di Carlo Giovanardi.
In piena pandemia da Covid non c’è trasmissione televisiva nella quale non si denunci sia il troppo spazio dato in Italia alla sanità privata sia la scandalosa occupazione da parte dei partiti di quella pubblica. Ma le cose stanno realmente così?
Ferma restando la bontà del sistema misto tipo Lombardia dove il cittadino può accreditarsi senza oneri sia nel Privato (dove esistono i Consigli di amministrazione) che nel Pubblico, la domanda da farsi è chi oggi in Italia controlla la gestione della Strutture Sanitarie sia in termini di spesa che in termini di gestione.
Si dà il caso che nel nostro paese vengano eletti circa 8000 sindaci ed altrettanti Consigli Comunali, in ognuno dei quali esiste una maggioranza che governa ed una opposizione che controlla e che lo stesso avvenga per le Province, le Regioni, il Parlamento Nazionale e quello Europeo.
Tutto questo si chiama democrazia.
Sappiamo però, e ci viene ripetuto ogni giorno, che la Sanità va ben oltre il 60% della spesa delle Regioni, per fornire un servizio di primaria importanza per i cittadini.
Una volta, sino agli inizi degli anni 90 del secolo scorso, esistevano i Comitati di Gestione delle ASL, all’interno dei quali sedevano, esponenti dei partiti designati dai consiglieri comunali del territorio, di maggioranza e di opposizione, dove era possibile conoscere e discutere scelte strategiche, allocazione delle risorse, investimenti, gestione del personale e competenze degli incarichi da affidare.
Al grido “fuori i partiti dalla sanità” (ma perché con questa logica non anche dai Consigli Comunali?) i Comitati di gestione vennero abrogati per legge su iniziativa dell’allora Ministro Francesco De Lorenzo ed al posto di un controllo democratico della gestione si è passati all’onnipotente volere dell’Assessore Regionale alla Sanità che per i rami determina e condizione vita, morte e miracoli delle strutture sanitarie.
Siamo arrivati al punto che quelli che dovrebbero essere i primi protagonisti della lotta alle malattie, e cioè i medici, sono costretti, per dire la loro, a rilasciare interviste anonime, con voce artefatta, per non farsi riconoscere davanti ai diktat sul silenzio obbligatorio imposto dalle Direzioni Sanitarie.
Domando provocatoriamente e vorrei che qualcuno rispondesse: il principio del controllo democratico vale soltanto per alcuni settori di competenza degli organi elettivi e non vale viceversa per la materia forse più rilevante ed economicamente più importante per i cittadini che è quella della salute?
Fonte: l’Occidentale