PERCHÈ SI MUORE O PERCHÈ SI VIVE? “La tigna” un romanzo di Roberto Contu

15 settembre 1999 

Un nuovo anno scolastico sta per avere inizio all’Istituto tecnico commerciale Vincenzo Danti di Perugia. Ad attendere gli studenti, ben prima del suono della campanella di inizio lezioni,  si trovano l’ombroso professore di lettere Renato Contro -fresco di trasferimento da Terni- la preside Roberta Valentini- amareggiata per il turbolento collegio docenti del giorno precedente e reduce da un difficile inizio di giornata con il figlio adolescente Luca-  e

don Andrea Clementi, giovane sacerdote incaricato, come l’anno precedente, di insegnare religione nella scuola.

Alle otto e un quarto il cancello del Danti si apre per lasciare entrare nelle aule la variopinta e tumultuosa folla di adolescenti in attesa, con il loro caotico carico fatto di zaini, diari, e puzza di Marlboro light nascoste tra i pugni.

Un inizio particolare

Nella sezione D della classe quinta due sono gli studenti che non rispondono all’appello del professor Contro: Benedetta Ferri e Francesco Mazzoli. Perché Benedetta, quella mattina, ha scoperto con angoscia di essere  incinta di Francesco, il suo ragazzo.

Parte da qui, da questo inizio di anno scolastico del tutto particolare, il romanzo dello scrittore, insegnante e saggista perugino Roberto Contu, autore che, senza indulgere ai facili ideologismi,  spesso tipici di chi affronta tematiche cosiddette “sensibili”, sorprende il lettore con una storia tutta centrata sull’umanità fragile, ma sorprendentemente e drammaticamente reale  dei suoi giovani e meno giovani protagonisti. 

La possibilità delle illusioni

Benedetta – affascinante e tormentata diciannovenne che vive fin dall’infanzia lontana dal padre e in  un rapporto  molto conflittuale con la madre – si oppone con tutta se stessa a questa maternità imprevista e coinvolge in una vera e propria “congiura del silenzio” il suo ragazzo Francesco e l’amico di entrambi, Luca, nella convinzione di poter risolvere da sola  il “problema”.

La notizia della sua condizione non tarderà comunque a trapelare nella scuola, costringendo gli adulti, in particolare il professor Contro, la preside Valentini e don Andrea Clementi a confrontarsi con la realtà esistenziale particolare e sofferta che pure ognuno di loro ha portato con sé, varcando i cancelli della scuola, in quel primo giorno apparentemente uguale a tanti altri.

Insieme non per svago

Sulle  tracce di Benedetta e di Francesco, che hanno intrapreso insieme un viaggio verso Orbetello, perché Benedetta possa abortire senza che la madre ne venga a conoscenza, lo sguardo di Renato, Roberta e  don Andrea si ritrova inaspettatamente a cambiare e a sorprendersi davanti a una vita che, rabbiosa, tignosa, della tigna più pura, rifiuta di arrendersi alla desolazione del non senso, regalando al loro sguardo e al loro cuore, tentati dalla disillusione, dall’amarezza  e dall’abitudine, nuove possibilità di tornare a sperare. Quella vita che ha fatto tesoro  della fragilità di  due adolescenti per mettersi di traverso alla morte investirà inoltre, con una ventata di rinnovata  freschezza, anche il faticoso lavoro dell’insegnamento della letteratura, al quale, come scopre il professor Contro, è demandato  più che mai, nel nostro tormentato e confuso  presente,  il compito di testimoniare le scintille di bene che si accendono, indomite, anche nel buio più fitto, anche quando la morte sembra avere l’ultima parola:  

… Ma ho pensato un istante dopo che, se si ha il coraggio di farlo pestare in avanti quel passo, si scopre che dopo quel baratro la possibilità del bene comunque persiste, rabbiosa, tignosa, della tigna più pura, che il solo poter contemplare l’idea di quel bene, di quella luce, di tutta quella vita, quello è il vero finis terrae del senso umano … Eppure, la letteratura, o ha il coraggio di osare oltre quelle colonne d’Ercole, e con lei la vita, la sua vita, la mia vita, o allora sì che si diventa irrilevanti allora sì che davvero si muore: ma non si muore, preside, no che non si muore, la domanda più importante che dovrebbe assillarci non è perché si muore, ma perché si vive.


Se c’è più vita che morte nel mondo, se c’è più vita o più morte, anzi, te lo dico meglio, se c’è più vita che morire. È quello il punto, solo quello. Si tratta di decidere cosa vedere, o meglio, cosa si vuole vedere.


Giugno 2000:
Iniziano le prove scritte degli esami di maturità.
Seduta nel suo banco, Benedetta rivolge lo sguardo a Francesco, radiosa. Poi, comincia a scrivere …

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