A proposito della presunta deriva “lefebvriana” dei Francescani dell’Immacolata…

 Riceviamo e pubblichiamo:

C’è un elemento nella vicenda dei Francescani dell’Immacolata che ormai sta emergendo sempre di più. Ascoltando diverse persone del mondo dei Frati, di entrambe le “fazioni”, risulta più chiaramente il “capo d’accusa” nei confronti di Padre Stefano Manelli: quello cioè di avere favorito una svolta tradizionalista e critpo-lefebvriana nell’Istituto (ed ecco perché nei siti ufficiali dei F.I. si possono trovare numerosi articoli contro la Fraternità e contro vari esponenti – reali o immaginari – del mondo tradizionalista).

Per questo mi sento in dovere di scrivere qualche riga – un dovere di riconoscenza, come poi capirete –  nella speranza che questa testimonianza possa aiutare a riacquisire una prospettiva un po’ più oggettiva. Desidero mantenere l’anonimato, non per paura, ma solo per delicatezza nei confronti di altre persone che vengono coinvolte in questo scritto.

Sono stato “lefebvriano” (termine che non mi piace, ma pazienza) per molti anni. Non posso non guardare con gratitudine al Signore per gli anni trascorsi in questo ambiente sia per ciò che di buono (e non è poco) vi ho potuto trovare, sia per le prove sofferte, a motivo delle chiusure, degli errori e delle mancanze che ho potuto costatare (e subire).

Come ebbe a dire una volta confidenzialmente l’allora Cardinal Ratzinger, “la Fraternità San Pio X ha tante ragioni, ma non ha ragione”. Due proposizioni che dicono tutto.

Vengo al sodo. Posso testimoniare che, quando mi sono rivolto ad un Padre FI, uno di quelli che oggi vengono accusati di essere “cripto-lefebvriani” e che è già stato mandato in esilio, questo Frate mi ha ascoltato e non ha esitato un attimo ad indicarmi le asserzioni e gli atteggiamenti della Fraternità San Pio X, che viziano alla radice la sua posizione.

Un’altra persona molto amica, in un’altra circostanza, ha voluto chiedere consiglio direttamente a P. Stefano. Anche in quel caso, P. Stefano dopo aver prestato grande attenzione, ha anche aggiunto che in coscienza, se la Fraternità non fosse rientrata nella Chiesa (si era ai tempi dei colloqui dottrinali), il suo interlocutore era tenuto ad allontanarsene, conformemente a quanto affermò in più occasioni Benedetto XVI, e cioè che la Fraternità non esercita in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa. Né più, né meno.

Terzo caso. Chiesi preoccupato ad un Padre F.I. – anche questi caduto in disgrazia e “spedito” – cosa effettivamente dovevo pensare di amici che continuano a confessarsi dai sacerdoti della FSSPX oppure si sono sposati presso i loro priorati. Anche in questo caso, la risposta è stata chiara: questi due sacramenti sono oggettivamente invalidi, anche se nel caso della confessione è possibile pensare che valga il principio dell“Ecclesia supplet”.

Un’altra persone mi confidava che era sul punto di passare nella Fraternità e fu proprio un Frate – sempre uno di quelli “spediti in posta prioritaria” – a frenarlo.

Si potrà essere d’accordo o meno su tante cose scritte, dette o fatte, ma è ingiusto e calunnioso accusare P. Manelli e altri Frati di aver portato l’Ordine ad una deriva lefebvriana. Padre Stefano ama la Chiesa e il Papa più di se stesso e questo suo amore non retorico ma fattivo – che lo sta portando a sopportare in silenzio decisioni molto ingiuste –  è evidente in ogni suo figlio spirituale e si riversa su tutti coloro che lo avvicinano.

E’ grazie a lui e a questi Padri che io ed altre persone abbiamo trovato forza e determinazione per ritornare nella Chiesa; è grazie ai FI che ho potuto costatare che effettivamente le due forme del Rito romano, celebrate con dignità e sacralità, possono coesistere (il che non significa che si equivalgano); è grazie a loro che ho riconosciuto che eventuali riserve su alcuni passaggi del Vaticano II non devono mai sostituirsi al giudizio ultimo che ne dà il Magistero o che la perplessità su alcuni elementi della riforma liturgica non devono portare ad escludere il nuovo Messale (esattamente quello che scrisse Benedetto XVI nella lettera del 2007 ai Vescovi, in occasione della pubblicazione del Summorum Pontificum).

Adesso invece mi ritrovo che proprio questi Frati, che hanno aiutato me ed altri a prendere le distanze dalla Fraternità San Pio X, vengono accusati di aver favorito una svolta lefebvriana nell’Ordine! E addirittura si arriva a sostenere che bisognerebbe aiutare p. Stefano a rimanere nella Chiesa!

Queste calunnie – perché tali sono – si scontrano con i fatti: le storie che ho raccontato e che sono pronto a testimoniare davanti a chiunque; il fatto, altrettanto incontestabile, che i Frati non hanno mai adottato la forma straordinaria come esclusiva; la considerazione che gli studi fatti dai Frati sul Vaticano II non hanno mai avuto la pretesa di dire l’ultima parola sul Concilio, e non hanno mai parlato di eresie presenti nei testi conciliari.

