A TUTELA DELLA VITA DAL SUO CONCEPIMENTO AL SUO FINE 

L’attuale contesto sociale e politico vede una profonda spaccatura su un valore assoluto e indiscutibile che è la vita. Sovente si accentua mediante numerosi interventi e manifestazioni il diritto alla buona morte, per porre fine alle atroci sofferenze che affliggono una persona. Il contesto culturale occidentale è da tempo secolarizzato e nichilista e quella concezione sacrale di vita, condivisa al tempo anche dai non credenti, è svanita.

Mi rincresce e addolora sapere che alcuni ministri della Madre Chiesa, garanti della Dottrina, vogliano aprire un varco e, di conseguenza, accettare le pratiche come la fecondazione artificiale e l’eutanasia. Queste possibili aperture, oltre ad eliminare il fine dell’Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del matrimonio e della famiglia, istituito dal Papa polacco nel 1981 con lo scopo di preservare mediante lo studio della Teologia Morale e della Bioetica l’integrità della famiglia e della vita, pongono il soggetto in una condizione di pericolosa vulnerabilità. 

Eutanasia: storia di un disfacimento morale e umano 

Nel 1600 si ebbe uno sviluppo empirico della medicina, che nel tempo ha raggiunto i massimi livelli grazie alla ricerca, alla tecnica e alla scienza. Il fine della medicina rimane però l’uomo e la cura di possibili e affermati disturbi fisici. La Chiesa, già agli inizi del Novecento, ha instaurato un dialogo con le scienze mediche, per garantire un benessere maggiore per la società. Essa ha anche riconosciuto le virtù eroiche di diversi medici cristiani, che mediante la cura dei degenti hanno testimoniato la verità suprema che è Gesù Cristo, meritandosi così gli onori degli altari. Tra i molti si cita San Giuseppe Moscati medico sannita che in nome di Dio si prodigò per i numerosi malati del capoluogo campano. 

La parola “eutanasia” deriva dal greco e significa “buona morte”. È una pratica intenzionale che ha come scopo quello di provocare la morte di un soggetto la cui qualità di vita è compromessa da una malattia. Se pur di nuova generazione, l’eutanasia venne già proposta, ma mai applicata, dal filosofo inglese Francis Bacon, il quale invitò i medici ad introdurre possibili mezzi che ponessero fine ai dolori dei malati terminali.

Il 1600 è il secolo della piena età moderna, dei cambiamenti culturali, della scissione tra fede e ragione, dell’affermarsi in Francia dell’assolutismo monarchico. Si ebbe poi nelle città un massiccio sviluppo urbanistico, si pensi alla reggia di Versailles. Fu il secolo anche delle grandi carestie e pestilenze e della Guerra dei Trent’anni, che vide coinvolti differenti Stati Europei per contrasti anche di ragione religiosa tra cattolici e protestanti.

Suddetto secolo ha avuto certamente aspetti propositivi, ma anche negativi: le scienze empiriche iniziano a definire l’uomo sempre più un essere paragonabile ad una macchina che, raggiunto il massimo del suo funzionamento, pian piano decade. Per meglio intendersi, nell’uomo non vi è nulla di trascendentale, di spirituale, esso è un soggetto che mediante l’apporto tecnico scientifico ha gli strumenti per analizzare l’essere, quindi la vita. Dio e la religione divengono sempre più una scelta soggettiva che non devono interferire nel progresso sociale. Sorge spontaneo l’interrogativo: lo scopo della medicina qual è? Come scritto poc’anzi, è quello di sanare!

Ippocrate nel 420 a. C. affermò:  

Giuro per Apollo medico e Esculapio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto. 

Di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest’arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico,  ma nessun altro. 

Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa. 

Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. 

Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. 

Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi ritirerò in favore di uomini che si dedicano a questa pratica. 

In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni atto libidinoso sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi. 

