Gesù tra i dottori del tempio

gesùUno degli episodi della vita di Cristo di più difficile interpretazione, ma ricco di insegnamenti, è quello del suo colloquio con i dottori nel tempio di Gerusalemme, dopo essersi sottratto improvvisamente per ben tre giorni, senza preavvertire, alla custodia di Maria e di Giuseppe (Lc 2, 41-51).

Scomparso Gesù, la prima cosa che viene in mente a Maria e a Giuseppe è di cercare Gesù tra “i parenti e i conoscenti” (v.48): un’idea di umano buon senso, ma che non è all’altezza di capire dove potesse essere veramente Gesù: a Gerusalemme, nel tempio! E di fatti, ecco che questa idea arriva, e Gesù è ritrovato. Dove infatti maggiormente Cristo può abitare se non nel tempio? Nel Tabernacolo della SS.Eucaristia? Lì siamo certi di trovarlo. Se dunque scompare, lì andiamo a cercarlo.

         La prima domanda che possiamo porci in questo problematico episodio a proposito della condotta apparentemente strana e conturbante di Gesù, è come mai Egli non ha pensato di avvertire i genitori che si sarebbe fermato a lungo – tre giorni – al tempio per intrattenersi con i dottori.

         Non possiamo supporre in Gesù una volontaria scorrettezza o alzata di testa nei confronti dei genitori, come potrebbe fare un qualunque ragazzo indisciplinato e sconsiderato. D’altra parte, le parole della Madre, “angosciata”, sanno di rimprovero: “Figlio, perché ci hai fatto così?” (v.48).

        Tuttavia, sarà meglio interpretare questa domanda come – direbbe S.Caterina da Siena – una semplice seppur “ansietata” richiesta di spiegazioni. La domanda, del resto, non nasce da sdegno, ma appunto da angoscia, sentimento naturalissimo, che prova una madre normale per la per prolungata assenza del figlio improvvisamente scomparso senza alcun avviso. Ella, conoscendolo come figlio buono, premuroso e obbediente, non pensa ad un atto sconsiderato di irriverenza verso i genitori, ma è portata a temere che gli sia successa una disgrazia.

         Non si può escludere, peraltro, nei genitori, un elemento di ansietà per il timre che al Figlio potesse essere capitata qualche disavventura.

         La chiave interpretativa, che illumina il senso del misterioso episodio, come è da attendersi, è data dalla risposta di Gesù stesso in forma di controdomande: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.

        Anche queste parole a tutta prima sanno di rimprovero. Ma non è pensabile che Gesù rimproveri i suoi genitori. Semplicemente richiama alla loro memoria cose che con ogni probabilità aveva già detto loro e che avrebbero potuto ricordare al momento della sua scomparsa e durante la sua prolungata assenza. Cose delle quali però evidentemente si erano dimenticati. Quali cose? Probabilmente appunto l’avvertimento che sarebbe potuto accadere quello che poi è effettivamente è successo al pellegrinaggio a Gerusalemme.

         E’ come dunque se Gesù avesse detto loro: “Non dovevate cercarmi. Avreste dovuto ricordarvi che io devo occuparmi delle cose del Padre mio. Io non sono solo figlio dell’uomo, ma anche dell’“Altissimo”. Infatti, vi avevo preavvisato che sarebbe potuta accadere una cosa del genere. Dovevate attendere tranquillamente che io tornassi da solo, per conto mio”.

Invece, con le parole “tuo padre e io ti cercavamo” (v.48), è evidente che Maria non ha in mente la paternità celeste del Figlio. Avverte in questo momento se stessa come mamma e sposa. E’ chiaro che qui per lei adesso “tuo padre” è Giuseppe. Ma Gesù in questo momento ignora questa paternità umana e ne invoca un’altra: quella che maggiormente gli interessa: “il Padre mio”, ossa il Padre celeste. Maria e Giuseppe, che, ritrovando Gesù, si erano “stupiti” (v.48), adesso rimangono interdetti. Non capiscono.

Questo episodio mostra con chiarezza come Maria e Giuseppe hanno fatto un cammino di fede, per il quale, pur sapendo che Gesù era il Figlio dell’Altissimo, solo gradualmente hanno imparato a scoprire il mistero del loro Figlio.

        Benchè Maria avesse avuto dall’Angelo la rivelazione che Ella sarebbe stata Madre dell’Altissimo, qui non pare essere all’altezza della situazione. In tal modo Maria è al nostro fianco nei nostri passi incerti, tentennanti, deboli e dubbiosi; Ella, ci prende per mano e ci guida maternamente là dove Ella è ormai arrivata.

         Dalle parole di Maria possiamo capire dunque che i genitori non hanno capito la spiegazione data da Gesù: “Ma essi non compresero le sue parole” (v.50). Stiamo attenti che quel “non compresero” non significa “non ci capirono nulla”, come potrebbe capitare a me se qualcuno mi parlasse in cinese o mi dicesse cose senza senso, dove non c’è nulla da capire.

