“LA VERA TRASFIGURAZIONE”

Raffaello Sanzio, Trasfigurazione di Gesù, 1518-1520, Basilica di San Pietro

Colletta

O Dio, che hai chiamato alla fede i nostri padri
e per mezzo del Vangelo hai fatto risplendere la vita,
aprici all’ascolto del tuo Figlio,
perché, accogliendo in noi il mistero della croce,
possiamo essere con lui trasfigurati nella luce
.

Commento artistico-spirituale al Vangelo della II DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO A – Domenica 4 Marzo 2023

Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg

Tra le numerose immagini che riscrivono il Vangelo della II domenica di Quaresima (Matteo 17,1-9), guardiamo con attenzione «La trasfigurazione di Gesù» realizzata da Raffaello Sanzio (1518-1520), ora nei Musei Vaticani mentre una riproduzione in mosaico è nella Basilica di San Pietro. Giorgio Vasari, definisce

quest’opera «la più celebrata, la più bella e la più divina» tra quelle realizzate dal Maestro d’Urbino che fa in tempo a dipingere il volto del Trasfigurato prima di ammalarsi e morire improvvisamente a 37 anni, il 6 aprile del 1520, di Venerdì Santo come il giorno della nascita.
In quella giornata, nella chiesa del Pantheon, tutta Roma piangeva anche perché, dice ancora il Vasari, dietro il corpo di Raffaello posto sul catafalco, era stata collocata proprio la tavola della Trasfigurazione così che nel vedere «il corpo morto e quella viva» era impossibile trattenere le lacrime.
L’autore dipinge genialmente un Gesù che non è solo illuminato da una luce divina ma che egli stesso si trasforma in luce e rischiara l’umanità intera. Perciò le due scene rappresentate sono interdipendenti. La parte superiore, sfolgorante, celebra la vittoria della speranza, il trionfo della vita, il superamento di ogni buio mentre quella in basso riporta tutti alla realtà quotidiana raccontando – come si legge nel seguito del Vangelo – di un ragazzo ammalato, presentato ai nove apostoli rimasti sotto il monte perché lo possano guarire. La mamma, il papà, i parenti e le altre persone accanto, vogliono aiutarlo, consapevoli che se viene guarito lui incominceranno a stare bene loro stessi.
Lì sotto l’artista ha raffigurato – con il completamento di Giulio Romano – pure le paure e i contrastanti sentimenti nostri, resi dagli uomini e dalle donne che si agitano; lo splendore del mondo leggibile nel mirabile tramonto romano, dietro il monte, sulla destra; il conforto estasiante della bellezza che accende il cuore e aiuta a sentirsi felici d’esistere, nonostante tutto. L’Urbinate fa comprendere che la luce presente in Gesù, non è per lui solo ma si fa dono luminoso affinché ogni donna e ogni uomo giunga alla vera trasfigurazione della vita.
La splendida figura femminile di spalle, inginocchiata, in basso, pare rappresentare il simbolo della fede operosa che, non solo chiede di affidarsi a Gesù e alla sua Bellezza, ma addita il compito quotidiano di cercare e di portare la luce divina ovunque.
Recentemente la giornalista Lucia Vantini, di fronte alla guerra e alla violenza drammaticamente reali e vicine, scriveva: «La scena della trasfigurazione spinge comunque in un’altra direzione: mai chiudere gli occhi sul dramma ma cercare sempre e comunque una luce da spartire insieme, fuori dalle nostre capanne. È così che si possono guardare gli eventi con gli occhi di Dio».

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Autore: Libertà e Persona

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