Tacerò tutto ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dall’esercizio sulla vita degli uomini, tutto ciò che non deve essere divulgato al di fuori del rapporto con il paziente, ritenendo tali cose essere segrete. 

E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato dagli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro.

Il medico greco, pur non essendo giunto sulla terra Cristo, riconosce la dignità e quindi quasi la sacralità di ogni vita umana.  

Posizione ebraica sull’eutanasia  

Il popolo ebraico è l’eletto. I Giudei sono i progenitori dei cristiani, che pur avendo incontrato il Messia non lo hanno riconosciuto come il Figlio di Dio. In riferimenti ad atti gravi contro l’uomo nella Bibbia, con precisione nel Secondo libro di Samuele 1, 6 – 10 si narra di un atto contro la morale, che oggi è indicato con il nome di suicidio assistito. Si è verificata tale situazione: 

Quando giunsero all’aia di Nacon, Uzza stese la mano verso l’arca di Dio per reggerla, perché i buoi la facevano inclinare.  

L’ira del Signore si accese contro Uzza; Dio lo colpì lì per la sua empietà ed egli morì in quel luogo vicino all’arca di Dio.  

Davide si rattristò perché il Signore aveva fatto una breccia nel popolo, colpendo Uzza; quel luogo è stato chiamato fino ad oggi Perez-Uzza. Davide, in quel giorno, ebbe paura del Signore e disse:

«Come potrebbe venire da me l’arca del Signore?»  

Successivamente, Davide condannerà a morte il soldato per essersi macchiato di un così grave peccato. Ovviamente anche nella scelta di Davide ricade un contrasto alla legge divina, ecco perché è fondamentale rimettere l’intero proprio essere alla luce del Sommo Bene affinché si compiano scelte dettate dalla ragione divina e non dalla propria facoltà, siano esse compiute anche per riparare ad un atto grave. Ancora oggi gli ebrei sono concordi con i cristiani nel non dover accelerare in alcun modo e quindi adottare mezzi che conducono alla morte precoce.

Ma sorge, probabilmente, un ulteriore interrogativo a quello precedente. Come si allevia la sofferenza?

Entrambe le due religioni (Ebraismo e Cattolicesimo) riconoscono la validità delle cure palliative, quindi la validità di quei trattamenti clinici che mirano ad alleviare il dolore pur sapendo che la diagnosi è infausta. Le cure palliative offrono inoltre un supporto psicologico e spirituale anche ai familiari del paziente, rispettano la dignità umana anche nella malattia perché, anche nella sofferenza fisica, la persona è detentrice di dignità. Il dolore non è mai fine a se stesso, ma apre alla luce della Pasqua in quanto in Cristo si vince la morte ed ogni lacrima è asciugata. È un atto moralmente grave procurare la morte di un agonizzante in quanto omicidio volontario.

Nella malattia, il soggetto non perde assolutamente la sua dignità di uomo; oggi però anche nelle strutture sanitarie prevale l’interesse economico, il cui intento è il ridurre i costi di gestione. Il sistema sanitario che approva talune richieste proposte dai cittadini risulta essere un’istituzione autoritaria, che danneggia l’intera società. Nell’applicare l’eutanasia, si attua anzitutto un abuso della libertà. La libertà, oggi, è intesa come un valore assoluto, che però, per il cristiano e l’uomo che riconosce il valore della natura umana, non potrà proporre modelli, soprattutto alle nuove generazioni, che mortifichino la grande ed indiscusso pregio della vita.  

