“SONO UN FALLITO” E SI BUTTA DALLA FINESTRA!

Fonte ilsussidiario.net

Sul caso dello studente liceale che alcuni giorni fa, a motivo di voti bassi e nota disciplinare, commette l’insano gesto di buttarsi giù dal terzo piano della scuola riferendo al personale medico: “Ho preso 2 in matematica e una nota. Mi sono sentito umiliato” implica una riflessione seria ed accurata. Così come è da riflettere che, prima di gettarsi nel

vuoto, si riporta su Ancona Today, lo studente avrebbe aperto il suo quaderno e scritto alcune parole per salutare chi gli voleva bene e denunciare la paura di doverlo dire ai suoi genitori.

Senza sparare a zero sul sistema scolastico e sul processo di valutazione dei voti, che senz’altro vanno rivisti come procedura, vanno colti anche alcuni segnali per delle serie riflessioni. Per non cadere nella banalizzazione del trovare il capro espiatorio. Non è l’unico caso, ma si sono ripetuti diversi altri casi di giovani studenti, spesso adolescenti, che temono il giudizio e la paura del fallimento agli occhi dei familiari. Eppure, una ricerca condotta da Skuola.net – su un campione di 2.500 alunni delle classi superiori rileva che il 67% dei ragazzi non teme il giudizio dei genitori. Pertanto, chi accusa tout court il sistema educativo, definendolo disumano è paradossale, almeno che non si chiarisca di quale sistema si sta parlando.

Società degli adulti ed educazione

Ferdinand Georg Waldmüller, Dopo la scuola, 1841, Berlino, Alte und Neue Nationalgalerie”
Fonte banchidiprovamagazine.it

Non di certo la scuola soltanto, ma l’intera società degli adulti ha funzioni educative. E all’interno dell’intera società degli adulti, chi riveste compiti di vitale importanza? Vuoi o non vuoi, la famiglia, in primis. Non a caso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la comunicazione, detta le linee di indirizzo: “Partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa”.

In premessa alle linee si legge: La nostra Costituzione assegna alla famiglia e alla scuola la responsabilità di educare e di istruire i giovani. (pag. 2). Si introduce il concetto di corresponsabilità educativa: “Gli insegnanti e i genitori, nonostante la diversità dei ruoli e la separazione dei contesti di azione, condividono sia i destinatari del loro agire, i figli/alunni, sia le finalità dell’agire stesso, ovvero l’educazione e l’istruzione in cui scuola e famiglia operano insieme per un progetto educativo comune (pag. 3).

È importante cogliere i segnali delle linee di indirizzo, educare ed istruire. Chi educa e chi istruisce? Lapalissiano comprendere il senso. Premessa di supporto educativo sono l’ASCOLTO, l’ACCOMPAGNAMENTO e l’ACCOGLIENZA, quelle dimensioni che più volte ho citato nei miei libri come il potere delle tre A. Queste dimensioni non implicano critica, svalutazione, assenza e mancanza di sana autorità.

Figure genitoriali e parentali nel mondo dei social

Diciamo che il mondo adulto, in primis, è in crisi. Lo si vede dalle visualizzazioni e performance sui social come TikTok. Sempre più genitori sono sulla stessa piattaforma dei figli, a volte in competizione di like e di approvazione. L’idea che passa è che la vita scorra all’insegna del piacere e della facilità nell’ottenere le cose.  

Senza ombra di dubbio, trasmettere l’idea della vita facile, edonistica, senza sudore e sacrificio è una illusione infantile; è un errore.

Pensare alla vita senza considerare ostacoli, crisi e problemi significa svalutare il senso del valore del vivere. Ma soprattutto si difetta in quel principio cardine organizzatore della vita psichica: il rinvio della gratificazione. Rinviare la gratificazione significa organizzare e programmare gioie e sacrifici in un armonico procedere. Pare che lo slogan della società moderna sia godere e piacere subito (Cf. Riccardi P., L’equilibrio interiore perduto come ritrovarlo, Ed. D’Ettoris 2023)

L’evolversi di una vita

Adriano Cecioni, Ragazzi mascherati da grandi, 1932, o/t.
Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti
Fonte Finestre sull’arte

