi dati della Provincia parlano di 1.270 divorzi all’anno contro 1.894 matrimoni! In 30 anni dunque , se si confrontano i dati, le separazioni e i divorzi si sono quintuplicati! E dietro, quanta violenza! Quanti figli abbandonati! Quanti figli vittime dell’immaturità affettiva, dell’egoismo, dei capricci, dei loro genitori! Quanti genitori vittime di questa cultura che pone l’aborto, come il divorzio, tra i diritti, quasi fosse cosa normale, e non, quantomeno, un terribile dramma! Chi oggi ha il coraggio di dirlo, che una società come quella nostra si disintegra?

Persino l’assessore Rossi, del Patt, che dice di essere un partito che si riferisce alla dottrina sociale della Chiesa (chi se ne è mai accorto?), ha spiegato che la mediazione familiare serve… a far separare i genitori nel modo più pacifico possibile! Capito? Non serve a provare in tutti i modi a scongiurare la separazione. Non serve ad aiutare i coniugi a superare un momento difficile. A sostenerli, nella difficoltà! A provarci, quantomeno…No, il tabù del diritto al divorzio, fa sì che i mediatori familiari si riducano a dire: “Certamente, separatevi pure, è un vostro diritto…ma cercate di litigare poco, mi raccomando…”.

Da dove questo sfascio? Certamente il cattolicesimo tentino è il primo a dover fare un esame di coscienza: si è sempre più trasformato in un cattolicesimo utopico, marxista, tutto Africa e terzo mondo, molto poco concreto. Invece che lievito, è diventato sale insipido, insapore. E il suo seminario, che un tempo conteneva 400 seminaristi, oggi è semivuot…se l’albero si vede dai frutti… E mentre si pontifica di continuo sui lontani, i nostri figli e le nostre famiglie si disgregano, e vivono una povertà ben più terribile di quella dei paesi poveri. Questo cattolicesimo adulterato si è sempre attestato, politicamente, a sinistra: in nome della lotta a favore dei più deboli, i più deboli sono stati sacrificati! I figli uccisi nell’utero materno, i figli senza genitori…sballottati da una casa all’altra, da un genitore all’altro, da un amante all’altro. Quanto ai soldi, Grisenti e compagnia hanno saputo usarli, certamente non per i poveri….

Il tutto sotto il capello della tanto decantata “autonomia”. Che ha significato, purtroppo, soprattutto soldi, e poco più. Soldi e benessere materiale, senza altro. Siamo così, oggi, una città drogata di sovvenzioni, favori, corruzione, clientele, in cui il Dellai di turno distribuisce a tutti, o quasi, tramite posti pubblici, consulenze, festival dell’Economia (al modico costo, per le finanze pubbliche, di 900.000 euro) che richiamano a Trento banchieri e potenti del mondo (e della sinistra al caviale). Era destino che il catto-comunista Dellai, alla fine, si incontrasse con l’uomo degli Agnelli, della Finanza, dell’aureo mondo degli impomatati e dei fighetta: Luca Cordero di Montezemolo (o qualcuno degli altri illustri danarosi invitati al Festival…Festival forse creato da Dellai per farne, coi soldi pubblici, il trampolino di lancio per la sua futura carriera, al di fuori del Trentino?).

E intanto, il Pil della felicità, a Trento, non cresce di certo…

Il dottor Roberto Algranati risponde al cons. Mattia Civico

Egregio Direttore, Sono un medico e mi permetto di contestare decisamente le affermazioni del consigliere provinciale sig. Mattia Civico sulla RU486 e sulla legge 194/78, pubblicate su L’Adige del 27 gennaio u.s.

Anzitutto egli dimentica che ogni aborto non è un fatto che interessa solo la donna, ma è anzitutto l’uccisione di un nuovo individuo vivente appartenete alla specie umana, la soppressione deliberata di un figlio o di una figlia nel seno materno. Inoltre, dato che il sig. Civico sembra dichiararsi cattolico, gli ricordo che il Concilio Vaticano II ha definito giustamente l’aborto un “delitto abominevole” e che la legge 194/78 non solo ha reso lecito questo delitto, ma ne ha fatto un diritto della donna che deve essere obbligatoriamente garantito dal sistema Sanitario.

