PROPOSTA VALDITARA. L’idea del Ministro punta al ghetto per gli stranieri?

Il Ministro Giuseppe Valditara – Fonte MIUR

La critica

Secondo alcuni, le classi “separate”, cui starebbe pensando il Ministro Giuseppe Valditara, sarebbero una proposta ideologica, creerebbero ghetti. Ma i presidi dell’Anp concordano con il Ministro sull’alfabetizzazione degli alunni stranieri.

Il primo passo: Capire quel che il Ministro intende

Analizzato i dati che pervengono al Ministro, “C’è un problema perché

l’attuale sistema scolastico penalizza gli studenti stranieri. Sia per quanto riguarda le performance sia per quanto riguarda la dispersione scolastica che, secondo l’Istat, raggiungerebbe tassi del 30,1%, per i giovani immigrati, contro il 9,8% degli studenti italiani”.

Questi numeri già dovrebbero allarmare.

Cosa accade quando un alunno arriva in una scuola? Qualunque sia la sua età, per legge viene inserito nella classe anagraficamente corrispondente, cioè, con i ragazzi della stessa età, età spesso reale e, altre volte, presunta. Questo a motivo della necessità di “inclusione” con i suoi coetanei.

La prima difficoltà che si pone è la conoscenza della lingua. Nel caso in cui la famiglia e il volontariato riescono a sostenere il ragazzo, il problema, gradualmente, si riassorbe ma, comunque, con diversi mesi di immani fatiche. Spesso, lo si ricordi, le famiglie di questi ragazzi, provenienti da diverse culture, affidano il figlio alla scuola solo per assolvere all’obbligo scolastico, non lo sostengono nell’apprendimento e, spesso, non ne hanno nemmeno le risorse economiche od il tempo. Intanto, il ragazzo, e in specie le ragazze, di qualunque età, vivono un travaglio psicologico non indifferente anche a fronte di più che buone attenzioni da parte degli insegnanti e non poche volte dei compagni. Tutto lo sforzo rischia di basarsi sulla buon volontà dei docenti, dei compagnie di volontari che, talvolta, intervengono in modalità diverse, il che è un valore ma non basta ad affrontare una situazione ormai drammatica che si somma alle significative difficoltà dimolti altri alunni con sempre più frequenti disabilità, anch’essi posti in contesti di apprendimento ed educativi non adeguati.

Se avessi un figlio in questa situazione, sarei contento che gli venisse offerta l’opportunità di apprendere serenamente la lingua prima di ogni altra cosa e in graduale inserimento nel contesto scolastico.

Qual è la proposta del Ministro?

Nei paesi europei esistono tre modelli: o gli stranieri vengono inseriti direttamente nelle classi ordinarie, o seguono per un certo periodo un’offerta scolastica distinta (“classi di accoglienza” o “di transizione”)”. In molti Paesi, viene utilizzato invece un approccio combinato tale per cui gli alunni seguono alcune lezioni nella classe ordinaria e altre nell’ambito di un’offerta separata.

L’Italia è nel primo gruppo, assieme a Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, dove gli alunni vengono inseriti direttamente nelle classi ordinarie senza mediazioni che vengano supportate da adeguato numero di docenti.

Germania e Francia hanno un sistema misto-flessibile, ossia si frequenta solo una parte delle lezioni nelle classi ordinarie.

La proposta del Ministro

La proposta del Ministro è studiare, partendo anche da questi esempi, una soluzione che contemperi l’inserimento immediato con lo strumento principe dell’inserimento, ossia, un apprendimento serio e il più possibile veloce della lingua.

Cosa vi sia in tale proposta di ideologico non si comprende. Dare strumenti per comprendere sarebbe ideologico? Pare di sì, visto che gli oppositori a questa istanza del Ministro già da anni hanno risposto, insieme, purtroppo a non pochi suoi predecessori, con una scuola che rifugge dal sapere a favore di una scuola parcheggio, lontana dagli apprendimenti, perché considerati nozionistici.

Per il Ministro ogni scuola dovrebbe verificare, all’atto di iscrizione, le competenze dei ragazzi immigrati. Dopodiché, dovremmo lasciare alle scuole la scelta fra tre percorsi.

La prima possibilità, ovviamente, è l’inserimento immediato nelle classi esistenti, se il tasso di apprendimento della lingua italiana fosse buono. Se invece vi fossero deficit molto rilevanti, si dovrebbe pensare a due soluzioni alternative. Il ragazzo straniero potrebbe essere inserito come tutti nella classe corrispondente alla sua età, anche per motivi di relazione con i suoi pari, tuttavia, le lezioni di italiano, ed eventualmente anche quelle di matematica, potrebbero essere frequentate in una classe di accompagnamento con docenti a ciò deputati e sostenuti da una didattica potenziata.

Un’altra ipotesi potrebbe prevedere al pomeriggio attività obbligatorie di potenziamento linguistico extracurricolare. Ma, prima di introdurre queste soluzioni, servirebbe “avviare un confronto ampio, tenendo sempre presente che per noi l’autonomia scolastica è un punto fermo”.

