Nel film “Quo vadis”, tratto dal romanzo di Henryk Sienkiewicz (scrittore e giornalista polacco che per quel romanzo ricevette il premio Nobel per la letteratura nel 1905) Nerone,- interpretato da Peter Ustinov-, ha in cuore di far morire Petronio e chiede a Tigellino il lacrimatoio.
Quest’immagine, per nulla storica, fa però eco al tema delle lacrime nel mondo antico come fonte di consolazione.
L’intervista alle ore 18.00
Anche Agostino, come poi Boezio, parlò nelle Confessiones del potere consolatorio delle lacrime a proposito della morte di un amico, nel cap. IV, trovando in fine consolazione non nelle lacrime in sé stesse, ma nella Fede ormai comune all’amico.
Facendo seguito ad Antiche consolazioni, edito nel 2007 per Medusa, nel mondo antico, Farsi coraggio-Forme della consolazione nel mondo antico, di Silvia Stucchi, è una riflessione sull’humanitas degli antichi e, nello specifico, su quelle argomentazioni che il mondo classico seppe elaborare per consolare chi, provato da un dolore bruciante come quello della perdita di una persona cara, si interroga sul perché, spesso senza riuscire a darsi risposta: è lo scandalo del dolore, … contro la terribile mancanza di senso e di rimedio della morte.
Il tema attraverserà la storia su su fino al ‘900, senza trovare nella filosofia antropologica una risposta adeguata, ma, almeno, in Max Scheler, giungerà ad una conclusione aperta:
«Mai, nel corso di tutta la sua storia, l’uomo è stato così tanto enigmatico a sè stesso come nell’epoca attuale.» (La posizione dell’uomo nel cosmo, Milano, Franco Angeli, 2002, 86).
E già prima Leopardi chiudeva una delle più belle Operette Morali, il Dialogo di Plotino e di Porfirio, così:
Viviamo, Porfirio mio, e confortiamoci insieme: non ricusiamo di portare quella parte che il destino ci ha stabilita, dei mali della nostra specie. […] e andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente; per compiere nel miglior modo questa fatica della vita
trovando nella vicinanza dell’amicizia non la soluzione filosofica, ma il sostegno solidale, quale, in fondo, era stata l’acquisizione del mondo antico.
La fede cristiana, e la sua teologia, avranno la pretesa di aprire ad una risposta opposta a quella di Scheler. Se per il filosofo bavarese il mistero della teologia è l’antropologia, per il cristianesimo il mistero dell’uomo resta tale e non trova risposta, ancorché iniziale, se non sul piano dell’elevazione in grazia. L’uomo con le sue forze non ce la fa.
Nell’ intervista, la Professoressa Stucchi, trascorrendo da Cicerone a Seneca, a Terenzio, evidenzierà la domanda antica. Ma la risposta sarà possibile solo se in un percorso orientato all’Origine.