Dopo la morte di una donna, per Ru 486, anche in Italia, si è tornati a parlare di aborto farmacologico. E forse proprio quella morte farà riflettere qualcuno.
Perchè proprio di questi tempi stavamo assistendo ad un progressivo ampliamento delle già larghissime maglie dell’abortismo italiano. Questo perchè alcune regioni, dalla Toscana al Lazio, violando la stessa legge abortista 194, stanno cercando di introdurre un uso ambulatoriale, in day hospital, della pillola abortiva. E’ evidente che “l’idea di dare la Ru486 in consultorio consegnando alle donne il numero di telefono del pronto soccorso” da una parte favorisce un uso sempre più massiccio della RU 486, con relative morti di embrioni umani innocenti, dall’altra incrementa anche il ripetersi di decessi di donne che alla Ru 486 ricorrono.
In più, la progressiva privatizzazione dell’evento aborto, un tempo indicata dal mondo femminista, almeno a parole, come il male da sconfiggere, rischia di portare persino alla vendita della Ru 486 in farmacia. Con conseguenze che possiamo immaginare: disastrose. Della serie: di male in peggio.
Benchè condotto con una impostazione limitata alla salute della donna, per una precisa scelta comunicativa e di target (dettata probabilmente dal desiderio di smuovere l’apatia del femminismo italiano-vista invece la posizione anti kill pill di vari movimenti femministi di altri paesi), torna dunque utile rileggere quello che fu il primo allarme pubblico lanciato in Italia contro la Ru 486, a firma Assuntina Morresi ed Eugenia Roccella: La favola dell’aborto facile.
Google ha infatti digitalizzato il libro, che potete trovare qui:
Nato invece in ambiente pro life, il I studio scientifico italiano sulla Ru 486. Anch’esso disponibile integralmente:
