Vivaio di Messori….

Riporto l’ultimo Vivaio di Messori, interessante come sempre: “Ho sempre avuto il sospetto che i cattolici avrebbero qualcosa da imparare da Pannella Giacinto detto Marco e dai suoi radicali.
Aspettate, per favore, prima di scandalizzarvi. In effetti, sono del tutto consapevole che quell’ abruzzese ormai più vicino agli ottanta che ai settanta ( i digiuni, anche se simulati, fanno bene alla salute ) risponde a molte delle caratteristiche di un ” anticristo ” così come è delineato da scrittori credenti alla Benson . L’anticristo, cioè, in doppio petto , dal volto umano , dalle apparenze evangeliche, astuto nel nascondere gli artigli sotto un guanto di pacifismo, di buonismo, di non violenza. Un ” diavolo ” che predica l’amore , che si dice accanto ad ogni sofferente, che si batte per la libertà e per i diritti di tutti. Talvolta ha tentato di coinvolgere anche me , strumentalizzando il ” cattolico ” che sono col coinvolgermi nelle sue infinite iniziative. Naturalmente è stato mandato a quel paese, ma devo avvertire che il torrente di parole delle sue telefonate era talmente suadente , i suoi argomenti tanto apparentemente evangelici che altri , meno scafati, ci sarebbero cascati.
A differenza di quanto credono quelli che vedono il rosso dappertutto , i radicali non hanno nulla a che fare con i comunisti : questi ultimi, spesso , vengono strumentalizzati anch’essi ma il radicalismo è liberalismo, seppur di sinistra , è individualismo , rappresenta cioè il contrario dell’utopia comunitaria comunista. In questa prospettiva, ogni desiderio deve diventare un diritto, ogni capriccio ha diritto di cittadinanza , ogni legge morale va scardinata perchè oppressiva , ogni verità deve far posto alla infinità delle opinioni, tutte egualmente rispettabili anche se aberranti e asociali.
Storicamente , il radicalismo è stato espressione della piccola, talvolta grande, borghesia, quella che assai spesso si riuniva nelle logge massoniche. Ma , nell’accezione panelliana , non ha neppure più lo schema etico – di derivazione cristiana – che sorreggeva , malgrado tutto, la prospettiva dei ” liberi muratori ” all’antica. Il libertarismo radicale , l’individualismo ossessivo portano, lo si voglia o no, al nichilismo.
Sta di fatto che , scrivendo nel 1982 Scommessa sulla morte , prevedevo ( e non perché fossi profeta ma perchè c’è, nelle cose, una logica ineluttabile ) che dopo divorzio e aborto sarebbe seguita l’eutanasia . E che, ancora una volta, le cose – pur inserite in un trend che coinvolge tutto l’Occidente postcristiano – sarebbero state accelerate dall’attivismo radicale. Ci sono voluti 25 anni ma ecco che ci siamo, ecco che Pannella strumentalizza il caso di un povero invalido, come già aveva strumentalizzato le vittime dell’incidente chimico di Seveso per la legalizzazione dell’aborto o aveva taroccato, per il divorzio, le statistiche dei reati commessi in famiglia . Ma questa ” collana gloriosa con tre gemme “, come la chiamano loro , non è che la più appariscente, visto che ci sono i radicali dietro a tutte le campagne libertarie di questi decenni : alcune , va riconosciuto, anche comprensibili e magari – in qualche caso – addirittura meritorie . E’ avvenuto, ad esempio , per certe vittime del giustizialismo giacobino di una certa magistratura . Ma , in maggioranza , sono state, e sono, campagne permeate da una visione dell’uomo , della società, della storia che poco o nulla hanno a che fare – magari malgrado le apparenze – con la prospettiva cristiana . E cattolica in particolare.
Non entro qui, in altri particolari . Qui, ciò che mi importa è solo giustificare una convinzione : ci sarebbe, cioè, da imparare dalla forsennata, instancabile , totalitaria dedizione del Giacinto-Marco alla sua Weltanschauung. Come credenti , in questa fine di cristianità di massa e di dissoluzione della religiosità sociologica , dobbiamo riprendere sul serio il ruolo assegnatoci dal vangelo e di cui ci siamo spesso dimenticati : il granello di senape, il piccolo gregge, il pizzico di sale, il misurino di lievito. Dobbiamo essere consapevoli che, per vocazione siamo minoritari . Ma dobbiamo anche renderci conto che si può essere minoritari senza essere marginali.