In realtà il consigliere Civico non fa altro che ripeterte con altre parole la linea del PD, ben espressa nel 2006 dall’ allora ministro Livia Turco che affermava “la legge [194] è stata e continua ad essere non solo efficace, ma saggia e lungimirante. Profondamente rispettosa dei principi etici della tutela della salute della donna e della responsabilità femminile rispetto alla procreazione. Dei valori sociali della maternità e del valore della vita umana dal suo inizio”.

Anche se, dal 1978 ad oggi, in forza della legge 194, sono stati uccisi legalmente nei nostri ospedali più di cinque milioni di esseri umani innocenti e indifesi (il 20% dei concepiti), non dovremmo allarmarci né contestare perché tutti sono stati uccisi in base ad “una legge saggia e lungimirante” e “nel profondo rispetto del valore della vita umana fin dal suo inizio”. Evidentemente i politici illuminati del PD sanno ciò che è bene per le donne e, sempre a fin di bene, garantiscono loro gratuitamente anche il veleno embrionale RU486.

 Il sig. Civico e altri politici sostengono, infatti, che la legge 194/78 ha ridotto il numero complessivo degli aborti e che anche il RU486 contribuirà a questo scopo. Basterebbe solo un po’ di buon senso per capire che la trasformazione dell’aborto volontario da reato in diritto, di per sé, non può che che promuovere la crescita del numero complessivo degli aborti e che anche il RU486, rendendo più semplice l’interruzione volontaria di gravidanza, agirà nello stesso senso.

Se gli aborti legali di fatto diminuiscono, ciò avviene certamente per altri motivi come la diffusione della “pillola del giorno dopo” ( mille confezioni vendute in Italia ogni giorno) che provoca aborti precocissimi che sfuggono alle statistiche. In realtà la legge 194/78 non ha alcuna giustificazione medico – scientifica e nemmeno giuridica, ma ha un’origine esclusivamente ideologica, come un tempo le leggi razziste. Leggi come le 194/78 non sono mai state richieste dai medici. Il progresso della medicina, già negli anni ’70, aveva eliminato quasi del tutto la drammatica necessità di un vero aborto terapeutico, che era legalmente possibile anche prima della legge 194. Inoltre, contrariamente a quanto si è fatto credere, le morti per aborto clandestino erano rarissime (circa 30 casi all’anno in Italia) e costituivano solo lo 0,2% della mortalità femminile in età feconda.

Non c’era quindi alcun bisogno di una legge permissiva in questo campo. Sono i politici, e non i medici, che hanno voluto la legge 194: non per curare meglio le donne, ma per garantire loro, di fatto, il diritto all’aborto. Diritto reclamato dall’ideologia femminista e anche dalla ideologia antinatalista sostenuta dalla potentissima IPPF (International Planned Parenthood Federation) che dal 1969 promuove in tutto il mondo la legalizzazione permissiva dell’aborto, ritenuta indispensabile per abbattere la crescita della popolazione mondiale. Oggi questa ideologia è ampiamente sostenuta anche dall’ ONU che la presenta come promozione della “salute riproduttiva”. Su un punto però concordo pienamente con il consigliere Civico: là dove dice che “se è vero che ogni vita ha un valore inestimabile, non ha prezzo l’alternativa che possiamo offrire”.Verissimo. Allora mi permetto di fargli una proposta.

