Umberto Veronesi per la “pace”

A Milano il 18 e il 19 novembre 2010 si svolgerà la Seconda Conferenza Mondiale “Science for Peace” a cura della Fondazione Umberto Veronesi. Tra i partecipanti alla conferenza figurano diversi personaggi noti, sulla locandina di presentazione è infatti possibile leggere i nomi del Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, del sindaco di Milano Letizia Moratti, del ministro degli esteri Franco Frattini, del filosofo (collaboratore di MicroMega, Corriere della Sera, La Stampa e Le Scienze) Telmo Pievani, del Vice Presidente del Senato On. Emma Bonino e, per ultimo ma non ultimo, del Presidente dell’IAI (Istituto Affari Internazionali) Stefano Silvestri.

Colpisce vedere così tante personalità della politica e della cultura riunite per promuovere la causa della pace. Ma cosa si intende per “pace” e, soprattutto, cosa intende con tale termine l’organizzatore dell’evento, il prof. Veronesi?
Sulla presentazione della conferenza leggiamo:

Molti si chiedono perché, come uomo di scienza, mi stia impegnando per la pace. La risposta è: per continuare a combattere il dolore. Come medico mi sono reso conto che il primo bisogno dell’uomo è l’eliminazione della sofferenza…

Alleviare le sofferenze delle persone è stata da sempre una preoccupazione della civiltà nata col cristianesimo, una preoccupazione che ha dato grandi frutti, opere che vanno dall’invenzione degli ospedali nel medioevo alla recente realizzazione di opere come la “Casa sollievo della sofferenza” voluta da Padre Pio nel 1940. Ma, come da lui affermato, il prof. Veronesi non cerca solo di sollevare gli uomini dalla sofferenza, nelle sue parole egli afferma un cosa molto diversa, egli afferma che “il primo bisogno dell’uomo è l’eliminazione della sofferenza…” In queste parole emerge tutta la diversità della concezione antropologica materialista rispetto a quella religiosa, eliminare la sofferenza è un atto di carità per una persona di fede, ma non risponde al più importante, al “primo” bisogno dell’uomo.

Il primo bisogno dell’uomo è invece la ricerca di significato, la richiesta di senso per la propria vita, la risposta al perché della morte. L’eliminazione della sofferenza, purtroppo, è destinata a rimanere un’utopia che per smettere di essere tale e realizzarsi dovrebbe passare inevitabilmente attraverso l’eliminazione della morte. Un’eliminazione della sofferenza che non passasse per la vittoria sulla morte ignorerebbe infatti la più grande delle sofferenze e sarebbe quindi destinata al fallimento.

 “Come medico mi sono reso conto che il primo bisogno dell’uomo è l’eliminazione della sofferenza…” dice Umberto Veronesi, e così rivela che nella sua visione del mondo, l’obiettivo principale (che giustamente definisce da medico) è una “anestesia” per l’intera umanità. Ma si tratta in realtà di un’idea di seconda mano, un’idea già pensata dallo scrittore inglese Aldous Huxley nel suo libro “Il mondo nuovo” del 1932, un romanzo distopico basato sulle idee eugenetiche e positiviste ereditate dalla fine dell’ottocento, un libro in cui vengono passate in rassegna tutte le idee scientiste, dall’eugenetica all’eutanasia, passando attraverso l’uso delle droghe, impiegate per eliminare la sofferenza psichica e sostituire la religione.

 Al congresso di Milano saranno invitati anche i rappresentanti di diverse religioni tra cui quella cattolica, ovviamente non sappiamo quali saranno i loro interventi, sarebbe bello però che qualcuno parlando di “sofferenza” ricordasse quello che al riguardo ci ha lasciato Leonardo Mondadori nel suo libro autobiografico “Conversione”:
«La vita, per alcuni è cupa, per altri grigia. Per me è radiosa. Ci sono molti elementi che concorrono alla luminosità della mia esistenza attuale: innanzitutto, un mattino di quattro anni fa ho scoperto, in un colpo solo, di avere un tumore alla tiroide e un carcinoide al pancreas e al fegato, per cui da allora devo sottopormi ogni giorno alla terapia dell’interferone. […] Eppure, godo di una vita cristiana vibrante. Ed è questa visione di fede che, malgrado tutto, rende la mia esistenza radiosa

Sarebbe inoltre bello che qualcuno parlando di “pace” ricordasse quello che diceva al riguardo Madre Teresa di Calcutta in occasione del conferimento del Premio Nobel per la Pace nel 1979:
«Stiamo parlando di pace. Queste sono cose che distruggono la pace, ma io sento che il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto, perché è una guerra diretta – un’uccisione diretta – un omicidio commesso dalla madre stessa […] E oggi il più grande mezzo – il più grande distruttore della pace è l’aborto. E noi che stiamo qui – i nostri genitori ci hanno voluti. Non saremmo qui se i nostri genitori non lo avessero fatto. I nostri bambini li vogliamo, li amiamo, ma che cosa è di milioni di loro? Tante persone sono molto, molto preoccupate per i bambini in India, per i bambini in Africa dove tanti ne muoiono, di malnutrizione, fame e così via, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo è ciò che è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio stesso bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla

Ma purtroppo difficilmente parole come queste potranno essere udite, probabilmente prevarranno idee come quelle di Richard Dawkins che, commentando questo stesso discorso di Madre Teresa, senza spiegarne il senso, cosa che avrebbe richiesto solo di proseguirlo per qualche riga, afferma nel suo libro "L’illusione di Dio": «Quando ricevette il premio Nobel per la pace, nel suo discorso di ringraziamento madre Teresa di Calcutta disse: “Il più grande nemico della pace è l’aborto”. Che cosa? Come può una donna che emette giudizi così strampalati essere presa sul serio su qualsivoglia argomento e addirittura essere considerata una seria candidata al premio Nobel?»

Un altro libro di R. Dawkins, Il cappellano del diavolo, vede come curatore dell’edizione italiana Telmo Pievani, e quest’ultimo, come abbiamo visto, sarà protagonista della conferenza di Milano. Se, come tutto lascia prevedere, prevarranno idee come quelle di Dawkins, nonostante l’imponente dispendio di
risorse e i nomi “importanti” che interverranno, la conferenza di Milano edificherà su basi che non le permetteranno di fare molto per la causa della pace.

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. La pace che io vi do non è come quella del mondo…” Gv.14,27

MicroMega: perché un nome esoterico per una rivista materialista?

Articolo semiserio sulla nota pubblicazione:
? in edicola il n?7/2010 di MicroMega, e puntualmente spara ad alzo zero sulla religione. Il volume inizia infatti con una citazione di Proudhon: “La scienza non ha fatto progressi che dopo aver eliminato Dio”. Non è da meno il primo articolo che è titolato “Miseria della Fede” di Peter Atkins. Rispettivamente una balla grossolana la prima e un’affermazione opinabile la seconda, una tesi sostenuta da una “fiera dei luoghi comuni” a cui si potrebbe facilmente obiettare contrapponendo alla “miseria” della fede gli “splendori” dell’ateismo firmati da Stalin e Pol Pot.
Ma chi sono quelli di MicroMega?
Una definizione che MicroMega si è data è quella di essere “uno strumento per pensare e per cambiare, contro i conformismi dominanti”, parole queste in cui cogliamo una contraddizione: per essere veramente anticonformisti oggi bisognerebbe parlare a favore della Fede e della Chiesa Cattolica. Ma questi sono dettagli, quello che più incuriosisce è la scelta del titolo stesso della rivista: “MicroMega”.