C’è un altro fatto che può aiutare a capire come si sia arrivati a costruire il mito di un Istituto che stia andando verso una deriva lefebvriana. Nel gennaio 2010, come ogni anno, la Fraternità San Pio X organizzò a Parigi il Congès théologique du Courrier de Rome. Quell’anno p. Stefano decise di mandare due Frati a portare la loro testimonianza. L’intento di P. Manelli era chiaro: estendere quella mano che Benedetto XVI stava tendendo nei loro confronti, perché potessero comprendere – più con l’esempio che con le parole – che nella Chiesa possono stare anche coloro che sono fortemente legati alla Tradizione, in tutte le sue espressioni: liturgia, teologia, ascetica… P. Stefano fu incoraggiato da quelle domande così accorate che Benedetto XVI pose nel 2009, in occasione della lettera scritta per motivare la remissione delle scomuniche dei quattro Vescovi ordinati da Mons. Lefebvre: “Ma ora domando: Era ed è veramente sbagliato andare anche in questo caso incontro al fratello che “ha qualche cosa contro di te” (cfr Mt 5, 23s) e cercare la riconciliazione?… Può essere totalmente errato l’impegnarsi per lo scioglimento di irrigidimenti e di restringimenti, così da far spazio a ciò che vi è di positivo e di ricuperabile per l’insieme? Io stesso ho visto, negli anni dopo il 1988, come mediante il ritorno di comunità prima separate da Roma sia cambiato il loro clima interno; come il ritorno nella grande ed ampia Chiesa comune abbia fatto superare posizioni unilaterali e sciolto irrigidimenti così che poi ne sono emerse forze positive per l’insieme. Può lasciarci totalmente indifferenti una comunità nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 Istituti universitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero tranquillamente lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa?”.

Bene, anzi male. Perché questi due Frati vennero immediatamente accusati – guarda a caso, proprio da coloro che oggi hanno assunto posti di guida nell’Istituto, dopo il commissariamento – di essere lefebvriani. Mentre invece né l’uno né l’altro approvano quelle posizioni della Fraternità che non sono state accettate nemmeno dalla Santa Sede.

Padre Stefano e i Frati che in questo momento vengono allontanati hanno le idee molto ben chiare a riguardo. Avere avuto contatti con la Fraternità ai tempi dei colloqui non significa affatto sposarne le tesi, ma significa ricordarsi che la carità va esercitata con tutti… Forse qualcuno si è dimenticato quello che scrisse Benedetto XVI, poco oltre, nella lettera già citata: “A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi… perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo”.

In effetti, l’attuale corso dei F.I. ha tanto il sapore di un regolamento di conti covato da tempo (già era ben attivo nel 2010…) ed esploso repentinamente, perché sta succedendo l’inimmaginabile: oltre alle accuse, alle calunnie, ai toni arroganti con cui alcuni Frati si rivolgono a colui che è stato per loro non solo superiore, ma padre, provvedimenti coercitivi senza spiegazioni di nessun tipo, manipolazioni di dati (in effetti stiamo ancora aspettando il numero effettivo delle risposte al questionario…), etc., c’è il tristissimo “spettacolo” dello spostamento repentino di tutti quei Frati ritenuti “cripto-lefbvriani”…

Che cosa rimarrà dei FI, se si proseguirà in questo modo? C’è un brano del Liber vitae meritorum di Santa Ildegarda che descrive esattamente quello che sta accadendo e l’origine di questa situazione. Trattando della coppia discordia/concordia, la Santa afferma: “Quando degli uomini cattivi cercano per cupidigia di avere molte cose che non possono avere, nella loro follia giungono alla discordia e attaccano gli altri come un cane arrabbiato attacca una persona. Seminando il dissenso, nella loro durezza e nel loro rancore, sperperano ciò che è stato fatto da Dio, perché non vogliono la pace e trovano piacere nel fare a pezzi gli altri con le parole e gli atti. Costoro non vogliono cedere a nessuno, non risparmiano nessuno, e non hanno alcuna preoccupazione del bene comune. Quando la discordia ha commesso molte azioni inique, essa giunge ad un punto tale di confusione e di scandalo che, secondo lei, è come se non le avesse mai commesse!”.

Se l’ultima parola sulla vicenda dei Francescani dell’Immacolata sarà quel delirio che stiamo vedendo, in cui non si è cercato un riequilibrio, ma si è dato ragione esclusivamente ad una parte contro l’altra (e questo è evidente a chiunque abbia occhi per vedere e cervello per pensare), allora davvero si darà il colpo di grazia a quella grande opera di riconciliazione interna inaugurata da papa Benedetto e che ha visto proprio nei Francescani dell’Immacolata un esempio da seguire. E’ inutile nascondere che i provvedimenti presi sono stati unilaterali: imposizione di un’unica forma del Rito romano; oltre 100 richieste interne di autorizzazione a celebrare secondo la Forma straordinaria, ovviamente respinte; nessuna riconferma dei Frati che occupavano posti nel governo e nella formazione fino al Commissariamento; allontanamento dei Frati poco graditi, etc.

In una tale situazione, è meglio per tutti imitare il grande Patriarca Abramo: “Non vi sia discordia tra me e te – disse a Lot -, tra i miei mandriani e i tuoi, perché noi siamo fratelli. Non sta forse davanti a te tutto il territorio? Separati da me. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra” (Gen. 13, 8-9).

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Autore: Libertà e Persona

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