Gli esiti prevedibili della guerra in Ucraina

Oggi, rispetto all’epoca che precedeva la caduta del muro di Berlino, manca qualcosa: la paura della guerra nucleare. E questo è un grosso problema. Infatti, all’indomani delle bombe su Hiroshima e Nagasaki il mondo si svegliò improvvisamente, e gli stessi scienziati che avevano lavorato a quell’arma micidiale fecero, in tanti, un esame di coscienza. Tra questi il fisico Robert Oppenheimer, direttore del Progetto Manhattan, che ebbe a rilasciare più volte dichiarazioni come questa: “Io non prenderò più parte a progetti di guerra. Abbiamo fatto il lavoro del diavolo e adesso torniamo a quelli che sono i nostri veri compiti”.

Abbiamo così vissuto vari decenni temendo un conflitto senza precedenti, ma alla fine entrambi i contendenti hanno compreso che non vi sarebbero stati né vinti né vincitori, ma solo la distruzione di entrambi.

Con la caduta del muro e dell’Urss però tutto cambia, ed infatti vengono scatenate, in pochi anni, diverse guerre che consideriamo “locali” e come tali non particolarmente pericolose. In realtà le due guerre in Irak, quella in Kossovo e quella in Libia hanno portato morte e devastazione in quantità. Ma tutto si è consumato piuttosto lontano da noi occidentali, che così abbiamo perso memoria di quanto terribile sia la guerra! E’ per questo, a mio modo di vedere, che l’attuale guerra in Ucraina non desta la giusta preoccupazione: crediamo che non possa più succedere, a casa nostra. Solo così si spiega la straordinaria negligenza nel tentare la strada della diplomazia!

Eppure la storia dovrebbe insegnarci ad essere più prudenti: anche la I guerra mondiale scoppiò a partire da una località periferica, e fu considerata da molti, in principio, una guerra lampo, che sarebbe finita in breve.

Poi accade che il piccolo incendio divenne indomabile, e l’Europa andò incontro alla distruzione.

E’ per questo che le nostre classi dirigenti non fanno bene a dimostrarsi così convinte che continuare ad inviare armi, senza mai perseguire una pace possibile, sia la soluzione migliore.

Da ormai un anno ci viene detto che le sanzioni non possono che mettere in ginocchio la Russia, e che Putin ha i giorni contati, perché malato di cancro, per la crisi economica in corso nel paese, per l’alta possibilità di colpi di stato… Tutto falso. Stesse considerazioni si possono fare per l’idea che inviare armi non alzi il livello dello scontro, ma possa portare l’Ucraina alla vittoria e alla pace: pura utopia. L’Ucraina non ha possibilità alcuna di competere con un paese che ha migliaia di testate nucleari e un esercito molto più numeroso, e che, messo alle strette, potrebbe prendere decisioni irreparabili. Sui nostri media si continua a leggere, da mesi, di straordinarie vittorie militari dell’Ucraina, ma i dati ci dicono il contrario: a parte qualche episodio sporadico, si continuano a perdere territori, a ritmo crescente.

Qual è ora la situazione dell’Ucraina? Ogni giorno vi sono ministri, governatori, funzionari defenestrati; circa il 20 per cento del territorio è sotto dominio russo; milioni di persone hanno lasciato il paese; l’arruolamento dei soldati è ormai condotto reclutando chiunque abbia due braccia e due gambe funzionanti e le sollevazioni popolari iniziano a diventare via via più numerose… Siamo sicuri che tutti gli ucraini vogliano morire per la Crimea e il Donbass, russofoni? Siamo così sicuri che continuare ad ipotizzare una “vittoria” dell’Ucraina sia davvero ciò che serve a quel martoriato paese? Siamo davvero certi che dietro questa guerra non ci siano anche, oltre a quelli di Putin, anche gli interessi geopolitici, energetici, economici inglesi e americani, per tutelare i quali noi mandiamo armi, ma gli ucraini perdono uomini?

O l’Europa prenderà in mano la situazione, ponendosi come promotrice di pace, o le possibilità rimangono solo due: la guerra mondiale o l’Ucraina ridotta in macerie e abbandonata al suo destino, come l’Afganistan.

(lettera pubblicata sul quotidiano L’Adige).

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Autore: Francesco Agnoli

Laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell’editoria alla Trentino Art Academy. Collabora con UPRA, ateneo pontificio romano, sui temi della scienza. Scrive su Avvenire, Il Foglio, La Verità, l’Adige, Il Timone, La Nuova Bussola Quotidiano. Autore di numerosi saggi su storia, scienza e Fede, ha ricevuto nel 2013 il premio Una penna per la vita dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione tra gli altri con la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana). Annovera interviste a scienziati come  Federico Faggin, Enrico Bombieri, Piero Benvenuti. Segnaliamo l’ultima pubblicazione: L’anima c’è e si vede. 18 prove che l’uomo non è solo materia, ED. Il Timone, 2023.

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