Dalla nascita alla vecchiaia, la vita è scandita da tappe e problemi che non è possibile eliminare. Le crisi dei bambini che non vogliono distaccarsi dai genitori, degli adolescenti e dei loro cambiamenti, dei primi amori delusi, dell’età che passa, del lavoro che tarda ad arrivare, delle malattie, della perdita di persone care, delle separazioni e degli attaccamenti, se non accolte e rielaborate, rischiano di favorire il senso di sconfitta innanzi alla frustrazione.  Ma è proprio attraverso le frustrazioni ben affrontate che l’uomo può trovare e scoprire sé stesso. Può scoprire, per esempio, di essere una persona diversa da come credeva di essere. Può scoprire di avere un coraggio che non pensava di possedere. I problemi e le sottostanti crisi che essi impongono sono tempeste che provano le proprie certezze. L’affrontarli serve ad allargare gli orizzonti dei propri limiti (CF. P. Riccardi, L’equilibrio interiore perduto, come ritrovarlo, Ed D’Ettoris 2023).

Se diamo un significato ai problemi e alla crisi, la vita apparirà e si presenterà meno pesante, meno angosciante ed allora sarà facile non naufragare in un mare in tempesta.

Vivere e saper gestire una crisi, così come saper affrontare un problema, ci consente di crescere, e crescere significa diventare sé stessi, sia nel bene che nel male. 

Sistema educativo, valori e scelte

Adriano Cecioni, Ragazzi che lavorano l’alabastro, 1867, olio su cartone telato.
Milano, Pinacotecca di Brera
Fonte Finestre sull’arte

Il problema è che il sistema educativo per eccellenza è in crisi di valori. Del resto, cosa sono i valori? Parafrasando lo psichiatra V. E. Frankl, ideatore della Logoterapia, ossia terapia del senso della vita, i valori orientano e sono una guida da seguire per affrontare le difficoltà della vita. Ma l’uomo di oggi brancola nel nulla e non sa chi essere. O è come dice la massa, o fa come fa la massa. In tal caso, non è mai sé stesso. Pertanto, accusare il solo sistema scolastico è riduttivo ed è un non tenere conto anche della cultura digitale, come essa sta modificando i nostri comportamenti: sempre più orientati con gli occhi sullo smartphone, sempre più attenti a percepire il bip della notifica di qualche messaggio postato o ricevuto.

Abbiamo l’obbligo di capire tale influenza, non solo sul mondo degli adulti, ma soprattutto sul mondo dei teenager che sono, per natura bio-fisio-psicologica, in fase evolutiva.

Alcuni strumenti educativi nell’era del digitale

Andrej Rublëv, Icona di San Paolo, 1407 ca.,
Mosca, Galleria Tret’jakov Fonte Wikipedìa

Sfugge di mano agli adulti più prossimi ai teenagers la comprensione di nuovi strumenti educativi del sano rispetto:

“Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto! Padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e negli insegnamenti del Signore!” (Efesini 6,1.4) [P. Riccardi, Ogni vita è una vocazione per un ritrovato benessere, Cittadella, Assisi 2014].

Nell’era digitalizzata, genitori e figli entrano in un contrasto di comunicazione e incomprensione dove la fuga diventa il mondo del virtuale, che promette una evasione nella fantasia. Tipico del bambino che frustrato nei suoi bisogni fugge nell’amichetto immaginario parlando da solo.

Parliamo ai genitori

Alberto Magri, Il gioco della corda, 1906-1908, acquerello su carta, Collezione privata)
Fonte finestre sull’arte

Attenzione, genitori, perché potrebbe sembrare imbarazzante ammettere di essere in prima persona in crisi di valori in balia dell’illusione di una vita facile che mette in crisi l’istituzione famiglia.

Cari genitori, ammettiamo un fatto incontrovertibile e scientifico: smartphone, chat e social influenzano la mente dei ragazzi, e non solo, perché essi passano la stragrande maggioranza del tempo nella realtà virtuale e poco in quella reale. Definiamo questo tempo un evitamento del vis a vis.

Generazioni del passato sono cresciute con il gioco vis a vis, con uno stile di vita rivolto ad un ambiente teso più alla comunicazione che alla distrazione dell’ognuno per conto suo. In poche parole, genitori, creiamo un ambiente sostitutivo comunicativo e non oppositivo e non comunicativo.

Privare, sequestrare, limitare, giudicare non ha senso. Comportamenti, questi, che appartengono alla logica del proibizionismo, del doverismo e non del rispetto dei bisogni del figlio e dell’altro.

