LA QUESTIONE LEFEBVRIANA

AGLI ALBORI

Il 25 gennaio 1959 Papa Giovanni XXIII, presso la sala capitolare del Monastero di San Paolo di  Roma, annuncia ai Cardinali la convocazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. La prima  sessione avviene l’11 ottobre 1962, interrotta dalla morte del Pontefice avvenuta il 2 giugno 1963;  ripreso poi da Papa Paolo VI, che lo concluse l’8 dicembre 1965. Lo scopo del Concilio Vaticano II  è quello di rinnovare la Chiesa per dialogare con il mondo moderno. Un rinnovamento doveroso,  che non ha lo scopo di proclamare nuovi dogmi, ma di adattare la pastorale ai tempi nuovi.  Giovanni XXIII nella solenne celebrazione di apertura tenutasi l’11 ottobre 1962 presso la Basilica  di San Pietro pronuncia il discorso Gaudet Mater Ecclesia, ove illustra lo scopo del Concilio:

Occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesta dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione

Una delle tante caratteristiche del Concilio fu quello di essere Ecumenico, infatti i Pontefici Roncalli e Montini convocarono nelle varie sessioni tutti i fedeli cristiani che avevano in comune la fede nella Trinità, quindi nel considerare la Chiesa come colei che è guidata dall’azione dello Spirito Santo che di continuo la rinnova e la rinvigorisce. Il primo caposaldo del Vaticano II fu la Costituzione Dogmatica (è un atto promulgato direttamente dal Pontefice. Essa rientra nel Magistero ordinario della Chiesa. La parola “costituzione” deriva dal latino constitutio che stava a indicare le leggi promulgate dall’Imperatore Romano) Dei Verbum (il verbo). Mediante suddetto documento si colloca al centro della vita cristiana anche la Bibbia, che viene tradotta nelle varie lingue vernacole, decisione che il Concilio di Trento rifiutò per evitare scismi ulteriori a quello

compiuto dal monaco Martin Lutero. La Dei Verbum è la costituzione più importante in quanto oltre ad esortare ogni battezzato alla lettura quotidiana della Sacra Scrittura, ricorda che Gesù è il Verbo incarnato, la Rivelazione che in sembianza umana vuole entrare in relazione con l’uomo. L’assidua lettura della Sacra Scrittura unita alla realtà sacramentale pone il soggetto nella condizione di comprendere sempre più il progetto divino. Non si può immaginare un cristiano senza Bibbia, senza la conoscenza dell’Antico Testamento, come del Nuovo Testamento. Se non fosse così si sarebbe fedeli secanti in quanto Dio dagli albori si è rivelato per mezzo della parola, in ultimo in suo Figlio, l’Unigenito mediante il quale la Oarola si è incarnata. La Chiesa poi nel corso degli avvenimenti storici ha raccolto gli scritti vetero testamentari e nuovi con lo scopo di illustrare l’azione salvifica di Dio, già iniziata in Genesi.

Altro documento fondamentale è la Lumen Gentium che definisce la Chiesa sacramento di Cristo e precisa in modo lineare le funzioni che il popolo di Dio, composto da ogni battezzato deve compiere affinché già qui e ora si realizzi il Regno di Dio. La riforma che ha suscitato più scalpore è quella liturgica. La liturgia è una branca della Teologia, che si collega con le altre forme di sapere teologico. Papa Pio V il 17 luglio 1570 con la Costituzione Quo Primum Tempore approva l’edizione riformata del Messale Romano in riferimento ai decreti del Concilio di Trento. Non vi furono da quel momento sostanziali mutamenti liturgici, eccetto i riti della Settimana Santa che Papa Pio XII mutò. Il Romano Pontefice stabilì che le liturgie del Giovedì Santo, Venerdì Santo e Veglia di Pasqua avvenissero nel pomeriggio oppure la sera. Il Concilio Vaticano II attraverso la Costituzione Sacrosanctum Concilum adeguò tutta la liturgia, quindi non solo la celebrazione Eucaristica alle nuove esigenze pastorali. Si decise di revocare la lingua latina dalle celebrazioni (anche se il sacerdote può lo stesso avvalersene, si ricorda che la lingua ufficiale della Chiesa è il latino), una maggior inclusione dei laici nelle celebrazioni; ad essi è consigliato la preghiera della Liturgia delle Ore, almeno le Lodi Mattutine e il Vespro. Questi aggiornamenti suscitarono scalpore tra alcuni Vescovi conservatori, tra i tanti Monsignor Marcel Lefebvre vescovo francese.

CHI ERA MARCEL LEFEBVRE? QUALI LE SUE POSIZIONI IN RIFERIMENTO AL VATICANO II?