Micromega (con la seconda ‘m’ minuscola) è il titolo di un racconto di Voltaire, al riguardo siamo autorizzati a pensare che, poiché la rivista è stata fondata da un filosofo come Paolo Flores d’Arcais, la scelta del nome non possa non essere stata profondamente ponderata. Riducendo ai contenuti essenziali il racconto di Voltaire a cui si fa riferimento, troviamo che il protagonista, Micromega, partito dalla stella Sirio in cui vive, giunge sul pianeta Saturno dove stringe un’amicizia con un suo abitante. Insieme a questi si dirige quindi su Giove e infine sulla Terra, dove scopre degli esseri minuscoli chiamati Uomini e ai quali, prima di partire, dona un libro contenente il “senso della vita”. La storia di riferimento della nota rivista però, lungi dall’essere una vicenda che propone il razionalismo materialista, altro non è che la descrizione di un viaggio iniziatico.

La stella di origine, Sirio, è infatti quella che nelle tradizioni esoteriche rappresenta la dea egizia Iside e che il più grande occultista del novecento, Aleister Crowley, riteneva così importane da riattivare un antico ordine iniziatico a lei dedicato, l’Astrum Argenteum. Un solo elemento però non può essere determinante nella lettura del racconto, troviamo allora il riferimento a Saturno e Giove, anche in questo caso dei significati cari al mondo dell’esoterismo, infatti, rinunciando in questa sede ad approfondirne i significati, Saturno e Giove sono i due pianeti simbolicamente rappresentati nell’opera alchemica “Melancholia” di D?rer. Il breve racconto di Voltaire sarebbe dunque l’indicazione del cammino iniziatico da compiere per giungere al “senso della vita”.

Ma poteva veramente essere questo il significato che Voltaire voleva dare al suo racconto? Un significato di questo genere sarebbe possibile solo in un ambito culturale permeato di esoterismo, corrisponde questo alla formazione culturale di Voltaire? Dal sito del Grande Oriente d’Italia http://www.goirsaa.it/goirsaa_Voltaire.htm possiamo apprendere che Voltaire fu iniziato alla massoneria nella loggia delle “Nove Sorelle”, l’iniziazione avvenne in una commovente cerimonia nella quale, per via della tarda età, venne sostenuto dal “fratello” americano Beniamino Franklin, e sebbene questo avvenisse pochi mesi prima della dipartita, testimonia la vicinanza del filosofo ad ambienti dell’esoterismo massonico caratterizzato dai noti riti egizi nei quali Iside e Osiride sono di casa.

Nel racconto Micromega vediamo inoltre che la filosofia che riscuote l’approvazione del visitatore di Sirio è quella di Locke, curiosamente troviamo che anche il filosofo inglese viene indicato come fratello massone dallo stesso sito del Grande Oriente. Sia Locke che Voltaire poi, “en passant”, da buoni oppositori dell’oscurantismo clericale, liberi dai pregiudizi cattolici, facevano affari con il commercio di schiavi. Forse è a questo tipo di libertà che pensa il prof. Atkins quando nel suo articolo “Miseria della fede” afferma:
A quanti non piace che l’idea che le libertà personali debbano essere violate dalle decisioni di un grande vecchio tribale (come un papa o un mullah)e limitate in nome di raccolte di antichi racconti e popolari e miti noti come “sacre scritture” di una marca dell’altra, sarebbe d’aiuto se certi aspetti del comportamento umano e il concetto di “bene” fossero rischiarati da un pensiero oggettivo.”.
Evidentemente ai tempi di Locke e Voltaire il “pensiero oggettivo” vedeva la schiavitù come un “bene” e quindi il pensiero del “vecchio tribale”, chiamato Papa, era un’ingerenza nella libertà dell’uomo moderno. Oggi probabilmente anche il prof. Atkins, come i pontefici del settecento, vede la schiavitù come un “male”, ma domani chissà… con buona pace del pensiero oggettivo da lui auspicato.

Aggiungiamo infine, anche se ovviamente si tratta di una coincidenza, che lo stesso Proudhon, con la cui grossolana citazione sulla religione si apre il numero 7/2010 di MicroMega, era un fratello massone. Quando si dice il caso…
Avviandoci alla conclusione, una cosa che possiamo dire con certezza, è che Voltaire era ferventemente anticattolico così come lo era Locke, e come è la rivista, in questo la scelta di riferirsi a Voltaire è pienamente coerente.

Le critiche di MicroMega alla Fede appaiono come il frutto di un pregiudizio e di un’avversione secolare, esse non vengono da posizioni neutrali: aveva torto Francis Bacon quando presumeva che la “scienza” avrebbe fatto a meno di avere degli “Idola”.
E adesso sappiamo quali sono gli “Idola” di MicroMega.

Ma ovviamente si è voluto solo scherzare, come tutti sanno, il titolo “MicroMega” vuol dire solamente “PiccoloGrande” e la linea editoriale della pubblicazione è assolutamente neutrale, oggettiva e libera da pregiudizi anticattolici.
Ma cosa voglia significare veramente il titolo “PiccoloGrande”, a meno che non ce lo voglia spiegare lo stesso Paolo Flores d’Arcais, rimane, almeno per il momento, un mistero.

Abbattere gli “Idola”

Solo i regimi totalitari propongono una cultura standardizzata, un orientamento univoco che inizia sui banchi di scuola e qualche volta termina con censori che ricordano il MinCulPop (il Ministero per la Cultura Popolare del fascismo).
Gli attuali “MinCulPop” ci hanno fatto credere ad esempio che scienza e fede siano incompatibili, cosa che ormai pensa la maggioranza delle persone, mentre quello che non viene detto è che la falsa contrapposizione tra i due “magisteri” (come li definiva il grande paleontologo S.J. Gould) appare a bene vedere come una cortina fumogena che nasconde l’ideologizzazione e dogmatizzazione della “scienza”, una realtà evidenziata da grandi autori del ‘900 come T.S. Kuhn e P.K Feyerabend.
Ovviamente le scoperte scientifiche e le formule non si prestano ad essere ideologizzate, ma altrettanto chiaramente soprattutto nel campo della biologia, le teorie sono state, nel corso della storia, il frutto di determinati riferimenti culturali che T.S. Kuhn definiva “paradigmi”.

La scuola cattolica (e gli insegnanti cattolici) come alternativa alla cultura dominante: La scuola cattolica viene in genere definita in base al fatto di essere “privata” ma in realtà dovrebbe essere definita virtù del suo essere “libera”. Se si vuole promuovere un insegnamento veramente “libero” è necessario svelare gli “idola” del proprio tempo (come li chiamava Francis Bacon nell’illusione che il metodo scientifico li avrebbe eliminati), è necessario mostrare che ogni rivoluzione scientifica non ha mai raggiunto una verità definitiva ma storicamente ha sostituito degli “idola” con altri.

Nell’arco di cinque incontri che si terranno a Roma (ai quali parteciperanno alcuni relatori  non cattolici o non credenti e quindi non di parte) si forniranno alcuni strumenti per questo lavoro di libero insegnamento delle scienze, i documenti prodotti verranno resi disponibili sul sito dell’organizzazione www.insegnamentoscienze.it
Essi saranno uno strumento per docenti, genitori e studenti che cerchino la verità riguardo ad argomenti sui quali spesso si stende un diffuso conformismo.