La cultura del proibizionismo, iniziata negli anni trenta, non diede poi gli effetti sperati. Al contrario, strutturò opposizione al diniego. Non sono gli strumenti o la tecnologia di per sé negativa, ma la mancanza di modelli. Inutile spulciare manuali e guide su come parlare con i figli se mai iniziamo. Abbiamo bisogno di tempi di comunicazione, soprattutto quando vediamo vagare in casa il proprio figliolo alla ricerca di non so che. Noi stessi genitori e adulti siamo il modello educativo.

Modelli di riferimento

Eleazaro, Riferimento a 2Maccabei – Fonte conmaria.it
Bibbia illustrata

È tutto il nostro essere e non la conoscenza razionale dei problemi ad essere influente. L’esempio emblematico è nel secondo libro dei Maccabei’, (Antico Testamento) della Bibbia, dove al capitolo 6, si legge:

“Un tale Eleazaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell’aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e ad ingoiare carne suina. Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s’incamminò volontariamente al supplizio, sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per brama di sopravvivere» (2Maccabei 6,18-20).

In queste parole si nota un uomo che tiene fede ai suoi principi e per essi lotta con tutto sé stesso, esempio di coerenza per i giovani (P. Riccardi, Psicoterapia del cuore e Beatitudini, Cittadella, Assisi 2018).

Da sempre, il mondo degli adulti si è arrogato il potere di insegnare ai più giovani. E da sempre esiste quel gap di generazioni contro:

«D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera» (Lc 12,49-53).

Sembra ripetersi, nelle parole dell’evangelista Luca, quel gap generazionale di generazioni contro. La storia si ripete o è sempre la stessa? Sta di fatto che ancora assistiamo a generazioni di adolescenti e giovani allo stesso momento fragili e criticate da adulti. Ma è possibile che proprio questa ribellione e fragilità non sia il grido di richiamo per adulti assenti?

Gli adulti e il fallimento

Sislej Xhafa, Beh Rang, 2004. Courtesy Galleria Continua, San Gimignano Beijing Le Moulin L’Havana Fonte Artribune

Assistiamo ad adulti che non sanno accettare i loro fallimenti, ad adulti narcisi che si postano sul social per il gusto di apparire e sedurre; ad istituzioni familiari in crisi di valori e stabilità.

È possibile che noi adulti siamo i primi a non accettare le fragilità e i fallimenti? Così mi chiedo: come fa un adulto a spiegare, insegnare, educare un figlio, un adolescente ad andare più in là di dove è andato lui stesso? “A che ti giova insegnare agli altri, se intanto tu per primo non ascolti te stesso?” dice il poeta Francesco Petrarca.

Assistiamo a fenomeni di baby gang, di bullismo e cyberbullismo, di giovani trapper che cantano di violenza e trasgressione. E, personalmente, leggo nella fragilità dei giovani la fragilità adulta, che trova fatica a rispondere ai bisogni di coerenza e sicurezza di cui ha necessità il giovane in evoluzione. Ma, soprattutto, vedo che si trova difficile orientare al senso di sacrificio, al sudore per la conquista di un risultato desiderato e voluto.

La correzione non voluta perché non compresa

Alberto Magri, Il bucato, particolare, 1913. Trittico: tempera, matita su tavola, Collezione privata Fonte Finestre sull’arte

Non è vera la cultura della vita facile e del tutto dovuto, senza sacrificio e sudore. Nessun senso della vita è rintracciabile senza la fatica di affrontare le sfide. Certo, il sistema dei voti potrebbe essere modificato. Ma, nella fragilità di base, qualsiasi sistema di correzione non è ben accetto.

Quale l’intervento possibile? Credo ad adulti che, recuperando la propria maturità psicologica e spirituale, possano e sappiano dialogare, nonché essere per i propri figli modello di rispetto, tolleranza e fragilità. Solo così potranno spiegare al giovane che se un amore finisce non è la fine del mondo, che se si riceve un brutto voto esistono comunque margini di miglioramento e che pur sempre resta il rispetto di sé, del proprio valore di persona unica e irripetibile. Questo l’antidoto.


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Autore: Pasquale Riccardi

Psicologo-Psicoterapeuta Docente Asl per la Seconda Università di Napoli Federico II, Formatore psicoterapeuta per centro Logos (Ce), riconoscimento M.I.U.R. Fra le sue più recenti pubblicazioni: La dimensione amorosa tra intimità e spiritualità, D’Ettoris, Catanzaro 2021; Psicoterapia del cuore e Beatitudini , Cittadella, Assisi 2018; Parole che trasformano. Psicoterapia dal vangelo. Cittadella, Assisi 2016