Roberto Filippetti ci regala dal suo profilo Facebook del giorno 28 Marzo c.a. (cerca Roberto Filippetti-Esperto d’arte e letteratura) alcune riflessioni sull’opera di Van Gogh, Esausto, scavando nelle pieghe dell’anima dell’artista. L’opera d’arte pittorica non è solo descrizione, o introspezione, secondo un concetto romantico assai diffuso, ma apertura verso un senso ulteriore che trascende.
Di Roberto Filippetti
Oggi alle 18.30 nell’università di Bologna (aula 1 di Piazza Antonino Scaravilli, Via Zamboni) presento Van Gogh.Il sottotitolo è “Sulle soglie dell’eternità”: l’avevo pensato in riferimento ad un disegno giovanile (poi replicato in una tela nel 1889) intitolato “Worn out”. Vincent ritrae un anziano affranto e consumato dalla malinconia. Tutto pare finire in niente. Ma il commento di VAN GOGH ventinovenne, in una lettera datata 26-27 novembre 1882, è straordinario:
Ho cercato di esprimere una delle prove più chiare dell’esistenza di quel “quid” misterioso in cui credeva Millet, ossia l’esistenza di dio e dell’eternità. nell’espressione infinitamente commovente di questo vecchietto, seduto nell’angolo accanto al fuoco, c’è qualcosa di nobile, qualcosa di grande, che non può essere destinato a finire in pasto ai vermi”.
Recentemente sono rimasto colpito da un giudizio analogo venuto a galla dal cuore di don Giussani, quando in lui “scoppiò” la vecchiaia :
Il Signore mi ha fatto improvvisamente capire, e perciò improvvisamente scoppiare, la coscienza dell’età che passava […] a settantaquattro anni esatti […]. Un certo giorno del giugno dell’anno scorso mi si è svegliata questa coscienza.
In quel frangente, Giussani si trova costretto a essere aiutato nelle necessità quotidiane, e pensa:
[…] ma guarda […] che fine! L’uomo finisce in niente!;
Questa considerazione, ammette, è legata al fatto che “il nichilismo è la tentazione che sottende più brutalmente tutta quanta la mentalità di oggi”.
Pochi istanti prima Giussani aveva ascoltato Beethoven e quindi gli capita di pensare che anche
Beethoven che scrive la Nona va a finir così, finisce così! La Divina Commedia di Dante… Finiscon così.
Ma nello stesso tempo ha un moto di ribellione dentro di sé:
È impossibile” pensa, e subito si domanda se c’è qualcosa che libera da questo niente:
E mi è venuto a galla, con una chiarezza che è come toccare la faccia di mia madre: l’io, l’io! Quando dico io non son così,
cioè un niente. L’io intuisce che c’è Dio, c’è l’eternità: a questo perviene il genio dell’umano. Io non sono destinato a finire in niente, concime per i vermi come si diceva nel film L’attimo fuggente. Io sono nato per un destino eterno.
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