5° appuntamento settimanale con i contributi spirituali del Monastero di S.Benedetto di Norcia. Autore Fr. Cassian Folsom – Data liturgica: Cristo Re – Letture: Col 1, 12-20 & Gv 18, 33-37
Secondo l’iconografia cristiana, sopra ogni crocifisso si trova l’iscrizione di Pilato: I. N. R. I. – e cioè: Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum: Gesù il Nazareno, il re dei Giudei (Gv 19,19). Durante il processo, Pilato disse ai Giudei: Ecco il vostro re! Che strano! Un re, di solito, porta una corona d’oro o d’argento; Cristo porta una corona di spine. Un re tiene nella sua mano uno scettro, ma i soldati pongono al Signore una canna nella destra. Un re si veste splendidamente in porpora; i soldati, per recargli oltraggio, mettono addosso al Cristo un manto scarlatto. Un re si siede sul suo trono, ma Cristo regna dalla croce. Un re mette i suoi piedi su uno sgabello; i piedi di Cristo sono traforati da un chiodo. Un re beve vini raffinati; i soldati gli si accostano per porgergli dell’aceto. Al re sono dovuti gesti di rispetto e di reverenza, ma i capi del popolo schernivano Gesù e lo maltrattavano.
Che strano! Cristo Re si lascia umiliare! E’ proprio da meravigliarsi, perché in questo caso, non si tratta di un re qualsiasi, ma del Figlio di Dio, immagine del Dio invisibile, glorioso con quella gloria che aveva presso il Padre prima che il mondo fosse (Gv 17,5). Anzi, egli è creatore di tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste (Gv 1,3). E’ quasi inconcepibile che il Figlio di Dio potesse annientarsi a tal punto da subire oltraggi, da essere condannato, crocifisso, ucciso. Sembra che – non sia mai – sembra che il Creatore sia stato sconfitto dal suo creato, che il disegno di Dio per la salvezza dell’uomo sia fallito, perché il re dei re, l’Autore della vita — patì, morì e fu sepolto; e si fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro.
Però, speranza contro ogni speranza, Dio Padre ha esaltato suo Figlio, lo ha risuscitato dai morti, e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome (Fil 2,9). Adesso Cristo è il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, e così ottiene il primato su tutte le cose. Ciò che sembrava una sconfitta ha compiuto la riconciliazione di tutte le cose; ciò che sembrava un fallimento ha potuto rippacificare le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli. Ecco il nostro Re!
MILITATURI CHRISTO VERO REGI
Nella cripta della basilica, c’è un bellissimo crocifisso – moderno, ma di stile romanico – in cui Cristo porta una corona d’oro. La veste è stracciata, ma regale, di coloro rosso e oro. Egli è il rex monachorum: il re dei monaci. San Benedetto, infatti, descrive il monaco – e in analogia ogni cristiano – come colui che serve nella milizia di Cristo Signore, vero Re. Che cosa vuol dire? Per seguire il nostro Re, per servirgli, dobbiamo camminare nelle sue orme, imitare la sua regalità nella forma specifica che egli stesso ci ha tramandato. Qual è questa forma? E’ il paradosso evangelico: gloria tramite la croce, vittoria per mezzo della sconfitta, successo per mezzo del fallimento, vita per mezzo della morte. Il Signore nostro Gesù Cristo ne parla molto spesso. Dice: Chi avrà trovato la sua vita, la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà (Mt 10,39). Dice ancora: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Lc 9,23). Il Concilio Vaticano II, sottolineando la stessa cosa in altre parole dice: “l’uomo…non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sè” (GS 24). Quindi, servire nella milizia di Cristo Re, significa tutto questo.
Se tu, che questo intendi, rispondi: “Io voglio servire in questa milizia di Cristo,” devi prepararti alle prove, e cingere l’armatura temprata e splendida dell’obbedienza. Devi mettere i precetti del Re risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell’obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l’accidia della disobbedienza (RB prol). Sì, Cristo, il vero Re, richiede obbedienza ai suoi comandamenti. Dice, infatti: Voi sarete miei amici, se farete ciò che io vi comando. (Gv 15:14). Che cosa comanda? Questo è il mio comandamento: che via amiate gli uni gli altri (Gv 15:12). Ma come possiamo amare? Non si tratta qui di sentimenti superficiali, ma di un amore serio. E l’amore di questo genere significa: rinnegare se stesso a favore degli altri.
Cristo aggiunge: “come io vi ho amati.” Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Cosa vuol dire? Egli ci ha amati come? San Paolo dà la risposta: Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2:20). Ecco la chiave: dare se stesso. La regalità di Cristo si è manifestata proprio così, e la regalità dei suoi discepoli si rivelerà nello stesso modo.