I Centri di Aiuto alla Vita dispongono di un pieghevole in cui, con delicatezza e precisione scientifica, si spiega alla donna che che vuole interrompere la gravidanza che cosa è la vita umana prenatale, quali sono le possibili altrernative all’aborto e le si offre anche un aiuto diretto per superare le difficoltà di una gravidanza problematica. Sarebbe molto utile se, al momento della prenotazione dell’ interruzione volontaria di gravidanza, le strutture sanitarie consegnassero ad ogni donna una copia di questo pieghevole. Forse si potrebbero salvare le vite di numerose bambini non nati e risparmiare a molte donne gravi sofferenze. Può il consigliere Civico dare la sua collaborazione a questo scopo? Dr. Roberto Algranati

La mia solidarietà al cons. Civettini

Su l’Adige di oggi è riportata la polemica tra il consigliere regionale della lega Civettini e il parroco di Mori, don Tarcisio, persona squisita  che ho avuto modo in passato di conoscere. Il fatto è che don Tarcisio ha criticato durante una predica domenicale, senza citarla apertamente, la Lega nord, rea di aver chiesto, per bocca del suo capogruppo Savoi, il licenziamento degli islamici che fanno le pulizie nei palazzi provinciali. Aveva il diritto don Tarcisio di criticare la posizione di Savoi?

Penso che ne avesse il diritto, soprattutto perché la proposta sembra più un’uscita mediatica che la proposta di un politico. Ma la critica era opportuna? A questa domanda risponderei senza dubbio di no.

1 Prima di parlare di politica in Chiesa un sacerdote dovrebbe raccontare e vivere di Cristo: e invece buona parte dei preti odierni fanno i sociologi, i politologi, gli economisti, gli ecologisti…ci parlano della raccolta differenziata, del razzismo, e di mille altre cosette banali banali, che si possono leggere tutti i giorni sui giornali: insomma si fanno dettare la predica dagli opinionisti dei quotidiani; riassumono Repubblica o, quando va bene, il Corriere!

2 prima di parlare di politica un sacerdote dovrebbe chiedersi: è proprio necessario farlo? Ipotizziamo che Savoi abbia detto una boiata: è il caso che di fronte ad una delle infinite dichiarazioni senza molto senso di un politico, un sacerdote ci costruisca la predica e dimostri dinanzi i suoi fedeli una evidente parzialità politica?

3 Non sarebbe più utile che i preti, come ha detto infinite volte il papa, intervenissero sulle vicende politiche il meno possibile e solo in casi veramente importanti, decisivi? Lo dico perché i preti che predicano attaccando la Lega sono infiniti. Ne salta fuori uno ogni due per tre. Sembra persino che non ci sia penuria di vocazioni. Non se ne può più!

Quelli che dicono qualcosa sugli abomini legislativi promossi dai comunisti, dagli ex comunisti del Pd e dall’Italia per i valori, invece, non li ho mai sentiti. In troppi filtrano il moscerino (in questo caso le parole di Savoi, senza nessuna vera conseguenza) e lasciano passare i massi. Lottano contro le pagliuzze, e non vedono le travi. Ne abbiamo mai visti, almeno nella nostra città, di predicatori che, come fa il papa, hanno parlato contro la Ru 486, non chiacchiere innocue, ma un veleno che uccide i bambini (permessa, prima che altrove, dal “cattolico” Dellai)? Che ricordano i valori ormai dimenticati della purezza e della fedeltà? Ne abbiamo sentito qualcuno tuonare dal pulpito contro il nichilismo imperante, la distruzione della famiglia, la sentenza contro il crocifisso (anch’essa promossa, per quanto riguarda l’Italia, da un giudice nominato dal Pd), la manipolazione genetica, l’eutanasia, tutte cose favorite e volute dai partiti di sinistra? Qualcuno che denunci la follia di un ex ministro, capolista del Pd in Lombardia, Umberto Veronesi, che sponsorizza la clonazione riproduttiva? Li abbiamo sentiti alzare la voce contro le proposte sulla droga libera della sinistra di Ferrero e dei radicali? Li sentiamo mai parlare contro certe aberrazioni di verdi e ambientalisti che predicano l’odio contro l’uomo, a difesa dell’ambiente?