Dal sito “Insegnamento Scienze”:
FINALITÀ:
Nel momento in cui l’insegnamento delle scienze oltrepassa i limiti della conoscenza e della manipolazione del mondo fisico, giungendo a svolgere un ruolo determinante nella formazione di una determinata visione del mondo e di una conseguente antropologia, esso viene ad assumere un ruolo centrale nell’intera formazione scolastica. Se è vero che non esiste una verità scientifica di destra o di sinistra, laica o cattolica, non si può ignorare il fatto che inevitabilmente esistono letture della realtà che condizionano l’interpretazione dei fatti.

La conoscenza priva di "pregiudizi" teorizzata nel XVII secolo da Francis Bacon non può esistere nella realtà, una mente che sia effettivamente una tabula rasa è una contraddizione, è qualcosa "impossibile ad ottenersi, ad eccezione che con la morte" (D. Antiseri – Didattica delle scienze). La stessa scienza baconiana nasceva come strumento non indipendente dal potere politico "…il controllo sulla conoscenza era concepito come uno strumento del potere statale. Uno stato che abdicasse al suo diritto di sorvegliare le opinioni metteva a rischio la sua autorità." (S. Shapin – La rivoluzione scientifica).
Se la conoscenza in sé, intesa come dati e formule, non può che essere neutrale, le teorie scientifiche includono inevitabilmente una determinata visione della realtà, le teorie si riferiscono a dei "paradigmi" kuhniani che sono conseguenti alla società del tempo, agli "idola" di quel determinato momento storico. Una finalità irrinunciabile per una scuola "libera" non può che essere il mettere in evidenza gli "idola" che si mimetizzano ad uno sguardo che si muova all’interno al paradigma del momento, questo non significherà pretendere di raggiungere quella tabula rasa che sappiamo irragiungibile, servirà però a far comprendere che se ognuno ha i suoi "idola" è importante scoprire quali siano quelli di coloro che dichiarano di non averne.

Nella Nova Atlantis di Francis Bacon gli scienziati sono rappresentati come una casta sacerdotale, oggi tale modello appare ampiamente realizzato e la scienza anziché liberare l’uomo dai dogmatismi degli "ipse dixit" sembra averlo spinto verso i rischi di un nuovo dogmatismo che può essere tanto più insidioso quanto più si trincera dietro una dichiarata infallibilità attribuita al "metodo". In una realtà che vede riproporre una presunta (e mai dimostrata) incompatibilità tra scienza e fede, il ruolo degli insegnanti della scuola cattolica, nel suo pieno senso di "universale", dalla posizione privilegiata di chi osserva la storia nel suo dispiegarsi lungo i secoli vedendo il mutevole susseguirsi delle varie filosofie, deve essere proprio quello di indicare come realtà provvisorie e non come verità dogmatiche quelle parti delle teorie che sono frutto dei "paradigmi" del momento.

Il ciclo di conferenze che si svolgeranno tra il 2010 e il 2011, e i documenti che si troveranno sul sito www.insegnamentoscienze.it , saranno utili ad una ricerca degli "idola" di questo momento storico e ad un’analisi critica dei conseguenti paradigmi.

Stephen Hawking: Dio non esiste gli alieni sì



Hawking: “Non fu Dio a creare l’universo”

La Repubblica, 03 settembre 2010
Se, come le virgolette lasciano intendere, questa frase fosse veramente stata pronunciata dal celebre fisico Stephen Hawking, si tratterebbe di un brutto colpo. Ma non si tratterebbe di un brutto colpo per la religione, come si potrebbe pensare, bensì per la scienza.
Prendendo in prestito un linguaggio usato dai militari, le parole di Hawking si potrebbero infatti definire un incidente di “fuoco amico”, termine col quale si indicano quelle azioni in cui, credendo di colpire gli avversari, si colpiscono invece le proprie linee.

Come giungerebbe infatti Hawking alla conclusione che la nascita dell’universo non è stata originata da un intervento divino? Lo spiega un passaggio dello stesso articolo di Repubblica: “l’universo può essersi creato da sé, può essersi creato dal niente” e dunque “non è stato Dio a crearlo”. Chiunque può verificare quanto sia arbitrario quel dunque posto tra le due affermazioni virgolettate, la speranza è che esso sia stato aggiunto forzando così il pensiero originale, una mente come quella di Hawking non potrebbe cadere nel banalissimo errore di confondere una proposizione che esprime una possibilità con una che invece implica una necessità. Per rendere più evidente tale errore si può ricorrere ad un semplice esempio, affermare infatti che “l’universo può essersi creato da sé, può essersi creato dal niente” e dunque “non è stato Dio a crearlo” sarebbe come affermare che “un vaso può cadere da un davanzale a causa di un colpo di vento” e dunque “un vaso che cade non è stato spinto da nessuno”.

Ma proviamo a spingerci oltre e cerchiamo di capire cosa è che fa pensare ad Hawking che l’universo si sia formato da solo. Leggiamo ancora sullo stesso articolo: “Poiché esiste una legge come la gravità, l’universo può essersi e si è creato da solo, dal niente.” Riprendendo ancora una volta l’esempio del vaso che cade, l’affermazione riportata sarebbe l’equivalente di: “Poiché esiste una legge come la gravità, il vaso può essere caduto da solo”. Evidentemente la legge di gravità può solo spiegare solo “come” il vaso cada, non “perché” è caduto, la gravità non può dirci se la caduta sia stata originata da un colpo di vento o dal gesto di qualcuno.

Dagli elementi che ci sono stati forniti dalla stampa, emerge che sull’origine dell’universo al momento non vi è alcuna novità rispetto al passato, la prima pagina che il “Times” di Londra ha dedicato alle affermazioni di Stephen Hawking sembra quindi non rendere un buon servizio alla diffusione di una mentalità autenticamente scientifica. Salvo eventuali future precisazioni e chiarimenti, un episodio come questo segna un punto a favore di una visione dogmatica della scienza, un passo indietro rispetto a quella “Rivoluzione scientifica” che, tra il XVI e il XVII secolo, rifiutava gli “ipse dixit”. Proprio questo è un’affermazione come “non fu dio a creare l’universo”, un nuovo “ipse dixit” reclamizzato sulla prima pagina del “Times”.

Ma per completare il discorso è necessario affrontare un’altra recente affermazione del fisico inglese, questa volta la riportiamo dal Corriere della Sera del 25 aprile 2010:
Hawking: “Gli alieni? Esistono ma sarebbe molto meglio evitarli”.
Sintetizzando l’Hawking pensiero, si potrebbe dunque affermare: Dio non esiste, gli alieni sì.
E pensare che fino a pochi anni fa il fisico inglese sosteneva il contrario, che Dio fosse compatibile con la scienza e gli alieni no.

In questa vicenda dove Dio viene “scientificamente” escluso e gli alieni “scientificamente” provati, l’unica “legge” che sembrerebbe essere confermata è quella derivata da un motto attribuito a Chesterton: Quando la gente smette di credere in Dio, non è vero che non crede in niente, perché crede in tutto.

Ma un’ipotesi si affaccia su tutta la vicenda, l’ipotesi che il nome di Hawking sia stato coinvolto in una più o meno consapevole campagna pubblicitaria, che le sue affermazioni siano state per tale motivo forzate oltre le reali intenzioni dello scienziato. La possibilità viene suggerita dalla lettura di un altro brano del sopracitato articolo del Corriere della Sera: Le teorie del ricercatore verranno presentate in una serie di documentari che dai prossimi giorni andranno in onda sull’emittente britannica Discovery Channel.

Restiamo in attesa di eventuali sviluppi e approfondimenti.