In ciò non ravvedo nulla di ideologico, proprio ragionando dal punto di vista di insegnante, quale sono, e degli alunni stranieri che vedo letteralmente soffrire all’interno delle nostre scuole.

Classi ghetto?

Dopo le “classi pollaio” anche le “classi ghetto”? La preoccupazione che si possano formare delle classi ghetto sarebbe reale?

Direi di no, nel momento in cui il Ministro insiste sulla autonomia scolastica e la libera autodeterminazione degli Istituti così da modulare le scelte in base alle effettive necessità degli alunni, sia stranieri che no. Ricordiamo poi che, in non pochi contesti metropolitani, la situazione si ribalta, con una presenza massiccia di stranieri a fronte di pochi italiani.

Alla fine, ci sta a cuore che tutti gli alunni imparino e possano sviluppare le loro potenzialità di persone con il diritto di esprimersi e vivere sereni, crescendo nella cultura e preparandosi alla vita nel loro contesto italiano?

Spazio agli stranieri, spazio ai bambini

Sicuramente, i bambini stranieri hanno bisogno di spazi e tempi personalizzati, come si dice oggi.

Chissà perché insegnare a loro a parlare e a scrivere sarebbe non inclusivo! Vedo il risultato cui porta l’attuale organizzazione scolastica nei corsi professionali, frequentati da masse di alunni stranieri, spesso non consapevoli del senso di frequentare la propria scuola convinti anche che la scuola non insegni loro cose vere. E questa loro affermazione andrebbe colta nel suo significato profondo. Ragazzi intelligenti, anche disponibili, ma privi degli strumenti minimi. Questo il risultato di governi e di una scuola che hanno sbandierato l’ideologia dell’inclusione a scapito dell’istruzione, del sapere. Sapere e inclusione vanno di pari passo.

Come insegnante, non posso che sottoscrivere la necessità di integrare l’attuale offerta formativa con percorsi di lingua, preferibilmente, in orario curriculare. Il pomeriggio anche i bambini e i ragazzi stranieri hanno bisogno di tempo di studio personale (tema ormai estraneo alla scuola di stato, purtroppo), e di ore di gioco o, comunque, di tempo libero nel quale imparare a compiere scelte personali serie e adatte alla loro età.

Oltre le accuse

Avanti oltre le ideologie, oltre quelle stesse ideologie che escludono gli stranieri dall’ora di Religione, causando gravi danni di genere culturale.

Gli alunni stranieri dovrebbero frequentare anche Religione -che non è catechismo- per conoscere le radici della cultura del paese ospitante e che molte volte diventerà il loro paese. Parimenti, dovrebbero trovare uno spazio per esprimere la loro ricchezza culturale e spirituale, per la quale spesso non c’è tempo … e nemmeno immaginiamo che l’abbiano.

Il contributo dell’Ora di Religione Cattolica

Oltre che alla Primaria, insegno Religione anche in un Professionale regionale soprattutto agli stranieri e parlo di circa centoquaranta alunni. Al professionale sono, dunque, la quasi totalità, e molti di loro sono contenti di frequentare le mie ore per come insegno; dando possibilità di riflettere su tematiche antropologiche, sul senso di vivere bene la loro scuola, di stare insieme cercando la propria via nella vita.

Essi, restando delle loro fedi, hanno la possibilità di conoscere anche quella cristiana in chiave culturale, storica e scientifica, scoprendo molti punti di contatto, riconoscendone la diversità. Questo approccio li aiuta a divenire anche loro accoglienti verso altri stranieri e verso gli italiani. Questo aspetto è fondamentale e quasi mai se ne parla.

Dov’è l’inclusione?

Dove si pratica l’inclusione? Orientando lo straniero ad “Alternativa” o dando la possibilità di conoscere le radici culturali cristiane, imparando a leggere i segni che essi stessi notano nella nostra società? Segni di una cultura cristiana e, molto spesso, oggi, anti cristiana e antireligiosa e, dunque, anche contro le loro diverse religioni? Fate voi …!

Si “include” imparando la lingua o continuando, in non pochi casi, ad ignorarla?

In realtà, nessuno dovrebbe essere incluso, ma ognuno dovrebbe essere incontrato e accolto in un contesto di un reciproco rispetto, di un rispetto che riconosca lo spazio della vita interiore cui gli stranieri con convinzioni religiose sono molto sensibili.

Quando parlo loro, evidenziando questa mia consapevolezza, li vedo distendersi emotivamente, sorridere e apprezzare. Già si sentono più a casa e accolti con stima. Ditemi voi …!

Aiutiamo la scuola e gli insegnanti, provati da grandi fatiche e la cui gratificazione è solo vedere i ragazzi crescere bene, siano essi di ogni paese, popolo o nazione.

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Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O.F.M.Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Di prossima uscita Gesù è veramente risorto?