Ru486. Firmi qui e vada pure a casa ad abortire

Riporto un’inchiesta svolta da “Tempi” a cura di Benedetta Frigerio.

“Non è contro la 194”. “Non si preoccupi”. “Non fa male”. Ecco come negli ospedali si risponde a chi chiede di utilizzare la “kill pill”.

Il 30 luglio scorso l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) ha approvato la commercializzazione della pillola Ru486, che induce l’aborto senza bisogno di interventi chirurgici. Il farmaco è al centro della polemica tra chi ne vuole la distribuzione nel paese e chi denuncia la sua pericolosità (la letteratura scientifica attesta ventinove casi di morte). L’espulsione del feto dall’utero materno avviene tra il terzo e il quarto giorno dall’assunzione, ma in data impossibile da stabilire, rendendo così complessa l’assistenza della paziente. Nel 2005 il ginecologo radicale Silvio Viale ha ottenuto il permesso di sperimentare la pillola presso l’ospedale Sant’Anna di Torino a condizione che le donne rimanessero ricoverate per un periodo minimo di tre giorni nel rispetto della legge 194 sull’interruzione di gravidanza, che richiede che l’aborto avvenga all’interno della struttura ospedaliera. Nello stesso periodo sono state avviate sperimentazioni anche in Liguria, Toscana, Emilia Romagna e, nel 2006, in Puglia. Il progetto torinese è stato poi interrotto l’anno successivo in seguito a un’indagine della magistratura, insospettita dai troppi aborti avvenuti fuori dall’ospedale (le donne possono chiedere le dimissioni volontarie, ma il medico è tenuto a convincere i pazienti a rimanere in ospedale finché richiesto dal protocollo clinico). In questi anni le sperimentazioni avviate in diversi ospedali sono continuate, diventando prassi regolare di cui, però, poco si conosce. Per questo motivo e in seguito alla decisione dell’Aifa, il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri ha chiesto al Senato di avviare un’indagine conoscitiva sulla Ru486.
Tempi, così come farebbe una donna incinta alle prime settimane di gravidanza, ha chiesto informazioni telefoniche a medici, personale ospedaliero e consultori che utilizzano o hanno utilizzato la Ru486. Ecco i resoconti dei dialoghi.

Ospedale Santa Maria di Borgotaro
Volevo sapere come funziona la Ru486.
Viene qui, le do la prima pillola e torna a casa, il terzo giorno ritorna per prendere la seconda pastiglia, poi torna di nuovo a casa e viene in ospedale quattordici giorni dopo per un esame di controllo.
Se abortisco a casa violo la legge 194? Delle persone fidate mi dicono che l’aborto farmacologico è doloroso.
Sa cosa bisognerebbe dire alle amiche? F.c.t. che vuol dire: fatti i cazzi tuoi. Lasci perdere i consigli delle amiche e venga qui che ci penso io.

Ospedali Riuniti di Ancona
Vorrei usare la Ru486. Devo rimanere in ospedale?
Sì, in teoria dovrebbe fermarsi fino all’espulsione del feto, ma non si preoccupi: basta mettere una firma sulla cartella clinica e se ne può andare senza problemi.
E’ doloroso?
Prima pensi ad andare al consultorio a presentare domanda, poi le spiegheranno.

Azienda Ospedaliera Senese
Da voi si può abortire con la Ru486?
Mi spiace signora il servizio è stato sospeso, se vuole c’è l’aborto chirurgico.

Ospedale Riuniti della Valdesa
Mi può spiegare come funziona la Ru486?
Non si usa più. So che si faceva qualche anno fa ma è stato solo per alcuni mesi in via sperimentale. Ora che è stata autorizzata la vendita ricominceremo il servizio, penso da settembre.
Ma è stato sospeso tutto anche nel resto d’Italia?
Credo di sì, perché c’è stata una normativa che vietava l’uso del farmaco.

Ausl di Empoli
Praticate l’aborto con la pillola?
Il servizio non è ancora ricominciato. La Ru486 qui non viene più usata. Abbiamo bloccato tutto, quando il ministero della Sanità ha interrotto la pratica. Ci stiamo riorganizzando, ma siamo fermi da un anno e ci vorrà un po’ di tempo.