L’ultima Follia

Sul sito Godblock.com puoi scaricare un programma per tenere Dio lontano dalla tua navigazione.” Con queste parole inizia un articolo intitolato “L’ultima follia corre sul web: filtro blocca i programmi religiosi”, pubblicato il 26 agosto scorso sul Corriere della Sera: Dio è considerato un contenuto osceno o un virus informatico .

Andando a verificare sul sito Godblock.com si possono trovare le motivazioni che hanno spinto alla nascita del filtro “anti Dio”: “Nell’ultimo secolo, gli Stati Uniti hanno visto il risorgere delle religioni fondamentaliste. Fondamentalisti Evangelici, Mormoni, Battisti, Musulmani, e Ebrei hanno portato indietro i progressi nelle scienze, nei diritti umani, nei diritti civili, e nella protezione dell’ambiente. Come possiamo invertire questo trend e raggiungere il resto del mondo nella graduale secolarizzazione della società e del governo?

Andando a scaricare il programma ci si accorge però che non è ancora disponibile, sono però da subito accettate e gradite offerte di denaro. L’iniziativa potrebbe far sorridere qualcuno, ma in realtà è uno dei primi effetti di un’idea portata avanti da ambienti vicini all’ateo darwinista Richard Dawkins che, con milioni di copie vendute in tutto il mondo, propaganda da anni l’idea che la religione sia una specie di “virus” della mente (un virus della mente viene definito “meme”) e che come tale vada trattata e curata.

Tale tesi è stata sviluppata nel libro “Il gene egoista” del 1976, nel quale possiamo leggere affermazioni come la seguente: “Quando si pianta un meme fertile in una mente, il cervello ne viene letteralmente parassitato e si trasforma in un veicolo per la propagazione del meme, proprio come un virus può parassitare il meccanismo genetico di una cellula ospite […]Consideriamo l’idea di Dio. Non sappiamo in che modo si sia originata nel pool memico […]Un altro membro del complesso dei memi religiosi si chiama fede” . Col filtro Godblock si vuole quindi trattare da “virus informatico” il concetto di Dio, ma poiché non è il computer ad essere danneggiato da tale “virus” ma la mente, il concetto di Dio finisce col somigliare più ad un contenuto osceno, un’immagine pornografica dalla quale preservare i bambini fino a quando non saranno in grado di difendersene.

L’idea del concetto di Dio considerato come “osceno”, dal quale è quindi necessario preservare i cittadini, non è anch’essa nuova, si trova infatti formulata dallo scrittore inglese Aldous Huxley nel libro “Il mondo nuovo” del 1932. Il filtro ha dunque questa funzione di preservare i giovani dall’oscenità rappresentata dalla religione, è infatti stato pensato per: “genitori e scuole che desiderano proteggere I loro bambini dal materiale spesso violento, sessualmente e psicologicamente, di molti testi sacri.” La logica conseguenza della teoria che tratta il concetto di Dio come un “virus” mentale è che se non si riesce a prevenirne il contagio si dovrà necessariamente provvedere alla cura.

L’idea che i credenti, oltre che “cretini” come li definisce l’equivalente nostrano di Dawkins, Piergiorgio Odifreddi, siano anche dei malati di mente, è quindi stata già proposta, si potrebbe forse un giorno vedere di fianco alle sedute di gruppo degli “alcolisti anonimi” delle sedute di “credenti anonimi” avviati al programma di recupero, le sedute potrebbero iniziare allo stesso modo, si direbbe il proprio nome e cognome davanti agli altri disposti in cerchio e si proseguirebbe aggiungendo “…e sono un credente”. La cosa potrebbe, come dicevamo, far sorridere. Sorridevano nei loro salotti anche i nobili russi descritti da Dostoewskij nei “Demoni” di fronte alle teorie dei rivoluzionari dell’ottocento, li ritenevano curiosi e stravaganti.

Gli effetti della riscrittura della storia





“Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato. – George Orwell 1984”.

George Orwell a soli 19 anni era entrato nella polizia imperiale inglese, a 33 aveva poi combattuto con i marxisti-trotzkisti nella guerra civile spagnola, due anni dopo dovette fuggire perché il Partito Comunista spagnolo li aveva dichiarati fuorilegge. Ne sapeva molto sugli strumenti del potere, aveva ben chiaro che la riscrittura del passato è determinante per orientare le masse.

I mezzi con i quali si forma l’orientamento delle masse vanno dai testi scolastici ad istituzioni culturali che per la loro autorevolezza hanno una notevole influenza sulla coscienza collettiva. ? rilevante ad esempio la ricaduta di iniziative come quella portata avanti da National Gographic nel 2006 quando fu pubblicata la traduzione in italiano del “Vangelo di Giuda”, testo gnostico datato intorno al 130 /170 d.C.

Il Vangelo di Giuda propone una riscrittura del Nuovo Testamento nella quale si sostiene che sia stato lo stesso Gesù a chiedere a Giuda di tradirlo, questo avrebbe indicato nella morte l’unica liberazione dal Dio della Bibbia che tiene gli uomini schiavi, prigionieri del loro corpo.

Evidentemente quel testo ha lo stessa attendibilità che avrebbe una vita di Hitler scritta nel 2045, un secolo dopo la sua morte, e nella quale si dicesse che Adolf Hitler in realtà era un agente britannico e che il suo vero scopo era di trascinare la Germania in una guerra rovinosa che avrebbe dovuto perdere per favorire l’impero inglese.

Ovviamente una rivelazione del genere non avrebbe alcuna credibilità presso una testata autorevole.

Il “Vangelo di Giuda” a quanto pare sì.

National Geographic è stato fondato nel 1933 da Gardiner Greene Hubbard, il suo secondo presidente fu il genero, quell’ Alexander Graham Bell, noto nel mondo anglosassone per l’invenzione del telefono (che venne negata a Meucci) e meno noto per essere stato un fervente sostenitore dell’eugenetica.

La scienza in ambito anglosassone è in genere di orientamento positivista e il fatto che un presidente del National Geographic fosse un sostenitore dell’eugenetica non può sorprendere chi conosce il clima culturale del XIX secolo.

Se episodi come quello del Vangelo di Giuda possono essere relativamente sporadici è invece profondamente radicata e persistente l’idea di un passato oscurantista dal quale saremmo stati liberati proprio dalla scienza positivista, un interessante esempio di questo è possibile trovarlo nel numero di luglio 2010 di “Storica“, rivista del National Geographic.

In un articolo su Niccolò Copernico viene affermato infatti che la teoria eliocentrica non fu presa in grande considerazione:

“…tanto più che il più famoso astronomo dei primi secoli dell’era cristiana, l’alessandrino Claudio Tolomeo (100 circa – 175 circa), stabilì inequivocabilmente che al centro di tutto vi fosse la Terra.”

? facile, dopo aver letto questa frase, farsi l’idea che sia stata una idea cristiana quella di rifiutare definitivamente il sistema eliocentrico e di porre la Terra al centro dell’Universo.

Basterebbe però specificare che Claudio Tolomeo, che era famoso anche per aver scritto “Le previsioni astrologiche” non era cristiano e che nel secondo secolo il cristianesimo era mal tollerato nell’impero romano e che quindi non avrebbe potuto influenzare il pensiero del mondo culturale dell’epoca.

Basterebbe ricordare al lettore che la Terra al centro dell’Universo era un’idea affermatasi con Aristotele nella Grecia del IV secolo a.C., che si trattava dunque di una convinzione totalmente precristiana, per non indurre nell’equivoco fondante la leggenda dell’oscurantismo cristiano.

