Un’ ossessione chiamata social

Premessa

A Napoli, nei giorni 30 settembre, 14 e 28 Ottobre, 11 e 25 Novembre ha preso il via il progetto di Primavera Piccola Cooperativa Sociale, “Dico a Te! Dipendenze Comportamentali: Ascoltare, Trattare, Educare”, sostenuto da Fondazione con il Sud. Partner del Progetto Associazione Comunità Terapeutica Maria Fanelli, ASL Napoli 3 sud (Dipartimento per le Dipendenze e Dipartimento di Salute Mentale, NIPIA), Ambito 27, Ambito 32.

Il progetto “DICO A TE!” ha come obiettivo il contrasto della new technologies addiction e delle dipendenze comportamentali correlate (shopping compulsivo, disturbi alimentari, ludopatia, sexual addiction). La proposta progettuale ha come destinatari giovani di età compresa tra i 14 e i 24 anni, che presentano prevalentemente dipendenze legate alle tecnologie digitali, comportamentali e sono a rischio di esclusione sociale.

Le cinque giornate hanno visto il susseguirsi di relatori specializzati nel campo, psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, specialisti dell’alimentazione, sociologi, assistenti sociali, dirigenti di servizi ed istituzioni locali, dirigenti e consulenti di Comunità terapeutiche, che li hanno impegnati in numerose relazioni, alternate, nei pomeriggi, con lavori di gruppo per l’approfondimento e la crescita degli operatori del campo. Nella quinta giornata, è intervenuto anche Pasquale Riccardi, Psicologo/Psicoterapeuta dirigente psicologo con incarico di alta specializzazione per le patologie comportamentali Aslna3sud sul tema La solitudine degli adolescenti nel terzo millennio e l’iperconnessione. Il Professore pubblica qui una sintesi del suo intervento.

La rapida trasformazione dei social e il loro impatto sulla popolazione

Risalendo alla storia della nascita della rete, in particolar modo dei social, è un dato di fatto che questi nascono con uno scopo, nobile, di creare e rafforzare relazioni che un tempo erano impossibili. Parenti emigrati, trasferiti ad altro capo del mondo, amici di vecchia data persi di vista, necessità di comunicarsi idee e ricerche ai quali altri studiosi non potevano accedere\ ecc… Nel tempo i social sono diventati tutt’altro, utilizzati da gente famosa per accrescere la fama, da influencer come ambito lavorativo, da aziende per trasmettere il loro prodotto, da giornalisti per fare in anteprima scoop, da giovani in cerca di successo e/o artisti in cerca di visibilità ma soprattutto da sconosciuti mal intenzionati e disturbati nell’Io.

Nonostante ciò, in questi ultimissimi mesi si assiste ad un calo di alcune piattaforme socialmedia; Facebook e Twitter stanno attraversando un calo economico, dopo l’acquisto da parte di Elon Musk, di Twitter, licenziando circa 10 mila dipendenti come, per altro, Facebook. Ma le piattaforme continuano a svolgere il loro ruolo di condizionamento dei costumi, diventando quasi la nostra seconda natura senza alcuna consapevolezza, magari facendo finta di niente. Questa seconda natura ha un enorme impatto sulla nostra vita offline che quasi non esiste se non in funzione di quella online. Lo vedi per strada, nei treni, nei ristoranti e nei gruppi di giovani che, pur in vis a vis, tengono gli sguardi sullo schermo dello smartphone, concedendo il minimo di tempo per incrociare lo sguardo altrui.

Le piazze di incontro vis a vis sono state sostituite da piazze virtuali dove milioni di persone si sono potute reinventarsi come celebrità. Giovani che, senza il culto del valore del sacrificio, dello studio, dell’imparare,m vogliono arrivare in alto..

Lo stimolo nascosto di chi fa parte del social senza controllo e responsabilità coincide con l’arrogarsi il potere di dire qualsiasi cosa e a qualsiasi persona, con tutte le conseguenze che ne derivano sotto il profilo giuridico e psicologico di chi si sente additato, o cyberbullizzato.

Casi di cronaca hanno evidenziato suicidi, quando messi alla gogna di un social, o quando si è tagliati fuori. Si chiama, in gergo moderno, Nomofobia (acronimo dall’inglese no mobile fobia). Sindrome da disconnessione. Si riferisce alla paura di rimanere fuori dal contatto di rete mobile quando si perde il cellulare, quando si esaurisce la batteria o il credito residuo o quando non c’è copertura di rete. Il 58% degli uomini e il 48% delle donne soffrono di questa fobia. Gli adolescenti (8 adolescenti su 10) temono che si scarichi il cellulare o non prenda quando sono fuori casa (Dixit S. at all, 2010).

