Il comunismo ateo uccide ancora: la Corea del Nord (1)

Dopo la capitolazione giapponese del 15 agosto 1945, Kim II Sung, leader comunista della resistenza e capo dell’Esercito rivoluzionario popolare, s’impose come assoluto leader coreano. La Corea dovette subire l’analogo destino della Germania: a fine 1948 fu ratificato un trattato in cui il nord (Repubblica Democratica Popolare con capitale Pyongyang) andava ai sovietici, il sud (Repubblica di Corea con capitale Seoul) agli americani. La Corea del Nord applicò subito le politiche economiche comuniste, il 5 marzo 1946 fu abolita la proprietà fondiaria feudale, il 10 agosto furono nazionalizzate tutte le grandi industrie, le banche, i trasporti, le poste e le telecomunicazioni. Tra il 25 giugno 1950 e il 27 luglio 1953 scoppiò la guerra di Corea: questa, al contrario di quello che alcuni vogliono ancor oggi far credere, non fu (per una volta) una guerra preventiva e d’aggressione americana ma il contrario: infatti il 25 giugno del 1950, in piena Guerra fredda, 800mila nordcoreani, appoggiati dai sovietici, varcarono in armi il 38? parallelo con l’obiettivo di conquistare l’intero Paese.

Due giorni dopo il Consiglio di sicurezza dell’Onu mise ai voti il ricorso a “sanzioni militari” contro gli invasori; approfittando della mancanza del delegato sovietico (che aveva diritto di veto) la proposta fu accettata all’unanimità. Così il contingente dei Caschi blu fermò l’avanzata nordcoreana, ma l’invio di 180mila “volontari” cinesi complicò la situazione Fu così che si arrivò nel ’53 all’armistizio (valido ancora oggi visto l’assenza di un vero trattato di pace) che fissava nel 38? parallelo la linea di confine tra le due Coree: la guerra aveva provocato la morte di 415mila sudcoreani, 34mila americani e 1 milione tra nordcoreani, sovietici e cinesi.

L’esito del conflitto fu festeggiato in Corea del Nord come una vittoria sugli Stati Uniti e non si è tutt’oggi smesso di sognare la conquista del Sud; fino al 1980 il popolo nordcoreano visse cullando l’idea del “momento decisivo” e per questo il governo di Pyongyang infiltrò numerosi agenti sovversivi in Corea del Sud, i quali furono responsabili di numerosi attentati, tra cui quello del 21 gennaio 1968, quando 31 agenti nordcoreani attaccarono la residenza presidenziale a Seoul, uccidendo 68 sudcoreani o l’abbattimento il 15 aprile 1969 di un EC-121 americano che sorvolava il Mar del Giappone (a 160 km dalle coste coreane) da parte di un MiG-21 nordcoreano, provocando la morte di 31 persone, senza dimenticare l’attentato del 1987 che causò la morte di 105 passeggeri del volo della Korean Airlines.

Dal 1993 la Corea del Nord attira invece l’attenzione internazionale per i suoi esperimenti nucleari: nel maggio di quell’anno infatti lanciò un missile Rodong nel Mar del Giappone, divenendo il nono Paese al mondo a possedere la bomba atomica. Nel 2003 si ritirò dal trattato di non proliferazione nucleare (TNP); il 4 luglio 2006 lanciò sette missili balistici scatenando una grave reazione internazionale che si aggravò tre mesi dopo con il primo test nucleare sotterraneo, provocando, oltre a sanzioni economiche, perfino la condanna da parte della Cina, alleata di sempre. Nel febbraio 2007 la Corea del Nord accettò di smantellare alcuni impianti nucleari in cambio di 400milioni di dollari in petrolio ed aiuti. Tuttavia proprio lunedì 25 maggio 2009 c’è stato un nuovo test ed è stato annunciato un altro lancio di un missile a corta gittata. Il problema nucleare nordcoreano è oggi a tutti gli effetti un serio pericolo per la sicurezza della comunità internazionale. Dopo questo rapido excursus storico, vediamo in dettaglio le caratteristiche del governo.

La Corea del Nord è retta da un regime comunista di tipo stalinista molto particolare, dato che si ha una sorta di “comunismo dinastico“: nel 1994 la morte del “Padre della Patria” Kim II Sung (al potere dal 1948) ha provocato la modifica della Costituzione, proclamando “l’eternità” della Presidenza al dittatore defunto, introducendo la continuità dinastica e quindi legittimando la presa del potere del figlio Kim Jong-il (nella foto)con il titolo ufficiale di “Caro Leader”. Il Paese si regge sulle due entità fondamentali di ogni regime comunista: il partito e l’esercito.

La cricca militare dei “comunisti illuminati” risiede nella capitale, Pyongyang, girando in Mercedes e arricchendosi con ogni genere di traffico illegale, su tutti quello della droga e della falsificazione dei dollari, mentre il resto del Paese muore di fame. Facendo leva sull’assenza di un trattato di pace, il Paese è severamente militarizzato: il servizio militare è permanente per ogni cittadino adulto, senza esclusione di sesso. Se nel 1972 si calcolavano 400mila effettivi, oggi l’esercito è composto da più di 1 milione di uomini, a cui vanno aggiunti 7 milioni di riservisti, numeri che fanno della Corea del Nord la nazione con il maggior numero di soldati al mondo in rapporto con la sua popolazione (40 arruolati ogni 1000 abitanti!).

La politica economica disastrosa, che passa sotto il nome di Juche, non è che la ripetizione del binomio autarchia-autodeterminazione che rifiuta il commercio internazionale perché “contrario al bene dei lavoratori”. In questo modo la Corea ha conosciuto gravissime carestie: quella tra il 1994 e 1998 fu talmente intensa (le fonti ufficiali parlano di 220mila vittime, mentre le ONG ritengono che il numero si aggiri sui 3 milioni) che costrinse il Paese per la prima volta nella sua storia, ad uscire dal proprio isolazionismo, chiedendo l’aiuto internazionale: il mondo arrivò a concedere 1 miliardo di dollari (il secondo piano di assistenza internazionale più ingente della storia dopo quello della Ex-Jugoslavia); tuttavia rimane aperto l’annoso problema dell’utilizzo di questi aiuti da parte di Kim Jong-il, poiché egli non consente agli organismi internazionali di vigilare sulla loro elargizione.

L’ostinata continuazione di quelle teorie economiche oggi hanno ridotto più di 13 milioni di persone (su un totale di 22 milioni) alla fame. Per evitare ogni opposizione il regime di Pyongyang ha compiuto ogni sforzo per eliminare l’analfabetismo e oggi praticamente tutti sanno leggere e scrivere: questo infatti garantisce, mediante un’istruzione perfettamente controllata, l’indottrinamento del popolo, basti pensare al fatto che la Corea del Nord figura al 172? posto su 173 per quanto riguarda la libertà nell’informazione, davanti solo all’Eritrea. Perfino l’utilizzo dei cellulari e l’ascolto della radio, dopo un’iniziale apertura nel 2002, già due anni dopo furono nuovamente vietati. Gli altri media, invece, mantengono vitale, in un Paese che si definisce ateo, il culto della personalità del Caro Leader.

Sempre servendosi di questi strumenti, il regime comunista nordcoreano base la propria forza sul terrore e la psico-propaganda, in un miscuglio di paura (“Siamo circondati dai nemici”), di militarismo, per cui il primato militare è fatto credere necessario alla popolazione per un imminente “grande balzo in avanti” di maoista memoria, e di folle orgoglio razziale (“Siete la razza più pura dell’Asia”). Fa sempre parte della Juche, l’ideologia del regime, l’aggregazione coatta del popolo in adunate, canti e marce, a volte fino ai campi di morte. Infatti recentemente la comunità internazione è venuta a conoscenza dell’esistenza di 12 campi di concentramento dove sarebbero rinchiusi per “reati politici” più di 200mila prigionieri e dove si svolgerebbero torture, stupri, esperimenti medici (terribile in questo senso è il Campo 22 dove sarebbero internate 50mila persone) e aborti forzati. Incredibile come si possa venir arrestati non solo perché sospettati di essere personalmente dissidenti, ma basta esserne un familiare: il regime perseguita fino alla terza generazione, per estirpare il cattivo sangue che ha generato il seme del dissenso.

Ultime due annotazioni: la prima è che la Corea del Nord è l’unico stato al mondo in cui non vi sono handicappati. I bambini con qualche disabilità vengono uccisi negli ospedali o nelle case per purificare le masse, rendendole così più forti, intelligenti e in salute; l’altra è che a Pyongyang, città che prima della guerra di Corea era il centro delle attività cristiane, mancano all’appello 35mila cristiani, fatti sparire nel nulla da un regime che oggi è visto, dalle organizzazioni missionarie cristiane, come il più persecutorio del mondo.

Print Friendly, PDF & Email
Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo.