Il “codice Ratzinger” non ha alcun fondamento

In una lunga intervista video con Giovanni Zenone, di Fede & cultura, ho provato a spiegare l’impossibilità di affermare che vi sia continuità tra i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI (ma anche i precedenti) e quello attuale, in svariate materie, bioetica in primis.

Ho anche affermato, però, che la tesi di Andrea Cionci e Minutella, inizialmente sponsorizzata dalla tv di Claudio Messora (per certi versi interessante, ma pur sempre fondata dal braccio destro del massone Casaleggio e del feroce nemico della Chiesa cattolica, Beppe Grillo), non ha alcun fondamento, per svariati motivi:

-il primo è che se Benedetto XVI avesse davvero abbandonato l’amministrazione visibile del pontificato e il governo della chiesa davanti a minacce di morte -tutte da verificare, ma comunque già accadute anche con altri pontefici (Paolo VI e Giovanni Paolo II, per esempio, subirono attentati veri e propri, cosa che non è mai successa a Benedetto e non per questo abdicarono)- mettendo poi la Chiesa in “sede impedita”, sarebbe da considerare un vigliacco e un codardo, e non certo un esempio (dal momento che esemplare sarebbe il martirio, e non la fuga e l’abbandono del proprio compito), come invece è;

-la seconda è che non si capisce come mai Benedetto avrebbe fatto questo giochetto, sperando che a svelarlo fosse l’illustrissimo sconosciuto (sino ad allora) Andrea Cionci, unico al mondo a comprendere i messaggi cifrati del pontefice emerito. Possibile che Benedetto non abbia svelato a nessuno dei suoi intimi amici e collaboratori, poi defenestrati da Bergoglio, il senso della sua azione? Che non abbia detto nulla ai collaboratori di una vita, da Mueller a Brandmueller, a Gaenswein, da Caffarra a Burke? E che abbia sperato che a capire tutto fosse un giornalista di Libero, sconosciuto nel mondo cattolico, da lui mai visto e incontrato? E se il genio mondiale Cionci non fosse entrato in campo a svelarci la verità, Benedetto avrebbe scritto il suo “codice” per chi?

La terza è che non si capisce perchè Benedetto avrebbe dovuto lanciare messaggi in codice in un senso, per poi continuare a smentirli con gesti e dichiarazioni pubbliche, nei dieci anni di pontificato emerito, in senso esattamente opposto. Da parte dei sostenitori di Cionci si sente spesso dire che Benedetto non avrebbe mai riconosciuto pubblicamente di avere in Francesco un successore. E’ evidentemente un falso. Benedetto ha dichiarato più e più volte con i gesti e con le parole sia di riconoscere Francesco, sia di non essere sempre d’accordo con lui.

Ma soffermiamoci per iniziare su alcuni gesti con cui lo ha evidentemente indicato come suo successore:

a) la consegna dei documenti dell’inchiesta da lui commissionata per far pulizia nella Chiesa. Ha senso che il “vero pontefice” affidi al “falso pontefice” le carte segrete da lui commissionate, se non per affidargli il compito di affrontare quei problemi e scandali in qualità di pontefice dotato di potere di governo?

Affidando le carte segrete a Francesco, Benedetto gli ha evidentemente passato le consegne, come fa un vescovo emerito con il suo successore. Che poi quelle carte non siano state utilizzate, dimostra se vogliamo la scarsa sintonia tra le due visioni della Chiesa, ma non certo che Benedetto misconoscesse Bergoglio e il suo compito di far pulizia. Questo episodio segna un evidente passaggio di consegne.

b) i numerosi incontri tra Ratzinger e Bergoglio, in cui vi sono strette di mano e sorrisi (poco opportuni, e direi anzi spregevoli e menzogneri, se Benedetto avesse considerato Bergoglio un usurpatore) e in cui Benedetto saluta, evidentemente riconoscendoli, i cardinali nominati da suo successore:

Cerchiamo ora di vedere cosa Benedetto ha scritto, per esempio in “Ultime conversazioni“, dialogo con il giornalista ed amico Peter Seewald, uscito nel 2016. In questo libro Benedetto dice che “l’impatto delle sue dimissioni è stato più forte di quanto pensassi” e che ha lasciato molte persone “sconvolte“: “si sono sentite abbandonate“.

Poi parla del “nuovo papa” (lo chiama così) che ha uno stile diverso dal suo e confessa, riguardo a Bergoglio: “No. Non ho pensato che fosse nel gruppo ristretto dei candidati… Quando ho sentito il suo nome, dapprima ero insicuro, poi…” (p.42 e 43).