Marcel Lefebvre si oppose a numerosi aggiornamenti conciliari, anzitutto all’istituzione del Novus Ordo Missae, alla dottrina della collegialità episcopale che in virtù della pienezza del Sacramento dell’Ordine riconosce ad ogni Vescovo in comunione con il Pontefice la facoltà di governare la Chiesa. Il Papa quindi pur essendo il capo della Chiesa, l’amministra in unione con tutti gli altri Vescovi. Egli si oppose all’ecumenismo ed alla libertà religiosa, reputata una vittoria da parte dell’Illuminismo radicato da tempo nella Chiesa cattolica. Marcel Lefebvre, in riferimento alla celebrazione eucaristica, definì il Novus Ordo Missae, la celebrazione di Lutero, in quanto il sacrificio eucaristico sarebbe ridotto a solo memoriale della morte di Gesù riducendo così a livello simbolico la presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche. Oggetto di critica fu poi l’allontanamento da parte del celebrante dal Tabernacolo, l’abbandono della lingua latina e la riduzione dell’officiante a un semplice “presidente” dell’assemblea. Proprio per salvaguardare la liturgia di Papa Pio V, ma anche per contrastare tutti i decreti conciliari, il 7 ottobre 1970 a Econe in Svizzera fonda la Fraternità di San Pio X, un seminario che forma i futuri sacerdoti secondo il modello teologico scolastico e la celebrazione in Vetus Ordo Missae. Per Lefebvre e i lefebvriani i Pontefici validi sono da San Pietro a Papa Pio XII. Il Vescovo francese pur non volendo separarsi dalla madre Chiesa non riuscì ad accettare il Concilio e nel 1975 la Santa Sede ordina la chiusura del Seminario. Il 22 luglio 1976 Papa Paolo VI lo sospese a Divinis. Lefebvre venne scomunicato il 30 giugno 1989 da Papa Giovanni Paolo II per aver ordinato quattro Vescovi senza l’approvazione della Santa Sede. Lefebvre e i quattro Vescovi incorsero nella scomunica Latae Sententiae, ossia sentenza già data anche perché solo nell’aver pensato e accettato di compiere suddetto gesto, furono scomunicati.

Il 2 luglio 1989 Giovanni Paolo II con il Motu Proprio Ecclesia Dei deplora illegittima le consacrazioni episcopali di Monsignor Lefebvre. Il Sommo Pontefice mise in evidenza l’importanza della fedeltà alla Tradizione della Chiesa, ossia agli insegnamenti degli Apostoli, interpretati e offerti dal Magistero e dai Concili di Nicea al Vaticano II. Lo scopo del Pontificia Commissione Ecclesia Dei è anche il garantire l’inclusione dei fedeli che si avvalgono della celebrazione Eucaristica secondo il rito Romano Antico. Va precisato che il Concilio Vaticano II non ha mai abrogato il Vetus Ordo Missae, ma attraverso il Novus Ordo Missae ha voluto offrire e garantire una maggior inclusione dei laici durante la celebrazione. Si pensi ad esempio al ministero del Lettorato; un laico può proclamare la Parola di Dio (non il Vangelo). In riferimento alla questione lefebvriana si riporta il seguente testo: 

1. Con grande afflizione la Chiesa ha preso atto dell’illegittima ordinazione episcopale conferita lo scorso 30 giugno dall’Arcivescovo Marcel Lefebvre, che ha vanificato tutti gli sforzi da anni compiuti per assicurare la piena comunione con la Chiesa alla Fraternità Sacerdotale di San Pio X, fondata dallo stesso Mons. Lefebvre. A nulla infatti sono serviti tali sforzi, specialmente intensi negli ultimi mesi, nei quali la Sede Apostolica ha usato comprensione fino al limite del possibile.

2. Questa afflizione è particolarmente sentita dal Successore di Pietro, al quale spetta per primo la custodia  dell’unità della Chiesa, anche se fosse piccolo il numero delle persone direttamente coinvolte in questi eventi, poiché ogni persona è amata da Dio per se stessa ed è stata riscattata dal sangue di Cristo, versato sulla Croce per la salvezza di tutti.

Le particolari circostanze, oggettive e soggettive, nelle quali l’atto dell’Arcivescovo Lefebvre è stato  compiuto, offrono a tutti l’occasione per una profonda riflessione e per un rinnovato impegno di fedeltà a  Cristo e alla Sua Chiesa.

3. In se stesso, tale atto è stato una disobbedienza al Romano Pontefice in materia gravissima e di capitale  importanza per l’unità della Chiesa, quale è l’ordinazione dei vescovi mediante la quale si attua  sacramentalmente la successione apostolica. Perciò, tale disobbedienza – che porta con sé un rifiuto pratico  del Primato romano – costituisce un atto scismatico (3). Compiendo tale atto, nonostante il  formal monitum inviato loro dal Cardinale Prefetto della Congregazione per i Vescovi lo scorso 17 giugno,  Mons. Lefebvre ed i sacerdoti Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso  de Galarreta, sono incorsi nella grave pena della scomunica prevista dalla disciplina ecclesiastica (4).