Infine sulla questione immigrazione: possibile che non si sappia fare altro che ripetere lo stanco ritornello sulla bellezza della società multietnica? Che non si cerchi di bilanciare il necessario e doveroso rispetto verso lo straniero con l’idea che servono leggi serie, da far rispettare, a tutti, perché l’immigrazione non diventi ingovernabile, con danno per tutti? Don Tarcisio non me ne voglia se esprimo la mia solidarietà al consigliere Civettini: è per protestare, certo inutilmente, contro la trasformazione della fede cattolica in una pericolosa e sterile utopia.

Ps Quando i leghisti udiranno preti che nelle loro prediche sparano senza distinzioni a destra e a sinistra, quando serve, solo quando serve, e non scelgono sempre il solito bersaglio, cioè loro, forse riconosceranno dietro la voce dei predicatori un richiamo serio, e quindi da prendere in considerazione… il richiamo di un vero pastore.

La Fbk, Rusconi e la Saraceno.

Il Trentino, con tutti i soldi pubblici di cui dispone, è ormai divenuta la patria delle fondazioni e dei circoli culturali con l’unico scopo di appoggiare il governatore del loco. Festival dell’economia e Fondazione Bruno Kessler, tra le altre, ingurgitano quantità enormi di soldi. E creano clientele importanti. La fondazione Bruno Kessler per esempio è servita, dice qualcuno, a sistemare il dott. Dalla Torre, dirigente dell’ITC-Fbk. Secondo le parole del consigliere Ds Mauro Bondi, per due motivi: “essere stato il segretario personale del presidente della giunta provinciale e aver avuto come compare d’anello al suo matrimonio il presidente dell’Itc. Altra illazione è quella che circola sempre all’interno dell’istituto, per cui uno dei due dirigenti selezionati dallo studio Calzà di Rovereto avrebbe come compare d’anello lo stesso Dalla Torre”. Fatto sta che la sola inaugurazione della FBk è costata alla provincia 60 mila euro (l’Adige, 30/1/2008)! Ma non è tutto: a fare il dominus è stato chiamato Gian Enrico Rusconi, noto ai più per le sue intemerate quasi quotidiane contro la Chiesa. E chi invita a parlare il Rusconi? Beh, visto il luogo e le sue usanze, non dimentica mai di chiamare a parlare (si presume, non gratis) sua moglie (o compagna), Chiara Saraceno! Mentre uno attacca la Chiesa e Berlusconi, alternativamente, l’altra inveisce contro la chiesa e a favore dei matrimoni omosessuali e dei Dico, che però sarebbero, a suo dire, troppo poco. Il bello però è lì: la grande armonia tra la coppia di studiosi. Entrambi a spese della provincia, senza che nessuno sollevi la domanda sul conflitto di interessi.

Marta Dalmaso, ma con chi vai?

Leggere una lettera a firma Dalmaso, Cogo Ferrari, a difesa della dignità della donna, con tanta prosopopea, in prima su L’Adige, fa un po’ colpo. Perché l’Assessore Dalmaso proviene dal mondo cattolico.

E’ uno di quei politici che ha sicuramente tratto giovamento, per la sua carriera, dall’essere stata insegnante all’Arcivescovile. Come l’attuale sindaco Andreatta. Il suo retroterra culturale è quello cattolico.

Dovrebbe quindi avere una certa idea della dignità della donna, ben diversa da quella di Savoi, ma anche da quella che invece è propria di Margherita Cogo, che si è sempre distinta per la sua feroce propaganda abortista e per aver sostenuto a spada tratta il dottor Arisi, capo italiano dell’IPPf, la più grande associazione abortista del mondo.

La visione della donna che la Dalmaso propone dovrebbe differire parecchio anche da quella della DS Sara Ferrari, che è tra l’altro nel membro di Laici trentini, l’associazione di Mauro Bondi che festeggia porta Pia, va a braccetto con l’UAAR e i radicali , invita a Trento quel Piergiorgio Odifreddi secondo cui i cristiani sono tutti cretini…ecc. ecc.., e che è nata per lottare contro “l’attacco che i vertici della Chiesa, e, sul lato politico, il centrodestra, stanno portando ai diritti civili e alla laicità dello Stato “ (Adige, 19/2/2009).

