CHI È LO SPIRITO SANTO?

La Pentecoste-Akatistos Sacre icone Aurel umile servo di Dio

Inafferrabilità dello Spirito

Ciò che più ci stupisce dello Spirito Santo è l’inafferrabilità di un “tu” con cui entrare in relazione. Mentre in Gesù il “tu” assume un volto umano dai lineamenti visibili, nello Spirito Santo il “tu” sembra sottrarsi alla nostra

comprensione; purissimamente divino com’è ci appare insondabile, infinito e senza contorni.

Come entrare in relazione con una simile realtà? Credo che questo sia un interrogativo di molti cristiani, che spesso emarginano lo Spirito Santo escludendolo dalle loro preghiere, o riducendolo col pensiero a “cosa”, “energia”, “emanazione”.

Una Mistica Persona

L’articolo davanti (lo Spirito Santo) a volte induce a dimenticare che questo Paraclito è persona. Anzi, persona divina. Tuttavia, la mancanza di una relazione di tipo ordinario con questa persona divina non è un difetto insito nella nostra fede, ma la modalità stessa con cui lo Spirito si rapporta con noi. Mi spiegherò meglio. Con l’incarnazione del Verbo si verifica nella storia il fatto più esaltante di tutti i tempi: Dio si fa uomo, si rende riconoscibile, cammina al nostro fianco. È ciò che la Bibbia chiama l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Con la discesa dello Spirito Santo (a partire dal giorno di Pentecoste e fino all’ultima cresima che celebriamo) la Chiesa passa dall’esperienza del Dio-con-noi a quella del Dio-in-noi. Vi manderò un Consolatore, promise Gesù (Gv 15,26), e la maggiore consolazione è che il dono di questo Spirito genera la presenza viva di Dio nel nostro cuore, portandoci al superamento del semplice rapporto dialogico che, fino a quel momento, avevamo con la divinità. Il “tu”, infatti, per quanto nobile possa essere, rappresenta sempre un’alterità, la relazione con una presenza esterna al nostro io. Lo Spirito Santo, invece, quasi si fonde col nostro io, coabita coi nostri pensieri e li “divinizza”. La sua azione costruisce progressivamente il Dio-in-noi, modellandoci nel Cristo. La sua grazia ci conferisce i modi di sentire di Gesù, i suoi modi di pensare, di amare.

La caduta della relazione duale e la coabitazione di Dio all’interno del nostro stesso io è il più grande dono che ci può essere dato. Grazie a questa amorevole condivisione della natura divina, smettiamo di collocare Dio all’esterno, di sentirlo “un altro”, e quasi assaporiamo il misterioso significato dell’unione ipostatica fra le persone divine. Tre persone, ma un solo Dio.

Lo Spirito Santo nel Catechismo della Chiesa Cattolica

Questo inestimabile dono è presentato dal nuovo Catechismo in tante bellissime pagine (in particolare ai numeri 683-741 per quanto riguarda lo Spirito Santo, e 1285-1314 per quanto riguarda la Cresima). Ma rimane evidente come le parole non possano mai racchiuderne tutto l’inesauribile mistero.

Il cristiano che vive in santità è colto dalla vertigine solo a considerare alcuni dei Suoi modi d’agire, come quando Egli scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato, dona la virtù e la grazia, elargisce premi e consolazioni, procura salvezza del corpo e dello spirito, conferisce i sette santi doni, allinea la mente col cuore, combina la luce con l’amore, fa pregustare anticipazioni del Paradiso. Quale bellezza salverà il mondo se non questa?

Lo Spirito Santo nell’anima

Già nel Battesimo siamo stati immersi nello Spirito Santo, ma la necessità di una Confermazione emerge dalla stessa Sacra Scrittura: “Essi discesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imposero loro le mani e quelli ricevettero lo Spirito Santo” (At 8,15-17).

Si tratta quindi di due momenti sacramentali distinguibili, anche se nel cristianesimo orientale è prevalso l’uso di unificarli. Viceversa vi sono movimenti, anche all’interno della Chiesa, che pretendono di conferire due volte il dono del Battesimo o due volte quello dell’infusione dello Spirito Santo. In realtà, ogni sacramento, una volta conferito, non può essere ridato, ma semmai se ne può risvegliare la consapevolezza. Come tutti i doni, infatti, c’è sempre il rischio che il sacramento venga col tempo accantonato come un pacco chiuso. Beato il cristiano che non solo lo sa aprire, ma ne sa attingere tutte le ricchezze che scaturiscono dalla profondità del cuore di Dio.

Print Friendly, PDF & Email
Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo.

Autore: Stefano Biavaschi

Giornalista pubblicista, ha scritto per Corriere della Sera, Il Giorno, La Repubblica, Oggi, Avvenire, Domenica del Corriere, Il Timone, Radici Cristiane. Laureato in Lettere Moderne ed in Scienze Religiose, insegna nelle Scuole Superiori di Milano collaborando con la Cattedra di Teologia dell'Università Cattolica, nonché con emittenti televisive, come Rai e Mediaset. Da alcuni anni è conduttore a Radio Maria di trasmissioni a carattere culturale. Ha pubblicato libri in Italia e all'estero, tra cui il best seller Il Profeta del Vento, tradotto in diversi Paesi, e trattati di teologia, come: La Vera Fede, Il Credo, Guida alla Preghiera, Le Antiche Fonti della Fede: Eusebio di Cesarea e la prima storia della chiesa. Ha operato nel campo della prevenzione e del disagio giovanile. Formatore di insegnanti e catechisti, ha anche contribuito alla formazione etica dei nuovi funzionari iracheni per conto di Transparency International Italia dopo il conflitto in Iraq.