4. La radice di questo atto scismatico è individuabile in una incompleta e contraddittoria nozione di Traditione. Incompleta, perché non tiene sufficientemente conto del carattere vivo della Tradizione, «che – come ha  insegnato chiaramente il Concilio Vaticano II – trae origine dagli Apostoli, progredisce nella Chiesa sotto  l’assistenza dello Spirito Santo: infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse,  cresce sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con la profonda  intelligenza che essi provano delle cose spirituali, sia con la predicazione di coloro i quali con la  successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità» (5).

Ma è soprattutto contraddittoria una nozione di Tradizione che si oppone al Magistero universale della  Chiesa, di cui è detentore il Vescovo di Roma e il Corpo dei Vescovi. Non si può rimanere fedeli alla  Tradizione rompendo il legame ecclesiale con colui al quale Cristo stesso, nella persona dell’apostolo Pietro,  ha affidato il ministero dell’unità nella sua Chiesa (6).

5. Dinanzi alla situazione verificatasi, sento il dovere di rendere consapevoli tutti i fedeli cattolici di alcuni  aspetti che questa triste circostanza pone in particolare evidenza.

a) L’esito a cui è approdato il movimento promosso da Mons. Lefebvre può e deve essere motivo per tutti i  fedeli cattolici, di una sincera riflessione circa la propria fedeltà alla Tradizione della Chiesa autenticamente  interpretata dal Magistero ecclesiastico, ordinario e straordinario, specialmente nei Concili ecumenici da  Nicea al Vaticano II. Da questa riflessione tutti devono trarre un rinnovato ed efficace convincimento della  necessità di migliorare ancora tale fedeltà, rifiutando interpretazioni erronee ed applicazioni arbitrarie ed  abusive, in materia dottrinale, liturgica e disciplinare.

Soprattutto ai Vescovi spetta, per propria missione pastorale, il grave dovere di esercitare una chiaroveggente vigilanza piena di carità e di fortezza, affinché tale fedeltà sia salvaguardata ovunque (7).

b) Vorrei, inoltre, richiamare l’attenzione dei teologi e degli altri esperti nelle scienze ecclesiastiche, affinché  anch’essi si sentano interpellati dalle presenti circostanze. Infatti l’ampiezza e la profondità degli  insegnamenti del Concilio Vaticano II richiedono un rinnovato impegno di approfondimento, nel quale si  metta in luce la continuità del Concilio con la Tradizione, specialmente nei punti di dottrina che, forse per la  loro novità, non sono stati ancora ben compresi da alcuni settori della Chiesa.

c) Nelle presenti circostanze, desidero soprattutto rivolgere un appella allo stesso tempo solenne e  commosso, paterno e fraterno, a tutti coloro che finora sono stati in diversi modi legati al movimento  dell’Arcivescovo Lefebvre, affinché compiano il grave dovere di rimanere uniti al Vicario di Cristo nell’unità  della Chiesa Cattolica, e di non continuare a sostenere in alcun modo quel movimento. Nessuno deve  ignorare che l’adesione formale allo scisma costituisce una grave offesa a Dio e comporta la scomunica  stabilita dal diritto della Chiesa (8).

A tutti questi fedeli cattolici, che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche e disciplinari  della tradizione latina, desidero manifestare anche la mia volontà – alla quale chiedo che si associno quelle  dei Vescovi e di tutti coloro che svolgono nella Chiesa il ministero pastorale – di facilitare la loro comunione  ecclesiale, mediante le misure necessarie per garantire il rispetto delle loro giuste aspirazioni.

6. Tenuto conto dell’importanza e complessità dei problemi accennati in questo documento, in virtù della mia Autorità Apostolica, stabilisco quanto segue:

a) viene istituita una Commissione, con il compito di collaborare con i Vescovi, con i Dicasteri della Curia  Romana e con gli ambienti interessati, allo scopo di facilitare la piena comunione ecclesiale dei sacerdoti,  seminaristi, comunità o singoli religiosi e religiose finora in vario modo legati alla Fraternità fondata da  Mons. Lefebvre, che desiderino rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa Cattolica, conservando le  loro tradizioni spirituali e liturgiche, alla luce del Protocollo firmato lo scorso 5 maggio dal Cardinale  Ratzinger e da Mons. Lefebvre;

b) questa Commissione è composta da un Cardinale Presidente e da altri membri della Curia Romana, nel  numero che si riterrà opportuno secondo le circostanze;

c) inoltre, dovrà essere ovunque rispettato l’animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un’ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla Sede  Apostolica, per l’uso del Messale Romano secondo l’edizione tipica del 1962(9).