Che si intenda al contrario generare la convinzione di un oscurantismo cristiano antiscientifico viene confermato dalle ultime righe dell’articolo, riferito alla teoria del prete polacco Niccolò copernico, in cui si legge:

“Era nata la teoria eliocentrica che, nonostante la fortissima opposizione della Chiesa cattolica, si avviò a diventare il fondamento della scienza moderna”

Ecco dunque confermata l’idea che fu la Chiesa ad opporsi ad un eliocentrismo che sembrerebbe invece ben accolto nel resto d’Europa.

Peccato però che fosse stato Martin Lutero il primo a condannare l’eliocentrismo affermando che Copernico era uno sciocco che intendeva mettere sottosopra l’intera scienza dell’astronomia[1];

che la teoria copernicana venisse insegnata nel ‘500 nella cattolica università di Salamanca;[2]

che il più importante astronomo del XVI secolo, Tycho Brahe, pur accettando il sistema copernicano volesse salvare la centralità della Terra;

che nelle università dell’anglicana Inghilterra si insultasse Giordano Bruno e la sua difesa dell’eliocentrismo;[3]

che l’eliocentrismo di Bruno fosse permeato di magia;[4]

che il padre della scienza inglese, Francis Bacon non fosse per nulla convinto del copernicanesimo fino alla morte avvenuta nel 1626;[5]

che il fisico francese Gilles Personne de Roberval, stimato da contemporanei quali Fermat e Pascal, nel 1634 scriveva un trattato in cui ipotizzava che potesse essere falso sia il modello tolemaico che quello copernicano;[6]

che insomma la Chiesa cattolica nel ‘500 sia stata disponibile ad accogliere le idee del sacerdote Copernico e che fu invece tutto il mondo culturale e scientifico del XV secolo e dell’inizio del XVI ad opporre una forte resistenza all’idea che fosse la Terra a girare intorno al Sole.

Ma dire questo significherebbe essere costretti a fare chiarezza su cosa veramente fu il processo a Galilei, a farla senza cadere nei luoghi comuni inventati dalla fantasia di Bertold Brecht e ripetuti come fossero verità, cosa che evidentemente ci piacerebbe vedere sulle Pagine di National Geographic. Restiamo in paziente attesa.

Parlando della riscrittura del passato, ci soffermiamo ancora un po’ sulla leggenda della “papessa Giovanna” riproposta in un film, gli ultimi dubbi riguardo al suo utilizzo come strumento di riscrittura del passato vengono tolti dalla raccomandazione di History Channel alla visione del film, infatti nella pubblicità apparsa sui giornali appare la dicitura “Consigliato da History Channel” insieme ad una che afferma “Il film che racconta uno dei più grandi segreti della chiesa“. Come può una leggenda grossolana essere passata come fatto storico e raccomandata da un canale tematico di storia?

Fatto sta che l’alterazione del passato inizia a dare i suoi frutti, nella cittadina laziale di Anzio è stato posto un monumento a Nerone, una statua di bronzo la cui realizzazione è stata motivata dal sindaco Luciano Bruschini secondo il quale il fatto che fu egli a causare l’incendio di Roma sarebbe solo frutto di “ridicole ricostruzioni storiche e cinematografiche… A distanza di venti secoli, finalmente – scrive Bruschini -, gli storici seri stanno rivalutando la figura di Nerone: un grande imperatore, amato dal suo popolo, per le sue coraggiose riforme sociali e per il lungo periodo di pace che ha caratterizzato il suo principato[7] Ecco quindi che le “ridicole ricostruzioni storiche” diventano quelle di Tacito e Svetonio negli stessi giorni in cui la papessa Giovanna diventa fatto storico.

Che gli anticorpi contro le falsità siano ormai bassi lo dimostra il tenore dei commenti alla notizia che appaiono sul sito del quotidiano romano “Il Messaggero”:

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=108524&sez=HOME_ROMA&ctc=0#commenti

A parte le numerose inesattezze e le risposte fuori argomento, nessuno dei commentatori obietta che Nerone nella seconda parte del suo regno non era affatto “amato dal suo popolo“, che venne definito “nemico del genere umano” da Plinio il Vecchio, che morì travolto dall’odio di vasti strati sociali originato dai rovesci economici da lui causati, che non è vero che sotto Nerone ci sia stato “un lungo periodo di pace” perché sotto il suo regno esplose la Guerra Guidaica, descritta dallo storico Giuseppe Flavio, una guerra sanguinosissima e terminata solo con la distruzione totale di Gerusalemme e la deportazione degli ebrei in tutto il mondo.

Una guerra i cui effetti ancora si ripercuotono sul mondo contemporaneo: senza Nerone non avremmo avuto la diaspora e di conseguenza le premesse per il conflitto arabo-israeliano.

Il monumento a Nerone negando la verità storica colpisce non solo la memoria di moltitudini di cristiani martirizzati ma anche di un elevatissimo numero di ebrei che furono uccisi sotto il suo impero, però nessuno se ne accorge.

Sono gli effetti della riscrittura della storia.



[1] Le Scienze “I grandi della scienza”, ottobre 2004 pag. 41

[2] Ibidem pag. 80

[3] Le Scienze “I grandi della scienza”, marzo 2004 pag. 15

[4] Paolo Rossi, Francesco Bacone – Il Mulino 2004 pag. 57

[5] Ibidem

[6] Ibidem pag. 56

[7] Il Messaggero 28 giugno 2010




Resistenza antimassonica

 
“AVANZATA MASSONICA” è il titolo di un’intervista rilasciata dal Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Gustavo Raffi, al settimanale Il Punto del 10 giugno 2010.
A quanto pare infatti in Italia gli iscritti alla Massoneria sono quasi raddoppiati negli ultimi 10 anni, ma c’è qualcosa che ostacola questa avanzata:

…ogni volta che uno dei nostri fratelli ammette pubblicamente di essere massone, mentre negli Stati Uniti diviene un professionista rispettato, in Italia all’improvviso lo si guarda storto.”

Prendiamo dunque atto che a differenza degli USA in Italia esiste una certa diffidenza verso i liberi muratori, è importante cercare di analizzare le ragioni di tale diffidenza, non possiamo lasciare l’impressione che si tratti solo di un’endemica arretratezza culturale.
Cos’è che ci rende così diversi dai cittadini statunitensi, perché da noi, a quanto sembra, sono in tanti coloro che “guardano storto” i fratelli massoni ?

Quello che ci rende così diversi dai cittadini statunitensi forse è la presenza di qualcuno con ancora qualche velleità di cattolicesimo, qualcuno che ancora è a conoscenza di un passato caratterizzato da una contrapposizione feroce tra cattolicesimo e massoneria.

Non era forse proprio un predecessore del Gran Maestro Gustavo Raffi, il Gran Maestro Giuseppe Garibaldi ad appellare Papa Pio IX “metro cubo di letame”, e non era forse lo stesso predecessore Giuseppe Garibaldi a promuovere un progetto per la deviazione del fiume Tevere con il quale “Voleva farlo passare dietro San Pietro, previa – ovviamente – la demolizione della Basilica, fornendo così una doppia utilità ai cittadini: la salvaguardia dalle alluvioni e la sparizione della chiesa che rappresentava un potere mefitico, indegno dei tempi nuovi.
La demolizione della Basilica di San Pietro sarebbe avvenuta ovviamente in nome della Ragione per combattere la “vecchia barbarie” , come ebbe a definire il cattolicesimo il conte massone Giuseppe Ricciardi.

