“La guarigione del cieco” è un dipinto autografo di Duccio di Buoninsegna appartenente alla predella della Maestà del Duomo di Siena e fa parte del ciclo della Vita di Cristo. La Tavola illustra l’episodio evangelico del Cieco nato nel momento in cui Gesù guarisce la sua originaria cecità, impastando saliva e terra, ‘creando’ un nuovo fango capace di trasfigurare gli occhi di colui che è cieco fin dalla nascita. A destra, si vede colui che ha ricevuto la luce che va a lavarsi, come comandato da Gesù, alla piscina di Sìloe.
Di questa piscina si hanno testimonianze anche nell’Antico Testamento ( Neemia 3, 15; Isaia 8, 6) e ora anche dall’archeologia. Grazie ad un canale fatto scavare nella roccia dal re Ezechia, prima del 701 a.c., la piscina assicurava il rifornimento d’acqua a Gerusalemme anche durante gli assedi.
James H. Charlesworth del Princeton Theological Seminary, prestigioso istituto della Chiesa presbiteriana negli Usa, in un suo intervento precisò che, in passato, alcuni studiosi, sottolineando unilateralmente il valore simbolico del racconto, avevano negato l’esistenza della piscina di Siloe. Questa scoperta contribuisce a rivalutare il Vangelo di Giovanni anche sul piano storico che, secondo una linea ben affermata, era considerato un testo di pura teologia. Certamente, il Vangelo di Giovanni, come le Scritture, è simbolico, ma nel senso di proporre segni sensibili il cui significato va compreso alla luce della Fede.
Il canale che portava l’acqua fino alla piscina, all’interno di Gerusalemme.
IV Domenica di Quaresima Anno A 19 Marzo 2023
La vera luce
Le tre letture della IV Domenica di Quaresima indicano nella luce divina la causa delle scelte e del cambiamento. Samuèle, inviato da Dio, si reca alla casa di Iesse il Betlemita. Egli non dovrà guardare all’apparenza. Entrato, incontrerà Eliab, ma il Signore gli dirà:
«Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore».
Samuele volle vedere l’unico figlio non presentato da Iesse:
«Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuèle disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Il Signore scelse Davide: e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi.
Il risveglio
La Lettera agli Efesini vede i salvati come persone che un tempo erano nella tenebra e ora sono nella luce e l’invito è esplicito: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».
L’incontro con Gesù
La pericope tocca numerosi temi, che vanno dalla responsabilità del peccato alla creazione antica e nuova, a Cristo luce del mondo, al rispetto del lavacro dell’Antica Legge, rappresentato dalla piscina, perché figura del nuovo, alla gratitudine di chi viene guarito, all’incredulità e incertezza di chi crede di vedere, alla paura dei genitori di testimoniare la Verità, al riconoscimento di chi viene da Dio o meno, all’indurimento del cuore, alla fede nel Figlio, al giudizio e alla sorte spirituale degli increduli.
Papa Benedetto XVI, nell’Angelus del 3 Aprile 2011, commenta il titolo della IV Domenica di Quaresima quale Domenica in Laetare che trova proprio in questa pericope il motivo della gioia.
BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 3 aprile 2011
(Video)
Cari fratelli e sorelle!
L’itinerario quaresimale che stiamo vivendo è un tempo particolare di grazia, durante il quale possiamo sperimentare il dono della benevolenza del Signore nei nostri confronti. La liturgia di questa domenica, denominata “Laetare”, invita a rallegrarci, a gioire, così come proclama l’antifona d’ingresso della celebrazione eucaristica: “Rallegrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riunitevi. Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione” (cfr Is 66,10-11). Qual è la ragione profonda di questa gioia? Ce lo dice il Vangelo odierno, nel quale Gesù guarisce un uomo cieco dalla nascita. La domanda che il Signore Gesù rivolge a colui che era stato cieco costituisce il culmine del racconto: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?” (Gv 9,35). Quell’uomo riconosce il segno operato da Gesù e passa dalla luce degli occhi alla luce della fede: “Credo, Signore!” (Gv 9,38). È da evidenziare come una persona semplice e sincera, in modo graduale, compie un cammino di fede: in un primo momento incontra Gesù come un “uomo” tra gli altri, poi lo considera un “profeta”, infine i suoi occhi si aprono e lo proclama “Signore”. In opposizione alla fede del cieco guarito vi è l’indurimento del cuore dei farisei che non vogliono accettare il miracolo, perché si rifiutano di accogliere Gesù come il Messia. La folla, invece, si sofferma a discutere sull’accaduto e resta distante e indifferente. Gli stessi genitori del cieco sono vinti dalla paura del giudizio degli altri.
E noi, quale atteggiamento assumiamo di fronte a Gesù? Anche noi a causa del peccato di Adamo siamo nati “ciechi”, ma nel fonte battesimale siamo stati illuminati dalla grazia di Cristo. Il peccato aveva ferito l’umanità destinandola all’oscurità della morte, ma in Cristo risplende la novità della vita e la meta alla quale siamo chiamati. In Lui, rinvigoriti dallo Spirito Santo, riceviamo la forza per vincere il male e operare il bene. Infatti la vita cristiana è una continua conformazione a Cristo, immagine dell’uomo nuovo, per giungere alla piena comunione con Dio. Il Signore Gesù è “la luce del mondo” (Gv 8,12), perché in Lui “risplende la conoscenza della gloria di Dio” (2 Cor 4,6) che continua a rivelare nella complessa trama della storia quale sia il senso dell’esistenza umana. Nel rito del Battesimo, la consegna della candela, accesa al grande cero pasquale simbolo di Cristo Risorto, è un segno che aiuta a cogliere ciò che avviene nel Sacramento. Quando la nostra vita si lascia illuminare dal mistero di Cristo, sperimenta la gioia di essere liberata da tutto ciò che ne minaccia la piena realizzazione. In questi giorni che ci preparano alla Pasqua ravviviamo in noi il dono ricevuto nel Battesimo, quella fiamma che a volte rischia di essere soffocata. Alimentiamola con la preghiera e la carità verso il prossimo.