Trasformazioni produttive, economiche e sociali
Con la prima industrializzazione, che interessò prevalentemente il settore tessile-metallurgico del secondo 700, e con la seconda rivoluzione industriale, con l’introduzione dell’elettricità e dei prodotti
chimici nella società, dal 1870 in poi vi è stato un processo di evoluzione economica notevole. Da società agricolo-artigianali-commerciali si passò a società industriali caratterizzate dall’uso di macchine azionate da energia meccanica, fino ad oggi, tempo in cui le società sono caratterizzate da energia alternative e macchine pensati, come l’Intelligenza artificiale operanti anche in robot da sembianze umane.
Forme di rivoluzioni che hanno comportato una profonda e irreversibile trasformazione, non solo nei sistemi sociali, ma anche psicologici. Nasce il capitalista che mira ad incrementare il profitto della propria attività. Ma contemporaneamente nasce il mito della “realizzazione personale”, che confonde le nostre menti con l’illusione che, con le possibilità economiche, si possono realizzare i sogni di potere e comprare tutto; dal successo al potere, dal prestigio ai beni materiali. Si contraddice una logica millenaria e collaudata dall’Antropologia Cristiana, quella dei “Beati i poveri in spirito” secondo Matteo: 5,3. L’insegnamento di Matteo altro non è che la capacità di saper gestire le illusioni dell’avere tutto (Riccardi P., Psicoterapia del cuore e beatitudini, Ed. Cittadella 2018).
Senza la capacità di gestire le proprie illusioni, l’uomo si perde nella trappola del più amore, più gratificazione, più successo, più visibilità, più potere. E, nel “di più”, una nuova “nevrosi” turba e caratterizza l’uomo moderno. (Riccardi P., L’equilibrio interiore perduto. Come ritrovarlo. Ed. D’Ettoris 2023). Una nevrosi che altera lo sguardo dall’interno all’esterno e nell’uomo si rinforza l’errata credenza che la felicità, l’equilibrio, la serenità si trovino all’esterno da noi.
La psicoterapeutica di Gesù
Ma, ancora una volta, la psicoterapeutica di Gesù ci guida ad una riflessione: «…. non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo» (Mt 7, 14-15). L’uomo deve rivolgere lo sguardo dall’esterno all’interno, per ri-scoprire il senso del vivere sereni e in pace. Pare che queste siano le vere richieste dell’uomo moderno che si rivolge al suo guru moderno; un medico, uno psichiatra, uno psicologo, un coach ecc. che, senza una visione della spiritualità, emette sentenze sul come vivere e prescrive il più delle volte farmaci per la felicità. Eppure, nonostante ciò, stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, affermano che quasi una persona su dieci ha pensieri suicidi.
Sguardi intorno a noi
Guardiamoci intorno, osserviamo i volti e il parlare di amici, familiari e conoscenti e di certo osserveremo tensione nei volti, sguardi sospettosi, toni alterati. Chiediamoci il perché. Non possiamo di certo dire che non abbiamo di che vivere. Abbiamo cibo a disposizione, cure mediche avanzate, sistemi tecnologici avanzati, previdenza assistenziale sanitaria, possibilità di svago in ogni forma e grado, di giorno e di notte etc. eppure non pare che emerga una certa pace interiore (Riccardi P., Psicoterapia del cuore e beatitudini, Ed. Cittadella 2018).
Ascoltando tra le righe, ognuno ha modo per dirsi sono deluso, sono insoddisfatto, ho problemi in famiglia, non vado d’accordo con il partner ecc. Eppure, in quanto specie evoluta, dovremmo essere in grado di analizzare, pianificare, organizzare la vita per un sano senso del vivere. Purtroppo, non siamo in pace, non siamo soddisfatti né di quello che abbiamo, né di quello che siamo. Costantemente, delusi e infelici, ci illudiamo con i vari social: Instagram, Tik Tok, WhatsApp, Twitter, Facebook ecc. promuovendo, indirettamente, una cultura dell’io egocentrico che si bea nell’essere guardato, nel postare immagini di sé belle e rifatte, nel pensarsi di essere appetibile per l’altro. Una cultura autocelebrativa priva di confronto e dialogo. E se io sono solo per me stesso, cosa sono? Afferma il Rabbino Hillel nel 60 a.C.
Il pensiero del Rabbino Hillel ci invita a riflettere sul concetto di individualismo nell’uomo moderno. Spesso, nel mondo contemporaneo, si è portati a concentrarsi esclusivamente sul proprio benessere e sui propri interessi personali, trascurando le relazioni con gli altri e il senso di comunità. Questa prospettiva egoistica dell’essere umano può condurre alla solitudine e all’isolamento, privando l’individuo di un importante senso di appartenenza e di sostegno reciproco. Se ci si concentra esclusivamente su se stessi, si rischia di perdere di vista il valore delle relazioni umane e della solidarietà.
In un’epoca in cui l’individualismo e l’egoismo sembrano predominare, è importante ricordare che l’uomo è parte di una comunità più ampia, con responsabilità verso gli altri e verso il benessere collettivo. Solo abbracciando l’altro e instaurando legami solidi e reciprocamente soddisfacenti possiamo dare un senso profondo alla nostra esistenza e realizzare appieno la nostra umanità.