Ausl di Pontedera
Posso tornare a casa dopo aver preso la pillola?
In teoria deve venire in ospedale e rimanere ricoverata per tre giorni.
Quindi non abortirò in casa.
No, anche se normalmente quelle che abitano lontane firmano per uscire prima. In quel caso l’espulsione avviene sicuramente fuori dall’ospedale.
Si corrono pericoli?
No signora.

Ausl di Montecchio
Sono obbligata a stare in ospedale?
No, qui non ci sta, salvo problemi.
Così non vado contro la legge 194?
No, no, assolutamente no! E’ tutto consentito dalla legge, assolutamente, ci mancherebbe altro, se no non verrebbe fatto, soprattutto in un ospedale pubblico. è tutto legale. Non si preoccupi: anche se rimane qui solo un’ora lei risulta ricoverata, ma poi non è che rimane qui a dormire. L’espulsione non avviene qui. Avverrà quando è fuori perché qui ci rimane solo mezz’oretta e normalmente l’espulsione è tra il terzo giorno e il quattordicesimo.
Sentirò male?
Bè, fa male: è una mestruazione dolorosa, non è che non sente niente. Non posso dirle che non sentirà assolutamente niente, l’utero si contrae per far uscire il contenuto, ma comunque è un tipo di dolore che avrebbe anche con l’interruzione chirurgica. Non è molto diverso.

Azienda ospedaliera di Reggio Emilia
Lei ha un accento lombardo, dove abita?
Vicino a Milano, ma qui, che io sappia, non ci sono ospedali che usano la Ru486. Devo rimanere ricoverata nel vostro ospedale?
Assolutamente no. Mi scusi, ma quanti giorni vorrebbe rimanerci? Tra una cosa e l’altra sarebbero tra i dieci e i quindici giorni, è una cosa assurda. So che il vostro presidente della Regione ha fatto sì che ci sia un ricovero di tre giorni, ma questo è assolutamente demenziale.
Quindi non posso stare lì?
Assolutamente no, signora. Anche perché l’ospedale è per casi acuti, non per cose che si possono tranquillamente gestire a domicilio. L’aborto avviene spontaneamente a casa.
A casa?
Sì, sicuramente. (…) Poi verificheremo se è avvenuto.
E’ doloroso?
Certo che è doloroso. L’aborto è aborto e fa male. La Ru486 non è una pillola magica. Se poi questo è il messaggio che stanno facendo passare non è colpa mia, ma è una fandonia.

Ausl di Carpi
Non è vero che la legge richiede di rimanere in ospedale?
(…) No perché non viene ricoverato nessuno. Non è un alloggio. O c’è una necessità medica o altrimenti non è un albergo, e poi non è fattibile, non avremmo posti letto a sufficienza.

Azienda ospedaliera di Modena
Se l’aborto non avviene subito posso tornare a casa?
Sì.
Così non violo la 194?
Questa procedura è una procedura interna alla 194.
Ma la 194 richiede l’aborto fatto in ospedale e non a casa da soli.
Non è assolutamente vero, la legge non dice così.
Devo fare qualche esame d’idoneità?
Noi non lo richiediamo. Cosa vuole, fin che è giovane e non ha mai avuto problemi allergici può fare tutto!

Ospedale Maggiore di Bologna
Non si resta in ospedale. Prende il farmaco e poi può tornare a casa.
Ma non devo fare prima degli esami d’idoneità alla pillola?
Non c’è bisogno, se succede qualcosa può tornare in ospedale.

Azienda ospedaliera S. Anna di Ferrara
Certo che l’espulsione può avvenire in casa, ma non c’è alcun problema se accade.
E quando vengo in ospedale?
Quando prende la prima pillola che abbiamo ordinato e poi per la seconda pillola. Ma non deve trattenersi in ospedale.
Nemmeno se voglio?
No signora, non si può.

