HUMANAE VITAE: IN DIFESA DEL MATRIMONIO CRISTIANO  

Introibo

L’attuale contesto sociale mette sempre più in discussione uno dei pilastri fondamentali della società: la famiglia, quel nucleo che un tempo era formato dall’unione di due coniugi con la rispettiva prole sembra sempre più sgretolarsi per far posto a nuove unioni. Il confronto con l’enciclica (lettera circolare che il Sommo Pontefice destina a tutti i cristiani) Humanae Vitae scritta da San Paolo VI papa e pubblicata il 29 luglio 1968, consente di comprendere quali siano i veri fini del matrimonio cristiano.

Agli albori 

Gli anni Sessanta del Novecento furono segnati da repentini mutamenti sociali e culturali, si pensi al Sessantotto che vide masse giovanili opporsi alla cosiddetta famiglia tradizionale, le rivoluzioni studentesche che richiedevano una partecipazione attiva degli studenti alla realtà scolastica, la propensione da parte di numerosi cittadini verso una politica liberalista che spinta dal soggettivismo si proponeva come guida per la società, acuirono sempre più il processo di scristianizzazione della già avanzato seppur in forma latente sul finire degli anni Cinquanta. Molte masse giovanili come anche famiglie mosse da una concetto labile di libertà chiedevano la costituzione di un nuovo ordine sociale, ove ognuno soprattutto in ambito morale e familiare potesse scegliere in totale emancipazione, sovente infatti si avanzava la proposta di abbattere quei canoni che vietavano a livello religioso come civile le unioni tra coppie delle stesso sesso, l’introduzione della contraccezione e la facoltà da parte della donna di decidere del proprio corpo in relazione alla procreazione. La stesura dell’enciclica richiese un tempo prolisso in quanto il Pontefice si avvalse di differenti commissioni costituite anche da laici per giungere ad una reale conclusione data la delicatezza che questa questione morale richiedeva. Non mancarono le tensioni nemmeno tra i Cardinali, in quanto il fronte più progressista chiedeva la possibilità di un controllo delle nascite anche con mezzi artificiali, per andare incontro alle nuove esigenze, in particolare economiche che la società manifestava. Papa Paolo VI pur constatando le difficoltà che la società industrializzata presentava, ribadì che i coniugi sono chiamati ad essere collaboratori di Dio creatore. 

PRINCIPI DOTTRINALI 

Visione globale dell’uomo 

In Genesi al capitolo 1, 26 – 31 narra dell’atto più sublime compiuto da Dio: la creazione dell’uomo.

E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del  mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che  strisciano sulla terra». 

Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.  Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e  dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla  terra». 

 Poi Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in  cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. 

A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e  nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. 

 Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. 

Cosa significa a immagine di Dio lo creò? E’ la razionalità dell’uomo, quindi la capacità di di agire per Dio, per essere in tutto in armonia con Lui. Questa razionalità per il cristiano consta nell’accettare la figliolanza, che deriva dal Battesimo, sacramento che cancella il peccato originale, include nella comunità cristiana e come un sigillo imprime l’appartenenza al suo creatore. Da questa chiamata poi ne deriva l’agire virtuoso, affinché già qui e ora in ogni azione umana si anticipi il Regno di Dio. Ecco quindi che anche sul piano morale sessuale i coniugi sono chiamati a vivere una coniugalità responsabile. La responsabilità sta nell’essere fautori del progetto di creazione che Dio in Genesi in modalità perfetta ha operato, anche se poi il primo uomo ha interrotto per superbia questa preziosa armonia, Dio nell’evolversi della storia non ha mai cessato di relazionarsi con le sue creature. 

L’amore coniugale 

Spesso si enuncia che Dio è amore. Locuzione corretta, ma cosa significa amare? Amare è un verbo attivo, colui che ama infatti crea condizioni favorevoli affinché l’amato percepisca questo sentimento e quindi è in una condizione di attività. Nella nostra cultura troppo e spesso si abusa di questo verbo, che ha molteplici significati. Per i greci al tempo di Platone l’amore constava nella passione per la conoscenza, che era la forma più alta, anche perché mediante essa si domavano le passioni corporali. In Aristotele poi mediante le virtù si creò un ordine morale affinché l’agire umano anche sul fronte relazionale fosse puro, quindi non disordinato. Dio, Sommo Creatore ha tanto amato il mondo da donare l’Unigenito ed accettare che gli uomini destinatari di questo amore santificante e liberante dal giogo del peccato, venisse condannato alla morte più atroce. Dal dono del Figlio è scaturita la salvezza, che sia attua anche nel matrimonio. Il matrimonio è un diritto naturale, ossia insito nella natura dell’uomo, ma Gesù lo ha elevato a dignità di sacramento affinché l’immagine di Dio splendesse tra i coniugi. É l’Eros nell’Agape, quindi è l’inclusione totale, che passa anche attraverso la procreazione, atto coniugale che manifesta la volontà della coppia di accettare l’amore divino e di generare con amore una o più vite. L’amore coniugale si fonda sulla roccia, che è la fede tale da essere nutrito e sostenuto dallo Spirito Santo che tutto rinnova e rinvigorisce. Se esso non si basa su questo reale fondamento e alimento, nel tempo può trasformarsi in una relazione incestuosa il cui fine è la porneia, che tradotta dalla lingua greca significa fornicazione, adulterio, unione illecita. San Paolo su suddetta tematica nella Prima Lettera ai Corinti (6: 9,20) aiuta a comprendere alla luce della Rivelazione il fine di chi vive per se stesso. 

Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio?

Esortazione a fuggire la dissolutezza Non v’illudete: né fornicatori, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari,  né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio. Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è utile. Ogni cosa mi è lecita, ma io non mi lascerò  dominare da nulla. Le vivande sono per il ventre e il ventre è per le vivande; ma Dio distruggerà queste e quello. Il  corpo però non è per la fornicazione, ma è per il Signore, e il Signore è per il corpo; Dio, come ha risuscitato il Signore, così risusciterà anche noi mediante la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo per  farne membra di una prostituta? No di certo! Non sapete che chi si unisce alla prostituta è un corpo solo con lei? «Poiché», Dio dice, «i due  diventeranno una sola carne». Ma chi si unisce al Signore è uno spirito solo con lui. Fuggite la fornicazione. Ogni altro peccato che l’uomo commetta è fuori del corpo, ma il  fornicatore pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da  Dio? Quindi non appartenete a voi stessi. Poiché siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo.

Paolo giungendo a Corinto si rende conto che le comunità cristiane pur riconoscendo Gesù come il Messia e rendendo a Lui il dovuto culto, conducevano una vita dissoluta per influsso della cultura platonica e pagana, che reputava il corpo una prigione. Costoro quindi consideravano la salvezza solo dell’anima, ma l’apostolo delle genti redarguendoli, ben ricordava loro che anche il corpo è destinato alla risurrezione, ed inoltre esso è tempio dello Spirito. L’ingiustizia sta appunto in questo, non riconoscere che ogni nostra facoltà, ogni membra, anche la più esigua in Dio è redenta e salvata! 

Caratteristiche dell’amore coniugale  

L’amore coniugale non è istinto pulsionale e nemmeno passione sregolata, ma alleanza tra Dio e l’uomo, che accresce la coppia anche nell’atto coniugale dove entrambi i coniugi si donano l’uno con l’altro. Una coppia anzitutto dovrebbe condividere l’esperienza di fede che si attua anzitutto partecipando la domenica all’Eucaristia, farmaco d’immortalità che sorregge la coppia nelle gioie come nelle angustie, il cui fine non è la disperazione, ma la Pasqua ove ogni lacrima verrà asciugata. Chi ama realmente, desidera anche una prole che se educata secondo la fede andrà nel tempo a glorificare la sposa di Cristo che è la Chiesa, attraverso la vita sacramentale, la preghiera e la testimonianza nei vari ambiti dell’esistenza. La famiglia è la Chiesa domestica, il nucleo che dischiude la fede. L’incontro con Cristo avviene mediante la comunità, il cui primo canale è la famiglia.  

La paternità responsabile  

L’uomo si differenzia dagli animali perché dotato di ragione. La ragione non secondo la concezione modernista, che considera l’uomo un costrutto materiale destinato a finire con la morte fisica (Martin Heiddeger), ma come soggetto coscienzioso che decide perché crede che Gesù sia la libertà vera di rispondere al progetto d’amore del Padre con amore; certo l’amore dell’uomo è limitato, non sempre puro, ma in virtù del solenne sacramento della Riconciliazione dopo la caduta, si unisce nuovamente al suo creatore. Una paternità responsabile si attua quindi quando la coppia oltre a sostenersi vicendevolmente nelle difficoltà dell’esistenza, genera figli e li educa alla fede cristiana. Ogni coniuge deve conformare il proprio arbitrio a Dio, Sommo Creatore e Bene. Non sono concepibili scelte secondarie, in quanto non rispecchiano l’amore divino, ma piuttosto una tendenza di vita egoistica, disordinata e fine a se stessa.

Natura e finalità dell’atto matrimoniale  

Dio essendo l’Essere perfetto ha stabilito che nella donna vi siano periodi fecondi, ma anche infecondi(già Pio XII nel 1930 affermò che nella donna vi erano periodi genesiaci ed agenesiaci). La Chiesa riconosce la possibilità della coppia di avvalersi dei periodi infecondi, ma ribadisce che ogni atto sessuale compito nel matrimonio deve essere aperto alla vita e generativo. 

