Paternità e maternità nella Chiesa: la questione del sacerdozio maschile

L’uomo e la donna sono uguali dal punto di vista della soggettività spirituale, cioè del suppositum o anima, in quanto entrambi determinati dall’intuizione dell’essere universale, cioè della realtà spirituale. Differiscono solo nella struttura psico-fisica, cioè hanno una differenza di tipo funzionale.

L’uomo ha una struttura psico-fisica di tipo trasmissivo, la donna di tipo recettivo. Non si tratta solo del dato della corporeità, ma ancor più di quello della psicomorficità.

Usando delle immagini, si potrebbe dire che la donna è rappresentabile come una casa, l’uomo come una strada: la donna incarna l’accoglienza, la certezza dell’abbraccio che accoglie, la sicurezza di un luogo in cui stare; l’uomo incarna la missione, l’andare, il cammino, il disegno complessivo. La donna è la dimensione dell’intra, l’uomo dell’extra. La donna educa alla stabilitas, l’uomo alla missio.

Così la famiglia è il luogo dell’accoglienza e insieme della missione, grazie alle figure complementari della madre e del padre. Una famiglia che fosse solo ‘materna’ o solo ‘paterna’ soffrirebbe di gravi carenze e avrebbe conseguenze pesanti nella formazione dei figli. L’esperienza dimostra che l’assenza del padre genera insicurezza nella vita dei figli, mentre quella della madre genera carenze affettive.

La Chiesa ha una natura di tipo familiare, in cui sono essenziali le dimensioni della maternità e della paternità: grazie ad esse la Chiesa è in effetti il luogo dell’accoglienza e il luogo della missione. In termini personali si parla di dimensione mariana e di dimensione petrina-paolina o sarebbe meglio dire cristica: la prima è quella dell’amore che accoglie, la seconda dell’amore che manda. “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”. Naturalmente in Cristo si realizza anche la dimensione comunionale nel senso di accoglienza: “Rimanete in me e io in voi”, “voi in me e io in voi”; tuttavia l’azione cristica dell’accoglienza trova nella dimensione mariana un’espressione preziosa e materna che si pone come modello per la Chiesa.

Dunque nella Chiesa, come si è detto, la maternità accogliente e la paternità inviante sono essenziali. Non si dà Chiesa senza queste due dimensioni: una Chiesa che fosse accoglienza, ma non fosse missione, o una Chiesa che fosse missione ma non fosse accoglienza, sarebbe sfigurata, ridotta, incompleta, squilibrata.

Ora, storicamente Cristo ha legato il sacerdozio alla dimensione paterna, maschile. Cioè alla missione. Non a caso esso è stato conferito agli Apostoli, cioè agli ‘inviati’.

Significa forse che la donna è stata mortificata, esclusa, emarginata? Sarebbe assurdo pensare una cosa simile. Niente di più estraneo alla logica di Cristo.

La donna ha un ruolo essenziale nella Chiesa, che è appunto quello della dimensione materna, affettiva, accogliente. Essa si esercita in varie modalità: nella maternità familiare, anzitutto, e in quella spirituale, in senso forte. Come può esercitarsi questa maternità spirituale? Nell’educazione, nell’insegnamento, nella creazione di opere, nella preghiera, nel dialogo. In questo senso molte cose sono comuni alla dimensione paterna, ma sempre con l’originalità della femminilità e della maternità.

Non è lecito mettere in discussione la scelta di Cristo circa il sacerdozio maschile: essa va obbedita anche se non si capiscono tutte le sue ragioni. La Chiesa non può modificarla. Accettarla è anzitutto un atto di obbedienza e di amore a Cristo. Del resto la ragione fondamentale è ben chiara: il sacerdote deve agire in persona Christi, cioè rappresentando Cristo, e come tale gli deve essere conforme anche nell’identità maschile.

Questa fermezza nell’obbedienza a Cristo permette alla donna di trovare la sua vocazione più profonda e originale e le forme espressive più adeguate e forti della medesima. Attardarsi a discutere la scelta di Cristo comporterebbe una perdita di tempo, una fatale rinuncia al proprio compito. Se la donna accetta la scelta di Cristo può stare certa che sperimenterà un bene immenso per sé e per tutta la Chiesa.

La donna può scoprire ciò che può e che deve fare nella Chiesa guardando a Maria, guardando a ciò che sta facendo Maria: Lei raduna i cristiani, li richiama, li esorta, li corregge, li ristora, li rilancia, li abbraccia, li rimanda all’autorità della Chiesa, li insegna a pregare, a vivere, a perdonare, ad amare. Non si sostituisce mai all’autorità della Chiesa, ma la sostiene, la protegge, la indica, invita a seguirla veramente.

Così dunque deve fare la donna: essere attiva nella Chiesa, radunare i figli, esortarli, rigenerarli, insegnare loro, correggerli dove sbagliano, rimandare sempre al pater familias, all’autorità ultima della Chiesa.

Potremmo dire che la Chiesa, in quanto famiglia di Dio, è retta e guidata da un duplice principio comunionale: il Papa e la Madonna. Il Papa incarna la paternità di Cristo rispetto alla Chiesa: il ruolo autorevole, missionario, sacerdotale. La Madonna incarna la maternità della Chiesa: il ruolo affettivo, esortativo, educativo. La paternità è anche il luogo della razionalità, la maternità quello dell’affettività: e in effetti tale è la duplice facoltà della persona umana, ragione e amore; pertanto essa ha bisogno di trovare uno sviluppo armonico sia della razionalità che della affettività, ha bisogno di trovare un luogo che realizzi questo compimento. Chiaramente sia la paternità che la maternità comportano ciascuna entrambe queste facoltà; tuttavia esse sono accentuate, come in una stereofonia, nei due corrispettivi ruoli.

Non c’è Chiesa dunque se non in questa comunione familiare di paternità petrina e maternità mariana. Il Papa e Maria saranno sempre uniti e legati l’uno all’altra, perché a loro è affidata la famiglia ecclesiale che non può essere tale senza il padre o senza la madre.

L’uomo e la donna quindi hanno un ruolo complementare essenziale nella Chiesa: non ci deve essere confusione, ma comunione. Devono guidare la Chiesa per così dire insieme, come un padre e una madre, nel rispetto dei rispettivi ruoli. Una parrocchia che nella sua guida o nella sua sostanza adulta fosse solo maschile sarebbe una caserma; e se fosse solo femminile sarebbe un orfanotrofio; quando invece è insieme maschile e femminile, cioè paterna e materna, diventa un popolo.

 

 

 

 

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