Consultorio di Ravenna
Vorrei abortire con la Ru486.
Prima devo chiederle per protocollo se ha già deciso.
Sì.
Bene. Ci vuole un certificato medico e poi vada subito in ospedale e faccia richiesta della pillola ma bisogna che faccia in fretta e ci vada subito.
Come funziona il farmaco?
Ci vuole il certificato del ginecologo, poi lo porta in ospedale. Le conviene andare a Ravenna, lì fanno meno storie. Loro richiedono il farmaco, poi torna dopo una settimana, prende una pillola e dopo poco la seconda. Nel frattempo può avere un aborto spontaneo che è una mestruazione abbondante, poi bisogna fare una visita di controllo per vedere se è venuto tutto pulito.
Posso stare in ospedale?
No, lei non deve stare in ospedale, lì va solo a prendere la compressa poi torna a casa.
Cosa succede se abortisco a casa?
Non succede niente perché lei praticamente avrà solo una mestruazione abbondante. Se ha particolari dolori magari si rechi al pronto soccorso, altrimenti non deve fare niente. Comunque, la sostanza da eliminare è veramente poca. Lei cosa pensa di fare?
Sono un po’ confusa.
Abortire a casa non è illegale perché questa sperimentazione è un pezzo che si fa. Tra l’altro adesso l’hanno anche approvata, per cui non è assolutamente illegale.
Ma la 194?
La 194 è un’altra cosa: prevede l’aborto entro il terzo mese. La sperimentazione con questa pillola a Ravenna la facciamo da due anni. Ora verrà commercializzata a breve e si userà in tutti gli ospedali, anche in Lombardia probabilmente. (…) Non si immagini chissà che cosa, è una semplice mestruazione, tutto qua.

Ausl di Scandiano
Posso poi tornare a casa?
Deve. Non si sta mica qui.
L’aborto avviene a casa?
Dipende. Capita che avvenga subito qui, ma se le succede a casa è lo stesso.

Ospedale di Guastalla
Non è necessario il ricovero.
Posso abortire a casa?
Mi scusi, il senso della Ru486 è questo: prendere la pillola per abortire a casa.

Ospedale Delta di Ferrara
Non rimane ricoverata. Viene qui la mattina, poi va a casa e ritorna solo a fare i controlli.
L’espulsione del feto avviene in casa?
Sì, cioè avrà delle perdite, non è che vede proprio il… Non è niente di più che una normale mestruazione. Se ha problemi torna subito in ospedale.
E’ doloroso?
E’ una mestruazione un po’ più dolorosa.
Quindi sto tranquilla, è tutto legale?
E’ tutto legale e rispetta i protocolli. Il ricovero non ha senso, se no non ci sarebbe nessun vantaggio. Altrimenti fa il raschiamento in un giorno, viene la mattina, va via la sera e tutto finisce lì.

Ausl di Lugo
Cosa vuole? Stare ricoverata quindici giorni?
E’ tutto legale?
In effetti adesso c’è un dibattito su questa procedura, ma noi non abbiamo ancora ricevuto disposizioni diverse. Comunque le donne qui entrano ed escono, questa è la nostra procedura approvata.
L’aborto con la Ru486 è sicuro, vero?
Le probabilità di insuccesso sono del 15 per cento e succede che bisogna poi ricorrere all’intervento chirurgico. Molte volte non c’è la pulizia dell’utero ma noi abbiamo la nostra procedura che è così e non possiamo fare diversamente.
Ma è doloroso?
Bè, dopo la prima pillola un po’ di dolorini le vengono, dopo la seconda può avere perdite ematiche abbondanti: contrazioni uterine, vomito o diarrea e malessere generale. Le mando un fax che spiega tutto.

Ospedale Santa Chiara di Trento
Rischio di espellere il bambino a casa?
Capita di rado, di solito avviene tutto in ospedale.
Quindi resto ricoverata?
No, entra ed esce dall’ospedale ma noi le diamo un numero di telefono per sicurezza.
Non c’è pericolo che abortisca a casa?
E’ più raro che avvenga a casa. Non si preoccupi.

Ausl di Fiorenzuola
So che da voi si può usare la pillola abortiva.
Per il momento no. Non so se ha seguito la polemica sui giornali, ma la Ru486 ora è stata introdotta nella farmacopea italiana, tuttavia non è ancora stato stabilito il protocollo d’uso, perciò siamo in attesa di questo corollario e contemporaneamente abbiamo sospeso la modalità precedente. Noi facevamo venire dalla Francia il prodotto ed effettivamente è vero, fin che non è stato approvato il farmaco ci siamo comportati così. è stata una decisione della Regione Emilia Romagna, della Regione Toscana e dell’Umbria, di procedere comunque in attesa del regolamento nazionale. Però, adesso che è stata approvata la pillola siamo in attesa: l’interpretazione che ho dato io e la Usl di Piacenza è di sospendere l’uso del farmaco fino a nuovo ordine del ministero della Sanità.
Non c’è nessun altro che usa la pillola?
Non che io sappia nei dintorni. Nella provincia di Piacenza è così.

