Ortodossi vs Fernandez

Dopo che molti vescovi cattolici dei 5 continenti hanno espresso vive riserve verso la benedizione alle coppie gay, ammesse dalla dichiarazione Fiducia supplicans del cardinal Víctor Manuel Fernandez, arriva ora come un ennesimo macigno la presa di posizione della Chiesa di Mosca, guidata dal patriarca Kirill.

Il documento appena pubblicato si intitola “Sull’atteggiamento ortodosso nei confronti della nuova pratica di benedire le coppie in una situazione instabile e le coppie dello stesso sesso nella Chiesa cattolica romana” ed è stato realizzato dalla Commissione biblica e teologica del patriarcato russo.

Quel che colpisce, rispetto a tante altre critiche episcopali, è la lunghezza e profondità etica delle riflessioni, che comportano molte pagine e tante citazioni ad hoc del documento vaticano.

Per i russi “Le idee espresse nella dichiarazione Fiducia supplicans rappresentano una deviazione significativa dall’insegnamento morale cristiano” e più che una sbrigativa e facile condanna, “richiedono un’analisi teologica” adeguata.

Notano gli ortodossi che ancora nel 2021, la Chiesa cattolica sosteneva che “è impossibile benedire le unioni omosessuali”. Ma ora, con la dichiarazione dell’ottobre 2023, si tenta di “arricchire la comprensione classica del significato delle benedizioni”. Ed effettivamente è stato questo il grimaldello usato da Fernandez per legittimare quanto sarebbe impossibile secondo il Vangelo e l’insegnamento comune delle chiese cristiane.

“Tuttavia”, notano i russi con quel senso del distinguo che è venuto meno nei ranghi cattolici, “l’amor di Dio per l’uomo non può servire come base per benedire le coppie che sono in una convivenza peccaminosa”. “Dio ama l’uomo”, ovviamente, ma proprio per questo “lo chiama alla perfezione”. Come del resto insegnò Gesù: “Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” (Matteo 5,48).

In ambito cattolico invece, e già da decenni, per non parere medievali, puritani, bigotti o integralisti, ogni idea di perfezione sembra superata, ed anzi essa sarebbe il segno della persistenza del giansenismo e del moralismo antico.

“Di conseguenza”, chiosano gli ortodossi, “la cura pastorale della persona”, gay e divorziati inclusi, “deve coniugare armoniosamente una chiara indicazione dell’inammissibilità di uno stile di vita peccaminoso con l’amore, che conduce al pentimento”. E ciò non fa una piega: altrimenti il primo ad essere un moralista e un tradizionalista sarebbe il profeta di Nazareth.

Guardando al crollo attuale della fede e della pratica religiosa, e temendo ulteriori annacquamenti, i teologi di Kirill mettono in guardia sia i cattolici che gli ortodossi. “Nel contesto dei processi in atto nella comunità cristiana” questo documento potrebbe costituire “un passo verso il pieno riconoscimento da parte della Chiesa cattolica romana delle unioni omosessuali”. Dopo che tale riconoscimento “è già avvenuto in un certo numero di comunità protestanti”. Cancellando completamente l’eredità di Lutero e Calvino che ebbero parole di fuoco sulla sodomia e il “vizio contro natura”.

Un ulteriore elemento di riflessione è questo. Kirill e papa Francesco, ora divisi in merito alla guerra in Ucraina, si incontrarono a Cuba nel 2016 e in quella circostanza siglarono un’importante dichiarazione comune.

In essa si ribadiva, davanti al mondo impazzito, che “La famiglia si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna”. “Ci rammarichiamo”, notavano con coraggio i due leader religiosi, “che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione”, mentre il “concetto di paternità e di maternità”, viene “estromesso dalla coscienza pubblica” (n. 20). Vale ancora o farà la fine della precedente condanna cattolica alle benedizioni gay?

La dichiarazione di Fernandez in sintesi, oltre a dispiacere ai vescovi più zelanti e fedeli al Vangelo, rischia di compromettere quell’ecumenismo tra cristiani che è sempre stato il pallino dei progressisti. Alienandosi la simpatia degli ortodossi, un tempo considerati i più vicini e coi quali era possibile immaginare una futura unione ecclesiale, ora purtroppo divenuta un’utopia.

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