La carità, fondamento dello sviluppo. La tavola rotonda di Edus

“La carità è normalmente considerata elemosina. Ma da come ne parla il Papa si capisce che è qualcosa di più. Io credo che prima ancora di esprimere l’atto di dare qualcosa ai poveri, la carità consista in una condivisione, nella capacità di guardare l’altro negli occhi”. Lo ha detto ieri sera l’assessore alla solidarietà internazionale della Provincia, Iva Berasi, (al centro della foto) aprendo il dibattito promosso da Edus (Educazione e sviluppo) al Teatro S. Marco di Trento per invitare i relatori a confrontarsi con la frase di Benedetto XVI che dà il titolo alla Campagna Tende di quest’anno: “La carità sarà sempre necessaria, anche nella società più giusta”.

Oltre all’esponente politico del governo provinciale e davanti al folto pubblico che gremiva la sala, sono intervenuti anche il direttore dell’ufficio missionario diocesano don Carlo Speccher, il direttore generale di Avsi (rete di 25 Organizzazioni non governative impegnate nel campo della cooperazione allo sviluppo con 100 progetti in 40 Paesi del mondo) Alberto Piatti, e il presidente di Edus, co-fondatrice del Network, Carlo Fedrizzi.

Berasi ha ricordato in particolare l’impegno delle moltissime associazioni trentine attive nel settore della solidarietà internazionale, che pur operando spesso in silenzio si inseriscono nel solco della grande tradizione dei missionari trentini e dell’insegnamento della Chiesa, “da cui siamo stati tutti educati a questa sensibilità”. L’assessore ha poi sottolineato come i progetti e gli interventi realizzati dai volontari e sostenuti ogni anno con 10 milioni di euro dalla Provincia (pari allo 0,25 del bilancio) per rispondere ai bisogni concreti delle popolazioni dei Paesi più svantaggiati del mondo, siano preziosi non solo per chi riceve l’aiuto, ma anche e soprattutto per chi lo porta. “E’ infatti assolutamente vero – ha concluso Berasi – che, come evidenzia il nome della vostra associazione, dall’educazione e dalla formazione delle persone deriva il vero sviluppo dei popoli”.

Don Carlo Speccher, dopo aver richiamato l’attenzione sul fatto che i missionari laici e religiosi trentini nel mondo sono ancor’oggi il punto di confluenza di importanti iniziative sostenute anche dalla Provincia nel campo della solidarietà internazionale, ha identificato la carità con il bacio dato da S. Francesco al lebbroso. “Che bisogno c’era di baciarlo? Avrebbe potuto portarlo a casa sua e curarlo. Ma proprio questa è la carità: cioè qualcosa di più della solidarietà, perché esprime l’amore di Cristo per l’uomo”. Ci sono Paesi dell’Africa dove le scuole, gli ospedali, le banche in cui iniziare a raccogliere i risparmi non sono stati costruiti dal governo ma dalla Chiesa, dai missionari che trattano ogni povero come Gesù.

Dal canto suo Alberto Piatti, dopo aver insistito sul fatto che la carità non è un modo per mettersi a posto la coscienza ma appartiene alla nostra natura umana da cui siamo istintivamente spinti a dare una mano, ha raccontato la storia di un ragazzo, Antoine, che in Rwanda gli aveva consegnato personalmente una lettera nella quale ringraziava gli amici di Avsi per averlo aiutato a diplomarsi e a diventare geometra. Dieci anni prima, poco dopo il genocidio causato in quel Paese dagli scontri tribali, un volontario di Avsi aveva trovato il piccolo Antoine arrampicato su un albero. Su quella pianta era scampato, lui solo, alla strage, ma da lassù aveva assistito impotente all’uccisione di tutti i suoi parenti e ad una tale mattanza che aveva perso ogni speranza e non voleva più mettere piede a terra.

Al volontario sono occorsi tre giorni per convincere Antoine a scendere. “C’è riuscito perché l’ha guardato negli occhi – ha spiegato Piatti – e in questo modo gli ha restituito la fiducia nella vita. La carità – ha continuato – è il vero fondamento dello sviluppo perché significa ritrovare insieme all’altro fiducia nella vita, senza la quale non si costruisce nulla. Proprio com’è accaduto a noi con Antoine. Ma perché questo avvenga è necessario trattare la persona per il mistero che è. Un mistero che non può essere definito da noi e non è frutto di nessun progetto, ma solo della disponibilità a condividere con l’altro la tensione al senso della vita.

Costruire case, ponti, scuole, strade e anche formare ingegneri può essere facile – ha aggiunto Piatti – ma questo rapporto con la persona come mistero e questa tensione a condividere il senso della vita sono la radice più vera della solidarietà internazionale e della cooperazione allo sviluppo”. Il direttore di Avsi ha narrato, per chiarire, un’altra vicenda, questa volta più nota.

“Quando gli apostoli Pietro e Paolo si incontrarono a Roma, dove schiavi e bestie erano considerati, per legge, “cose animate” di cui disporre a piacimento, i due non diedero per protesta l’assalto al Senato ma dissero “non c’è più giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, ma tutti noi siamo uno in Cristo Gesù”.

“E’ questo amore per la persona – ha concluso Piatti –l’inizio di un vero cambiamento nel mondo. Perché come scrive il Papa: “Non c’è nessuno ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo”.

Carlo Fedrizzi ha infine invitato tutti sabato 16 dicembre alle 14.30 in piazza Lodron a Trento per partecipare all’Edus Day, iniziativa con cui l’associazione, oltre a raccogliere fondi in alcuni punti particolarmente “commerciali” della città, intende “dar ragione” di questo diverso modo di intendere e vivere la carità e la solidarietà.

Antonio Girardi

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