Al Sinodo tirano le somme

sinodo03di Sandro Magister

C’è un abisso tra la “Relatio” di metà sinodo, travolta dalle critiche, e la “Relatio” finale, votata nel pomeriggio di sabato 18 ottobre.

I presenti in aula erano 183. E ben 58 paragrafi del documento su 62 sono stati approvati con una maggioranza di “placet” nettamente superiore ai due terzi, in parecchi casi vicina all’unanimità.

Anche i restanti quattro paragrafi sono stati approvati, ma a maggioranza semplice e con un consistente blocco di voti contrari.

E sono i paragrafi che toccano le questioni più controverse. Su tali questioni, i “non placet” possono appartenere sia a novatori che a intransigenti, i primi delusi dai modesti risultati raggiunti, i secondi irriducibilmente contrari a ciò che giudicano un cedimento.

Ecco qui di seguito i quattro paragrafi in questione, con i voti rispettivamente raccolti.

Sui matrimoni civili e le coppie di fatto

Placet 125
Non placet 54

41. Mentre continua ad annunciare e promuovere il matrimonio cristiano, il Sinodo incoraggia anche il discernimento pastorale delle situazioni di tanti che non vivono più questa realtà. È importante entrare in dialogo pastorale con tali persone al fine di evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza. I pastori devono identificare elementi che possono favorire l’evangelizzazione e la crescita umana e spirituale. Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consiste nel cogliere gli elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, nelle convivenze. Occorre che nella proposta ecclesiale, pur affermando con chiarezza il messaggio cristiano, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso.

Sulla comunione ai divorziati risposati

Placet 104
Non placet 74

52. Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che “l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate” da diversi “fattori psichici oppure sociali” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735).

Placet 112
Non placet 64

53. Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio.

Sugli omosessuali

Placet 118
Non placet 62

55. Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. “A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).

*

Al termine del sinodo ha preso la parola papa Francesco.

Il suo discorso è da leggere per intero. In esso il papa dà grande evidenza a una citazione di Benedetto XVI sul compito proprio dell’autorità della Chiesa:

“Questa è la suprema norma di condotta dei ministri di Dio, un amore incondizionato, come quello del Buon Pastore, pieno di gioia, aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani, delicato verso i più deboli, i piccoli, i semplici, i peccatori, per manifestare l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza”.

Ma di grande interesse è soprattutto la descrizione che Francesco fa dei “momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni” che ha visto contrassegnare questo sinodo. Tentazioni che enumera così:

“La tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti – oggi – ‘tradizionalisti’ e anche degli intellettualisti.

“La tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei ‘buonisti’, dei timorosi e anche dei cosiddetti ‘progressisti e liberalisti’.

“La tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente (cf. Lc 4,1-4) e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati (cf. Gv 8,7) cioè di trasformarlo in ‘fardelli insopportabili’ (Lc 10, 27).

“La tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio.

“La tentazione di trascurare il ‘depositum fidei’, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni o, dall’altra parte, la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano ‘bizantinismi’, credo, queste cose…”.

 fonte: Settimo Cielo

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Autore: Libertà e Persona

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