«Se vincerà Putin, la Chiesa ortodossa avrà più spazio. No alla rivoluzione appoggiata dagli Usa»

di Rodolfo Casadei

Kirill Frolov è il giovane presidente dell’Associazione degli Esperti ortodossi, una delle entità che compongono l’Unione dei Cittadini ortodossi: un gruppo di opinione che sostiene con toni entusiastici Vladimir Putin e il suo partito Russia Unita e mostra il massimo di antagonismo nei confronti dell’opposizione. Ha rilasciato un’intervista a Tempi ben consapevole che si tratta di un settimanale di ispirazione cattolica, congratulandosi del fatto che la sua proprietà sia indipendente dalla Chiesa.

Signor Frolov, come valuta la situazione politica della Russia alla vigilia delle elezioni presidenziali?
La cosa principale è dire di no alla rivoluzione arancione che vogliono imporci i manifestanti anti-Putin. Questi rivoluzionari vogliono farci rivivere le calamità del 1917: gridano “via il sovrano” come fu fatto allora, col risultato che allo zar ortodosso succedette un malvagio governo pagano. E noi ortodossi rispondiamo con l’inno della Russia imperiale: «Dio, custodisci lo zar». Non possiamo amare questa gente che si inginocchia davanti all’ambasciatore americano, sono sicuro che nemmeno voi italiani avreste stima di oppositori politici che visitano una potente ambasciata straniera. Loro dicono di rappresentare il popolo, e noi ci ribelliamo a questo scippo della rappresentanza. A radio Eco di Mosca i giornalisti che simpatizzano con loro ci definiscono “acciughe” e “lumpen” (con riferimento alla parola tedesca “lumpenproletariat”, cioè sottoproletariato – ndr), ma più ci disprezzano, più noi siamo decisi a non lasciarli salire al governo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la dichiarazione di Alexei Navalny: ha detto che il risultato che uscirà dalle urne il 4 marzo non lo considererà legittimo. Sono seguiti altri interventi scandalosi, come quello di Stanislav Belkosky (un analista politico in passato vicino al governo, oggi simpatizzante dell’opposizione – ndr) che su Moskovsky Komsomolets ha attaccato il patriarca Kirill. Per questo chiediamo ai cattolici italiani di appoggiarci come noi ortodossi vi abbiamo appoggiato davanti alla Corte europea nella difesa dei crocefissi nelle scuole. Vi chiediamo di espellere dall’Italia il rivoluzionario Stanislav Belkovsky, che ha preso casa a Venezia, e che è l’ideologo della “rivoluzione della palude” (“bolot” in russo significa “palude”, è un’allusione alla manifestazione anti-Putin di piazza Bolotnaya – ndr).

Perché siete così preoccupati di un indebolimento di Vladimir Putin?
Perché sarebbero messi in pericoli i germogli positivi che sono spuntati in Russia in questi anni. L’8 febbraio Putin ha incontrato il patriarca Kirill e tutti i leader religiosi russi: ha confermato l’insegnamento del cristianesimo nelle scuole e ha auspicato una maggiore presenza della Chiesa alla televisione. Se la rivoluzione vincesse, questi accordi sarebbero compromessi. Se la Chiesa avrà più spazio nelle scuole, nelle forze armate e alla televisione, riusciremo a salvare il nostro popolo dalla droga, dall’alcolismo, dalla distruzione delle famiglie, riusciremo a farlo rialzare in piedi. Quelli della Bolotnaya sono sostenuti da un importante giornalista televisivo come Vladimir Posner; noi proponiamo che al patriarca Kirill sia concesso uno spazio alle 9 della sera, come a Posner, per poter parlare direttamente ai russi. Il Patriarca sta creando decine di nuove diocesi perché tutte le parrocchie del territorio russo possano essere visitate e incoraggiate da vescovi, perché ogni cittadino sofferente o nel bisogno possa sentire l’influenza di un vescovo anche nelle località più disagiate. Ha avviato un piano per la creazione di 200 nuove parrocchie a Mosca, per arrivare a ogni cittadino della capitale. Perché questi progetti si realizzino è necessaria un’alleanza fra Putin e Kirill. Il presidente favorirà la crescita economica e difenderà i nostri interessi nazionali, il patriarca compirà la rinascita spirituale della Russia mettendo la Chiesa in grado di raggiungere ogni cittadino russo.

Di cosa ha bisogno il sistema politico russo oggi? Di una riforma che lo trasformi o di conservarsi così com’è?
Ha bisogno di una controrivoluzione, di un governo forte e stabile. Ai rivoluzionari rispondiamo con le parole di Pyotr Stolypin (il primo ministro zarista riformista ucciso da un attentatore rivoluzionario nel 1911 – ndr): «Voi volete grandi disagi, noi vogliamo la grande Russia». Questa nuova rivoluzione sarebbe la fine della grande Russia. Non a caso i nazionalisti ucraini hanno espresso la loro solidarietà ai manifestanti della Bolotnaya, e hanno ripetuto che l’unità della grande Russia è una chimera. Quello che per loro è una chimera, per noi è l’ideale che ci muove.

Lei teme che l’unità della Russia sarà in pericolo se Putin non sarà eletto presidente o se si ritroverà debole?
Il pericolo di perdite territoriali da parte della Russia si sarebbe concretizzato se nel 2000 non fosse salito al potere Putin: i wahabiti stavano conquistando il Daghestan. Il pericolo si riproporrebbe se vincesse la rivoluzione arancione sponsorizzata dagli Usa. La Carta Atlantica del 1941 contiene il principio di autodeterminazione dei popoli, e gli Stati Uniti hanno intenzione di usarlo per favorire l’indipendenza dei popoli del Volga, degli Urali, del Caucaso, delle regioni abitate dai cosacchi. All’università di Irkutsk all’interno di un programma di cooperazione russo-americana è stato svolto un seminario sul distacco della Siberia dalla Russia. E il senatore McCain ha minacciato la ripetizione dello scenario libico in Russia! Immaginatevi cosa sarebbe successo se un senatore russo avesse minacciato uno “scenario libico” per Washington. Queste sono affermazioni che non possiamo tollerare. Come non possiamo tollerare che l’ambasciatore Usa Michael McFaul riceva i leader dell’opposizione: se fosse una persona onesta, dovrebbe dire loro di rivolgersi alle legittime autorità russe per discutere i problemi politici, non dovrebbe discutere con loro di difesa antinucleare come se fossero loro a governare la Russia. Anche l’incontro dell’ambasciatore italiano con esponenti della “palude” ha dato fastidio a un gran numero di russi. Ma le dichiarazioni di McCain o gli incontri dell’opposizione con gli ambasciatori stranieri sortiscono l’effetto opposto a quello desiderato: la gente respinge il parallelo fra Tripoli e Mosca, non vuole alcuna cooperazione fra Nato e Russia, respinge la destabilizzazione. Putin ormai è diventato il simbolo della lotta della Russia per la sua sovranità.

Quale sarebbe il sistema politico ideale per la Russia, secondo lei?
In questo momento storico c’è bisogno di un consolidamento dei poteri del capo dello Stato, perché si tratta di far fare al paese un passo decisivo nell’ambito della nuova industrializzazione e delle nuove tecnologie. Il sistema deve restare multipartitico, con partiti di destra e di sinistra più autorevoli di quelli attuali, ma deve esserci l’unanimità sui valori e sulle questioni di fondo: le divisioni devono riguardare i dettagli. Come ha detto il patriarca Kirill, è giusto che i partiti abbiano idee diverse sui temi di secondo piano, ma deve esserci unità sulle questioni di fondo. Tutte le forze politiche dovrebbero mostrare rispetto verso i valori ortodossi, promuovere lo sviluppo economico, onorare la gloria della Russia. E la libertà dovrebbe essere intesa nel senso storico cristiano. Questo significa che deve essere sempre riconosciuto il diritto alla proprietà privata, ma non vogliamo parate gay nel nostro paese, né altre manifestazioni in contraddizione coi nostri valori ortodossi. Dovrà essere vietato anche il finanziamento di organizzazioni politiche russe dall’estero.

L’intervista televisiva del patriarca Kirill del 6 gennaio è stata intesa come una messa in guardia al governo, perché ascolti chi lo critica.
L’intervista del patriarca va interpretata nel contesto di tutte le interviste che ha rilasciato sui temi di rilevanza pubblica. In tutte le interviste Kirill si pronuncia contro scenari rivoluzionari e invita il governo ad ascoltare il popolo. Ma chi l’ha detto che quelli di piazza Bolotnaya rappresentano il popolo? Tutto quello che sono stati capaci di fare è stato di chiamare noi “acciughe” e “lumpen”, ma queste acciughe sono state molto più numerose di loro quando si sono riunite al Parco della Vittoria! Gli esponenti ultraliberali che hanno parlato in piazza Bolotnaya sono dei noti anticlericali. Invece Putin ha invitato la Chiesa a rendersi più presente sui media televisivi pubblici, perché rappresenta la maggioranza del popolo russo.

Da www.tempi.it

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Autore: Libertà e Persona

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