Mercanti di anime

La gloriosa storia dei Mercedari, come recita il sottotitolo del saggio Mercanti di anime di Maria Bianca Graziosi, recentemente pubblicato dalla casa editrice Fede & Cultura, è quella di uno degli ordini religiosi più peculiari e affascinanti che la Chiesa abbia mai conosciuto.

Il fondatore, Pietro Nolasco, era un mercante della Francia meridionale vissuto all’inizio del XIII secolo nella Spagna occupata in buona parte dagli arabi musulmani. La visione delle terribili condizioni a cui erano costretti uomini, donne e bambini ridotti in schiavitù dagli invasori – con il rischio pure di perdere la Fede – lo convinse a impiegare le sue fortune per riscattarne alcuni.


Ispirato dalla Madonna, che gli apparve durante una veglia di preghiera, e d’accordo con il re d’Aragona Giacomo I, si convinse dunque a fondare un ordine «col fine specifico di redimere gli schiavi cristiani e di proteggerli dal pericolo di apostasia, fino a offrire se stessi in cambio dei prigionieri, qualora il prezzo non fosse sufficiente o fosse richiesta una garanzia». Del resto a Nolasco, il cui approccio all’Islam era diverso da quello dei crociati, «non interessano territori conquistati, alleanze, giochi di potere, possibilità di arricchirsi e ottenere onori. Non gli interessa neppure la discussione teorica sulla verità della fede; gli interessa l’uomo umiliato, mercificato, sfruttato, privato della libertà e dell’identità. Perché lo schiavo, che non possiede neanche se stesso, è il più povero di tutti i poveri, è quello a cui si rivolge la promessa di Dio fin dal Vecchio Testamento, per il quale espressamente è stato mandato il Redentore».

Il 10 agosto 1218 nella cattedrale di Barcellona i Mercedari iniziarono ufficialmente la loro missione mettendosi sotto il patrocinio della Madonna della Mercede. L’abito bianco, con scapolare e stemma dell’Ordine – il cui nome completo è Ordo Beatae Mariae Virginis de Mercede redemptionis captivorum –, è tradizionalmente riferito alla Vergine, la quale si mostrò al fondatore in veste candidissima. Sin da subito, oltre al riscatto dei prigionieri, i Mercedari si impegnarono nella cura degli infermi e nell’alloggio dei pellegrini, una missione che continua ancora oggi con l’apostolato nelle carceri e l’avversione alle «nuove forme di schiavitù di carattere sociale, politico e psicologico, derivanti in ultima analisi dal peccato».

Per quanto riguarda la “redenzione”, ovvero il rilascio dei cosiddetti captivi, da essere affidata alla buona volontà e intraprendenza dei singoli divenne col tempo un’impresa accuratamente orchestrata, che cominciava con la raccolta del denaro e terminava con il ritorno a casa dei liberati. Le trattative erano complicate e la scelta degli schiavi da riscattare era talvolta imposta, oppure non venivano concessi quelli per cui i parenti avevano mandato il denaro. Inoltre, se i Mercedari davano la precedenza a donne e bambini, i prezzi, magari già concordati, subivano bruschi rialzi a seconda delle preferenze dei venditori, e i maschi forti e robusti difficilmente erano lasciati andare perché capaci di lavori usuranti. Giusto per fornire un’idea spannometrica dei risultati raggiunti, si calcola che nei primi 130 anni dalla costituzione dell’Ordine siano stati liberati circa 52000 schiavi cristiani.

Una conseguenza diretta delle “redenzioni” furono i numerosi martiri e santi dell’Ordine, molti dei quali immortalati successivamente dallo Zurbarán, uno dei più famosi pittori spagnoli del Seicento.

Con la scoperta dell’America, i Mercedari si diffusero nel “Nuovo Mondo”, fondando al contempo conventi sia in Francia che in Italia, ed entrando pure nelle università (non va dimenticato nemmeno il loro attaccamento all’Immacolata concezione, un dogma ampiamente sostenuto e difeso nei loro scritti). Venne poi creato il ramo femminile e il terz’ordine laico, mentre nel XVII secolo si formò il gruppo più rigoroso dei Mercedari scalzi.

Sopravvissuto a stento alla temperie illuminista e liberale, l’Ordine tornò a rifiorire alla fine dell’Ottocento e, nonostante le terribili parentesi costituite dalle persecuzioni anticattoliche in Messico e dalla Guerra civile spagnola, continua a prosperare (per quanto con numeri ridotti).

Docente di Storia del Monachesimo a Verona, Maria Bianca Graziosi, come sottolinea Angela Pellicciari nella prefazione, con Mercanti di anime dà corpo «a un lavoro serio, puntuale, che racconta con meticolosità tutti gli aspetti della vita dell’ordine dei Mercedari con gli statuti, la diffusione, i periodi di decadenza e quelli di maggior splendore, insieme alle storie, piccole, semplici storie, di donne e bambini schiavi, di rinnegati, di martiri, di re e principi, di artisti, tutti fenomeni collegati alla piaga della schiavitù in tutti i luoghi e nelle diverse epoche».

Si tratta, insomma, di un ottimo libro, scorrevole e godibile, che merita di essere letto anche perché, attraverso la storia dei Mercedari, contribuisce a mostrare un po’ di quella santità sulla terra che svela sempre un pezzetto di Dio.

di Luca Fumagalli (https://fedecultura.com/blogs/notizie/mercanti-di-anime-la-gloriosa-storia-dei-mercedari?fbclid=IwAR04AXXK5kZ8UmmK2nNVI6plKqfmc-5IzEw7zKx5avCc62iY3sv54zW0EqM )

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Autore: Libertà e Persona

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