Questa è, occorre riconoscerlo, la lezione impartitaci da un Pannella che – sorretto soltanto da un piccolo gruppetto, con pochi mezzi, un’organizzazione risibile rispetto a quella dei grandi partiti, senza media propri ma riuscendo ad attrarre quelli degli altri – ce l’ha fatta più e più volte a imporre all’intero Paese l’agenda a lui gradita. Quel teramano ci ha dato conferma di una realtà che ben conoscono gli storici : nel bene e nel male, le cose sono decise e imposte da minoranze attive, decise , spregiudicate che finiscono col trascinare dietro di loro le masse, spesso amorfe e conformiste . Non fecero così anche quei quattro gatti, ma fanaticamente motivati, dei giacobini, che inocularono nella storia dei virus che ancora agiscono e sono anzi divenuti patrimonio comune di tutto l’Occidente ? Sicuramente altrettanto minoritari anche i radicali italiani , ma di certo non marginali. Come confermano in questi mesi, per l’ennesima volta, con la campagna – tanto cinica quanto instancabile – per la cosiddetta ” buona morte “.
E’ un esempio sul quale noi credenti dovremmo riflettere , magari per impararne le tattiche e le strategie , naturalmente in quanto hanno di lecito in una dimensione di fede. Uso, comunque il condizionale . La nostra riflessione, infatti, dovrebbe centrarsi innanzitutto sulla difficoltà maggiore : i pochi possono trascinare i molti , certo; ma solo se quei pochi hanno un pensiero , una prospettiva, una visione del mondo , una passione di convincere . Proprio ciò che manca , ormai da decenni, a troppo cattolicesimo , ridottosi a una melassa che ricicla, per giunta in ritardo e con un surplus di moralismo e di sentimentalismo , il pensiero egemone politicamente corretto. Bien penser pour bien agir , diceva Pascal : è il pensiero che guida l’azione . Solo l’ortodossia può sorreggere l’ortoprassi. Ma quale è il pensiero di troppi di noi , che dovremmo riscoprire e realizzare la nostra vocazione di sale, di lievito ?
Diciamocelo chiaro : non è marginale , oltre che ormai minoritaria, buona parte della stampa che ancora viene detta e si dice ” cattolica ” e che non sa far altro che ripetere la vulgata del conformista ” corretto ” , un brodino tiepido e insipido che non può di certo suscitare energie ma indurre alla sonnolenza ? Come e quanto incidono sul vissuto le 25.000 omelie pronunciate in Italia ogni domenica ? Come riscoprire quel che un tempo si chiamava, e deve ritornare a chiamarsi apostolato , se il kérygma non c’è più , se nulla di appassionante , di chiaro, di preciso sappiamo annunciare ? Come passare dalla difesa, spesso lagnosa e vittimista, all’azione che fermenti la società, se non a riusciamo a proferire altro che moralismi ed auspici edificanti quanto impotenti , roba da messaggio di fine anno di Presidente della Repubblica ?
Da questi ” scristianizzatori ” che sono stati, e tuttora sono , i radicali dovremmo imparare molto quanto alle tecniche ; ma imparare prima di tutto che queste sono inutilizzabili se manca il messaggio chiaro e forte che queste tecniche devono sorreggere e diffondere.
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A proposito di quella mentalità ” da piccolo gregge ” che dobbiamo acquisire , volenti o nolenti . Vedo l’ultima edizione del Leading Catholic Indicators, una sorta di periodico manuale statistico della Chiesa americana. Le cifre sono implacabili . Per scegliere qualche esempio tra i moltissimi e per limitarsi all’ educazione, si scopre che i seminaristi dei Fratelli delle Scuole Cristiane erano 912 nel 1965 e l’anno scorso erano ridotti a 6, dicesi sei ; che i Gesuiti sono scesi nello stesso periodo da 3.559 a 389; che in vent’anni è stata chiusa negli Usa la metà delle scuole cattoliche, con una discesa degli studenti da oltre 700.000 a 300.0000 .
Ma , forse, è meglio così : non dimentichiamo mai che è molto meglio non sapere che sapere in modo sbagliato. In effetti , si riportano i risultati dei sondaggi quanto ai contenuti. Si scopre così che solo il 10 per cento degli insegnanti di religione ( anche se frati e suore ) segue l’insegnamento della Chiesa , che la grande maggioranza ammette la liceità di divorzio , di aborto, di omosessualità. Non sorprende, dunque che – stando questa volta a un’inchiesta del New York Times – il 70 per cento di coloro che in America si dicono Roman Catholics consideri l’eucaristia solo a Jesus simbolic reminder , un ricordo simbolico di Gesù. Ancor meno, cioè, della prospettiva del protestantesimo classico.
La crisi della Chiesa , non ci stancheremo di ripeterlo, non è una crisi di strutture ; e una crisi di fede.
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Impiccagione di Saddam Hussein . La goffaggine dei registi dell’operazione- gli americani – riesce addirittura a farci sentire compassione per quel tiranno brutale e sanguinario, abbandonato impotente a carnefici incappucciati e manifestamente lieti di mettergli al collo un capestro di dimensioni impressionanti. Sono volontari , hanno insistito per fare i boia . C’è sempre qualcosa di sconcio negli eroi di ogni piazzale Loreto , in coloro che scalciano contro chi è cascato per terra. << Giustizia è fatta >> , dice il presidente Bush in abiti sportivi, lasciando per un attimo la partita di golf cui è intento nella tenuta di campagna.
