“La parola del Signore è diventata per me causa di vergogna”

Marc Chagall, Il profeta Geremia, 1968, Parigi, Centre Pompidou

Colletta

O Padre, che guardi con amore ai tuoi figli,
ispiraci pensieri secondo il tuo cuore,
perché non ci conformiamo
alla mentalità di questo mondo,
ma, seguendo le orme di Cristo,
scegliamo sempre le vie che accrescono la vita.

Commento artistico-spirituale al Vangelo della XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A – 3 Settembre 2023

Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg

«Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. Quando parlo, devo gridare, devo urlare: “Violenza! Oppressione!”. Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!”.

Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo». (Geremia 20,7-9)

La confessione del giovane Geremia, pronunziata circa 2650 anni fa, rimanda alle innumerevoli donne e uomini che in ogni epoca hanno risposto con la vita all’amore coinvolgente di Dio. Il profeta, dopo aver subito contestazioni e prove d’ogni genere, preso da sconforto e amarezza, grida a Dio la sua ribellione maledicendo di essere nato e di aver risposto positivamente alla chiamata di Dio fino al punto di voler abbandonare la missione affidatagli. Ciononostante sente in se l’imperiosa forza di Dio che lo conquista fino a proclamare «Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo».

Il dipinto a olio su tela «Il profeta Geremia», realizzato (1968) da Marc Chagall, conferma il particolare interesse del pittore che frequentemente ha ripreso l’immagine dell’autorevole personaggio biblico. L’opera conservata nel Centre Pompidou di Parigi, rappresenta al centro il profeta, anziano e stanco, con la lunga barba e i piedi scalzi, verdi – a conferma della presenza divina nella storia – come la collina su cui è seduto, mentre con la mano destra tiene aperto il libro della parola di Dio che guida i suoi passi dopo averlo sedotto, come dimostra la sinistra sul cuore. Nella scena si muovono i pianeti, la luna illumina la notte – tempo propizio ad interiorizzare la Parola – e un angelo con il corpo evanescente di colore bianco, a ricordo della bellezza di Dio, veglia su Geremia, quasi avvolgendolo per custodirlo.

In basso a sinistra è raffigurata la città di Gerusalemme per la quale il profeta piange la distruzione e sopra di essa una coppia di sposi si abbraccia nel cielo, ricordando che Geremia paragona il rapporto con Dio proprio a un rapporto nuziale. Sull’angolo di sinistra, in basso, una mano ha scritto nel verde «Geremia», in lingua ebraica, che significa «Esaltazione del Signore».

La crisi interiore porta il profeta a ri-trovarsi in una nuova immagine di Dio, come ci confida il teologo Dietrich Bonhoeffer, ucciso nel 1945 nel Campo di concentramento di Flossenbürg: «Eppure tu respiri e deponi ciò che giusto in mani più forti e ti riposi».

don Tarcisio Tironi

direttore M.A.C.S.

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Autore: Libertà e Persona

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