Queste parole invece si riferiscono al mistero della divina Figliolanza di Gesù: una verità certamente oscura, perché trascende i limiti della ragione umana; eppure, nel contempo, luce salvifica della ragione. Quindi quel “non capirono” non è l’atteggiamento dispiaciuto, scettico e infastidito, per noi dire offeso, di genitori davanti a scuse inconsistenti addotte da un figlio scapestrato, che scappa da casa senza alcun preavviso o ragionevole motivo.

Ma al contrario, e questo emerge esplicitamente dal comportamento di Maria, Ella, come ormai era sua abitudine davanti ai misteriosi e preziosi fatti del Figlio (2,19), “serbava tutte queste cose nel suo cuore” (v.51). Maria è il modello della Chiesa, che, lungo la storia, conserva fedelmente il tesoro di verità e di grazia, che le ha affidato lo Sposo.

Come osserva Edith Stein, grande indagatrice e maestra delle qualità della donna, è virtù tipicamente femminile la custodia delle cose e dei segreti propri dell’uomo che ama. Quando ella è fecondata, custodisce nel suo seno il germe ricevuto, fino a farlo diventare quell’essere umano, che un giorno darà alla luce. Analogamente a Maria, la Chiesa custodisce nella storia e spiega sempre meglio agli uomini i tesori della Parola di Dio. Ecco il progresso dogmatico.

In questo custodire nel cuore e meditare la Parola di Dio, Maria è il modello anche del teologo e dell’anima contemplativa, che si rinsalda nelle sue convinzioni di fede, le approfondisce, ricava nuove conclusioni, formula nuovi propositi e nel contempo rimane aperta, come dice Papa Bergoglio, alle “sorprese di Dio”, che si possono in un primo momento scontrare con la nostra limitatezza, ma poi, davanti alla nostra fiduciosa accoglienza, manifestano la loro infinita sapienza.

Una domanda che ci possiamo porre è come interpretare più precisamente, anche da un punto di vista psicologico, questo fermarsi di Gesù tra i dottori nel tempio. Che cosa può essere successo esattamente? E perché? Leggiamo: “lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte” (vv.46-47).

Come avviene nei fenomeni mistici di alta intensità, Gesù nel tempio è stato probabilmente rapito dalla bellezza dei misteri di suo Padre e si è dimenticato persino dei suoi genitori e che passavano non solo le ore, ma i giorni. Che stima di Gesù per i dottori della legge! Quelli stessi, anche se probabilmente non le stesse persone, che un giorno pronunceranno la sua condanna.

Allo stesso modo, il fascino divino di questo misterioso ragazzo deve aver colpito ed impressionato profondamente quei buoni, onesti e sapienti dottori, per cui al contatto reciproco tra queste anime sante ed innamorate di Dio, scoccò, se così posso esprimermi, una divina scintilla, che sprigionò un incendio mistico di divino amore.

Si scatenò così una travolgente e irrefrenabile dialettica, una circolarità spirituale, per la quale Gesù e i dottori andavano a gara nello stimolarsi vicendevolmente nelle elevazioni celesti. Chi poteva più badare al tempo e alla realtà circostante?

Gesù dava segni di un’intelligenza straordinaria e lo si può ben capire. Facciamo invece fatica a comprendere come Egli potesse fare delle domande ai dottori, Egli, Sapienza incarnata. Forse che già da allora li metteva alla prova, come avrebbe fatto in età adulta? O forse che proprio era desideroso di conoscere la loro opinione? O si dilettava di vedere in quelle menti elette un riflesso della divina sapienza? O forse che intendeva sollecitarli a riconoscre il Messia? Un cosa ci pare certa: che in questo sacro colloquio non emerge nulla di polemico come invece apparirà degli scontri di Gesù adulto con i farisei e dottori della legge.

Nella sobrietà di linguaggio del racconto lucano, quale meraviglioso esempio troviamo di dialogo spirituale ridotto all’essenziale: la domanda e la risposta! Volesse Dio che anche nei nostri dibattiti teologici e religiosi si respirasse questo clima di profonda comunione e ad un tempo di libera differenziazione nell’atmosfera arricchente, rasserenante, entusiasmante, pacificante e beatificante della verità!

L’episodio misterioso, che ha messo alla prova Maria e Giuseppe, si conclude nella quotidiana normalità: Gesù “partì dunque con loro, tornò a Nazaret e stava loro sottomesso” (Lc 2,51). Come un qualunque buon ragazzo obbediente in via di formazione, “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini” (ibid.).

La divinità torna a nascondersi dietro l’umanità, dopo che l’umanità è scomparsa davanti alla divinità, in una continua alternanza di momenti infinitamente distanti tra di loro, tanto da sembrare contradditori e incompatibili, un fenomeno unico in tutta l’umanità, caratteristico invece della persona e della vita terrena di Cristo.

Anche nella nostra vita cristiana succede che Cristo improvvisamente ed inspiegabilmente si sottragga e sembri scomparire, senza che possiamo comprendere o immaginare dove Egli possa essere e quindi come cercarlo e come raggiungerlo, e sapere quando, come e dove riapparirà.

 

Print Friendly, PDF & Email
Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *