Questa riflessione nasce dal casuale incontro tra gli autori dell’articolo Pasquale Riccardi e Mario Casillo dopo avere preso parte alla messa domenicale. Il primo si interessa di psicologia e psicoterapia con lo sguardo al vangelo, l’altro vive la passione politica con attenzione al sociale.
Professione o vocazione politica?
Chi si affaccia sul panorama della scena politica si rende conto che oggi esistono e nascono scuole di formazione politica. Scuole specialistiche che formano alla professione. Se una scuola forma ad essere
competenti in un settore, come ad esempio una scuola informatica forma informatici, elettronica forma periti elettronici, agraria forma periti agrari etc., va da sé che una scuola politica formi alla “professione” politica. Ma se partiamo da questi presupposti, per altro giusti e significativi, si può correre il rischio di confondere la scelta vocazionale con il ruolo professionale; oscurando, pertanto, quello che è la vocazione al fare politica. Perché questa sottolineatura? Perché spesso accade che la persona sceglie il proprio futuro non in base alla propria vocazione, ma in base al ruolo della professione. E più la professione è di prestigio o di potere più si crede che appaghi. In verità, ogni vocazione nasce da una passione, e ogni scelta deve essere conseguente alla passione. Per chi sceglie di fare politica la passione è il senso della giustizia sociale, del desiderio di migliorare la vita delle persone e della collettività1. In sintesi, la vocazione alla politica è il desiderio di contribuire al bene comune attraverso l’azione politica, che è impegno a tempo pieno.
L’affermazione “politica” oggi è comunemente utilizzata in vari contesti: “geopolitica “, “filosofia politica”, “partito politico”, “scienza politica”, e via dicendo. Nella civiltà greca, in particolare ad Atene, la “polis”, da cui deriva il termine, era fondamentale non solo dal punto sociale ed economico, ma soprattutto sotto il profilo psicologico ed etico-morale. Il “politès” si sentiva coinvolto in prima persona per chi soffriva, avendo come meta finale il conseguimento del “vivere bene”.
Il grande filosofo greco Platone (428 a. C. – 348 a. C.) intendeva la “polis” come un organismo educativo collettivo nei confronti del singolo. Fondamentale, per Platone, era la separazione della ricchezza dal potere, perché solo così si garantiva alla comunità piena e totale integrità morale. A partire da queste considerazioni del filosofo molti altri intellettuali dell’antichità vedevano la politica come una forma di virtù e come un mezzo per raggiungere il bene comune. La politica si configurava come attività nobile e autentica, che richiedeva impegno, dedizione e un forte senso del dovere.
Nel corso del tempo, la società è cambiata e unitamente allo sviluppo esponenziale della rete e dei social è pervasa dal culto dell’apparire che, sotto certi aspetti, nasconde l’arrivismo narcisistico che muove al conseguimento del potere2.
Giovani, politica e filosofia
Se si assiste ad una sorta di sfiducia nei giovani a riguardo della politica è perché l’ottica del potere e della corruzione ha preso il sopravvento. Tra le indagini statistiche inerenti alle possibili cause di allontanamento della gente dalla politica emerge:
- Corruzione e mancanza di trasparenza;
- Difficoltà di comprensione;
- Difficoltà nel tradurre le idee in azioni concrete;
Effettivamente, il ruolo di un politico è molto difficile perché deve trovare un equilibrio tra molteplici esigenze e interessi contrastanti, cercando di rappresentare il bene comune e di conciliare le diverse esigenze delle persone che rappresenta. Proprio in virtù di questo andamento, poco etico e morale, alcuni filosofi contemporanei hanno cercato di ripensare la politica e di recuperare la sua antica missione del fare il bene per gli altri. Filosofi moderni come Alasdair MacIntyre, Michael Sandel e Martha Nussbaum hanno cercato di recuperare l’idea che la politica debba essere al servizio del bene comune e della giustizia sociale.
Fede e politica
Ma ancora prima di questi filosofi, i valori cristiani parlano chiaro in proposito; possono essere un importante riferimento per la politica oggi poiché offrono un’etica e una morale che possono aiutare un governatore a prendere decisioni e ad agire in modo responsabile e giusto. Come al solito, la potenza dei valori antropologici cristiani emerge sempre e può benissimo integrarsi con la salute mentale e il vivere bene, del resto: «non sono venuto per i sani, ma per i malati» (Mt 9,12), afferma Gesù. E ancora: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni» (Lc 12,13-21). È un chiaro ed esplicito ammonimento a valori morali di condotta e l’affermazione: «Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?» (Mt 6,24-34) è un chiaro ed esplicito ammonimento al rispetto della vita e del prossimo.
Ma ancora di più emerge il senso della giustizia e della tutela di essa: «beati gli affamati e gli assetati di giustizia» (Mt 10,6) e «beati i perseguitati a causa della giustizia» (Mt 10,10). Giustizia, in questo caso, vuol dire: fare la volontà di Dio. La giustizia può essere interpretata come l’equità e la distribuzione equa delle risorse e delle opportunità, e può essere interpretata come la collaborazione tra i membri della società per affrontare le sfide comuni di solidarietà.Ancora altri valori cristiani emergono come presupposti del fare politica: la dignità umana, la pace e la cura dell’ambiente.
Gesù non è stato un politico, ma ha offerto un modello di vita e di comportamento che può essere applicato in ogni campo della vita, da quello personale a quello sociale come esempio di una buona pratica politica, vedi:
- La cura per i più deboli: Gesù ha dedicato molta attenzione alle persone più vulnerabili e ai margini della società, come i malati, i poveri e i peccatori. L’attenzione alla cura degli ultimi può ispirare i politici a mettere al centro delle loro politiche la tutela dei più deboli e la promozione del benessere comune.
- La nonviolenza e il perdono: Gesù ha predicato la nonviolenza e il perdono anche nei confronti dei suoi nemici. Questa visione può ispirare i politici a cercare soluzioni pacifiche ai conflitti e a promuovere la riconciliazione tra le persone e i gruppi in conflitto.
- La promozione della solidarietà: Gesù ha denunciato le ingiustizie della sua epoca e ha cercato di promuovere una maggiore equità tra le persone. Questa attenzione al sociale può ispirare i politici a lavorare per una società più giusta e solidale.
- La valorizzazione della diversità: Gesù ha incontrato e accolto persone di diverse origini, etnie e religioni. Questo atteggiamento di inclusione può ispirare i politici a valorizzare e rispettare la diversità culturale e religiosa presente nella società.
In conclusione, i comportamenti e gli insegnamenti del cristianesimo possono essere interpretati come esempi di una buona pratica politica indipendentemente dalla casacca e dal colore politico, che rinnovano nei giovani e meno giovani il senso di fiducia nella vita.
1Riccardi, P., Ogni vita è una vocazione. Per un ri-trovato ben-essere, Cittadella, Assisi 2014.
2P. Riccardi, P, Psicoterapia del cuore e beatitudini, Cittadella, Assisi 2018.