R. Filippetti, “Il desiderio e l’allodola. Etimologie: l’attrattiva delle parole” (Itaca edizioni, 2022)

All’amico prof. Roberto Filippetti siamo da sempre grati per le sue magistrali lezioni di arte e di fede, in primis su Giotto ma anche su altri grandi artisti, come Raffaello, Caravaggio, Van Gogh e, per soffermarci solo sui suoi ultimi interventi a mostre in tutta Italia, sui mosaici della Basilica di San Marco a Venezia.

Da mercoledì 7 dicembre abbiamo un altro motivo per renderci conto della straordinaria capacità investigativa del nostro amato professore: campo d’indagine questa volta non sono più i colori dei grandi pittori o le tessere dei maestri mosaicisti ma sono le parole. Di oltre 500 di esse il prof. R. Filippetti ne indaga l’origine, ne illustra l’ambito semantico, ne evidenzia la capacità di suggerire – per analogia o per contrasto – proprio a partire dall’etimologia il significato.

Un palombaro delle parole, un discesista nelle profondità di parole ora note o notissime (come invidia, ipocrita, nostalgia) ora di uso raro ma da riscoprire, da rilanciare (come collazione, favella, perspicace). In 33 capitoli si passa in rassegna il grande patrimonio lessicale di cui l’Italia dispone, anche grazie all’eredità dei diversi popoli che l’hanno abitata: così con acribia filologica ed insieme con leggerezza narrativa “Il desiderio e l’allodola” di R. Filippetti ci guida alla scoperta dell’unità che lega fra loro parole solo in apparenza distanti.

Quale tracciato nascosto possiamo riconoscere sotto a balistica, problema, simbolico, parabola fino addirittura ad arrivare – senza mai discostarci dall’origine di tutte queste parole – a diavolo e diabolico? Ne emerge così, di accezione in accezione, di racconto in racconto, un meraviglioso affresco, un ricco mosaico di parole sulle quali è bello fermarsi per gustarle fino in fondo, magari accorgendoci che prima di noi altri le hanno usate per esprimere ai massimi livelli la loro umanità.

 Vogliamo lasciare ai nostri lettori, anche pensando alle vicine feste natalizie, la parte conclusiva del cap. 8 “Desiderio e disastro”.

“In-contro“: paradossale ossimoro! Qualcosa, qualcuno che ti attrae e viene “in” te, e insieme ti ferisce e pare essere “contro” di te perché ti cambia, ti chiede di cambiare. Beatrice è per Dante il riaccadere di quello che era capitato ai dodici apostoli milletrecento anni prima. In particolare in quell’ultima cena in cui Lui disse:  «Desiderio desideravi…:ho desiderato con ardente desiderio di mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22, 15). Così si compie e permane ciò che era accaduto all’inizio di quei trentatré anni ai Magi: «Quelli che servivano le stelle hanno imparato dalla stella a inchinarsi a te, Sole di verità» (grande inno di Natale della Chiesa Ortodossa).

Nella letizia già sperimentata qui in terra comincia in questo modo a trovare soddisfazione il grande “de-siderio” del cuore, nella speranza certa dell’eterna felicità: cieli nuovi e terra nuova.

Nell’in-contro, luogo teologico intenso di confronto, di accensione del desiderio, che attrae e ferisce, l’Autore riva, con la meditazione, nella sua anima, all’ultima Cena e da lì risale al Natale più stellato, quello dei Magi e di Gesù, del Verbo incarnato, con i versi di Majakovskij.

Ascoltate!

Se accendono le stelle –          

vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?

Vuol dire che qualcuno vuole che esse siano?

Vuol dire che qualcuno chiama perle questi piccoli sputi?

E tutto trafelato,

fra le burrasche di polvere meridiana,

si precipita verso Dio,

teme d’essere in ritardo,

piange,

gli bacia la mano nodosa,

supplica

che ci sia assolutamente una stella! –

giura

che non può sopportare questa tortura senza stelle!

E poi

cammina inquieto,

fingendosi calmo.

Dice ad un altro:

“Ora va meglio, è vero?

Non hai più paura?

Sì?!”.

Ascoltate!

Se accendono

le stelle –

vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?

Vuol dire che è indispensabile

che ogni sera

al di sopra dei tetti

risplenda almeno una stella?

(V. Majakovskij,  Ascoltate! 1913, Trad. di A. M. Ripellino)   

da “Il desiderio e l’allodola. Etimologie: l’attrattiva delle parole” pp. 42-3

Ai lettori de “Il desiderio e l’allodola” auguriamo con le parole di Pavel A. Florenskij di osservare “più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi (…) intrattenetevi da soli col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete”.

E auguriamo, ogni giorno sempre più, di imparare a guardare gli uccelli del cielo come faceva san Francesco: gli uccelli del cielo, piccoli frati, chiamati a lodare il Signore e su tutti la preferita “sorella allodola”, “ad-laudula” in latino, colei che inizia la giornata cantando armoniosamente le lodi.

Sia canto di lode ogni nostro giorno di vita.

Buona lettura!

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Autore: Libertà e Persona

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