Male minore, c’è dibattito

no 194di Marco Mancini (Campari&DeMaistre)

Un paio di giorni fa abbiamo rilanciato sul nostro blog un contributo pubblicato da Fabrizio Cannone sul sito “Libertà e Persona”, riguardante il tema del c.d. “male minore” nella teologia morale cattolica. La questione ha recentemente assunto una particolare rilevanza soprattutto nel campo dei “principi non negoziabili”: basti pensare ai contrastanti giudizi formulati nel mondo cattolico sulla proposta di legge spagnola (poi ritirata dal governo) che restringeva i casi in cui l’aborto viene considerato legale, o anche al dibattito italiano su se e come regolamentare la fecondazione eterologa, dopo che la Corte Costituzionale ha decretato incostituzionale il suo divieto.

Cannone aveva svolto la sua riflessione con abbondanza di riferimentia un classico della teologia morale come il compendio di p. Eriberto Jone, ma anche al Magistero della Chiesa (in particolare, il par. 73 dell’Evangelium Vitae di San Giovanni Paolo II), giungendo alla conclusione che sì, è possibile apportare il proprio voto favorevole a una legge che, pur non vietando del tutto un male GIÀ ESISTENTE, lo limiti finché è possibile, fermo restando che la parte restante di male continuerà ad esistere a prescindere dal nostro intervento e dalla nostra volontà.

Ci era sembrata un’argomentazione ben fondata, logica, razionale, ricca di sano realismo: in una parola, cattolica. Essa ha invece suscitato reazioni polemiche negli ambienti tradizionalisti. Non ci dilungheremo, per carità di patria, su taluni rappresentanti di tale tendenza, che hanno ridotto la fede a ideologia politica, a tal punto da costituire ormai il corrispondente cattolico dell’ISIS. Occorrerebbe riprendere in mano anche per costoro il memorabile discorso di Ratisbona di Benedetto XVI: del resto, essi hanno più a che fare con il giacobinismo o con certo fondamentalismo di stampo protestante che con la millenaria saggezza della Chiesa Cattolica. Purtroppo la crisi nella Chiesa e l’appannamento della vera Tradizione hanno generato per reazione queste schegge impazzite di “ideologi del tradizionalismo”, che alla maniera dei farisei (o del califfo al-Baghdadi) sacrificano l’uomo alla Legge, o Sharia che dir si voglia. Come i loro omologhi islamisti, sono figli inconsapevoli del totalitarismo moderno e non conviene soffermarvisi ulteriormente.

Meritano invece di essere prese in considerazione obiezioni più autorevoli. Il sito “Riscossa Cristiana” ha ripubblicato, in risposta all’articolo di Cannone, un contributo passato del prof. Roberto de Mattei, preceduto da un’introduzione di Paolo Deotto. Ci si consenta di osservare chel’introduzione di Deotto è non solo superflua, ma addirittura fuorviante, laddove continua a citare come esempi di “male minore” che Cannone avrebbe inteso sdoganare l’approvazione di una legge sull’eutanasia, che prevedesse però l’obiezione di coscienza, o la stessa legge 194. Non è questo l’oggetto del contendere: Cannone parla esclusivamente, come chiarito sopra, di un male già esistente o già deliberato indipendentemente dalla nostra volontà, che si intenda in qualche modo limitare. Non si tratta di legalizzare parzialmente ciò che fino a ieri era vietato, ma di limitare ciò che fino a ieri era pienamente consentito. Se non si afferra questo punto è inutile cominciare a discutere ed è sorprendente, oltre che frustrante, che pubblicisti cattolici di tale notorietà continuino a menare il can per l’aia, non capendo o facendo finta di non capire: si ha talora l’impressione di parlare a dei sordi.

Più lucida appare la posizione del prof. de Mattei. Egli infatti prende in esame il passo dell’Evangelium Vitae di cui abbiamo parlato sopra, laddove si afferma che il parlamentare cattolico “potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge (abortista) diminuendone gli effetti negativi”. Tuttavia lo interpreta in senso fortemente restrittivo: a suo giudizio, il politico cattolico potrebbe limitarsi a intervenire solo su una legge “in via di approvazione parlamentare, modificandola mediante emendamenti meramente abrogativi o restrittivi di disposizioni permissive ed immorali”. In ogni caso sarebbe da escludere il voto favorevole alla votazione finale sul testo di legge, qualora esso contenga anche una sola disposizione “intrinsecamente e oggettivamente immorale”.

Per comprendere meglio il senso del brano dell’enciclica, in ogni caso, è opportuno citare il capoverso per intero, non limitandosi al passaggio citato dal prof. de Mattei. Lo riportiamo qui a beneficio dei lettori, evidenziando in grassetto le parti che riteniamo più importanti per una corretta interpretazione:

“Un particolare problema di coscienza potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, volta cioè a restringere il numero degli aborti autorizzati, in alternativa ad una legge più permissiva già in vigore o messa al voto. Simili casi non sono rari. Si registra infatti il dato che mentre in alcune parti del mondo continuano le campagne per l’introduzione di leggi a favore dell’aborto, sostenute non poche volte da potenti organismi internazionali, in altre Nazioni invece – in particolare in quelle che hanno già fatto l’amara esperienza di simili legislazioni permissive – si vanno manifestando segni di ripensamento. Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni[corsivo nel testo] di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui”.

Come si vede, si parla di voto parlamentare che risulti “determinante” per favorire “una legge più restrittiva”: una legge, non solo singoli emendamenti. E quale voto più determinante di una votazione finale sulla proposta di legge nel suo complesso? Del resto, se ci si riferisse semplicemente alla votazione di un emendamento parzialmente abrogativo, non sorgerebbe alcun “problema di coscienza”: l’azione del parlamentare sarebbe lecita senza alcun dubbio. Non si avvertirebbe il bisogno di circondare l’affermazione di tali e tante cautele (“la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota”). L’espressione “limitare i danni”, del resto, rinvia di per sé a una visione sostanzialista del problema, più che a una formalistica distinzione tra proposte di legge o emendamenti, o tra emendamenti soppressivi, aggiuntivi e sostitutivi.

È bene, del resto, intendersi sulla natura degli “emendamenti restrittivi” ritenuti leciti da de Mattei, perché il rischio è che si finisca per divergere solo per il fatto di indicare la stessa cosa con parole diverse. Poniamo il caso di un parlamentare che presenti una proposta di legge (la famosa 195) che contenga il seguente articolato: “Art. 1 – All’art. 4 della legge 194 si sostituisce “novanta” con “trenta”. Art. 2 – All’art. 6 della legge 194 si abroga la lettera b)”. Le leggi non sono sempre testi normativi elaborati ex novo e in sé compiuti, ma fanno riferimento spesso a disposizioni già esistenti per abrogarle o modificarle. Una proposta di legge del genere, composta esclusivamente di articoli abrogativi o modificativi della legge 194 (in questo banale esempio, restrizione dell’aborto legale ai primi 30 giorni di gravidanza e abolizione del c.d. aborto terapeutico) potrebbe considerarsi lecita? Si tratterebbe, a nostro avviso, di una “proposta mirata a limitare i danni di una legge” abortista (la 194), di un “legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui”.

E che fare qualora non esista una legge formale da abrogare o modificare – il sistema delle fonti del diritto non è più “legicentrico” come in passato –, ma l’ordinamento consideri comunque il male perfettamente legale, come recentemente avvenuto nel caso della fecondazione eterologa? Non sarebbero leciti una legge o un emendamento “additivo” che limitino i danni, nell’impossibilità di vietare completamente il male.

La stima che nutriamo per il prof. de Mattei ci impone, da dilettanti della materia, di chiedergli di fornirci delle risposte più chiare a tale riguardo.

 fonte: campariedemaistre.com

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Autore: Libertà e Persona

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