Oddìo, una strana giustizia : l’impiccato era considerato responsabile di 300.000 morti, ma sono più del doppio, e aumentano ogni giorno, i morti provocati dagli invasori yankees , legittimati da ” armi di distruzione di massa ” che in realtà non c’erano. Poichè, nel sotterraneo di Baghdad dove è stato appeso Saddam , le forche erano due, è forte la tentazione di pensare che all’altra poteva esserci una corda per chi di morti ne aveva fatto 600.000, in nome di una menzogna.
Ma strana giustizia anche per quanto osservato da un liberale equilibrato e non fazioso come Sergio Romano, già ambasciatore a Washington , oltre che a Mosca . Negli anni Novanta del secolo scorso , un gran numero di nazioni ha creato il Tribunale penale internazionale , istituito per giudicare i politici caduti in disgrazia e considerati rei di ” delitti contro l’umanità “. Lasciamo pur stare le perplessità e i sospetti che suscitano queste iniziative : per fare un solo esempio, si processa un serbo che non conta nulla, ma chi si sogna di portare in giudizio la Nomenklatura cinese , pur composta ancora da molti compici degli orrori di Mao ? Chi ha chiesto la consegna di altri complici, quelli di Stalin ma anche di Kruscev e di Breznev, dopo la caduta dell’Urss ?
Lasciamo stare, dicevo. Dobbiamo pur saperlo che solo gli stracci vanno per aria. Torniamo, piuttosto a Sergio Romano, che ricorda come proprio gli americani abbiano rifiutato di ratificare quel Tribunale internazionale non per il cattivo odore di ipocrisia che emana , ma perchè non vogliono che un giorno un qualche loro militare possa sedere sul banco degli accusati. Tutti sono giudicabili e condannabili. Tutti, ma non gli yankees : la Old Glory, la bandiera a stelle e strisce, è immacolata . E che nessuno si permetta di processare chi sta sotto a quello stendardo : sinonimo, lo si sa, di cristallina democrazia e di generosa umanità. Come si vide , del resto, anche a Norimberga , dove ( lo ricorda lo stesso Romano ) americani e russi si accordarono previamente , stabilendo che gli imputati tedeschi non avrebbero avuto il diritto di accusare le potenze vincitrici di avere commesso gli stessi crimini . Condanna inesorabile, dunque, per il bombardamento germanico di Coventry , ma divieto di ricordare gli orrori di Dresda, Amburgo, Hiroshima, Nagasaki. Orrore per i lager nazisti, ma vietato parlare di quelli sovietici o anche di quelli americani dove , dopo la resa della Germania, si lasciarono morire di fame e di stenti decine di migliaia di prigionieri tedeschi, chiusi dietro a reticolati su campi aperti, senza alcun riparo né servizio. Lo stesso Joseph Ratzinger ha raccontato, nelle sue memorie, che cosa fossero questi campi americani in cui – seppure per poco tempo , per fortuna sua e nostra – fu rinchiuso giovanissimo con la sua divisa raffazzonata ( mancava ormai la stoffa ) della Flak, la contraerea tedesca
Insomma , come dice Bush , con l’impiccagione dell’odiato Saddam , davvero << giustizia è fatta >>.
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I pastori luterani , in Danimarca, sono funzionari pubblici, secondo il concetto protestante di Chiesa di Stato. Alcuni di quei pastori sono gay , o lesbiche , e convivono nelle case canoniche con i loro compagni e compagne. Molti sono i divorziati risposati . Gli altri hanno ” regolare ” moglie e, naturalmente, figli.
Proprio questo è il problema . Il sindacato dei pastori ( hanno anche questo ) da tempo è in trattative serrate col ministro del culto, che è il loro datore di lavoro , per avere libero il week end . O, almeno, la domenica . Ma non è proprio quello il ” giorno del Signore “, quello in cui maggiore deve essere l’impegno dell’uomo di Chiesa ? D’accordo, concedono i rappresentanti di quei funzionari clericali , ma anche noi teniamo famiglia, moglie e figli si arrabbiano se non siamo liberi, nel fine settimana, di fare come ogni altra famiglia. Tutt’al più , i sindacalisti sono disposti a un compromesso , simile a quello dei farmacisti, dei tabaccai, degli edicolanti : qualche tempio aperto ” per turno ” alla domenica . Comunque, niente di drammatico : è da molto che , in quei templi luterani , di danesi non se ne vede praticamente nessuno. Del resto, che ci andrebbero a fare ? Il culto protestante, lo si sa, consiste in un sermone : ma quale predica può venire da simili pulpiti ?
Vittorio Messori

Enrico VIII e la nascita del capitalismo selvaggio anglosassone

Dopo la guerra dei cento anni, l’Inghilterra vive una guerra civile, detta delle due Rose, tra la famiglia dei Lancaster, che ha come simbolo una rosa rossa, e quella degli York, che ha come simbolo una rosa bianca; un quarto della popolazione perisce. Enrico Tudor, discendente dei Lancaster, la spunta e concilia le due famiglie sposando una York, Elisabetta. Diviene Enrico VII, che darà fiducia ad un navigatore italiano, Giovanni Caboto, che nel 1497 sbarcherà in Canada.

 Cuore del regno è Londra, con 100.000 abitanti circa, scalo di mercanti di ogni paese. Caterina D’Aragona, figlia di Ferdinando e Isabella, re di Spagna, viene destinata, ancora piccola, a lasciare la sua terra per andare nell’"isola delle nebbie" e sposare Arturo, primogenito di Enrico VII. Controvoglia Caterina obbedisce ma Arturo muore dopo soli cinque mesi di matrimonio. Enrico, secondogenito, diviene erede al trono: dopo la morte del padre diviene Enrico VIII. Enrico VIII è l’opposto del padre: spendaccione, ama i divertimenti , la caccia, i gioielli, i tessuti, i grandi banchetti…; è alto, forte, possente, prima di diventare grasso e lardoso…nel 1509 sposa Caterina D’Aragona, precocemente invecchiata e intristita, che non riesce a dargli un figlio maschio: gli muoiono 5 figli, nasce solo una femmina, Maria.

Enrico VIII è affiancato da Wolsey, un astuto popolano, figlio di un macellaio, che si dimostra disposto ad ogni bassezza: in cambio viene nominato Cancelliere e il re gli ottiene anche un alto ruolo ecclesiastico. Infatti Enrico VIII vuole controllare anche la Chiesa, nominando lui, al posto del papa, i vescovi, gli abati dei monasteri…Ciononostante si dichiara avversario di Lutero e scrive addirittura un saggio contro di lui. Lutero allora gli invia una lettera, in cui cerca di lusingarlo: l’ex monaco agostiniano ha bisogno di principi e di re per combattere Roma. In Germania ha ottenuto l’appoggio di alcuni feudatari che avevano visto nell’adesione al protestantesimo il modo per staccarsi dall’Imperatore, Carlo V, che era cattolico, e per entrare in possesso dei beni della Chiesa cattolica, espropriandoli. Ma Enrico VIII non ha ancora deciso il suo futuro religioso: per ora si scaglia nuovamente contro Lutero, deplorando il suo matrimonio con l’ex monaca Caterina von Bora. Sul fronte amoroso, intanto, è inquieto: ha parecchie amanti, tra cui Maria e Anna Bolena.

Di quest’ultima decide di diventare lo sposo: per questo richiede, inutilmente, al papa che dichiari nullo il suo matrimonio precedente. Intanto Wolsey, dopo aver fedelmente servito, viene tolto dai piedi e sostituito con Tommaso Moro, un uomo conosciuto da tutti per la sua integrità di giudice. Ma è Cromwell, un ex usuraio, la nuova anima nera del re: lo consiglia di proseguire nella sua volontà di ripudiare Caterina e lo spinge sulla strada dello scisma. Così, gli dice, potrai sposare Anna Bolena, poi diventare capo della nuova chiesa inglese, la chiesa anglicana, ed esproprierai i beni della Chiesa di Roma, vescovadi, abazie, monasteri…Il popolo inglese è in buona parte contrario a questi progetti: Anna è odiata e considerata una prostituta e una strega, tanto che in una occasione 5-6000 donne assaltano il palazzo dove la Bolena è rinchiusa per ucciderla. Ma l’opposizione viene domata; Fisher e Moro vengono condannati a morte per non aver pubblicamente riconosciuto la giustezza dell’operato del re; frati e monaci vengono impiccati, affogati e poi squartati: le loro membra vengono messe agli angoli delle strade di Londra; la testa di Moro, appesa su una picca, viene esposta sul ponte di Londra ma presto tolta per evitare le processioni di ammiratori. Intanto nel 1533 Anna, che si è sposata col re sancendo la rottura con Roma, partorisce una bimba: Elisabetta.

 Nel 1534 il Parlamento proclama l’Atto di supremazia: nasce ufficialmente la chiesa anglicana, guidata dal re. E’ una chiesa nazionale di Stato, "l’Inghilterra che celebra se stessa": è fortemente nazionalista, in quanto i confini della fede coincidono con quelli dello stato e il capo della chiesa coincide col capo dello stato; profondamente antipapista, in quanto riprende la polemica luterana contro il papa considerato l’anticristo, e, di conseguenza, profondamente avversa ai due paesi cattolici per eccellenza, la Spagna e l’Italia. Nasce così l’Inghilterra moderna, quella che si espanderà schiacciando sempre di più, senza alcuna pietà, l’Irlanda cattolica, in parte sottomessa già dal XII secolo, e la Scozia, le sue colonie "domestiche", e poi creando a poco a poco l’"Impero su cui non tramonta mai il sole", dall’Australia, all’India all’America; nasce l’Inghilterra patria del capitalismo più spregiudicato, della pirateria che assale i galeoni spagnoli e portoghesi, con la compiacenza dei sovrani; dei trafficanti di schiavi che elimineranno i pellerossa e riempiranno il Nord America di neri schiavizzati, per poi privarli di ogni diritto, persino di quello di sedere sull’autobus, insieme ai bianchi, fino a Novecento inoltrato; dei venditori di oppio, che faranno i loro affari in Cina devastando la popolazione locale…