O forse qualcuno ancora è a conoscenza del fatto che nel 1869:
in reazione al Concilio riunito da Pio IX che proclamò l’infallibilità papale, il conte massone Ricciardi organizzò, non senza difficoltà, un «anticoncilio»
All’Anticoncilio organizzato dal Ricciardi il Gran Maestro Giuseppe Garibaldi aderì entusiasticamente scrivendo:

Caprera , 19 gennaio 1869

Mio caro Ricciardi

Riunire in un solo campo tutti i liberali, e poi nel dicembre prossimo i liberi pensatori del mondo in Napoli, è opera veramente grande, e ve ne auguro la realizzazione. Col primo progetto voi tentate di risanare le piaghe sociali che affliggono questo nostro paese, e col secondo recidere la cancrena sacerdotale che lo appesta.

Dio benedica il santo proposito (a quale Dio si riferisce Garibaldi? Ndr), e sono

Vostro – Garibaldi

Il Grande Oriente prudentemente non aderì ufficialmente all’Anticoncilio ma dalle memorie del Ricciardi veniamo informati che:
Fra italiane e francesi, meglio di sessanta furon le logge, da cui ebbi lettere approbative…

Ma forse qualche cattolico ancora “guarda storto” perché è a conoscenza di quel che avvenne in occasione del trasferimento della salma di Pio IX alla Basilica di San Lorenzo al Verano:
Pio IX morì in Vaticano il 7 febbraio 1878; la sua salma, provvisoriamente deposta nella basilica Vaticana, tre anni dopo fu tumulata in S. Lorenzo fuori le Mura. Ma il trasporto subì l’estremo oltraggio degli anticlericali, perlopiù massoni, che avevano organizzato una dimostrazione nel tentativo di buttare ne Tevere quella che chiamavano la «carogna» di Pio IX.

Forse qualcuno ancora conosce e ha letto le due encicliche che scrisse Papa Leone XIII sulla Massoneria, la Humanum Genus del 1884 e la Inimica Vis del 1892 che al punto, riferendosi ad entrambe afferma:
Con queste due Lettere strappammo dal viso della massoneria la maschera onde si velava agli occhi dei popoli, e la mostrammo nella cruda sua deformità, nella sua tenebrosa e funestissima azione.”

O forse qualcuno “guarda storto” perché si domanda come sia possibile che, usando ancora le parole del Ricciardi, sia possibile dichiarare una “guerra implacabile al papa, al papato ed alle superstizioni di ogni maniera, ch’è appunto uno dei fini della massoneria…” e poi scoprire che Giuseppe Mazzini che “fondo’ la "Giovine Italia", non figlia, ma nipote della Massoneria.” fosse un uomo che “Riteneva possibile sia l’infestazione che l’ispirazione, forme classiche della medianità. Egli anzi vedeva nello spiritismo la religione dell’avvenire…

O forse qualche cattolico “guarda storto” perché ha letto le parole che il massone Francesco Crispi scrisse sul giornale La Riforma in favore dell’imbalsamazione della salma di Mazzini:
Noi tutti, operai del Progresso, abbiamo a poco a poco distrutta una fede che per secoli era bastata al nostro popolo…

E forse qualcuno, non ha importanza che sia cattolico, ricorda che dopo aver “distrutta” la fede di un popolo, lo stesso Crispi collocatosi tra “operai del Progresso” dimostrò di avere una strana idea di cosa fosse il progresso e regalò alla neonata Italia il primo di una interminabile serie di scandali, lo scandalo della Banca Romana. La responsabilità di Crispi, allora capo del Governo, fu svelata dall’avversario politico Giovanni Giolitti che consegnò al parlamento:
…102 lettere che riguardavano Francesco Crispi… apparve evidente che la disinvoltura degli affari della Banca Romana erano il risultato delle sue pressanti raccomandazioni. […] Ritenne di non aver altra via d’uscita che instaurare una mini-dittatura.”

Forse qualcuno, cattolico o no, ricorda che dalla “mini-dittatura” di Crispi si passò alla dittatura fascista della quale la Prof. A. M. Isastia dell’Università La Sapienza di Roma, nella collana massonica “La Bautta” dice:
Se è vero che molti massoni parteciparono alla riunione di Piazza San Sepolcro; se è vero che i Grandi Maestri di Palazzo Giustiniani e di Piazza del Gesù ebbero contatti con Mussolini prima della marcia su Roma… se è vero che i Quadrumviri erano massoni; se insomma, in una parola, l’ascesa del fascismo fu un gigantesco complotto massonico, perchè…l’atteggiamento del fascismo al potere fu subito, apertamente antimassonico?” .
Solo in un secondo momento dunque l’appoggio delle Logge fu seguito dal voltafaccia del Duce che, non fidandosi di chi lo aveva aiutato nell’ascesa al potere, si rivoltò contro i “fratelli” decretando nel 1923 l’incompatibilità tra adesione al Partito Nazional Fascista e iscrizione alla Massoneria.

Ormai giunti agli anni ’20 ci fermiamo, quanto avvenuto sino a quell’epoca (di cui si è fornito solo un ridottissimo resoconto), appare sufficiente a spiegare perché in un’Italia che affo
nda le proprie radici nel cattolicesimo la Massoneria è guardata spesso “storto”, a differenza di quanto può avvenire in un paese di tradizione protestante dove l’ostilità al papato è stata da secoli condivisa dalle chiese riformate. Riguardo ai tempi attuali possiamo però aggiungere la Dichiarazione sulla massoneria un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede (dell’allora cardinale Joseph Ratzinger), del 26 novembre 1983 e approvata da papa Giovanni Paolo II:
 “Rimane pertanto immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione.

Ma voglio concludere con una nota di ottimismo per il Grande Oriente, non si scoraggi il Gran Maestro, la memoria storica va gradualmente ma inesorabilmente perdendosi col degrado culturale, ciò che è stato scritto in queste righe non arresterà certamente il fenomeno, e se anche un residuo di conoscenza dei fatti rimanesse nella coscienza collettiva, l’opera di scristianizzazione (della quale tanto si vantava Francesco Crispi) proseguirà il suo cammino e farà in modo che presto l’avversione al cattolicesimo non sia più un motivo per “guardare storto” qualcuno.

Ci mancava la Papessa…

Dopo l’Ipazia, da qualcuno definita “illuminista”, portata sul grande schermo con il film Agorà, è adesso la volta del film La Papessa del regista Sonke Wortmann. In attesa di una eventuale prossima uscita di Pippo Pluto e Paperino in Vaticano possiamo goderci quest’ultima mega produzione europea la quale propone un falso medievale piuttosto grossolano che fu messo in giro dalla nobiltà antipapista tedesca per cercare di screditare il papato in un momento in cui esso rivendicava la sua indipendenza dal potere politico.

La vicenda venne nei secoli successivi ripresa da vari autori tra i quali Boccaccio e il Belli, la storia che viene raccontata è quella di una donna che riesce ad entrare in seminario e a percorrere tutti i gradi delle gerarchie ecclesiastiche fino a farsi eleggere papa nel’anno 855 col nome di Giovanni VIII. Peccato però che nell’855 venne eletto papa Benedetto III che regnò fino all’anno 858, e non il presunto Giovanni VIII che sarà realmente eletto nell’anno 872.

Con l’uscita di questa pellicola un pubblico già logorato ai fianchi dalla saga di Dan Brown, colpito allo stomaco dall’uccisione della bella Ipazia, potrebbe pericolosamente barcollare sotto il peso di una papessa medievale che si fa beffe del collegio cardinalizio e finisce per di più uccisa dai cattolici proprio come la sfortunata collega filosofa di Alessandria.