Ausl di Piacenza
Si può abortire con la Ru?
Il nostro ospedale la usa. Qui le donne continuano a prendere la pillola e tornano a casa dove avviene tutto senza problemi.

Ospedale Policlinico di Bari
Volevo delle informazioni sull’interruzione di gravidanza con la pillola Ru.
Mi spiace, il servizio riprenderà a settembre, al momento è sospeso per ferie.

Vita di una piccola grande patrona di gioia e fuoco

Caterina Benincasa nasce a Siena il 25 marzo 1347, figlia del tintore Jacopo e di Lapa Piagenti. Durante l’infanzia essa non si fa notare in alcun modo, ma all’età di dodici anni, quando i genitori decidono che è ora di maritarla, Caterina si ribella tagliandosi i capelli cortissimi e chiudendosi in casa con il capo coperto da un velo: neanche i lavori servili a cui la costringe la madre riescono a mutare la sua decisione, anzi sortiscono l’effetto contrario, rafforzando la sua convinzione nella fede. Nessuno ne è a conoscenza, ma già all’età di sei anni Caterina ha avuto la prima visione e all’età di sette anni ha pronunciato il voto di verginità: il suo unico Sposo sarà Cristo, per tutta la sua vita. Inoltre, fin dall’infanzia, Caterina si mortificava con digiuni e penitenze, che però conduceva in modo privato e senza farsi vedere dai familiari. La madre non capisce il perché del suo atteggiamento – che ai suoi occhi appare masochistico −, mentre il padre si convince ben presto che sia giusto lasciare la figlia libera di prendere le proprie decisioni. All’età di sedici anni, Caterina entra nell’Ordine delle Domenicane (anche detto “delle Mantellate”), benché continui a vivere presso il focolare domestico. La madre superiora Nera di Gano è scettica nei confronti di Caterina e cerca di controllarla facendosi aiutare da fra’ Tommaso della Fonte e fra’ Bartolomeo; la situazione diventa più impegnativa quando si viene a sapere che Caterina – semianalfabeta – riesce a leggere il breviario (senza però conoscere le singole lettere), che dorme pochissimo e mangia ancora meno. La sua unica fonte di sostentamento è l’Eucarestia: quando riceve il Corpo di Cristo la piccola mantellata viene meno e cade per terra. Ovviamente tutti questi avvenimenti provocano mormorio tra la popolazione di Siena e quindi viene proibito a Caterina di fare la comunione più di una volta al mese.
Fino all’età di ventun’anni, Caterina rimane in casa a servire i propri familiari e i lavoranti della tintoria paterna, vivendo come un’eremita. Fino a quando il Signore le parla e le dice: “”Non ho forse dato all’uomo due comandamenti, ama il Dio tuo e ama il tuo prossimo?”. Caterina aveva imparato la prima lezione. Ora doveva imparare la seconda.” (La mia natura è il fuoco, L. de Wohl, Milano, ed. BUR). Da questo momento in poi, la giovane mantellata comincia a frequentare quotidianamente l’ospedale della Misericordia, a girare per l’Italia e a intrattenere importanti rapporti epistolari con l’alto clero e i principi, comportandosi con loro come con dei pari, senza alcun rapporto di sudditanza dettato dalle gerarchie del potere. La Santa si spende anima e corpo affinché il papato torni a Roma da Avignone − dove risiedeva dal 1309 − e affinché venga organizzata una crociata contro gli infedeli. Nel 1375 a Pisa, Caterina riceve le stimmate, che però rimarranno invisibili fino alla sua morte. Nel 1378, la mantellata non riesce ad appianare i rapporti tra la Santa Sede e la città di Firenze e durante la missione sull’Arno rischia la vita. Inoltre, essa rimane molto provata quando, il 20 settembre dello stesso anno, avviene lo scisma con l’elezione dell’antipapa Clemente VII: Caterina definisce i tredici cardinali scismatici “demoni incarnati”.
La morte coglie la Santa il 29 aprile 1380, alla giovane età di 33 anni, ormai estenuata da una vita di privazioni e digiuni: l’ultimo mese di vita lo aveva trascorso anche senza bere.

