Riceviamo dal Blog di Alfredo Tràdigo questo articolo che pubblichiamo volentieri.
La Redazione
Ci sono poesie in cui in un verso viene detto tutto, come nel celebre “M’illumino d’immenso” di Giuseppe Ungaretti (1888-1970), un verso di sole sette sillabe, un settenario. Mi piace paragonare questo verso a un altro settenario – Dall’immagine tesa – che dà il titolo a una poesia di Clemente Rebora (1885-1957), il poeta milanese che dopo la conversione diventò sacerdote rosminiano. E, mentre per Ungaretti la grazia della rivelazione avviene quasi in una auto-riflessione (“m’illumino) qui, nel
neoconvertito Rebora, c’è uno “spiare” l’immagine tesa con atteggiamento vigile e spoglio di qualsiasi pretesa. Spiare cosa? Una “immagine tesa” che può essere qualsiasi cosa (vedi sopra il quadro di Giorgio Morandi), perché nel tutto ci può essere il niente e, per contro, nel tutto si può attendere qualcosa di molto importante che forse non si ha neppure diritto [… l’articolo completo e la poesia in Dall’ Immagine tesa di Clemente Rebora]
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