Eutanasia e Magistero della Chiesa 

San Giovanni XXIII, papa, nell’enciclica (lettera circolare inviata a tutti i credenti) Mater et Magistra sottolinea e ribadisce la sacralità della vita umana dal suo nascere al suo morire. Il pontefice riconosce che la vita anzitutto ha origine dall’unione di un uomo con una donna, che mediante il sacramento del matrimonio si propongono anche come collaboratori generosi del progetto di creazione iniziato da Dio. Violare le leggi divine, che poi sono naturali, significa offendere la maestà divina oltre che degradare se stessi. Come ben ricorda il libro della Genesi al capitolo 1, 28 l’uomo è chiamato a soggiogare la terra e a crescere e moltiplicarsi. Il senso è palese: dominare la natura non significa pervertirla o distruggerla, ma metterne in risalto il volto di Dio affinché in ognuno splenda l’immagine del Figlio. Il Concilio Vaticano II riconosce l’aborto, l’eutanasia, il suicidio violazioni e violenze sulla persona (si consiglia la lettura della Costituzione Pastorale Sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes). 

San Giovanni Paolo II, papa, il 25 marzo 1995 pubblica l’enciclica Evangelium Vitae (il Vangelo della vita), sottolineando che l’eutanasia è azione prettamente utilitaristica votata ad evitare spese ingenti per la società. Essa è appunto una forma totalitaria che elimina neonati malformati, handicappati gravi, inabili, anziani e malati terminali. Il Pontefice mette quindi in guardia da una costituzione egoista e violenta della morte, che sopprime l’uomo e allo stesso tempo ignora l’autore della vita: Dio. 

Papa Benedetto XVI, riprendendo gli insegnamenti dei suoi predecessori, afferma, come già citato, la sacralità dell’esistenza umana, la capacità da parte del degente, cosi come della famiglia e del personale sanitario, di usufruire delle cure palliative per lenire il disfacimento fisico del soggetto terminale. Egli quindi contrasta fermamente la mentalità efficientista, ossia tecnica economica, che vede nel sofferente un problema e un peso per la società. Il pontefice tedesco inoltre sollecita ad avvicinarsi con amore, comprensione, conforto e incoraggiamento accanto al paziente in quanto oltre alle cure cliniche vi è un costante bisogno d’amore.  

Per giungere ad una conclusione, si propone la riflessione di San Tommaso d’Aquino. Egli esordisce così:

“sono proibiti quei vizi dannosi per gli altri senza la cui proibizione non può sussistere la società, quale l’omicidio, il furto e i simili”.

L’Aquinate riconosce in questi atti, dettati dal disordine, dunque dal peccato, una grave minaccia per il bene comune, per la realizzazione della società che si fonda anzitutto sulla famiglia e la prole. Interrompere volontariamente la gravidanza, l’idratazione, la ventilazione assistita, così come avvalersi della fecondazione assistita, non significa porre il soggetto al centro della storia e renderlo autonomo di scegliere, come molti sostengono, ma piuttosto lo si degrada a strumento passivo nelle mani di chi invece dovrebbe garantire il suo sviluppo sociale, religioso, umano e personale.

Nella fecondazione artificiale la medicina si sostituisce ad un atto naturale. Essa è puro egoismo che contrasta la volontà e la legge divina. Va precisato che mediante la fecondazione artificiale il concepimento avviene fuori dal corpo della donna, quindi manca anche di rispetto alla dignità umana. Una coppia che si riconosce sterile può vivere l’unione fisica, perché propria degli atti del matrimonio e allo stesso tempo compiere gesti di carità e di cura anzitutto spirituale verso il prossimo, come se stessero educando la prole.

La Chiesa, che è madre, non condanna ed è sempre pronta a reintegrare i propri figli purché siano realmente pentiti e desiderosi di essere testimoni della Rivelazione, in attesa della Parusia. 

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Autore: Emanuele Sinese

Emanuele Sinese è nato a Napoli il 24 Novembre 1991 e da anni vive a Bergamo. Ha frequentato l’Istituto di Scienze Religiose in Bergamo, conseguendo nel 2017 la Laurea triennale con la tesi Il mistero eucaristico in San Pio da Pietrelcina. Nel 2019 ha ottenuto la Laurea magistrale con la tesi La celebrazione eucaristica secondo il rito di San Pio V.  È insegnante specialista di Religione.