Caterina da Siena è stata canonizzata da Pio II nel 1461. Successivamente, il 4 ottobre 1970, papa Paolo VI ha dichiarato Caterina dottore della Chiesa. Inoltre, nel 1939 papa Pio XII, ha reso Caterina patrona d’Italia, assieme con S. Francesco d’Assisi. Infine, nel 1999, Giovanni Paolo II l’ha nominata compatrona d’Europa.

Su “L’espresso” intervista al medico che staccò il sondino a Eluana Englaro

Su L’espresso del mese di luglio è apparsa un’intervista ad Amato De Monte, primario della clinica “La Quiete” di Udine, che a febbraio staccò il sondino a Eluana Englaro. Titolo: la lezione di Eluana.

Fin dalle prime righe si affronta l’argomento da un punto di vista prettamente politico: il medico chiede al Parlamento un biotestamento leggero, senza però specificare a cosa alluda con l’aggiunta di questo aggettivo. Alla domanda su cosa ne pensi del fatto che il Senato abbia vietato lo stop alla nutrizione artificiale, De Monte risponde che è “sbagliato e non rispettoso delle scelte individuali del paziente. Può essere perfino dannoso, nel senso che mantenere l’alimentazione e l’idratazione su alcuni pazienti porta a complicanze e difficoltà cardio-respiratorie”. Quindi, molto meglio non incorrere nel rischio di questi aggravamenti ed evitare in partenza ogni problema: una persona morta di sete di certo non incapperà in questi “danni”.
In seguito il primario – che sembra essersi laureato al CEPU – afferma che “la morte naturale, […] avviene perché l’individuo riduce la sua capacità di introdurre cibo e liquidi. Si affievolisce lo stato di coscienza, fino al coma, si riduce l’attività respiratoria fino ad arrestarsi. Solo allora il cuore si ferma.” Affermando ciò, il dottore vuole sostenere che Eluana, in fondo, è deceduta per morte naturale, riprendendo un percorso che per 17 anni le medicine avevano sospeso. Poco oltre, l’intervistato si lancia in un’altra affermazione ardita, ma che lui dà per certa: ” nello stato vegetativo permanente”, sostiene, “il corpo è in grado di mantenere le funzioni vitali, ma non è possibile alcuna forma di percezione psichica”. E pensare che, invece, le suorine di Lecco affermano che quando Eluana sentiva parlare di “staccare il sondino” il suo battito cardiaco accelerava e che durante il viaggio di sola andata verso Udine in ambulanza continuava a tossire: che volesse dirci qualcosa? Molti piccoli segnali ci inducono a pensare che la Englaro avesse coscienza di ciò che le stava succedendo e che, con i mezzi a lei possibili, cercasse di esprimere la sua volontà. Quello che è certo è che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire: secondo i promotori dell’eutanasia, queste sono solo coincidenze, pure fatalità.
Perseverando nella sua missione di presunto svelamento di ciò che Eluana sentiva, pensava e percepiva, Amato De Monte afferma che non è vero che deglutisse, rispondesse a stimoli e percepisse la presenza delle persone e svicola sull’affermazione che potesse rimanere incinta: “chi e come avrebbe reso gravida Eluana Englaro? Senza alcun tipo di consenso, fra l’altro, per cui con l’ipotesi del reato di violenza carnale”.
Tornado a parlare del testamento biologico, l’intervistatore sottolinea come esso sia il cavallo di battaglia di Ignazio Marino, candidato alla segreteria del Pd. De Monte afferma che, anche per la decisione di porre fine alla propria vita, “bisognerebbe riportare tutto al rapporto fra medico e paziente, come avviene per le altre terapie mediche chirurgiche”, come se decidere di cessare di vivere equivalesse a dare il proprio consenso per un’operazione al menisco.
Con questo articolo, ancora una volta, i promotori della fantomatica “dolce morte” rivelano l’insensatezza delle loro affermazioni e dimostrano una totale mancanza di aderenza alla realtà, anche a quella scientifica.

