VIBRA IL CUORE ASSETATO NELL’INCANTO DELLA BELLEZZA CHE SA DI CIELO

Giacomo Leopardi – Fonte Skuola.net

Mi permetto, ad insaputa dell’Autore, di inserire queste umili righe e domande. Sarà proprio fuori contesto pubblicare queste belle considerazioni di Roberto Filippetti, e i versi di Leopardi, tra tutti questi articoli sul Sinodo in corso? E non sarà questo, forse, un’esempio di come poter vivere un vero dia-logo con il mondo nella Verità?

Marcello Giuliano

Dal Diario Facebook del 5 Ottobre 2023

Un anniversario che – se non vado errato – solo la rivista “Tracce” ha ricordato: i 200 anni della Canzone “Alla sua donna” di Leopardi, composta com’è detto nel manoscritto, in sei giorni nel settembre 1823.

Un pomeriggio di primavera mi son seduto in mezzo a profumatissime rose a Sesto al Reghena (PN) e ho imparato a memoria questo che Leopardi nell’ultimo verso chiama “inno”: un inno a suo modo sacro alla Bellezza con la “B” maiuscola. Evidenzio nel manoscritto in rosso due versi imperniati su un condizionale ottativo (=desiderativo): “E teco la mortal vita sarìa / simile a quella che nel cielo indìa”. Se tu o Bellezza infinita ti facessi “viatrice in questo arido suolo” (compagna di strada in questa terra desolata), cambierebbe tutto: la vita mortale diventerebbe simile a quella dei Beati in paradiso (in prima battuta li aveva chiamati “Eterni” con la maiuscola).

L’incarnarsi della Bellezza genererebbe l’indiarsi dell’uomo.

In questi due versi, “cielo” (paradiso) è con la minuscola; ma poco prima evidenzio in rosso “Ciel” con la maiuscola perché nasconde in trasparenza Padre nostro che sei nei cieli.

Un ragazzo di terza ginnasio – Luigi Giussani – recitava a memoria questo inno “Alla sua donna” come ringraziamento dopo la comunione, è infatti l’apice della mendicanza del venticinquenne Leopardi tutto proteso verso quel “Quid” misterioso di cui ha sete l’umano cuore nell’arido suolo. Quel tredicenne è poi diventato padre di tanti e anche mio: ci ha fatto amare il “cuore” di Leopardi; e ci ha fatto amare il “Tu” che corrisponde alla sete del cuore e permane vivo e presente nella sua “com-pagnia”.

Da quel pomeriggio di primavera in mezzo alle rose anch’io, quando sono in viaggio in auto da solo, recito a memoria questa Canzone, mendicando di far vibrare il “cuore assetato” anche in chi vado ad incontrare. Ad esempio i bambini, i ragazzi e gli adulti che sto incontrando in questi giorni a Tavernola Bergamasca. più di mille persone in quattro giorni.

XVIII

ALLA SUA DONNA

Cara beltà che amore
Lunge m’inspiri o nascondendo il viso,
Fuor se nel sonno il core
Ombra diva mi scuoti,
O ne’ campi ove splenda
Più vago il giorno e di natura il riso;
Forse tu l’innocente
Secol beasti che dall’oro ha nome,
Or leve intra la gente
Anima voli? o te la sorte avara
Ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?

Viva mirarti omai
Nulla speme m’avanza;
S’allor non fosse, allor che ignudo e solo
Per novo calle a peregrina stanza
Verrà lo spirto mio. Già sul novello
Aprir di mia giornata incerta e bruna,
Te viatrice in questo arido suolo
Io mi pensai. Ma non è cosa in terra
Che ti somigli; e s’anco pari alcuna
Ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
Saria, così conforme, assai men bella.

Fra cotanto dolore
Quanto all’umana età propose il fato,
Se vera e quale il mio pensier ti pinge,
Alcun t’amasse in terra, a lui pur fora
Questo viver beato:
E ben chiaro vegg’io siccome ancora
Seguir loda e virtù qual ne’ prim’anni
L’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse
Il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
E teco la mortal vita saria
Simile a quella che nel cielo india.

Per le valli, ove suona
Del faticoso agricoltore il canto,
Ed io seggo e mi lagno
Del giovanile error che m’abbandona;
E per li poggi, ov’io rimembro e piagno
I perduti desiri, e la perduta
Speme de’ giorni miei; di te pensando,
A palpitar mi sveglio. E potess’io,
Nel secol tetro e in questo aer nefando,
L’alta specie serbar; che dell’imago,
Poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.

Se dell’eterne idee
L’una sei tu, cui di sensibil forma
Sdegni l’eterno senno esser vestita,
E fra caduche spoglie
Provar gli affanni di funerea vita;
O s’altra terra ne’ superni giri
Fra’ mondi innumerabili t’accoglie,
E più vaga del Sol prossima stella
T’irraggia, e più benigno etere spiri;
Di qua dove son gli anni infausti e brevi,
Questo d’ignoto amante inno ricevi.

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Autore: Roberto Filippetti

Ha insegnato Lettere nelle scuole superiori e Iconologia e iconografia cristiana presso l’Università europea di Roma. Da anni percorre l’Italia per introdurre bambini, giovani e adulti all’incontro con la grande arte, letteraria e pittorica, e risvegliare il desiderio della Bellezza. Da tale opera divulgativa sono nati i suoi libri, editi da Itaca, attraverso i quali ha raccontato la grande pittura: L’Avvenimento secondo Giotto, Il Vangelo secondo GiottoCaravaggio. L’urlo e la luceVan Gogh. Si dedica anche alla poesia e alla narrativa: Il per-corso e i per-corsi. Schede di revisione di letteratura italiana ed europeaLeopardi e Manzoni. Il viaggio verso l’infinitoEducare con le fiabe. Andersen, Collodi, Saint-Exupéry, LewisL’io spezzato e la domanda di assoluto. Percorso di letteratura italiana ed europea (2012). A dicembre del 2022 è uscito il suo ultimo libro: Il desiderio e l’allodola. Etimologiel’attrattiva delle parole. Per conoscere le sue opere ed essere aggiornati sulle sue conferenze www.filippetti.eu

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