A DUE ANNI DALL’AVVIO DEL GRUPPO DI ADORAZIONE EUCARISTICA SACERDOTALE, GRAZIE SIGNORE!

Questa lettera fu scritta

dopo l’Anno Sacerdotale, 

in prossimità dell’Anno della Fede

 

9.03.2013

 

Dire grazie

Cari amici Sacerdoti, Religiose, Religiosi, Laici,

a due anni dall’avvio del gruppo di Adorazione Eucaristica con i sacerdoti e per i sacerdoti, voglio ringraziare Voi, i monasteri che per questa iniziativa pregano, i sacerdoti, gli amici laici, che ci accompagnano, il nostro Vescovo e il Sacerdote, che guida spiritualmente il gruppo nell’educazione alla fede. Infatti, Egli ha individuato proprio nell’educazione alla fede l’obiettivo specifico di queste nostre ore di adorazione eucaristica, facendo eco, -ed anzi anticipando-, il tema dell’Anno della Fede, indetto da Sua Santità Benedetto XVI l’11 ottobre 2012. Così che proprio questo nostro gruppo eucaristico nacque tra l’Anno Sacerdotale e l’Anno della Fede. In questo non possiamo vedere se non un segno della Benedizione di Dio.

Noi tutti, approfondendo la nostra fede, adorando l’Unico Signore, cresciamo nella verità, che ci libera da ogni peso, da ogni inganno e da ogni peccato.

Qui, accompagnati dalla fede della Comunità delle Clarisse, preghiamo per la Chiesa, per le vocazioni, per quanti soffrono, per le nostre famiglie, per i sacerdoti in crisi, per i seminaristi e i religiosi, che si preparano a lavorare nella Vigna del Signore, affinché venga il Suo Regno. Preghiamo per le famiglie, per tanti motivi disorientate, come per quanti nella fede ritrovano l’orientamento della propria vita. Qui attingiamo la forza per una piena testimonianza cristiana, là dove oggi il Signore ci pone.

 

Chiedere perdono

Ora, però, a titolo personale, non posso mancare, -ripensando proprio a quanto il Signore mi ha fatto meditare in questo anno della fede, ancora pienamente in corso-,  di chiedere pubblicamente perdono al Signore, alla Chiesa, al Santo Padre, a ciascuno di voi, se io per primo non seppi vincere la tentazione contro la fede, quando, provato in una natura umanamente fragile, non l’affrontai con generosità. Quello sarebbe stato un momento nel quale testimoniare appieno la fede creduta e, prima, tanto amata!

 

 

Il miracolo di Bolsena fu la risposta ad una tentazione sulla fede

Occorreva combattere quella triplice tentazione, che, invece, Gesù e innumerevoli fratelli e sorelle, in una storia di duemila anni, hanno risolutamente combattuto, contribuendo, così, alla realizzazione del Regno dei Cieli, è innanzitutto una tentazione contro la fede.

 

Fede, tentazione, Maligno

Sua Santità Benedetto XVI, Papa Emerito, a conclusione del suo servizio petrino, non a caso ha posto

in evidente correlazione in più interventi, -intercorsi tra l’annuncio del suo ritiro e la sua attuazione-, la fede, le tentazioni ed il Maligno. Egli ci ha detto:

«Riflettere sulle tentazioni a cui è sottoposto Gesù nel deserto è un invito per ciascuno di noi a rispondere ad una domanda fondamentale: che cosa conta davvero nella mia vita? Nella prima tentazione il diavolo propone a Gesù di cambiare una pietra in pane per spegnere la fame. Gesù ribatte che l’uomo vive anche di pane, ma non di solo pane: senza una risposta alla fame di verità, alla fame di Dio, l’uomo non si può salvare (cfr vv. 3-4). Nella seconda tentazione, il diavolo propone a Gesù la via del potere: lo conduce in alto e gli offre il dominio del mondo; ma non è questa la strada di Dio: Gesù ha ben chiaro che non è il potere mondano che salva il mondo, ma il potere della croce, dell’umiltà, dell’amore (cfr vv. 5-8). Nella terza tentazione, il diavolo propone a Gesù di gettarsi dal pinnacolo del Tempio di Gerusalemme e farsi salvare da Dio mediante i suoi angeli, di compiere, cioè, qualcosa di sensazionale per mettere alla prova Dio stesso; ma la risposta è che Dio non è un oggetto a cui imporre le nostre condizioni: è il Signore di tutto (cfr vv. 9-12). Qual è il nocciolo delle tre tentazioni che subisce Gesù? E’ la proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e per il proprio successo. E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo. Ognuno dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E’ Lui il Signore o sono io?»[1]

 

Gesù non si gettò dal pinnacolo del Tempio,

ma salì sulla croce, poiché nessuno può mai scendere dalla croce se non salendovi.

Giotto e bottega, crocifissione, 1325

 

Anche se una prima volta sconfitto, però, non mi sono poi scoraggiato, poiché il Signore mi ha risollevato, come accadde a Pietro che gridava: «Signore, salvami! ». Gesù ha steso la mano davanti a me –dice il vangelo- mi ha afferrato e mi ha detto: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato? » (cfr. Mt. 13, 28-31).