Tra le battaglie della associazione della Ferrari il testamento biologico, le coppie di fatto, l’abolizione dell’8 per mille, e le altre trovate del duo Bonino Pannella. Tra il resto un altro membro fondatore della associzione della Ferrari è quel Vincenzo Bommassar che ha proposto il referendum per far chiudere le scuole cattoliche trentine. Anche quell’Arcivescovile in cui la Dalmaso ha insegnato tanti anni.

Ma Dalmaso preferisce certe compagnie a chi fa una battuta infelice e stupida sulla "gnocca" ma almeno non passa la sua vita a minare la famiglia degli altri con leggi, impedimenti, obbrobriosi messaggi culturali. E’ la deriva del catto-comunismo.

Per questo ci sembra opportuno proporre la lettera scritta a l’Adige dal consigliere Morandini.

In questi tempi in cui sui maggiori quotidiani nazionali e locali non si fa altro che sbirciare dai buchi della serratura, spiattellare vere o presunte telefonate a luci rosse in prima pagina, ecco che sullo scranno sono salite Cogo, Ferrari e Dalmaso. Da che pulpito, viene spontaneo esclamare!!! Infatti, dato il pistolotto che le zelanti colleghe propinano dalla prima pagina de “L’Adige” in questi giorni, ripieno di pensieri ed affermazioni condite con lo sdegno proprio delle anime belle, viene da chiedersi che cos’abbiano fatto le succitate consigliere a favore dei principi contenuti in quelle strombazzate affermazioni. Premetto che personalmente detesto la volgarità, soprattutto quando investe i soggetti più deboli della società, tra cui le donne. Non mi è piaciuta l’espressione del collega, seppure s’è con tutta evidenza trattato d’una battuta, da cui pareva arduo riuscire a trarre scandali politici. Sono infatti contro una visione strumentale della donna, che finisce per attrarre tutto l’universo femminile alla sfera materiale.

Detto questo, tuttavia, non posso esimermi dal far notare come tutto questo stracciarsi le vesti sia spesso in contrasto con gli atti politici ed i silenzi tenuti dalle mie interlocutrici. Capisco che per attaccare il centro – destra ci si stia appigliando a tutto, ma forse, Cogo, Ferrari e Dalmaso si sono scordate che le donne, oltre ad una sacrosanta tutela “linguistica”, hanno anche diritto ad una vita con meno turbamenti possibile, e, ancora prima, hanno diritto di viverla, quella vita. Ed in carne ed ossa, non negli schemi ideologici di una certa parte politica. Le predicatrici infuocate scordano forse che la maggioranza cui esse s’onorano d’appartenere ha di fatto svuotato il c.d “Pacchetto Famiglia”, una misura introdotta dal sottoscritto e davvero innovativa visto l’elevato grado di tutela che garantiva a coloro che esercitano la professione casalinga. I quali, è banale ricordarlo, erano e sono soprattutto donne.

E dov’è l’indignazione per l’introduzione del “pesticida umano” (Lejeune), la Ru 486, celebrata in pompa magna dal buona parte del potere mediatico? Dov’è la vostra indignazione per un farmaco che ha ucciso qualche decina di donne in tutto il mondo, e che attenta comunque alla salute delle donne?! Dimenticavo di ricordare che la Cogo s’è battuta affinché questa kill pill venisse introdotta in Trentino, con il silenzio ossequiente delle altre colleghe… In definitiva, non si può chiamare una donna in modo offensivo, ma le si può mettere a repentaglio la vita o l’incolumità fisica con un farmaco letale. Curioso, davvero curioso! Per richiamare le pomposità moraleggianti delle tre colleghe, mi chiedo se è questo ciò che si propone ai giovani: un mondo dell’arbitrio del singolo sulla vita altrui, dove esistono vite di serie A e vite di serie B, ove le donne sono spesso mutilate nella loro femminilità, talvolta fino a rimetterci la vita, e via dicendo.. Che proponete, colleghe, alcune di voi addirittura seguaci del ’68 artefice della totale libertà sessuale che ora deplorate (e che, caso curioso, vorreste limitare solo ai politici del centro – destra, che certo di ciò non sono responsabili …bell’uguaglianza)? Pino Morandini

La scuola trentina: verso una fucina di bullismo?