Di questa nuova mentalità, in cui l’uomo viene sacrificato al denaro in nome della "libertà", in cui il lavoro, esattamente come avverrà poi nell’ideologia marxista, diviene l’unico valore assoluto, sono protagoniste la nobiltà e la borghesia anglicana, che hanno abbracciato il nuovo credo, e che Enrico VIII ha ricompensato e legato a sé elargendo i beni e le terre della Chiesa cattolica: sono costoro che, divenuti più ricchi, potranno lanciarsi nelle speculazioni economiche, nelle monoculture, nelle recinzioni, nella privatizzazione delle terre comuni, spingendo molti contadini che vi vivevano, al vagabondaggio o all’alcolismo, nelle colonizzazioni e nei commerci…senza più l’ingombro della noiosa Chiesa cattolica, sempre pronta a richiamare, e a difendere i diritti umani dei più deboli (in Inghilterra, per secoli i cattolici saranno esclusi per legge dalla possibilità di accedere a cariche pubbliche). Questi nuovi adoratori del denaro, trasformano il vecchio mondo in direzione capitalista, ottenendo dal re e dal Parlamento continui benefici, ad esempio l’abolizione di festività cattoliche, che permette di sfruttare maggiormente i lavoratori subalterni; oppure l’Atto contro il vagabondaggio: la chiusura di opere assistenziali della Chiesa cattolica (ospizi, ospedali, orfanatrofi ecc., tutti passati ai fedeli del Tudor), insieme alle prime recinzioni, ha determinato l’esplodere della povertà, del vagabondaggio e del furto.

Enrico VIII e i suoi, che non vogliono essere frenati nella loro corsa all’arricchimento, usano il pugno duro, semplicemente eliminando poveri e vagabondi: 72.000 ne vengono impiccati durante pochi anni. Per secoli l’Inghilterra sarà famosa per la durezza delle pene nei confronti del furto: "dal 1688 al 1820 i reati che comportano la pena di morte passano da 50 a 200-250, e si tratta quasi sempre di reati contro la proprietà". Hegel denuncerà la severità "draconiana" con cui "in Inghilterra viene impiccato ogni ladro": la pena di morte, l’internamento in case di lavoro, i figli strappati alle famiglie povere già dai tre anni, per spingerli al lavoro, saranno l’unica soluzione dello Stato liberale di fronte al problema dei poveri, sino alla teorizzazione dell’eugenetica prenazista, cioè della loro eliminazione per via politica. Malthus sarà solo uno dei tanti a proporre una politica che ritardi i matrimoni dei poveri e la procreazione tra classi popolari, mentre Franklin, su suolo americano, si scaglierà contro i medici che salvano "metà delle vite che non sono degne di essere salvate". Preludio, evidentemente, alla teorie così in voga negli Usa a partire da fine Ottocento, sulla sterilizzazione degli "inferiori", tra i quali, soprattutto, immigrati, anche europei, e poveri.

Accanto a tutto ciò, convivono nell’Inghilterra che si considera liberale, varie forme di servitù: Adam Smith racconta che ai suoi tempi i lavoratori nelle miniere e nelle saline erano come i servi della gleba, potevano essere venduti o comperati insieme al luogo di lavoro, e portavano un collare con scritto il nome del loro padrone. I pensatori inglesi posteriori a Enrico VIII, seguaci idolatri del liberalismo, giustificheranno la schiavitù dei neri, l’eliminazione dei "serpenti papisti", lo sfruttamento intensivo delle colonie, dei vagabondi e dei bambini. Il maestro del liberalismo, Locke, avrebbe scritto: "il bambino può dimostravi che il negro non è un uomo" (Marco Marsilio, Razzismo, un’origine illuminata", Vallecchi).

Su questo assunto di base convaliderà e giustificherà la pratica dello schiavismo di massa. Riguardo agli irlandesi, nel suo "Trattato sulla tolleranza", affermerà: i papisti sono "come i serpenti, non si otterrà mai con un trattamento cortese che mettano da parte il loro veleno". Riguardo ai bambini poveri, che saranno insieme alle donne le prime vittime della furia capitalista nell’epoca dell’industrializzazione, sosterrà, insieme a Bentham, la necessità di "toglierli dalle mani dei genitori", ancora piccolissimi, per farne dei buoni lavoratori nelle fabbriche e nelle miniere (Domenico Losurdo, "Controstoria del liberalismo", Laterza).