Ma sorprendentemente una “papessa” è esistita veramente, però è una figura che non essendo cattolica risulta molto meno appetibile dai media, tanto che quando si è parlato di uno scandalo che l’ha riguardata lo spazio dedicato è stato un classico trafiletto. Il 24 febbraio 2010 compariva sui quotidiani la notizia che la presidente della Chiese evangeliche tedesche, la cinquantaduenne Margot Kaessmann, eletta “papa” nel 2009 era stata denunciata dalla polizia di Hannover con l’accusa di guida in stato di ubriachezza. Il giorno dopo la Kaessmann rassegnava le dimissioni ponendo fine alla sua esperienza di papessa durata solo quattro mesi.

La realtà spesso è meno avvincente della fantasia, le Chiese evangeliche tedesche poi non interessano quanto la chiesa Cattolica, fortunatamente non vedremo sullo schermo la storia della papessa ubriaca.

La Sindone, Odifreddi, l’UAAR e le bufale

“L’INGANNO DELLA SINDONE” è il titolo del numero 4/2010 della rivista Micro Mega. Per l’occasione la nota pubblicazione ha messo generosamente in campo alcune delle sue firme migliori, prima fra tutte quella del matematico Piergiorgio Odifreddi.

Ed è proprio del prof. Odifreddi il primo intervento su “l’inganno della Sindone”. Quello che maggiormente colpisce nell’intervento di Odifreddi è il passaggio in cui il matematico porta a sostegno della tesi della falsità del reperto il parere negativo espresso nel 1389 dal vescovo di Troyes.

Scopriamo in questo modo che, quando torna utile, anche il parere degli ecclesiastici, e per giunta medievali, può essere attendibile. Successivamente il prof. Odifreddi contesta ai “fedeli” di essere incoerenti nel rifiutare la datazione della Sindone ottenuta col metodo del radiocarbonio e di accettare invece l’autenticità delle reliquie di san Paolo dedotta in seguito ad una datazione eseguita con lo stesso metodo.

Questo fatto viene denunciato dall’autore come contraddittorio con le seguenti parole: “da quella datazione di duemila anni fa Benedetto XVI ha immediatamente e solennemente dedotto l’autenticità delle reliquie dell’Apostolo delle Genti, compiendo un errore logico sorprendente per un papa che si suppone «filosofo»!”

Ma applicando la stessa logica alle considerazioni del prof. Odifreddi otteniamo un risultato interessante: “da quella affermazione di 621 anni fa, il prof. Odifreddi ha immediatamente e solennemente dedotto la falsità della reliquia della sindone compiendo un errore logico sorprendente per un professore che si suppone «logico»!

A questo va aggiunto il fatto che la differente valutazione dei risultati ottenuti col radiocarbonio nei casi della Sindone e dei resti di san Paolo ha, contrariamente a quanto sostenuto dall’articolista, una motivazione razionale. Infatti la Sindone essendo stata esposta al pubblico e maneggiata ripetutamente nel corso dei secoli, ed essendo inoltre stata sottoposta ad una contaminazione da parte dei fumi dell’incendio del 1532, ha subito un inquinamento del tessuto che ne rende difficoltosa la datazione, a differenza di quanto avvenuto per i resti attribuiti a san Paolo che sono invece rimasti isolati dall’ambiente esterno.

Ma già che siamo entrati nel campo della logica ne approfittiamo per domandare lumi su un’altra questione che necessita di essere chiarita. Il prof. Odifreddi è notoriamente uno dei presidenti onorari dell’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), al riguardo il dubbio è questo: Posto che essere atei significa “credere” che Dio non esiste (si deve necessariamente credere perché la cosa non è dimostrabile), e posto che essere agnostici significa sospendere il giudizio sull’esistenza di Dio e quindi rifiutarsi di “credere” sia alla sua esistenza che alla sua non esistenza, come si possono unire nello stesso insieme due categorie che si escludono l’una con l’altra?

In altre parole si può essere credenti o (aut) non credenti, ma non si può essere credenti e (et) non credenti. Una unione di atei e agnostici diventa quindi dal punto di vista razionale una contraddizione in termini, come un’associazione di “laziali e romanisti”. Ma a questo punto la faccenda si complica proprio per via del fatto che la “R” di UAAR sta a d indicare “razionalisti”.

Poiché un’associazione di credenti e non credenti può essere accettata solo nel campo dell’irrazionalità, ci veniamo a trovare di fronte ad una di quelle antinomie tanto care proprio ai matematici, uno di quei casi in cui non si può arrivare ad una soluzione che non sia contraddittoria: se nell’insieme ci sono “credenti e non credenti” l’unica possibilità è che si tratti di una classe di elementi tenuti insieme da considerazioni irrazionali, se l’insieme è invece regolato dalla razionalità non può essere definito per via del fatto di contenere “credenti e non credenti”.

Esiste però una soluzione che appare razionalmente possibile, è quella secondo la quale il criterio di appartenenza non sia il fatto di essere atei o agnostici, il criterio di appartenenza sarebbe deducibile dall’unica categoria non rappresentata, si tratterebbe quindi di una definizione per esclusione: quella dei credenti in Dio.

L’associazione in questione sarebbe allora meglio definita come quella di coloro che non credono in Dio o che, non avendo certezze sulla sua esistenza, comunque si comportano come se Dio non esistesse “etsi Deus non daretur”.

E allora perché scomodare anche in questo caso la razionalità? Si tratta di un postulato, di una scelta che si effettua senza certezze razionali. In attesa che il «logico» prof. Odifreddi chiarisca la situazione (speriamo che non si debba aspettare i 637 anni trascorsi prima di dimostrare l’ultimo teorema di Fermat), possiamo procedere ulteriormente nella lettura del suo intervento sulla Sindone concordando, almeno in questo caso, con le parole espresse riguardo ai tentativi effettuati di riprodurre la Sindone con i mezzi attualmente a disposizione: “…anch’io non sono particolarmente impressionato dalla riproduzione di Pesce Delfino o Garlaschelli.”

 La riproduzione del prof. Garlaschelli, docente di chimica presso l’Università di Pavia (riprodotta alle pagine 42 e 45 della pubblicazione) è infatti talmente malriuscita che non dovrebbe figurare tra le prove contrarie ma tra quelle a favore dell’autenticità del reperto. Ma il prof. Odifreddi, sorvolando sulle cause che hanno compromesso una datazione certa col metodo del radiocarbonio (e che ne consiglierebbero quindi una ripetizione), conclude che “una bufala che non si sa riprodurre resta una bufala.”

 In questo caso la logica non è contraddetta, è vero che una bufala che non si sa riprodurre resta una bufala, ma potremmo obiettare che se in ambito scientifico non si sa riprodurre un fenomeno bisognerebbe almeno sospendere il giudizio al riguardo, bisognerebbe essere letteralmente “agnostici”.

Ma purtroppo il prof. decide di optare definitivamente per la falsità del reperto, dando ancora una volta la precedenza ad un’azione della volontà di “credere” alla falsità del reperto, di non sospendere il giudizio anche in presenza di importanti elementi contrastanti. Con buona pace della logica e del metodo scientifico sperimentale.

La fine del darwinismo

Una vistosa crepa si è ormai aperta nell’edificio del darwinismo, un sistema blindato nei confronti degli attacchi esterni è stato messo in crisi dall’interno, autori precedentemente accreditati e dichiarati autorevoli non hanno potuto essere liquidati all’improvviso come incompetenti. Stiamo parlando della pubblicazione del saggio “Gli errori di Darwin” di J. Fodor e M. Piattelli Palmarini che riporta nelle pagine iniziali la seguente frase: "…c’è qualcosa di sbagliato – molto probabilmente di fatalmente sbagliato – nella teoria delle selezione naturale…" (1).