Riportiamo una lettera di Andrea Di Francia, avvocato, esperto di minori, sulle ultime decisioni della giunta provinciale in materia scolastica.

Solo nella scuola trentina il 5 in condotta non comporta bocciatura

 Avrebbe avuto tutto il sapore di una battuta di spirito; purtroppo, non è così; è una sconcertante realtà! Nella scuola trentina, non si applica nè la legge n. 169 del 2009, nè il regolamento n. 5 del 2009, del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sul voto in condotta. Nossignore, la giunta provinciale di Trento ha approvato, ieri 24 aprile, il regolamento sulla valutazione degli studenti che frequentano la scuola trentina, disponendo che il 5 in condotta non determina bocciatura. L’amministrazione provinciale di Trento ha ritenuto non applicabile, nella scuola trentina, l’art. 2 della legge n. 169, voluto dal Parlamento per arginare i “fenomeni di violenza, di bullismo e di offesa alla dignità e al rispetto della persona che si verificano in maniera purtroppo ricorrente anche nelle istituzioni scolastiche e che richiedono corresponsabilità educativa tra scuola, genitori e territorio, nonché l’elaborazione ed il rispetto di norme condivise”. E non perché, nelle scuole trentine, non si verificano fenomeni di violenza, di bullismo e di offesa alla dignità ed al rispetto della persona. Anzi, basti scorrere i quotidiani locali!

Ed allora, qual è la ragione di questa sostanziale differenza tra scuola nazionale italiana e scuola trentina? La risposta non può che individuarsi in una cattiva applicazione dello statuto di autonomia, in una manovra antigovernativa, di follia pura, in un modo di vantarsi di essere, in forza di quell’autonomia e di quel torrente in piena di danaro che da Roma giunge a Trento (alla faccia di tante famiglie disagiate), diversi da Roma. In ambito nazionale, lo studente di scuola media primaria e secondaria che si sia reso responsabile di fatti gravi che, in base allo Statuto delle studentesse e degli studenti, abbia comportato la sospensione per un periodo superiore a 15 giorni; che, successivamente alla irrogazione di una tale sanzione non abbia dimostrato in concreto apprezzabili cambiamenti nel comportamento, rischia un voto in condotta al di sotto di 6/10 e tale voto determina “la non ammissione al successivo anno di corso e all’esame conclusivo del ciclo” (art. 2, comma 3 legge n. 169 del 2008).

Nel Trentino, per gli stessi fatti, lo studente non rischia assolutamente niente. Prescindo da ogni valutazione sull’ammissibilità di una tale deroga sotto il profilo giuridico, trattandosi, quelli nazionali, di principi generali che dovrebbero valere anche per l’autonomo trentino, ma non posso prescindere da una valutazione di merito, dal fatto, cioè, che così operando si dice ai bulli, ai violenti, agli spaccatutto, ai maleducati, ai delinquenti, presenti anche nelle scuole trentine: coraggio, andate avanti, fate i vostri comodi, rompete, spaccate, picchiate, compite atti di bullismo, tanto, anche se vi danno 5 in condotta, non vi succederà, scolasticamente, assolutamente nulla. Oggi, spesso ci si lamenta della maleducazione dei giovani, della volgarità degli insulti, della grave mancanza di rispetto nei confronti dell’autorità.