Ma torniamo ad Enrico VIII, vero padre di quanto si è brevemente raccontato: la Bolena abortisce altre due o tre volte; Enrico inizia a pensare ad una maledizione e decide di far decapitare Anna (nel frattempo Caterina è morta eroicamente, qualcuno dice per avvelenamento, ma non è certo); disfattosi della Bolena sposa Jane Seymour, una giovane bruttina, zoppa, leggermente strabica e col doppio mento: Jane partorisce Edoardo e dopo 12 giorno, forse per mancanza di assistenza, muore. Subito il buon Cromwell procura al suo re un nuovo partito, Anna Claves, brutta, sgraziata, ma figlia di un duca tedesco protestante: un’alleanza contro Roma che può servire. Ma Enrico VIII, quando Anna giunge in Inghilterra, non accetta la sua bruttezza e Cromwell, che aveva combinato tutto, finisce decapitato; Anna viene allontanata e tenuta buona con grandi doni. Enrico non ama neppure il luteranesimo, al punto che minaccia di morte quei vescovi , sacerdoti e frati che hanno preso al volo lo scisma per procurarsi mogli e concubine.

Litigando con la prima moglie, Enrico VIII ha creato una nuova religione; ma non vuole che sia nuovo proprio tutto. Può ora sposare Caterina Howard, che verrà decapitata solo due anni dopo, nel 1542. In questi anni il re prosegue nel suo disegno di assoggettare la Scozia, come sua seconda colonia: attacca violentemente Giacomo V Stuart, re di Scozia e suo cugino, fa incendiare chiese, villaggi e cerca di legare a sé alcuni feudatari scozzesi; in particolare può giocare sui protestanti scozzesi, pronti a fare il gioco di un re straniero pur di contrastare la dinastia Stuart, ancora fortemente cattolica. Giacomo V muore di dolore, lasciando come erede la figlia, Maria Stuart, di sei anni. Enrico VIII muore nel 1547; il suo sepolcro, oggi, è vuoto, forse perché le sue spoglie vennero bruciate e disperse dalla figlia Maria. In conclusione si può dire che se non si mettono a fuoco queste vicende, non si può capire il grande successo del comunismo marxista, che nacque come un tumore in un corpo malato, conservando però lo stesso peccato originale del liberalismo: l’essenza materialista ed economicista.

Apocalypto, la scoperta e la colonizazzione delle Americhe

A breve sarà nei cinema il nuovo film di Mel Gibson, l’autore di Passion, Braveheart… La vicenda raccontata nel film è quella della conquista spagnola dell’America Latina, e della fine dell’Impero maya e azteco. Per capirla è utile ripassare brevemente la storia, e accennare ad un altro celebre film sull’argomento, Mission, con Robert De Niro. Quando gli spagnoli iniziano a penetrare nel Nuovo Continente si presenta davanti a loro una terra affascinante per la varietà dei colori, delle piante, degli stupendi uccelli variopinti che nessuno, in Europa, ha mai visto. Con grande stupore vedono anche "strade, argini ben costruiti, ponti acquedotti, case, torri, santuari e fortezze biancheggianti, templi smisurati, tutti fatti di pietra", e oro, argento e monili preziosi in quantità.

Coloro che, giunti da lontano, conquisteranno queste terre meravigliose, sono pochi e male armati: Cortes, il conquistatore del Messico, ha con sé appena 600 uomini, sedici cavalli, trentadue balestre e qualche, primitivo, archibugio; Pizarro, conquistatore dell’ impero Inca, 62 cavalieri, 106 fanti e una dozzina di fucili. Ma i conquistadores non sono solo avventurieri assetati di ricchezze. Nella loro penetrazione nei territori americani vengono colpiti da spettacoli atroci: lungo le scalinate dei templi trovano arti e corpi di fanciulli e fanciulle massacrati e offerti in sacrificio alle divinità del luogo. Infatti, gli Aztechi, e, in misura minore, anche gli Incas, sono convinti che sia continuamente necessario sacrificare alle forze naturali, specie al dio Sole, per evitare che questo cessi la sua funzione e si spenga: "A insanguinare ogni giorno i gradini degli enormi templi era quest’ansia ossessionante di non lasciare finire il mondo, un’ansia che raggiungeva il suo culmine ogni cinquantadue anni, quando la minaccia della catastrofe si faceva più concreta e imminente" ( Bernal Diaz del Castillo, La conquista del Messico, Longanesi, Milano, 1980 (prefazione di Franco Marenco e Pietro Citati).

