Evoluzionismi e ideologie

darwinismo (1)

Solitamente si crede che l’opposizione a Charles Darwin sia venuta esclusivamente dagli ambienti religiosi. E si cita il celebre caso del vescovo Samuel Wilberforce, e della sua leggendaria disputa, nel 1860, con Thomas Huxley, sulla natura umana. Certamente Wilberforce è uno degli oppositori di provenienza religiosa. E’ figlio di William, l’uomo che ha lottato un’ intera vita per abolire in Inghilterra la tratta degli schiavi (vedi film Amazing grace): conosce bene le teorie secondo cui i neri sarebbero solo scimmie meno evolute,

e non può non essere allarmato da vari riferimenti di tipo eugenetico e latamente razzista presenti nell’opera stessa di Darwin (riferimenti notati, tra gli altri, non solo da quasi tutti gli storici del razzismo, ma anche da estimatori come S.J. Gould).

Lo preoccupano anche le idee di Francis Galton, cugino di Charles, che verranno sposate anche dai figli di Darwin, George e Leonard, entrambi futuri eugenisti convinti. Del resto, proprio Thomas Huxley – l’amico e il mastino di Darwin, il suo avvocato contro “i cani bastardi che abbaieranno e uggioleranno”- professa apertamente il razzismo: “Nessun uomo razionale, che abbia cognizione dei fatti, crede che l’uomo negro medio sia uguale o meno che mai superiore all’uomo bianco. Se questo è vero, non è assolutamente credibile che, quando siano stati eliminati tutti i suoi svantaggi e ottenute le condizioni di parità senza più oppressori, il nostro prognato parente possa competere con il suo rivale dal cervello più grande e dalle mascelle meno pronunciate in una gara condotta sulla base dei pensieri anziché dei morsi. I gradi più alti di civiltà non saranno mai in alcun caso alla portata dei nostri cugini di pelle scura” (in R. Dawkins, L’illusione di Dio).
In verità, più che da ambienti religiosi, l’ opposizione a Darwin proviene, già in origine, da colleghi scienziati. La polemica più significativa sull’origine dell’ uomo avviene pubblicamente, nel 1869, ad Exeter. Il protagonista è nientemeno che Sir Alfred Wallace, co-scopritore con Darwin della selezione naturale, il quale, durante un convegno scientifico, afferma, contraddicendo l’amico Darwin, di credere nell’origine naturale del corpo umano, ma sovrannaturale della sua anima. In nome di questa posizione, nasceranno le sue battaglie culturali contro le dottrine eugenetiche e razziste sostenute alla fine dell’Ottocento da tanti evoluzionisti materialisti (S.J. Goul, Intelligenza e pregiudizio).

A quello di Wallace, si possono aggiungere molti nomi illustri. Ad esempio quello di Sir Charles Lyell, il cui Principi di geologia è essenziale agli studi dell’amico Darwin. Lyell nega convintamente che l’evoluzione sia sufficiente a spiegare alcune peculiarità tipicamente umane, come le facoltà morali ed il linguaggio. Anche il botanico statunitense Asa Gray (1810-1888), amico di Darwin e maggior rappresentante del darwinismo americano, è convinto dell’ originalità dell’uomo. Un altro protagonista del dibattito è George Mivart (1827-1900), biologo, anatomista, membro della Royal Society e vice presidente della Zoological Society. Inizialmente entusiasta del darwinismo, presto se ne distacca, sostenendo l’inutilità dello stato incipiente degli organi e proponendo un’evoluzione che procede secondo un piano pre-ordinato, talora per salti, senza che le selezione naturale sia in grado di spiegare interamente il perché. Per Mivart l’uomo ha una natura doppia, e la sua “razionalità usa e include la sua natura animale”. Il corpo è “formato prima mediante una creazione derivativa o secondaria, secondo leggi naturali”, mentre l’anima “origina da una diretta e immediata creazione”.
A criticare alcune idee darwiniane, non tanto sull’evento evoluzione quanto sui suoi meccanismi, sono, nella sola Inghilterra: sir Richard Owen (1804-1892), professore di Anatomia e Fisiologia comparata e membro della Royal Society, per il quale le differenze tra uomo e animale sono di qualità e non di grado; i fisici di Cambridge Sir William Thompson (1824-1907), futuro Lord Kelvin, e George Stokes (1819-1903); Benjamin Brode (1783-1862), anatomista e fisiologo, presidente della Royal Society, e Alfred William Bennet (1833-1902), botanico, entrambi contrari alla possibilità dell’esistenza di tappe intermedie dell’evoluzione (giudicate inutili e dannose); il geologo John Phillips (1800-1874), l’anatomista sir George Humphry (1820-1896), primo presidente dell’Anatomical Society of Great Britain, il fisiologo William Carpenter (1813-1885), Charles Daubeny (1795-1867), chimico e botanico di Oxford e Lord Wrottsley (1798-1867), presidente della Royal Astronomical Society… Alcune delle critiche addotte sono tutt’oggi ritenute valide. Basti la più notevole: i più negano che il linguaggio umano possa essere sorto per gradi, per pressioni evolutive, dall’imitazione di suoni naturali, come vorrebbe Darwin. Una posizione a tutt’oggi sostenuta da linguisti, biologi evoluzionisti, genetisti di valore e fama. Il linguaggio, la parola: cioè la massima espressione della razionalità di creature, per un credente, fatte di polvere, ma anche a immagine e somiglianza di un Dio che il Vangelo definisce proprio “Verbum”, cioè Parola. Il Foglio, 27/11/2014

 

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Autore: Francesco Agnoli

Laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell’editoria alla Trentino Art Academy. Collabora con UPRA, ateneo pontificio romano, sui temi della scienza. Scrive su Avvenire, Il Foglio, La Verità, l’Adige, Il Timone, La Nuova Bussola Quotidiano. Autore di numerosi saggi su storia, scienza e Fede, ha ricevuto nel 2013 il premio Una penna per la vita dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione tra gli altri con la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana). Annovera interviste a scienziati come  Federico Faggin, Enrico Bombieri, Piero Benvenuti. Segnaliamo l’ultima pubblicazione: L’anima c’è e si vede. 18 prove che l’uomo non è solo materia, ED. Il Timone, 2023.