Un po’ di storia

Se si pensa alla nascita dei social più aggiornati come il Tik Tok si deve anche riflettere che sono la conseguenza di una storia di fallimenti di altri social. Studiati, questi ultimi, appositamente per elargire potere sulle menti. Ma non era così all’origine. Inizialmente, social network, in italiano rete sociale, nasce all’interno delle scienze sociali per descrivere le relazioni tra individui, gruppi e organizzazioni. Successivamente, assume la dizione di social media, da medium che in latino significa mezzo/strumento, del web che permettono la creazione e lo scambio di contenuti generati dagli utenti.

Nel 1997 nasce uno dei primi social network il “Six Degrees”, dal nome di una commedia a sfondo psicologico statunitense; una serie televisiva dove tre donne  e tre uomini vivono la loro vita

la nascita dei social network

apparentemente separati, ma ogni loro singolo evento, seppure vissuto individualmente, condiziona anche gli altri.

Per effetto sistemico, ognuno di noi fa parte di un sistema, famglia, scuola, amici grupppi ecc interinfluenzanti.

Nel 2000 il social già non compare sulla rete a seguito di poche utilizzazioni da parte di utenti; la rete non raggiunge capillarmente le persone come oggi. Due anni dopo, cercando di apportare accorgimenti qua e là, ci si accorge che si deve trovare un rimedio per far collegare le persone. Sfruttando il bisogno sociopsicologico di avere amici, nasce un altro social “Friendster”. Anche questo non raggiunge il risultato desiderato, ma lascia intravedere una escalation, difatti, altri social, sfruttando il bisogno di comunicazione, fisiologico ad ogni persona, e si  affacciano sul mercato nuove piatteforme come MySpace, LinkedIN, ma ancora per pochi. In seguito ad analisi di errori e nuove strategie di marketing, nasce nel 2004 Facebook per studenti universitari che, più che scambiarsi informazioni didattiche, si scambiano i vissuti personali.

Si comprende che bisogna far leva su questi vissuti personali per migliorare e aumentare gli utenti che fanno aprte del social. Le migliaia di connessioni dicono che è la strada giusta per creare altri social; Orkut di Googole, Bebo di Google+, siti per la condivisione di foto Flickr e Youtube, per i video, dal 2005; il mercato social è in aumento e sempre più si fa strada abbracciando un più grande pubblico di ragazzi giovani e adulti. Istagramm e Tik Tok, whatsapp, twitter ed altri siti di incontri diventano un mercato incontrollabile.

I social inseguono il bisogno di relazione, ma quanto vi rispondono?

Oggi, il termine social media ci è familiare, ma non sempre ne comprendiamo i risvolti psicologici e sociali e, perché no, anche fisiologici, dato che ci assorbono anche di notte. Si sa che i social sono concepiti per creare e condividere idee e informazioni ma di fondo il potere è nella visibilità.

Alle persone viene fatta credere l’importanza del parlare e dello stare in relazione con l’altro. E per carità, chi mette in discussione tale postulato, che volendo, è di biblica memoria: “Infatti, se vengono a cadere, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi (Ecclesiaste 4:10); “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! (Salmo 133:1); “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio (1 Giovanni 4:7).

Sta di fatto che la relazione, il bisogno di amicizia, dell’altro rispondono ad una necessità naturale dell’uomo: la socialità (cf Riccardi P., La dimensione amorosa tra intimità e spisitrtualità, ed. D’Ettoris 2021). Purtroppo, i social sono cambiati da strumenti di collegamento con l’altro a scopo informativo e comunicativo a strumento per mettersi in mostra, apparire fino a far nascere quella nuova esigenza, patologica a mio avviso, della cultura dell’apparire (cf Riccardi P., Psicoterapia del cuore e Beatitudine, Ed. Cittadella 2020).

Siamo tutti connessi e chi più chi meno frequenta un social, come si vede dalla tabella

Nonostante che le ricerche, a partire dal 2003,  evidenzino la tossicità dei social, vedi uno tra i primi studi pubblicato dall’ Enterprice information systems, la rete, e di conseguenza i social, catalizzano sempre più attenzione e tempo offline.

Mamma sono l'unico a non avere lo Smartphone!" | Viva la Mamma

Ricerche più aggiornate in merito, 7 febbraio 2017 «Osservatorio nazionale adolescenza», in occasione del Safer Internet Day condotta su 8.000 ragazzi a partire dagli 11 anni d’età; novembre 2017 sondaggio online «Associazione Di.Te. (Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullism)» su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni,  affermano che il 95,5% dei ragazzi tra i 13 e i 17 anni utilizza internet e, di questa percentuale, il 93% ha usato almeno una volta i social (Doxa, 2018). 