Così presso gli Aztechi "quattro preti afferravano la vittima scaraventandola sulla pietra sacrificale. Quindi il Gran Sacerdote piantava il coltello sotto il capezzolo sinistro facendosi largo attraverso la cassa toracica, finché, rovistando a mani nude, non riusciva a strappare il cuore ancora pulsante e a metterlo in una coppa per offrirlo agli dei. Dopodiché i corpi venivano fatti precipitare dalle scale dalla piramide: ad attenderli, al fondo, c’erano altri preti che incidevano ogni corpo sulla schiena, dalla nuca ai talloni, e ne strappavano la pelle…"; infine gli arti venivano donati, a seconda del loro pregio, a sacerdoti e guerrieri per essere mangiati (cannibalismo; Vittorio Messori, Pensare la storia, Paoline, 1992; Luigi Lunari, Cortes, Rizzoli, Milano 2000; G.C. Vailiant, La civiltà Azteca, Einaudi, Torino, 1992: in quest’ultimo testo si descrivono altre terribili usanze, quale quella di costruire "grandi rastrelliere coperte di teschi" o quella di fare a pezzi, con mazze armate di lame di ossidiana, dei prigionieri legati a pietre circolari e offerti al dio Sole).

Sotto gli Incas la situazione è analoga: specie bambini e vergini vengono sgozzati, strangolati o espiantati, alla maniera azteca, del cuore, per allontanare carestie, epidemie ecc. Si arrivano a sacrificare fino a 20.000 persone in un solo giorno. Queste vere e proprie mattanze determinano la necessità di continue guerre per procurare i sacrificandi, così che Aztechi ed Incas assoggettano e terrorizzano le popolazioni confinanti. Proprio su queste fanno leva Cortes e Pizarro, che altrimenti mai avrebbero potuto sconfiggere eserciti immensamente superiori al loro, per numero e conoscenza del territorio.

Entrambi spiegano agli indigeni di adorare un Dio che non richiede sacrifici umani e crudeltà e ottengono così il sostegno di intere tribù. D’altra parte sia Montezuma, imperatore degli Aztechi, che Atahualpa, imperatore degli Incas, considerato il figlio del Sole e proprietario di tutta la terra, reagiscono in modo altalenante ed ambiguo di fronte agli spagnoli: a momenti decisi a difendersi, appaiono invece, per lo più, sconfortati e rassegnati. Infatti, per rimanere a Montezuma, di cui abbiamo maggiori notizie, egli è convinto, secondo una tradizione antica, che il 1519, proprio l’anno in cui Cortes ha toccato la terra ferma americana, sia l’anno "della Canna", quello stabilito da secoli per il ritorno del dio Quetzalcoatl, il Serpente Piumato, l’unico dio che non vuole sacrifici umani, "dalla carnagione chiara, i lunghi capelli e lunga la barba": ora Cortes si presenta proprio così, con la carnagione chiara, così diversa da quella degli indigeni, e fieramente contrario ai sacrifici umani. Non può che essere un dio, e Montezuma, atterrito, non sa come affrontarlo e si lascia addirittura catturare senza opporre resistenza! La conquista del Nuovo Mondo da parte degli spagnoli non fu dunque quella descritta dalla storiografia illuminista prima (si pensi ai "generosi Incassi" del Parini) e da quella anglosassone poi: non fu lo scontro tra i cattivi Europei, da una parte, e "selvaggi buoni", ma anche civilizzati, dall’altra. Questo è tanto vero che nei territori sotto la Spagna le popolazioni che avevano accolto benevolmente i conquistadores per liberarsi dall’oppressione azteca e incas, si amalgamarono piuttosto bene con i nuovi venuti. La Chiesa, tramite i suoi missionari, sollecitò il matrimonio misto e una pacifica convivenza, sforzandosi di limitare eventuali prevaricazioni e prepotenze, sempre presenti nell’agire umano.

La apparizione delle Vergine "morenita", una Madonna di colore, identica alle donne indie fin nell’abbigliamento, nel 1531, contribuì enormemente ad unire i due popoli (Guadalupe è il santuario più frequentato al mondo). Ancora oggi questo si può vedere nella composizione etnica degli stati dell’America Latina che furono sotto la Spagna dei "re cattolicissimi", Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia: infatti in Messico, in Bolivia, in Perù eccetera, "quasi il 90% della popolazione o discende direttamente dagli antichi abitanti o è il frutto di incroci tra indigeni e nuovi arrivati", laddove negli Stati Uniti, dove giunsero gli inglesi anglicani e puritani, la popolazione del luogo, i cosiddetti pellerossa, sono stati quasi tutti sterminati. Certo, come appare anche nel film "Mission", vi furono, tra i colonizzatori, di quelli che approfittarono degli indigeni per farli schiavi, ma questo contro il volere della corona di Spagna e della Chiesa. Nei territori dominati dai Portoghesi, invece, e in specie nel Brasile, la schiavitù era non solo praticata da alcuni, ma anche permessa per legge. Mentre i missionari gesuiti realizzano la cosiddetta "Repubblica del Guaranì", vero modello di società cristiana e di armonizzazione pacifica tra due diverse culture, l’Europa è percorsa dalla dirompente vitalità del pensiero illuminista. I filosofi inglesi e, soprattutto, francesi, diffondono nel vecchio continente ideali nuovi e una critica piuttosto aspra nei confronti della Chiesa. Se è vero, infatti, che tolleranza e libertà religiosa divengono i capisaldi di questa nuova cultura, è altrettanto vero che, nella pratica, teoria e prassi, principi ed applicazioni, spesso, non si corrispondono: lo stesso Voltaire, acceso sostenitore della libertà di pensiero, ma in segreto partner economico di trafficanti di schiavi, afferma senza esitazione la necessità di combattere in ogni modo la Chiesa (il celebre motto "schiacciate l’infame").