Nella logica (si fa per dire!) della giunta provinciale di Trento, sarebbe questo una valida gestione della scuola, un valido modo per aiutare quei genitori che fanno di tutto per educare i propri figli? Sarebbe questo un valido modo per dare un aiuto concreto agli insegnanti che, ogni giorno, si vedono costretti a contenere atti di violenza e di bullismo? Sarebbe questo un valido modo per garantire ai ragazzi che avessero voglia di studiare, sottraendosi agli atti di bullismo, di esercitare il loro diritto allo studio? Sarebbe un modo per difenderli dagli atti di violenza; di insegnare ai giovani il rispetto delle persone e delle regole? E’ probabile –ma sarebbe grave- che gli amministratori trentini ignorino la parola chiave che oggi si adotta per aiutare i giovani a crescere e cioè l’autostima, ritenuta indispensabile per la prevenzione di problemi come: l’abbandono scolastico, le difficoltà di apprendimento, la delinquenza, l’abuso di droga e alcool, il suicidio. Essi ignorano anche che, per costruire l’autostima, è necessario il rispetto delle regole, le quali costituiscono altrettanto capisaldi che rendono il giovane sicuro: senza regole il giovane diventa ansioso e spende molte energie a trincerarsi dietro ad atteggiamenti difensivi. Non penalizzi, perciò, la giunta provinciale trentina, le famiglie, i bambini, i giovani che frequentano quella scuola e li aiuti, invece, a crescere nel rispetto delle regole.

Andrea Di Francia

Piccola intervista a Mario Casna.

Mario Casna è stato, sino a pochi giorni fa, prima di diventare consigliere provinciale, uno stimato preside in varie scuole della Provincia. Gli abbiamo fatto alcune brevi domande.

Cosa ci può dire sulla riforma Gelmini riguardo alla scuola secondaria superiore?

Forse debbo deludere qualcuno: infatti il ministro Gelmini pare si limiti al momento a rendere operativa la legge voluta dal precedente governo (legge n.40 del 2-04.2007 art 13). In questa legge voluta da Fioroni si stabiliscono le linee guida della nuova riforma: gli istituti tecnici, gli istituti professionali ed i licei fanno parte del sistema statale dell’istruzione secondaria superiore. I criteri di riordino previsti dalla citata legge  sono: riduzione del numero degli indirizzi tecnici (11), dei licei (6) e degli istituti professionali (6), riduzione del numero ore settimanali (32). Ingiusto, frutto di gravissima disinformazione, dare la colpa alla Gelmini se spariscono il liceo economico ed il liceo tecnologico.  

-Lei è finito su tutti i giornali, quasi come un delinquente, prima per aver comperato dei crocifissi da mettere nelle scuole, e poi per aver chiamato i cani anti-droga a scuola: quale è la situazione odierna in questo campo? E’ vero che ci sono molti presidi che non fanno analoga operazione, pur ritenendola necessaria, per paura della stampa?

Ho sempre lottato contro la piaga dell’ uso di droghe di ogni genere. Ho fatto prevenzione, ho caldeggiato la visita a comunità di recupero dei tossicodipendenti. Evidentemente tutto questo non è stato sufficiente. Noi possiamo prendere tutte le precauzioni a che la nostra casa non prenda fuoco ma se dovesse succedere non rimane da fare che chiamare i vigili del fuoco. Informato che qualche studente veniva a scuola "già fumato" o che addirittura si riforniva a scuola, cosa c’era da fare se non chiamare la guardia di finanza con unità cinofile? Debbo dire che molti genitori si sono sentiti tranquilli sapendo che il dirigente ha difeso l’incolumità dei loro figli anche con misure impopolari ma efficaci. Purtroppo qualche collega invece ha criticato il mio atteggiamento troppo severo e non pochi mi hanno quasi deriso con affermazioni: "per uno spinello non era necessario fare tanto casino.."

 -Esiste per lei oggi una emergenza educativa e quali possono essere le risposte della scuola?

Penso che alla emergenza educativa educativa si possa far fronte, in parte, con l’insegnamento dell’educazione civica nel primo e nel secondo ciclo dell’istruzione. E’ importante che gli studenti conoscano le strutture sociali, storiche, giuridiche ed economiche in cui l’individuo è inserito al fine di apprendere regole di condotta (non vi sono solo diritti ma anche doveri) per vivere in comunità.