In mancanza di smentite convincenti (e per il momento non se ne vedono) la conseguenza logica di questa affermazione dovrebbe essere un rapido sgretolamento della costruzione darwiniana e la conseguente ricerca di una teoria più adeguata.
Ma il darwinismo non è una teoria come le altre.
Nei testi scolastici viene in genere taciuto il fatto che già in passato il darwinismo era crollato sotto il peso delle sue contraddizioni e delle sue inadeguatezze, infatti nel 1923, nella sua Storia delle biologia, Erik Nordenskiöld poteva affermare: "I critici moderni si sono spesso chiesti come sia potuto succedere che un’ipotesi come quella di Darwin, basata su così deboli fondamenta, abbia potuto conquistare improvvisamente la maggior parte dell’opinione scientifica contemporanea… I fattori che hanno determinato la vittoria del darwinismo rappresentano in tal modo un problema della più grande importanza, non solo nella storia della biologia, ma anche in quella della cultura in generale" (2).

Un’altra testimonianza viene fornita dal carteggio tra il biologo Umberto D’Ancona (1896–1964) e il matematico Vito Volterra (1860–1940), quello che segue è un brano tratto da una lettera inviata dal biologo nel 1935: "In merito all’evoluzione non credo che oggi nessuno zoologo possa obbiettivamente dire di essere darwinista. Oramai questa è una fase superata. Si può essere evoluzionista, ma non più darwinista" (3).

Di fondamentale importanza questa ultima precisazione: si può essere evoluzionisti senza essere darwinisti. Sulla confusione tra evoluzione (un fatto certo testimoniato dai reperti fossili) e darwinismo (una delle possibili spiegazioni dell’evoluzione) si opera spesso una scorretta confusione finalizzata a screditare qualsiasi critica al meccanismo darwiniano basato sul caso.
Lo sforzo di recuperare la teoria di Darwin fu compiuto tra gli anni trenta e quaranta, fu necessario un complesso lavoro di riunificazione tra darwinismo e genetica classica al termine del quale, come la leggendaria Fenice, la teoria riemerse dalle proprie ceneri sotto la forma di neo-darwinismo. Ma anche allora sorsero delle contestazioni che sarebbero state rilanciate nel corso dei successivi decenni, si levarono le voci critiche di scienziati come George Gaylord Simpson, Richard Goldschmidt, Otto Schindewolf, Stephen Jay Gould e Niles Eldredge, anche dall’Italia all’inizio degli anni ’80 si levarono voci autorevoli, nomi di grande spessore come quello del genetista Giuseppe Sermonti e del paleontologo Roberto Fondi.
Tutti questi nomi, in diversa misura, pagarono la loro opposizione al paradigma neodarwiniano, qualcuno intimidito rientrò tra i ranghi, altri subirono un’ostilità spesso accompagnata da un ostracismo irrevocabile (4). Il darwinismo non è una teoria come le altre, dicevamo, tutte le teorie scientifiche si possono infatti contestare all’interno di un libero e lecito dibattito scientifico, tutte tranne questa.
Nella prima pagina del libro di Piattelli Palmarini si può leggere anche un’altra affermazione: "Bisogna scegliere tra fede in Dio e fede in Darwin… così ci dicono", ecco allora che il darwinismo appare nella sua valenza ideologica di “fede” anziché di scienza, una fede supportata da una sua “Inquisizione” molto più efficiente e ottusa di quella che viene proposta nei cliché dei “secoli bui”.
In un suo libro di successo, Il gene egoista, il massimo predicatore contemporaneo del neodarwinismo, l’etologo Richard Dawkins, paragona la teoria di Darwin al sistema copernicano, ma non si accorge che invece essa, ogni giorno che passa, finisce per assomigliare sempre più al sistema tolemaico, in particolare a quello dei tempi in cui si approssimava il tramonto.
È ancora Piattelli Palmarini a fornire un elemento utile in tal senso, quando rivolgendosi a Telmo Pievani (epistemologo, membro di una sorta di congregazione italiana per la difesa della dottrina darwiniana riunita intorno alla rivista Micro Mega) afferma: "Il disaccordo con Pigliucci e con l’ugualmente da me stimato filosofo della biologia italiano Telmo Pievani… consiste appunto nella loro (per me) incomprensibile reticenza, nel voler cioè, in qualche modo salvare il neo-darwinismo, allargandolo fino, mi sembra, a farlo scoppiare, ma senza ammetterlo" (5).

Il neo-darwinismo per resistere al peso della sua stessa incoerenza deve dunque “allargarsi” nel tentativo di inglobare i fatti contrari per neutralizzarli. Ma la stessa cosa era avvenuta proprio per la teoria geocentrica nel periodo di circa cinque secoli tra Aristotele e Tolomeo, quando erano state introdotte delle modifiche nel tentativo di superare le prove contrarie delle osservazioni. Allo stesso modo con la sintesi moderna si iniziò ad “allargare” la teoria di Darwin. Seguirono poi le critiche di S.J.Gould, N.Eldredge, G.Sermonti e R.Fondi, fino ad oggi, a quest’ultimo lavoro di Piattelli Palmarini, che il neo-darwinismo probabilmente cercherà ancora una volta di inglobare.
Ma così come il sistema tolemaico fu infine superato con la forza delle evidenze sperimentali (anche se si dovette attendere gli esperimenti di Guglielmini – 1791, e Foucault – 1851), in un tempo che si spera molto più breve, anche la spiegazione darwiniana dell’evoluzione, prima o poi, diventerà una pagina del passato.
Come abbiamo però visto quel giorno, in realtà, avrebbe dovuto essere già arrivato all’inizio del ‘900. L’appuntamento come sappiamo si è poi riproposto nuovamente più volte nel corso del XX secolo, per riaffacciarsi infine oggi, ma, come già detto, il darwinismo non è una teoria come le altre.
La “fede in Darwin” come la chiama Piattelli Palmarini, è una delle più assolute mai apparse sulla Terra, essa è inserita in una educazione scientifica che, usando le parole del filosofo della scienza T.S.Kuhn, è: "…rigida e limitata, forse più rigida e limitata di ogni altro tipo di educazione, fatta eccezione per la teologia ortodossa" (6). 
Forse un giorno qualcuno scriverà di questo ‘secolo buio’ nel quale una casta sacerdotale convinta di detenere la verità scomunicava gli eretici con l’accusa di non avere del mondo una concezione realmente scientifica (7).
Ma quel giorno bisognerà anche spiegare per quale motivo il darwinismo ebbe tanto sostegno.

Note:

1 M.Piattelli Palmarini, J.Fodor – Gli errori di Darwin, pag. 11

[2]L. Geymonat – Storia della filosofia e del pensiero scientifico,  Vol V pag. 372-373

[3] Lettere riportate da Giorgio Israel – http://gisrael.blogspot.com/2005/09/su-darwinismo-ed-evoluzionismo.htm

[4] La storia di questi scienziati è riferita in libri come “Ripensare Darwin. Il dibattito alla tavola alta dell’evoluzione” di Niles Eldredge

[5] M.Piattelli Palmarini, J.Fodor, op cit. pag. 232

[6] T.S.Kuhn, Le rivoluzioni scientifiche

[7] M.Piattelli Palmarini, J.Fodor, op cit. pag. 11