Vita on line – Vita offline

Le ricerche rilevano un improprio utilizzo del tempo, il quale non solo crea dipendenza, ma scissione tra VITA ON LINE – VITA OFFLINE. Scissione, termine psicologico psichiatrico atto a definire una separazione lacerazione del proprio mondo interiore diviso in due. La scissione tra vita online e offline provoca Depersonalizzazione che va intesa come “ognuno nel suo mondo”; Desocializzazione che va intesa come uno “stare insieme ma distanti emotivamente”; fuga da problemi che ha a che fare con la negazione della realtà; Lacerazione delle relazioni che va intesa con l’instabilità relazionale, dove l’altro non rappresenta che un oggetto e non una persona. Ma l’altro lato della medeglia è il costo beneficio tra perdita di valori, di morale, di dignità a scapito del dio denaro, o meglio del dio immagine.

A ben ragione la cultura eccleisastica cristiana sottolinea “Perciò cari miei, fuggite l’idolatria!” (I Corinti 10:14) e l’apostolo Giovanni:”Figlioli, guardatevi dagli idoli.” (I Giovanni 5:21). Probabilemnte, l’età dell’oro è cambiata a scapito dell’età dell’immagine, del successo, dell’apparire che ne fanno vera e propria idolatria, postandosi e fotografandosi nelle dimensioni più intime a scapito del proprio pudore e della propria morale. Ciò che conta è essere influencer e questi è diventato un lavoro ambito da giovani e meno giovani. Lo scopo sono il guadagno e la visibilità, complice il narcisismo di base. Il desiderio di accumulo di ricchezze, materiali e psicologiche come il piacere del contatto, il bisogno di essere visti, di apparire, dell’orgoglio dell’Io diventano vere e proprie ossessioni, modificando i ritmi del quotidiano della veglia e del dormire fino ad essere collegati di notte, sindrome che va sotto il nome di #vamping. Si cela in esso un profondo bisogno di relazione e di riconoscimento, tipico della generazione di adolescenti.

Messaggi,  chat e intimità ferita

Cellulare a tavola: le regole del galateo

Di notte, inviare sms e tweet, chattare su WhatsUp e Snapchat, postare commenti su Facebook o foto con Instagram: perché come i vampiri che si aggirano nelle ore notturne, gli adolescenti aspettano il buio per materializzarsi sui social media; indica anche una reazione ad una vita troppo ricca di impegni di scuola, sport e compiti a casa, che lascia poco margine agli interessi personali. Pur tuttavia, l’analisi psicologica dell’utilizzo di notte, nel silenzio della propria camera, rappresenta il forte bisogno di intimità ferita.

E’ fondamentale leggere l’ossessione dell’essere in rete sul social perché, spesso, maschera il bisogno di relazione socioaffettiva, che non trova espressione nella vita reale, ma nella rete sì, con vere e proprie patologie comportamentali:

 –            cyber-relational addiction: (bisogno di instaurare e/o mantenere relazioni amicali o amorose) online, preferendole all’interazione offline;

–             gaming addiction: (bisogno di giocare) online, in particolare a giochi di ruolo (corrisponde all’Internet Gaming Disorder del DSM-5);

–             cybersex addiction: (bisogno di sperimentare la sessualità come identità) uso compulsivo attivo o passivo di materiale pornografico online;

–             net compulsion: (bisogno di provarsi nel rischio) giochi d’azzardo e commercio online;

–             information overload: (bisogno di rientrare in sé) ricerca solipsistica compulsiva di informazioni in rete.

Attenzione che i social possono avere effetto opposto a quello pensato inizialmente; non avvicinano le persone, ma le allontanano perché non è possibile provare empatia se l’altro diventa un oggetto del proprio piacere di apparire e di successo.

Basta smartphone a tavola! Rovinano l'atmosfera conviviale « Pane & Focolare

Senza empatia, si è indifferenti al dolore altrui. E una sociatà senza empatia è votata all’autodistruzione, all’indifferenza, come i personaggi della parabola del buon samaritano (Luca, 10, 25-37) dove si legge l’indifferenza per il dolore altrui. Per fortuna, c’è chi prova compassione e il mondo, più che di social, ha bisogno di compassione.

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Autore: Pasquale Riccardi

Psicologo-Psicoterapeuta Docente Asl per la Seconda Università di Napoli Federico II, Formatore psicoterapeuta per centro Logos (Ce), riconoscimento M.I.U.R. Fra le sue più recenti pubblicazioni: La dimensione amorosa tra intimità e spiritualità, D’Ettoris, Catanzaro 2021; Psicoterapia del cuore e Beatitudini , Cittadella, Assisi 2018; Parole che trasformano. Psicoterapia dal vangelo. Cittadella, Assisi 2016

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