Tentazioni contro la fede

Nei primi anni di assenza dal ministero, non meno difficili dei precedenti anni di ministero, preceduti ancora prima da altri di travagliata vita religiosa, la mia fede rischiò di vacillare definitivamente. Non tanto riguardo alla dottrina della fede, che ho sempre venerato, proprio quanto all’adesione pratica alla sequela ed imitazione del Signore, ciò che costituisce il cammino di santità. Invece il Signore non lo permise, così che essa iniziò a rifiorire. Il Signore, paziente, non mi fece mancare ogni aiuto, compreso il dono, alla fine, di una meravigliosa famiglia, che non merito e che intendo, insieme a me, consacrare interamente a Lui e al Suo Vangelo.

La Sua chiamata, dunque, non si spegne, ma, misteriosamente, si allarga, associando altre creature per le quali Egli ha un progetto di salvezza ed una specifica missione, che sarà mia cura scoprire e assecondare con discrezione, rispettando la libertà di ogni membro della mia famiglia.

In questi anni il Signore mi ha dato anche la possibilità di incontrare molti fratelli, che, nella fatica, riscoprono la fede e che, comunque, hanno bisogno di Lui e ciò mi educa a servirlo in essi, servendo chiunque abbia bisogno di attenzione.

 

Servire quotidianamente

L’altro grande dono che ho ricevuto è poter servire quotidianamente la Chiesa nei servizi che mi è concesso svolgere. Ma un dono altrettanto importante, per il quale voglio ringraziare voi per il vostro esempio, è un amore sempre più grande per la Chiesa e quanti la guidano, primo fra tutti, il Santo Padre.

Grande e insostituibile è il ministero di Pietro. Se ritorno ai primi momenti della mia personale adesione alla fede, al Vangelo di Gesù Cristo, ricordo che fu simultaneamente adesione, al Vangelo, a Cristo, nella Sua Chiesa, alla Sua Chiesa guidata dal Papa.

 

 

Sant’Agostino scrive che

non avrebbe creduto al Vangelo se non glielo avesse trasmesso la Chiesa[2]

 Cristiani e Sacerdoti di Cristo nella Chiesa

Questi elementi sono indivisibili non solo nella dottrina, che professo, ma nella mia vita. La questione se essere cristiano nella Chiesa o senza la Chiesa, con il Papa o senza il Papa, non si pone neanche! Proprio per questo, nel suo ultimo atto di ministero, il Santo Padre Benedetto XVI, rivolto ai Signori Cardinali, ha detto: «… da ora mi sottometto ed obbedisco al prossimo Papa …».

 

 

 Umile saluto ai Cardinali di Papa Benedetto XVI

Proprio lui, il Papa, fa atto di sottomissione ed obbedienza perché per Lui il Papa è la guida, allo stesso modo che San Francesco vedeva nell’ultimo novizio la guida postagli accanto dal Signore. Questo è spirito di fede! Per questo discutere sempre “su” e “contro” le indicazioni del Santo Padre è segno di poca fede.

Non c’è dubbio. Accogliendo da figli i suoi desideri ci apriamo di più alla Volontà del Signore, proprio perché davanti abbiamo un uomo, ma in Lui vediamo Cristo, perché Cristo lo ha scelto.

E poi come è bello ripensare a questi otto anni di magnifico pontificato di Sua Santità Benddetto XVI, che, prima ancora di essere eletto Papa, aveva avuto il coraggio di chiamare il male, male e il bene, bene, fin da quella Via Crucis che il Beato Giovanni Paolo II non aveva potuto presiedere, ma che illuminava dal letto della sua sofferenza.

 

 

Quella Via Crucis indimenticabile … mentre San Giovanni Paolo II

 si offriva nella sofferenza dell’agonia, ultimo combattimento

 

Insieme, Giovanni Paolo II e il Card. Joseph Ratzinger, come già Pietro e Paolo, insieme reggevano la Chiesa, tenendo ferma la barra della Nave verso il Sole che sorge; senza tentennamenti, senza cedere a indugi o lusinghe, senza blandire nessuno … sorretti dall’unica gioia data dall’essere fedeli nella Carità e nella Verità, animati dall’atteso incontro con Cristo, allorché Egli asciugherà ogni lacrima, anche ogni loro lacrima.

 

Verso Gerusalemme

Ora, il nuovo Successore di Pietro, Sua Santità Papa Francesco, ci indica inequivocabilmente verso dove dobbiamo andare.

Egli chiede a tutti noi, -e dunque anche a noi, che lasciammo liberamente il sacro ministero sacerdotale-, di impugnare saldamente le armi del combattimento spirituale, là dove il Signore ci pone, ciascuno con un proprio compito, che deve imparare a discernere con l’aiuto del Signore e delle guide spirituali che il Signore voglia dargli.

Personalmente non mancherò di continuare a incrementare lo studio della Parola, la preghiera, in ascolto di Dio e del Divino Magistero, chiedendo al Signore il dono che quanti hanno lasciato il sacro ministero, o sono in difficoltà nel perseverarvi, sappiano dare spazio a Lui e, ancora una volta, riconoscenti, amarLo.

Chiedo con voi al Signore, di inviarci altri sacerdoti, che faticano nel seguirLo. Essi hanno bisogno di incontrare sulla loro strada persone, che sappiano comprenderli, ma anche riscuoterli, se ciò occorresse, inginocchiandosi davanti a Gesù Eucaristia nostro Re.

Signore, grazie.

 Ave Maria, R. D.

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[1] BENEDETTO XVI, Udienza Generale, Mercoledì 13 febbraio 2013.

[2] Augustinus, Contra ep. man. 5, 6; cf. Contra Faustum 28, 2.

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