L’orgoglio abortista

I bad an abortion. Questa provocatoria espressione campeggia su una maglietta indossata da una ragazza. Ho abortito, mostrato con orgoglio è l’auspicio dichiarato di un’ennesima trasformazione antropologica caldeggiata dalla scrittrice femminista Katha Pollit. L’idea che soggiace a questa dichiarazione è quella di superare ogni senso di colpa, il tutto rafforzato dal fatto che ” interrompere la gravidanza dovrebbe essere considerato un evento normale, naturale,

proprio come avere un figlio”. Il problema per il femminismo radicale si annida persino nella coscienza di coloro che pur ammettendo l’aborto, giustificandone la legalizzazione, continuano in cuor loro, a considerarlo un male. Nella prospettiva così delineata è assente il concepito, il bambino se appare, è considerato un’ appendice sgradita nel corpo femminile. Non solo, questa tipo di donna ha in odio il corpo femminile in quanto potenziale ricettacolo di un intruso,il bambino.Simili affermazioni si accompagnano al sogno di poter fabbricare un intruglio casalingo che pulisca ben bene l’utero da ogni sgradevole presenza. Questo ci fa trasalire se pensiamo ai modi attraverso cui è gratuitamente praticata l’interruzione di gravidanza e si noti bene l’eufemismo, perchè il termine interruzione muove la nostra attenzione solo in direzione della donna. Si vuol dimenticare di come una vita venga strappata con violenza dal luogo della pace, dalla culla più naturale del mondo, il grembo di una madre. Si vuole offuscare attraverso la pura propaganda la forza essenziale dell’umana coscienza. Si oscura l’idea che una donna porti inscritto nel proprio essere biologico il dono dell’accoglienza .Mai, prima del nostro tempo,si era preteso, neppure in tempi di dittature , di narcotizzare scientemente la coscienza. Questo accade mentre un professore di religione viene sospeso per aver mostrato cosa sia un aborto. Questo accade mentre la vita si prende la briga di mostrare a tutti noi quanto valga il sorriso di un bambino, abbiamo infatti, ancora negli occhi l’ultima foto del piccolo Loris. E la memoria corre al passato, quando il piccolo Alfredino Rampi perso nel fondo di un pozzo ci ricordò il valore di ogni vita convocando sul bordo di quella bara infinita il cuore di un’intera nazione , quel giorno la luna nel pozzo era un bambino, scrisse il grande poeta Giovanni Testori. È tutto ciò accadeva mentre l’Italia si apprestava a legalizzare l’aborto.

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