Il pensiero cristiano viene infatti denigrato e ripudiato sotto molti aspetti: l’illuminista Diderot, ad esempio, contrappone alla morale cristiana il modello del buon selvaggio tahitiano, che pratica, senza alcun falso scrupolo, l’incesto, l’adulterio, l’accoppiamento libero e casuale. Sulla stessa lunghezza d’onda si muovono le riflessioni di Morelly, Dom Deschamps e Restif de la Bretonne, che, "in omaggio alla dottrina settecentesca che considerava il tabù dell’incesto alla stregua di un pregiudizio religioso", arrivò ad avere rapporti con le sue stesse figlie. In campo economico poi, il pensiero illuminista francese era tributario del liberismo inglese, il quale rintracciava nella riforma anglicana e nella separazione dell’Inghilterra dalla Roma cattolica ad opera di Enrico VIII, l’origine del suo processo di modernizzazione economica. Così ai filosofi illuministi e ai "despoti illuminati" del Settecento (Maria Teresa d’Austria, Federico II di Prussia; Caterina II di Russia…) sembrava che, da una parte, fosse necessario assoggettare la Chiesa al potere politico (dottrina del giurisdizionalismo); dall’altra che occorresse sopprimere il più possibile gli ordini religiosi, per incamerarne i beni al fine di arricchire il potere statale e di rifornire di terre e di capitali la ricca borghesia imprenditrice. Succedeva insomma quello che era avvenuto in Inghilterra ai tempi di Enrico VIII e di Elisabetta, con l’esproprio massiccio dei terreni della Chiesa, affidati di solito ai più poveri, e quindi poco produttivi, e con la loro privatizzazione. E’ facile capire che, in questo clima, il potente ordine dei Gesuiti non fosse visto di buon occhio nelle corti europee, che, come dice il cardinale protagonista del film, apparivano a quell’epoca giungle insidiose e terribili. Infatti, oltre che proprietari di scuole e di beni appetibili per i vari Stati, i gesuiti si ergevano a difesa degli interessi degli indigeni nei paesi dell’America Latina sottomessa agli europei.

In Portogallo, il primo ministro, il marchese di Pombal, sostenne una vera e propria campagna di denigrazione contro la Compagnia di Gesù, cercando addirittura di instillare nel pontefice Clemente XIV il sospetto di poter essere avvelenato da un sicario gesuita. Tra le altre cose, "fece persino coniare delle monete con l’effige di un gesuita che si definiva re del Portogallo con il nome di Nicola I". Così, quando nella notte del 3 settembre 1758 il sovrano portoghese rimase leggermente ferito nel corso di un attentato da parte di ignoti, Pombal colse l’occasione per far sopprimere l’Ordine dei Gesuiti, da lui accusati di essere i mandanti. Ne sequestrò poi i beni, ne condannò alcuni a morte ed espulse gli altri dal paese. Similmente avvenne in Francia dove si giunse allo scioglimento dell’Ordine nel 1762. In Spagna invece l’espulsione dei 5000 gesuiti "durò lo spazio di un mattino": molti si imbarcarono su zattere di fortuna per raggiungere Roma ma morirono per mare. La persecuzione si estese ad altri paesi europei, finché papa Clemente XIV, coartato dai potenti dell’epoca, soppresse egli stesso la Compagnia fondata da S. Ignazio, nell’agosto del 1773. Ovunque, naturalmente, le terre e i beni dell’Ordine furono incamerati dagli Stati, che li rivendettero alla ricca borghesia, mentre le scuole gestite dai gesuiti divennero tra le prime scuole statali dell’età contemporanea. Se ora facciamo un passo indietro di pochi anni, al 1750, cioè all’epoca in cui è ambientato il film, possiamo comprendere il dramma interiore del cardinale gesuita protagonista: da una parte la sua volontà di salvare le missioni guaranì, dall’altra la paura che un gesto simile avrebbe provocato le ire del marchese di Pombal nei confronti della Chiesa in generale e del suo Ordine in particolare. Ma, come si è visto, il suo cedimento non valse a nulla, perché l’Ordine fu ugualmente travolto e gli indigeni finirono come, nelle corti, si era deciso ( C.Lugon, La rèpublique des Guaranis, Foi Vivante, Paris, 1949; Guido Sommavilla, La compagnia di Gesù, Rizzoli, Milano 1985).

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