Qualche giorno fa, Bergoglio ha lanciato l’ennesimo attacco, questa volta contro la dottrina della chiesa sulla pena capitale. Nel celebrare i 25 anni del Catechismo cosa ha fatto? Ha parlato di ciò che è del tutto attuale? Della necessità dell’uomo di guardare a Dio? Dei principi non negoziabili, sanciti dal catechismo, e oggi sotto attacco? No, nulla di tutto ciò. Bergoglio ha parlato di qualcosa che, apparentemente non ha nulla a che vedere con l’attualità: quello della pena di morte non è oggi un problema che si pone, nell’orbe che fu cattolico. Perchè allora tirarlo in ballo?
Bergoglio ne ha approfittato per almeno 3 motivi: 1) dire che la Chiesa un tempo, ammettendo in certi rari casi la pena di morte, sbagliava (è uno dei suoi ritornelli; lui è l’innovatore, il salvatore, prima di lui il diluvio); 2) dire che il Catechismo si può correggere (e giustificare così anche Amoris laetitia, in patente contrasto con il Catechismo); 3) infine, continuare nell’opera di unificare l’agenda della Chiesa con l’agenda di Pannella-Bonino, ideatori di Nessuno tocchi Caino e di tutte le campagne contro la pena di morte per i criminali degli ultimi decenni (a finaco delle campagne per la pena di morte per gli innocenti, vedi aborto).
Un ultimo appunto: attaccare la dottrina della pena di morte è un modo, indiretto e furbo, per attaccare la dottrina della pena e il concetto stesso di colpa. Lo ha detto più volte Eugenio Scalfari, suoi confidente, non smentito: con Francesco il peccato non esiste più.
Quale è stato, per tutta la sua vita, il messaggio di Giacinto Pannella, detto Marco? Che il peccato, la colpa, non esiste. Pannella era un uomo molto attento alla teologia. Conosceva la dottrina cattolica molto meglio di moltissimi preti: la combatteva alla sua radice. Senza peccato, l’uomo non ha bisogno della misericordia e del perdono di Dio. Senza peccato, Cristo è inutile. Senza Dio, tutto è permesso.
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