Qui dice quello che è ben noto: il conclave era composto da cardinali nominati da Giovanni Paolo II e Benedetto stesso, per questo Benedetto era il primo ad aspettarsi che venisse eletto un “ratzingeriano” (sperava in Scola, e il suo desiderio era così noto che la CEI emise un comunicato, poi ritirato, congratulandosi con Scola per la sua elezione).

Benedetto nega anche vi siano stati ricatti e cospirazioni nei suoi confronti e ribadisce di aver lasciato “le responsabilità concrete“, cioè il governo della chiesa:

Al di là del libro citato, sempre, nei dieci anni di ritiro a vita privata, è stato in silenzio, e quando è intervenuto lo ha fatto valorizzando cardinali come Mueller e Sarah (che non condividono molte posizioni dottrinali di Bergoglio, ma neppure, per nulla, la tesi di Cionci).

Perchè Benedetto non ha mai lanciato alcun messaggio cifrato per dire “per fortuna il Cionci ha capito tutto…ascoltatelo…” e invece ha indicato alcuni cardinali -esautorati da Francesco ma non per questo cionciani- come esemplari? Perchè non ha mai neppure ricevuto in una udienza privata lo stesso Cionci? Perchè lo ha sempre del tutto ignorato?

In questo libro con Sarah, Benedetto si presenta come emerito, non rivendica alcun ruolo di “vero papa”, benchè intervenga, di fatto, per correggere l’impostazione data al Sinodo sull’Amazzonia da Francesco.

E’ evidente dunque la differenza di idee, il fatto che Benedetto voglia ancora esprimere il suo parere, ma nello stesso tempo il ruolo che si attribuisce: non di papa, ma di emerito e di teologo.

L’autore dell’articolo con il cardinal Sarah.

Così, riguardo al cardinal Mueller, amico di una vita e curatore della sua opera omnia, Benedetto lancia vari messaggi in suo favore, addirittura deprecando il suo defenestramento, ma ancora una volta senza minimamente mettere in dubbio, come neppure Mueller ha mai fatto, il ruolo di Francesco:

Del resto il cardinal Mueller dissente spesso da Francesco, ad esempio su Fiducia supplicans, ma ha sempre dichiarato valida l’abdicazione di Benedetto e non ha mai dato adito alcuno alle tesi di Cionci.

Nella foto l’autore dell’articolo e il cardinal Mueller

Potrei continuare a lungo, citando anche ricordi personali, ma per non essere troppo noioso voglio concludere con le parole del segretario di Benedetto XVI, mons. Gaeswein, che ha vissuto con lui sino alla fine dei suoi giorni e a cui Benedetto ha affidato le sue ultime volontà.

Nel suo Nient’altro che la verità – dopo il quale è stato privato da Francesco di qualsiasi ruolo- non esita a sottolineare tutte le differenze, gli scontri, l’inconciliabilità tra le posizioni di Benedetto (ad esempio su Amoris laetitia e gender) e Francesco.

Eppure sulle tesi di Cionci, “decisamente un’idea assurda“, è chiaro:

In conclusione le tesi sconclusionate di Cionci non solo non risolvono nulla (tanto più ora che Benedetto è morto e non può più essere il “vero papa”), ma finiscono per fare purtroppo di Benedetto un pagliaccio e un pusillanime: un papa che è scappato dal suo ministero, sapendo che avrebbe lasciato la Chiesa nel disastro (in realtà, come abbiamo visto, non immaginava affatto che Bergoglio diventasse papa); un papa che ha lanciato messaggi cifrati confusi e incomprensibili e che con i gesti e le parole li ha poi innumerevoli volte sconfessati, dimostrandosi così anche un mentitore seriale.

L’autore dell’articolo intervista il card. Burke, il canonista scelto da Benedetto XVI per la Segnatura Apostolica

No, Benedetto non merita tutto ciò. E’ stato un grande pontefice e se si vuole rispettarne la memoria bisogna anzitutto credere a ciò che ha sempre detto e fatto, compresi i numerosi gesti e scritti con cui, con rispetto, ha preso le distanze da varie scelte e opinioni del suo successore.

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Autore: Francesco Agnoli

Laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell’editoria alla Trentino Art Academy. Collabora con UPRA, ateneo pontificio romano, sui temi della scienza. Scrive su Avvenire, Il Foglio, La Verità, l’Adige, Il Timone, La Nuova Bussola Quotidiano. Autore di numerosi saggi su storia, scienza e Fede, ha ricevuto nel 2013 il premio Una penna per la vita dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione tra gli altri con la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana). Annovera interviste a scienziati come  Federico Faggin, Enrico Bombieri, Piero Benvenuti. Segnaliamo l’ultima pubblicazione: L’anima c’è e si vede. 18 prove che l’uomo non è solo materia, ED. Il Timone, 2023.