IL TRIDUO PASQUALE

GIOVEDÌ SANTO “Prescrizioni per la cena pasquale”

Alessandra Giovannoni, La notte della Pasqua in Egitto, 2007,
acquerello e matita su carta
Lezionario domenicale, anno B, tra le pag. 136 e 137

«In quei giorni, il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: “Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con àzzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne”» (Esodo 12,1-8.11-14).

Il rito della cena pasquale, che risente delle antiche popolazioni orientali, consisteva nel consumare il pasto in piedi per essere pronti a scappare dalla schiavitù egiziana.
Alessandra Giovannoni ha creato la tavola «La notte della Pasqua in Egitto» la cui riproduzione è nel «Lezionario domenicale, anno B» tra le pag. 136 e 137. L’immagine del 2007, ad acquerello e matita su carta, commenta il passo del brano:

«Preso un po’ di sangue dell’agnello, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case».

L’artista infatti pone, a destra, in alto, uno vistoso straccio di colore sangue appoggiato alla parete di una struttura muraria con una finestra da cui si vedono, in trasparenze cromatiche, la mensa e la carne dell’agnello. Efficace è la citazione a matita, dell’agnello dipinto da Grünewald nella tavola ora a Colmar.
Già Origene (prima metà sec. III) parla del «Triduo Pasquale»: «Il primo giorno è per noi quello della passione del Salvatore, il secondo quello in cui discese agli inferi, il terzo poi è il giorno della risurrezione».


VERNERDÌ SANTO “Uomo mansueto”

Georges Rouault, Testa di Cristo, 1937-1938,

«Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. […] È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. […] Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.» (Isaia 52,13- 53,12)

Questo è l’ultimo di quattro componimenti poetici, incentrati sulla figura del «servo del Signore», scelto da Dio per «portare la giustizia alle nazioni» (Isaia 42,1) e che presenta la sofferenza e il trionfo del servo di Dio.
Nel dipinto la «Testa di Cristo» (1937/1938), Georges Rouault presenta il Nazareno dal volto di dolore, con il capo reclinato che riflette all’imminente conclusione della vita umana. Gesù, profetizzato dal cantico di Isaia, è rappresentato come l’uomo della mansuetudine e del sacrificio che sceglie di donare la vita per amore.

Rouault pone il Cristo nella luce che si espande ovunque e con un ampio segno rosso, sopra il capo, forse a mo’ di corona.
Ascoltiamo la confidenza di Dante (Paradiso XIV,106-108):

«Ma chi prende sua croce e segue Cristo

Ancor mi scuserà di quel ch’io lasso

vedendo in quell’albor balenar Cristo».

SABATO SANTO “In principio Dio creò il cielo e la terra”

Il Signore presenta Eva ad Adamo, Mosaico bizantino, sec. XII-XIII.
Monreale, Duomo, ordine superiore del muro occidentale della navata principale.

Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra”. Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde”. E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Genesi 1, 1.26-31)

L’autore della Genesi scrive, nel VI secolo a.C., il racconto della creazione non per farne una descrizione storica o scientifica quanto per celebrare la nascita del mondo, grazie all’energia della parola creatrice di Dio.

Dalla composizione, emerge lo sguardo positivo del Creatore sulla sua opera, dichiarato alla conclusione di ognuno dei sei «giorni» e che raggiunge il culmine nella creazione dell’uomo e della donna: «Era cosa molto buona».

I due progenitori si manifestano a «immagine» e a «somiglianza» del Signore come a dire: «siete miei collaboratori, valorizzate ogni creatura, costruite questo mondo con me».
Il mosaico bizantino (XII-XIII sec.) «Il Signore presenta Eva ad Adamo», si trova nell’ordine superiore del muro occidentale della navata principale del Duomo di Monreale. Sopra i tre personaggi si trova la scritta in latino: «Il Signore ha portato la donna ad Adamo e Adamo ha detto: questa è un osso delle mie ossa e carne della mia carne». Adamo infatti manifesta gioia e stupore alla vista di Eva, presentata da Dio.

Con una parte della poesia di Walt Whitman, scrittore statunitense, rileggiamo il nostro essere creature.

«Essere questo incredibile Dio che io sono!

O meraviglia delle cose, anche delle più piccole particelle!

O spiritualità delle cose!

Io canto il sole all’alba e nel meriggio, o come ora nel tramonto:

tremo commosso della saggezza e della bellezza della terra

e di tutte le cose che crescono sulla terra.

[…] E alla domanda che ricorre “Che cosa c’ è di buono in tutto questo?”

La risposta è: che tu sei qui, che esiste la vita, che tu sei vivo.

Che il potente spettacolo continua

e tu puoi contribuire con un tuo verso».


don Tarcisio Tironi
direttore M.A.C.S.

Print Friendly, PDF & Email
Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo.

Autore: Libertà e Persona

La nostra redazione si avvale della collaborazione di studiosi attenti alla promozione di un pensiero libero e rispettoso della persona umana, grazie ad uno sguardo vigile sulle dinamiche del presente e disponibile al confronto. Nel tempo “Libertà e Persona” ha acquisito, articolo dopo articolo, un significativo pubblico di lettori e ha coinvolto docenti, esperti, ricercatori che a vario titolo danno il proprio contributo alla nostra rivista online. Gli articoli firmati "Libertà e Persona" sono a cura dei redattori.