7. Mentre si avvicina ormai la fine di questo anno specialmente dedicato alla Santissima Vergine, desidero  esortare tutti a unirsi alla preghiera incessante che il Vicario di Cristo, per l’intercessione della Madre della  Chiesa, rivolge al Padre con le stesse parole del Figlio: Ut omnes unum sint!

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 2 del mese di luglio dell’anno 1988, decimo di pontificato.

GIOVANNI PAOLO II

Dopo un’accurata riflessione Papa Benedetto XVI il 21 gennaio 2009 revoca la scomunica Latae Sententiae ai Vescovi lefebvriani attraverso il documento Ecclesiae Unitatem. Il tentativo del Pontefice fu quello di ricondurre la Fraternità di San Pio X alla piena comunione con la Chiesa. La revoca della scomunica suscitò scalpori all’interno della Chiesa e successivamente nel mondo ebraico, a causa delle affermazioni da parte del Vescovo britannico Richiard Williamson, il quale in un’intervista concessa al “Catholic Herald” ha affermato che gli Ebrei sono nemici di Cristo e le camere a gas utilizzate durante la Seconda Guerra Mondiale per sopprimere Ebrei, poveri, oppositori politici, persone affette da varie patologie fisiche e psichiche non erano realmente esistite. Le affermazioni di Monsignor Williamson indignarono anche il Superiore della Fraternità Bernard Fellay, il quale allontanò Williamson. Va precisato che i lefebvriani non sono in ostilità verso gli Ebrei, il fondatore durante la persecuzione da parte dei Nazisti aiutò in unione con il padre Renè Lefebvre numerose famiglie di Ebrei a fuggire dalla furia omicida di Hitler. La Santa Sede, a nome e per volontà di Sua Santità Papa Benedetto XVI oltre a porre le dovute scuse, ha ribadito l’importanza del dialogo in relazione soprattutto ai dettami del Vaticano II: creare un canale con la comunità ebraica. Il provvedimento del 21 gennaio 2009 era una priorità? Papa Benedetto XVI ha solo voluto sanare una frattura, in quanto il compito di ogni Pontefice è ricondurre all’unità della Chiesa tutti i fratelli dispersi, proprio sul monito che Gesù affidò a Pietro e riportato dall’evangelista Matteo al capitolo 16, 18 – 20: “ Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli : tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. In un contesto storico sempre più frammentario dove ogni giorno sorgono Nuovi Movimenti Religiosi tesi a rispondere ai bisogni spirituali, il Vicario di Cristo è chiamato a difendere la dottrina e la fede in Dio; non in un Dio qualunque, ma nel Dio che si rivelò ad Abramo, Isacco, Giacobbe, a Mosè al roveto ardente e sul Sinai e infine in Gesù morto e risorto. Ecco quindi gli sforzi del Pontefice per condurre all’unità di fede.

CONCLUSIONI

In questo articolo si è voluto mettere in evidenza una questione ecclesiale e teologica che da lungo tempo, oltre quarant’anni, desta preoccupazioni all’interno della Madre Chiesa. Si precisa che il ritorno alla forma celebrativa del rito Romano Antico, da parte di Sua Santità Benedetto XVI, non fu un’opposizione agli aggiornamenti conciliari, ma piuttosto una volontà di riscoprire da un lato la bellezza di una forma celebrativa che il Concilio non ha mai abrogato, da un altro includere maggiormente chi è radicato in una spiritualità vetusta, che può essere di supporto ad ogni credente. La Fraternità di San Pio X attualmente è esterna alla Chiesa in quanto non le è stato riconosciuto uno statuto giuridico. Per poter effettuare questa scelta i suoi membri devono accettare gli aggiornamenti conciliari e l’insegnamento del Magistero dei Pontefici Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Papa Benedetto oltre che di Francesco il quale, per il Giubileo celebrato nell’anno 2015, diede la facoltà anche ai sacerdoti lefebvriani di amministrare il Sacramento della Riconciliazione. La Chiesa è guidata dall’azione dello Spirito Santo; è Lui che conosce i tempi, affinché anche questi fratelli in Cristo possano essere reintegrati dalla Madre Chiesa, che tutti vuole condurre alla Santità.

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Autore: Emanuele Sinese

Emanuele Sinese è nato a Napoli il 24 Novembre 1991 e da anni vive a Bergamo. Ha frequentato l’Istituto di Scienze Religiose in Bergamo, conseguendo nel 2017 la Laurea triennale con la tesi Il mistero eucaristico in San Pio da Pietrelcina. Nel 2019 ha ottenuto la Laurea magistrale con la tesi La celebrazione eucaristica secondo il rito di San Pio V.  È insegnante specialista di Religione.