La Lumachella della Vanagloria

di Marcello Veneziani.

“Stiamo scrivendo una pagina di Storia” ha detto al mondo qualche giorno fa Gius Conte in un delirio di onnipotenza. Non ce l’ho fatta più a trattenermi dall’insultarlo pesantemente davanti alla tv. Mi ero promesso di sospendere ogni critica e ogni attacco al governo in queste condizioni d’emergenza e ho mantenuto per tutto il terribile mese di marzo. Pensavo che anche il peggior governo in un momento come questo è comunque alla guida del tuo paese e bisogna stringersi a coorte, come canta l’inno degli italiani. Quando un paese è in ginocchio e vive un momento tremendo, bisogna restare uniti o perlomeno evitare polemiche. Ho ingoiato come voi tanti rospi in queste settimane, mi sono frenato la lingua e le dita per carità di patria davanti a troppe assurdità, troppi grossolani errori e disfunzioni, troppi tele-show governativi sul nulla, troppi vaniloqui di incompetenti, incapaci e presuntuosi al potere. Ma poi, con quella frase ho sbroccato, non ce l’ho fatta più, perché era il culmine di un atteggiamento tronfio, insopportabile: affrontare la crisi guardando a se stessi e al proprio successo. Un paese sta soffrendo e tu stai pensando che passerai alla storia perché ti sei trovato lì, per puro caso, a Palazzo Chigi, in un momento così drammatico…

Ho pensato a Trilussa: “La lumachella della Vanagloria ch’era strisciata sopra un obelisco, guardò la bava e disse: Già capisco che lascerò un’impronta ne la Storia”. Eccolo là, l’avvocato Lumachella che lasciando la bava sui microfoni, si compiace e dice “lasceremo un’impronta nella Storia”. Ma come si fa in un momento drammatico come questo, lasciarsi scappare questo auto-incensamento da mitomani?

Non si può impiccare nessuno a una frase infelice. Giusto. Ma quella frase è arrivata al culmine di uno show televisivo che dura ormai da settimane, in cui si sono accumulati i vaniloqui, gli annunci a vuoto e tanta tanta tanta vanità. Vanaglorioso. Come la Lumachella. Accadeva che mentre nel mondo il virus era ancora una vaga minaccia e noi invece scavalcavamo la Cina, paese da cui tutto è partito, in numero di vittime e poi in contagi, quel signore lì e tutta la claque dei tg e dei servetti ripeteva orgoglioso: siamo un modello per tutto il mondo. Il modello Italia, dove la gente moriva e non c’erano posti letto in rianimazione. Il modello Italia dove si era costretti a scegliere chi salvare e chi lasciar morire. Il modello Italia dove non si trovavano e non si trovano ancora dopo un mese, le mascherine e quelle che arrivano sono quasi sempre inadatte. Il modello Italia dove non trovi i tamponi, i camici, i disinfettanti, dove non si fanno test per capire se sei immune o asintomatico. È passato un mese e stiamo ancora a parlare di mascherine, ogni giorno il ministro agli affari mascherati, Giggino Di Maio, annuncia che ci ha portato le mascherine dalla Cina, dalla Turchia, dal Katanga. E le mascherine non si trovano. In un mese avremmo potuto riconvertire decine di aziende per produrle; ma niente, arrivano dall’estero, arrivano inadeguate o insufficienti.

Tento un bilancio. Finora l’unica vera risposta al virus è stata l’osservanza dei divieti e la segregazione in casa degli italiani. Ammirevole, anche perché prolungata. Certo, nata più da paura e istinto di autoconservazione che da senso civico e amor patrio. Ma vera. E l’unica cosa che ci ha davvero colpiti è stata l’abnegazione di migliaia di medici e infermieri, una pagina toccante di umanità e dedizione a rischio della propria vita. Insomma, il popolo italiano, ha risposto. Quel che è mancato finora è tutto quel che doveva arrivare dallo Stato, dal governo, dal Potere.

La protezione civile, i commissari straordinari, il capataz dell’Inps messo lì dai grillini e si vede che roba è… Il carnevale dei dati smentiti dalla realtà, la pagliacciata dei decreti netflix, seriali e contraddittori, le cose dette e poi rimangiate. Le strutture sanitarie insufficienti, senza ventilatori, respiratori, letti per la terapia intensiva (e parliamo del fiorfiore della sanità, la Lombardia), la corsa delle donazioni private, di alcuni enti locali, la lentezza goffa dello Stato. Certo alcuni mali, alcune inefficienze ce le trasciniamo da decenni, dalla prima repubblica. E appartengono allo Stato e in quota parte alle regioni. E a volte non sono solo italiane, vedi la Spagna o gli Usa. Ma tutto si è aggravato mettendoci nelle mani del ceto più inetto mai avuto al potere (e ce ne voleva a battere tanti predecessori scarsi). Imbarazzanti le conferenze stampa della protezione civile di opinionisti e moralisti che non dicono nulla, più qualche dato di cui però ci avvertono gli stessi operatori che non sono attendibili. Imbarazzante il ruolo evanescente dei commissari straordinari e dei ministri. Imbarazzante il crack dell’Inps attribuito agli hacker, i ritardi già alla partenza.

Ma sopra tutti imbarazzante lui, la Lumachella della Vanagloria, che fa show a ripetizione perché il Casalino gli ha detto che funziona la diretta per tirare su consensi. Così annunci straordinari, i tg che devono dire scemenze per intrattenere il pubblico. Poi finalmente arriva lui e finalmente…non dice niente. Fa il precettore premuroso, fa il birignao istituzionale, dà informazioni che sarebbe bastato uno scarno comunicato stampa, fa il saputello sulla Costituzione da azzeccagarbugli che si finge statista. Uno show in cui si avverte solo l’eco interiore: ma come mi piaccio, ma come sono bravo, passerò alla storia.

Anziché raccogliere firme per impedire che su una tv privata Barbara d’Urso faccia i suoi programmi trash (ma non le perdonano l’invito a Salvini), raccogliete piuttosto le firme per impedire questi spettacolini osceni di vanità sul servizio pubblico mentre il paese soffre come mai era accaduto dalla guerra in poi.

MV, La Verità 3 aprile 2020

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