Unione e procreazione 

Non separi l’uomo ciò che Dio ha unito (Mt. 19, 5 – 6). Una delle modalità più inscindibili del matrimonio è l’atto procreativo, che è unitivo e procreativo. Unitivo in quanto l’atto coniugale unisce profondamente i due coniugi. Procreativo perché il senso più vero dell’amore è donare la vita. Si pensi al sangue dei martiri che sull’esempio di Cristo sulla croce hanno donato la propria vita per l’edificazione della Chiesa. É grazie anche al loro coraggio se la Madre Chiesa ancora oggi è presente nel mondo. La prole è un dono divino, che arricchisce la famiglia e la società tutta. Ogni nascita è la vittoria della luce sulle tenebre.  

Vie illecite per la regolazione della natalità 

La vita umana è un dono che dall’atto del concepimento sino al suo morire va tutelato. É atto grave l’aborto diretto o interruzione volontaria di gravidanza, anche se fosse procurato per ragioni terapeutiche. La Chiesa fin dalle sue origini ha sempre condannato questi atti, come la sterilizzazione diretta e ogni forma e azione di perversione che impedisce la procreazione. Non è lecito fare di un atto intrinsecamente disordinato la norma, tale da essere accettato dalla società. L’unico atto valido è l’unione tra uomo e donna, che è accompagnato anche da gesti di tenerezza, dallo sguardo reciproco negli occhi e pronto a generare. La Chiesa riconosce la liceità dei mezzi terapeutici per curare l’organismo e non per impedire le nascite. 

Liceità del ricorso ai periodi infecondi 

Il Magistero riconosce che l’uomo essendo dotato di intelligenza la usi al fine di creare situazioni di benessere. Le creature sono in conformità con il suo creatore e quindi devono rispettare l’ordine naturale che Dio ha stabilito. Il Magistero della Chiesa riconosce alle coppie di usufruire dei rimedi naturali, quindi non fecondi da poter regolare la natalità senza offendere Dio. I periodi infecondi sono leciti in quanto non interferiscono con la natura, perché insiti nella persona stessa. 

Gravi conseguenze dei metodi di regolazione artificiale della natalità 

L’uso dei metodi artificiali rende vulnerabili, in quanto si riduce l’atto coniugale a semplice piacere egoistico. Esso può nel tempo condurre l’uomo a trattare la propria donna come esclusivo oggetto di piacere, facendo così venir meno l’amore, il rispetto e la considerazione che essa merita. Nell’atto matrimoniale avvenuto dinnanzi a Dio si ricorda che i due diverranno una carne sola, quindi insieme si prenderanno cura l’uno dell’altro. L’utilizzo della contraccezione fa venire meno la dimensione di paternità responsabile. Su questo fronte è vigorosamente responsabile anche l’istituzione polita e farmaceutica, le quali approvando le più e svariate forme di contraccezione vanno a contrastare la maturità affettiva dei soggetti ed inoltre si oppongo alla natura dell’uomo: procreare. Procreare non è un principio puramente morale o religioso, ma è una facoltà propria del genere umano che va tutelato, affinché venga garantito anche un ordine sociale. Per ordine sociale si intende la possibilità che deve essere offerta ad ogni cittadino come una vera professione, una adeguata remunerazione mensile, un alloggio per gli indigenti, tali da consentire alla coppia di creare un nuovo nucleo familiare. Il calo della natalità che affligge l’Occidente non è causato esclusivamente da una errata distribuzione economica, abitativa a danno dei ceti meno abbienti, ma anche da una volontà di pensare l’uomo come la donna in chiave edonista, ove il piacere, aspetto certamente lecito è confuso e ridotto a puro egoismo, perché si va a colmare un bisogno che per alcuni è biologico. L’uomo e la donna invece sono chiamati a unirsi in questo atto così sublime senza scindersi dalla grazia. 

La Chiesa garante degli autentici valori umani 

La Chiesa è immagine di Cristo sulla terra. É il suo volto offerto agli uomini. Essa vuole garantire il rispetto della dignità umana, in ragione del fatto che ogni vivente già all’atto del concepimento è a immagine e somiglianza di Dio. La Chiesa vuole allora aiutare gli uomini tutti in riferimento a quanto già più volte citato a partecipare alla vita del Dio vivente che è Padre di tutti gli uomini.

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Autore: Emanuele Sinese

Emanuele Sinese è nato a Napoli il 24 Novembre 1991 e da anni vive a Bergamo. Ha frequentato l’Istituto di Scienze Religiose in Bergamo, conseguendo nel 2017 la Laurea triennale con la tesi Il mistero eucaristico in San Pio da Pietrelcina. Nel 2019 ha ottenuto la Laurea magistrale con la tesi La celebrazione eucaristica secondo il rito di San Pio V.  È insegnante specialista di Religione.