Trentino: insegnanti sempre più vecchi, frustrati e sottopagati

Secondo una nuova indagine condotta dall’istituto Iard e dell’Iprase su un campione di 1300 docenti trentini (che in totale sono poco meno di 7000), gli insegnanti tridentini sono “sempre più vecchi, frustrati e sottopagati”.
La scuola è un mondo in continuo mutamento, regolarmente soggetta a riforme e critiche. Quello che la ricerca evidenzia è che la professione dell’insegnamento è un lavoro sempre più al femminile e che l’età media degli insegnanti è di 46 anni: nel 1999 si stanziava, invece, sui 39 anni. Inoltre, il 62% degli intervistati si è dichiarato convinto che negli ultimi dieci anni il prestigio sociale e la considerazione di cui gode chi lavora nella scuola è diminuita, e che continuerà a farlo anche negli anni venturi. Un altro punto dolente riguarda la retribuzione mensile: gli insegnanti si ritengono sottopagati per l’importantissimo lavoro che sono chiamati a svolgere. “Da noi si sta meglio rispetto al resto d’Italia, ma le paghe restano comunque tra le più basse d’Europa. 1200 o 1400 euro al mese sono paghe da fame”, dichiara la presidente del Consiglio scolastico Provinciale Lucia Coppola in un’intervista rilasciata al Trentino. Bonmassar, segretario della Uil Scuola Trentino, si dichiara insoddisfatto della ricerca svolta e dichiara che, a livello di retribuzione, “alcuni settori del lavoro privato stanno molto peggio” (Trentino, 4 luglio 2009 pag.15). Da ultimo la ricerca rivela che il 70% dei docenti sarebbe favorevole ad una loro valutazione secondo criteri uguali per tutti.

Indubbiamente lo studio svolto rivela dati interessanti, ma tralascia alcuni punti fondamentali. Ciò che va sottolineato, a mio parere, è che – per dirla con Luigi Giussani – “la vera sfida è l’educazione”. La società odierna sembra aver abolito tale vocabolo dal lessico comune: è quasi diventato un tabù. Quello che conta è garantire a tutti un giusto stipendio, una formazione il più possibile aperta allo scenario europeo e che segua i dettami delle famose tre “i”, o tre “e” a seconda di quale governo ha la maggioranza. Il ministro dell’istruzione Gelmini sta cercando di arginare, tramite rigidi (e criticatissimi) provvedimenti, quelli che sono problemi dettati dal fatto che i ragazzi non sono più educati, e di certo non per colpa loro. Gli studenti di oggi hanno spesso alle spalle storie difficili, famiglie segnate dal dramma del divorzio, un bagaglio di valori praticamente inesistente e una società che li induce a pensare che l’unica cosa che conta è essere “IN”, guardare il “GF”, uscire a “sballarsi” il sabato sera e…e poco altro, purtroppo. Ripeto: la colpa non è dei ragazzi di oggi, è dell’establishment culturale che li circonda. Ecco perché la scuola ha un ruolo centrale: essendo questo il luogo dove i giovani passano gran parte del loro tempo, è da qui che devono giungere gli stimoli. La gioventù non chiede altro che di essere affascinata, appassionata, considerata e valorizzata. Come scriveva Francesco Alberoni, “la nostra vita dipende, come fossa sospesa a un filo, dalle occasioni che ci sono offerte e dalle persone che incontriamo: un insegnante, un amico, colui di cui siamo innamorati. (…) L’educazione vera parte sempre da un maestro, sia esso un filosofo, uno scienziato, un musicista, un grande artigiano, che raccoglie attorno a sé dei giovani che ardono dal desiderio di imparare, di fare. Li seleziona, li guida, li stimola. (…) Il cuore dell’insegnamento è sempre una relazione diretta fra allievo e maestro, ed è sempre anche una comunità in cui gli allievi vivono, studiano, lavorano, ricercano, creano assieme ai maestri. (…) il tipo di educazione più vera, più importante, resta ancora oggi affidata quasi solo all’iniziativa dei singoli, alla loro fede, al loro coraggio, alla loro testardaggine.” (Corriere della Sera, 23 luglio 2007)
Gli insegnanti, quindi, non sono semplicemente delle persone che lavorano all’interno della scuola: quella della docenza è una vocazione. Se la passione per la materia che si insegna non sprizza da tutti i pori, i ragazzi lo percepiscono e di conseguenza assumono atteggiamenti svogliati. Proviamo a chiederci quali erano le nostre materie preferite quando eravamo sui banchi di scuola: nella quasi totalità dei casi la risposta ci rivelerà che dietro allo studio c’era una persona che riusciva ad affascinarci, a catturarci…che suscitava in noi ammirazione e che costituiva un modello: un “maestro” nel più profondo senso del termine.